Lo Sguardo di Ulisse, film di Theo Anghelopulos, riprende con sorprendente meticolosità la drammatica situazione dell'Est Europeo, stretto nella morsa dei regimi assolutisti, delle dittature e  degli odi etnici. Ma è soprattutto la penisola balcanica ad essere teatro di scontri sanguinosi e fratricidi, in particolar modo in questi ultimi anni.  Tali guerre, fondate su rivendicazioni  nazionalistiche e sul fanatismo di personaggi politici come il croato Franjo Tudjman, il bosniaco Alija Izetbegovic, in ultimo  il serbo Slobodan Milosevic, hanno colpito intere popolazioni e raggiunto molte città della ex Jugoslavia, da Vukovar a  Pristina, da Sarajevo a Podgorica.

Dopo la morte di Josip Broz, meglio conosciuto come il "maresciallo Tito", nel 1980, il già fragile equilibrio tra i diversi gruppi che costituiscono il mosaico etnico jugoslavo (quattro lingue, tre religioni, due alfabeti), crolla definitivamente sotto i colpi delle varie propagande nazionalistiche di ispirazione indipendentista. Prima in Slovenia, poi in Croazia ed infine in Bosnia, la guerra sottolinea, per chi non se ne fosse accorto, che la Jugoslavia di Tito è ormai un ricordo sbiadito. Sulla polveriera balcanica germoglia il fiore dell'odio e la drammaticità degli scontri bellici istiga alla violenza verso i propri vicini. Nei Balcani, Caino e Abele parlano lingue differenti  e la terribile legge del "fratello uccide fratello", trova una rappresentazione cinematografica nel non troppo satirico Underground di Kusturica.

                                    

                                                       Danza degli Albanesi del Kosovo 

                                                   

                                                            Danza del Nord dell'Albania

Il  Kosovo, che godeva sotto Tito di uno status di pseudo-autogoverno, vede la situazione peggiorare nel 1980. La popolazione, in maggioranza di etnia albanese e che in questo periodo vive una profonda crisi economica, insorge in seguito alla decisione del governo federale di togliere al Kosovo gli aiuti  riservati alle regioni meno sviluppate della Jugoslavia.  Le proteste rimangono inascoltate, ma,  nel Marzo 1980, esplode violentemente la rivolta degli studenti  albanesi. Cominciano a circolare le prime voci separatiste. La miccia è ormai accesa. La "primavera albanese" in Kosovo è però quasi subito repressa nel sangue dal potere centrale serbo. Per circa 10 anni, rancori e desiderio di vendetta covano sotto le ceneri della violenza. La polveriera minaccia di riesplodere in qualsiasi momento ed è nel 1989 che gli scontri si riaccendono. Slobodan Milosevic, eletto presidente della Jugoslavia (comprendente ormai solo Serbia e Montenegro) sulla scia del nazionalismo serbo, cancella ormai del tutto l'autonomia  degli albanesi. Il 28 Giugno 1989, Milosevic fa una entrata trionfale nell'avamposto di Kosovo-Polje (Campo dei Merli), luogo altamente simbolico per l'orgoglio serbo e celebre per la battaglia avvenuta nel 1389 tra  serbi e turchi, dove il re Lazar Hrebeljanovic era morto combattendo "per la patria e la santa ortodossia" (Gli storici  dicono però che, in aiuto del re serbo, era giunto anche il nobile albanese Giorgio II Balsha, principe di Zeta ). In questo luogo, denso di significato, Milosevic proclama tra gli applausi scroscianti dei presenti  che "Nessuno oserà mai più alzare le mani su un Serbo!". Dietro tale affermazione si cela l'annuncio di una politica ancora più decisa di oppressione e di discriminazione razziale nei confronti degli albanesi, che raggiunge le istituzioni pubbliche e finanche le scuole. Inizialmente è il partito non violento della "Lega Democratica del Kosovo" a  raccogliere le speranze degli albanesi. Ibrahim Rugova, il leader di questa forza politica, si pone come obbiettivo primario la creazione di una organizzazione parafederale albanese dotata di propri servizi sanitari, scuole e università.  La brutalità e la prepotenza del governo serbo favoriscono però la rinascita del nazionalismo albanese, che trova espressione politica  e militare nella fondazione dell'UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo). I guerriglieri raccolgono l'eredità della "KACACK", la resistenza albanese che durante la prima Guerra Mondiale aveva combattuto contro i serbi.  

                                          

La pace di Dayton nel 1995, delude le aspettative degli albanesi e ha il sapore della sconfitta. In realtà la guerra vera è appena iniziata e purtroppo alle spese delle popolazioni: quella albanese, colpita dall'astio che sfocia nella atroce ed agghiacciante  pulizia etnica di Milosevic; ma anche quella serba, soggetta ai terribili bombardamenti degli aerei delle forze NATO. Come riportato dalle cronache, è recentemente scoppiata la rivolta armata anche della minoranza albanese presente in Macedonia ( ricompare l'UCK, inteso questa volta come "Ushtria Çlirimtarë Kombëtarë", ossia "Esercito di Liberazione Nazionale") , che rivendica fortemente il rispetto della parità di diritti per i cittadini di etnia albanese . Dopo l'accordo di pace e la smilitarizzazione (sebbene non completa) dell'esercito dei ribelli, contingenti di forze internazionali hanno raggiunto anche la Macedonia, come già in precedenza era accaduto in Kosovo. 

Kosova - Rugova

Per i paesi balcanici, oggi è tempo di ricostruire e di ritrovare quegli equilibri smarriti da tempo. Le nuove generazioni rappresentano sicuramente la speranza di un futuro diverso, lontano dagli estremismi e dalle discriminazioni razziali. Un augurio sincero va ai popoli di questa martoriata terra, affinché la comprensione e la voglia comune di ricominciare insieme  possano prevalere sulla vendetta e sull'odio.


 

 alla memoria di Din Mehmeti, poeta kosovaro brutalmente assassinato dalle truppe paramilitari serbe il 29 Marzo 1999.  Poco prima di incontrare quello che sarebbe stato il suo plotone d'esecuzione, sentendo la morte arrivare, Mehmeti aveva scritto queste poche righe:   

  « arriveranno i fiori del sangue - tieniti stretta, baracca mia.» ;

 

a tutte le vittime della guerra.  


 

LIBRI CONSIGLIATI :

MIRANDA VICKERS, BETWEEN SERB AND ALBANIAN: A HISTORY OF KOSOVO, Columbia University Press, 1998.

MIRANDA VICKERS, JAMES PETTIFER, ALBANIA: FROM ANARCHY TO A  BALCAN IDENTITY, New York University Press, 1997.

M. DOGO, KOSOVO. ALBANESI E SERBI : LE RADICI DEL CONFLITTO, Lungro di Cosenza, 1992.

ANTONELLO BIAGINI, MOMENTI DI STORIA BALCANICA ( 1878 - 1914 ), Roma, 1981.


NARRATIVA :

SEFEDIN FETHIU, IL TEMPO DEL RISVEGLIO, Ed.Stilo.

ISMAIL KADARÉ, TRE CANTI FUNEBRI  PER IL KOSOVO, Longanesi Ed.