Trinacria
Alla
ricerca dello stemma dimenticato
La
Trinacria simbolo per millenni - una radicata ed appassionata
tradizione siciliana vuole che il triscele arcaico, cioè quella strana
figura composta da una testa di donna da cui si irradiano in giro
simmetrico tre gambe umane piegate al ginocchio - della Sicilia,
nozione della forma geografica triangolare dell'isola trova una sua
raffigurazione simbolica nel mostro a tre gambe, trìquetra (a tre
vertici o triangolare). Infatti, per la sua particolare configurazione
geografica, caratterizzata da tre promontori, Pachino, Peloro e Lilibeo,
ben si adatta a quella figura, a cui i romani imposero lo stesso nome
aggettivale dell'Isola. Da questa configurazione a tre vertici venne il
nome di Triquetra o Trinacria che diede, forse in epoca ellenistica,
quella rappresentazione strana e caratteristica al tempo stesso, di una
figura gorgonica a tre gambe, adottata perfino in alcune monete
dell'antichità classica, e divenuta poi il simbolo ufficiale
dell'isola. Per contro i filologi sostengono che quest'ultima
denominazione è impropria, mentre è più corretta quella greca di Triskéles
, traducibile in "tre gambe".
Gli studiosi
sono concordi nell'affermare che si tratta di un antico simbolo
religioso orientale, sia che rappresentasse il dio Baal, o il sole,
nella sua triplice forma di dio della primavera, dell'estate e
dell'inverno, sia che rappresentasse la luna con le gambe talora
sostituite da falci lunari. Le sue più antiche manifestazioni
documentarie, si trovano in monete di varie città dell'Asia Minore,
come Aspendo in Panfilia, Olba in Cilicia, Berrito e Tebe nella Troade,
ed in città della Licia, con datazione variabili da VI al IV secolo a.C..
Il simbolo
della Trinacria, se perdette il suo originario valore solare, ne acquistò
uno sacrale in Sicilia, dato il suo valore apotropaico, che lo trasformò
in una sorta di talismano. Ma il suo valore divenne essenzialmente
geografico: e si identificò talmente con la Sicilia, nelle sue diverse
denominazioni di Trinacria, Triscele, Triquetra, Trichetria, che fu
addirittura <esportato>, il simbolo della Trinacria si trova
nell'Isola di Man nel mare d'Irlanda, portatovi, secondo una leggenda
locale, dai Normanni che venivano dalla Sicilia nei secoli X - XI, che
sostituirono con la Trinacria l'antico simbolo dell'isola irlandese, che
sotto i re scandinavi era costituito da un vascello; il simbolo
siciliano si trova in stemmi di famiglie nobili straniere, come gli
inglesi Stuart d'Albany (probabilmente per indicare il loro dominio su
isole del mare d'Irlanda, come l'isola di Man), i Drocomir di Polonia, i
Rabensteiner di Francoia, gli Schanke di Danimarca; e che in tempi più
recenti anche re Gioacchino Murat inquartò la Trinacria nel suo stemma.
Tenendo conto
che questa stessa figura era diffusissima nell'antichità in altri paesi
- Licia, Panfilia, Pisidia, Creta, Rodi, Macedonia, Tracia, Spagna
celtiberiana, paesi celtici, isola di Man ecc. - a cui non la legavano
isomorfismi geografici, qual è allora il suo vero significato o
comunque quello originario?
Le ipotesi
fondamentali
IPOTESI DELL'ORIGINE FENICIA
L'ipotesi
Fenicia si fonda su un monumento numidico, rinvenuto a Vaga, l'odierna
città tunisina di Beja, sul quale figura un triscele completo di gorgòneion
posto sopra il toro sacro di Baal, la massima divinità del Pantheon
semitico. Sul piedistallo del monumento è incisa un'epigrafe, scritta
in caratteri fenici, che traslitterata e tradotta in lingua latina da
Guglielmo Gesenius e da Maurizio Levy - i maggiori esperti di lingua
fenicia del secolo scorso - vuole essere una dedicatoria allo stesso
Baal, visto come dio solare....La Triquetra per la particolare
composizione figurativa manifesta l'idea di un movimento perenne,
ciclico, evidenziabile attraverso le tre gambe piegate come fossero in
corsa, ben riferibile a Baal, dio del tempo che scorre eternamente ed
alla sua immagine trina.
Va, infine, detto per inciso che non sono mancati coloro che hanno visto
nel simbolo altre divinità astrali: come l'Apollo licio, dio della luce
o dio solare per eccellenza, o come Ecate triforme, con la quale
nell'antichità si soleva identificare la Luna, vista come divinità.
IPOTESI DELL'ORIGINE GRECA
L'ipotesi
greca prende le mosse da una monografia sull'arte greca antica di un
filosofo tedesco, K. W. Goettling, nella quale alcune pagine sono
dedicate al nostro simbolo, visto come contrassegno degli scudi di
guerrieri greci così come appaiono dipinti sui vasi antichi. Questa
monografia, edita a Monaco di Baviera nel 1863, conserva ancora la sua
validità oltre che per il suo contenuto artistico anche perchè
interviene in modo originale nell'interpretazione del simbolo facendo
leva sulla funzione terrificante che la presenza di Medusa conferisce
all'intero figurato. Inoltre essa s'incentra sulla funzione del triscele
quale simbolo riconoscitivo di determinati guerrieri.
Ciò consente di legarla ad una moderna interpretazione, intuita per la
prima volta da un insigne studioso siciliano, Biagio Pace, il quale
dimostra, con citazioni storiche che coincidono col periodo trattato
nella tesi in esame, che la nostra figura debba considerarsi - così
come vogliono gli araldisti - un simbolo araldico ante litteram. Il
triscele nasce dalla immagine di una sola gamba piegata al ginocchio,
riportata in bianco sullo sfondo scuro degli scudi dei guerrieri
Lacedemoni, meglio conosciuti col nome di Spartani. Quella figura
distintiva aveva lo scopo di esaltare la forza, l'agilità di una razza
illustre di soldati, le cui gesta sono immortalate dalla grandiosa
vittoria di Platea e dall'estremo olocausto delle Termopoli (480 a.C.).
IPOTESI DELL'ORIGINE MINOICA
Nel 1962 in
Sicilia, nel corso di sbancamenti eseguiti per piantagioni sulla
collinetta di Castellazzo di Palma presso Agrigento, veniva alla luce
una ceramica arcaica, un dinos di particolare bellezza in argilla
rossiccia, nel fondo del quale figurava il triscele umanizzato senza gorgòneion.
Il reperto, in pratica sfuggito da una stipe votiva annessa ad una
sorgente solfurea sacra già esplorata, interessò subito gli archeologi
non soltanto per la provenienza ma soprattutto perchè mai prima
d'allora era stata rinvenuta, nè in Sicilia nè altrove, l'immagine di
un triscele composto con arti umani più antico. La fattura del vaso
veniva fatta risalire al VII secolo a. C., e cioè in epoca antecedente
a qualsiasi altro esemplare.