Tenendo ovviamente conto che risulterebbe pressoché impossibile illustrare le vicende di un paese in poche righe, ci si soffermerà su alcuni degli episodi più significativi della martoriata storia dell'Albania e della sua gente. Il popolo delle aquile è molto più di quello che le cronache quotidiane rendono noto e spero che una ricostruzione, seppure limitata, del suo passato serva a conoscerlo meglio e ad apprezzarlo. 


 

                              Le Origini

Le origini del popolo albanese sono, per alcuni versi, tutt'oggi ancora da accertare. Una delle prime testimonianze scritte dell'uso della parola "Albanoi " risale al 130 d.C., in un'opera di Tolomeo. Circa un millennio dopo alcuni scrittori bizantini utilizzano le parole Albanon e Arbanon per indicare la regione di Kruja. Sotto gli Angiò, nel XIII secolo, i nomi Albania e Albanenses tendono a indicare tutto il paese e l'intera popolazione, come provano gli scritti di alcuni antichi letterati albanesi come Budi, Blanco e Bogdano. Nella loro lingua gli albanesi si definiscono "Shqipëtarë " , termine che per alcuni studiosi  ha il significato di " Le aquile ", da Shqiponjë (data la presenza consistente di tali animali nelle zone montuose dell'Albania) e che per altri può invece indicare "coloro che comprendono".

Gli italo-albanesi e le minoranze albanesi presenti in Grecia vengono chiamati in modi diversi con il passare degli anni: Arbënuer, Arbënor, Arbëneshë, Arbreshë ; quest'ultimo termine deriva da Arbëria o Labëria , che si riferisce invece ad una regione del sud dell'Albania. Studi approfonditi attribuiscono le origini di questa stirpe al ceppo delle popolazioni traco-illiriche, presenti nei territori balcanici sin dal III secolo a.C.. I rapporti tra gli Illiri ed i Greci sono stati spesso conflittuali,  tuttavia è l'affermarsi della Macedonia come nuova potenza balcanica a minacciare in maggior modo la supremazia illirica. Tra il 229 ed il 168 a.C.,  Roma conquista l'Illiria Meridionale in più riprese, ma la romanizzazione di queste zone, che si estendono dal Danubio fino al nord dell'Albania, non è affatto facile, data l'indole rivoltosa degli abitanti. Queste terre diventano sempre più luogo di scontri tra due diverse sfere d'influenza: quella romana e quella greca, quest'ultima particolarmente radicata nel sud dell'Albania. Con la scissione dell'Impero Romano, l'Illiria Meridionale diventa parte dell'Impero d'Oriente, ma anche terra d'invasione da parte dei popoli che dall'Asia intendono spostarsi verso l'Europa. 

 

      LA DEA DI BUTRINTO  

   RITRATTO DI AUGUSTO - BUTRINTO  

   

  

                                     BUTRINTO - SCAVI                                                                            APOLLONIA  

                                                                  

Per le particolari condizioni geografiche, la vita politica ed economica dell'Albania è stata sempre tormentata e difficile. Gli albanesi sono stati buoni guerriglieri o soldati, pirati, montanari, dando spesso prove di coraggio ed intelligenza, fornendo peraltro i più forti e fidati uomini alle schiere di Costantino il Grande, Alessandro, Pirro, Diocleziano,dei Sultani, ma soprattutto all'esercito di Skanderbeg. L'Albania ha inoltre da sempre regalato valorosi marinai alla Grecia, a Roma e a Venezia. L'avvenenza delle donne albanesi era poi riconosciuta ed apprezzata in tutti i Balcani. La mancanza di stabilità, di costanza nell'evoluzione e nello sviluppo del paese  è da imputare al continuo stato di tensione di questo popolo, sempre pronto a disseppellire l'ascia di guerra per necessità storiche e geografiche innegabili.                                                

 

Terra divisa tra signori feudali che si contendono, spesso violentemente, l'egemonia, l'Albania del XVI secolo non è ancora una nazione, ma un agglomerato di principati e signorie. La concezione di una identità nazionale albanese sembra assumere significato solo con l'inizio della brutale e duratura oppressione turca, nella seconda metà del 1300. Perfetta e possente macchina da guerra, l'esercito ottomano, fra i più attrezzati ed imponenti di tutti i tempi, afferma la propria autorità in molti paesi balcanici, non senza scontrarsi con l'ostilità e la caparbietà dei popoli occupati.  I nobili albanesi vengono quasi tutti ridotti in condizioni di vassallaggio e di sottomissione al potere turco e l'Islam viene imposto con la forza. Ma l'Albania è  anche una appetibile finestra sull'Adriatico, è un paese che sta vivendo un periodo di sviluppo economico, favorito dal commercio con le vicine città costiere. Dunque se i turchi si assicurano il controllo di Valona, Argirocastro e Kruja, La Serenissima si impossessa di Scutari, Dulcigno e pone sotto la propria giurisdizione Durazzo e Antivari. Dinanzi alla grandezza dell'esercito ottomano, Venezia preferisce pagare un tributo per il mantenimento delle proprie terre, ma questo non implica che i rapporti tra le due potenze siano pacifici. È in questo difficile contesto che appare però la figura più carismatica della storia albanese, un uomo in grado di guidare un popolo verso una presa di coscienza nazionale.

BUTRINTO - ANFITEATRO   

( "KULLA", COSTRUZIONE ALBANESE ) 

                                

 

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          L'epopea di Skanderbeg

                 

                    Giorgio Castriota detto " Skanderbeg " - Eroe Nazionale Albanese

Intorno al 1430, due tra le più autorevoli famiglie nobili albanesi , i Castriota e gli Arvaniti, si ribellano alle intimidazioni ed ai soprusi del potere centrale turco, raccogliendo il sostegno dei signori cristiani del Nord e del centro dell'Albania. Se la Repubblica di Venezia opta per una politica di non intervento, dal Regno di Napoli e dall'Ungheria giungono gli aiuti per i ribelli albanesi, che dopo alcuni scontri sono però costretti a ripiegare in fuga. Divisa dalle rivalità tra i clan e dalla mancanza di un nucleo centrale di organizzazione, l'Albania non riesce ad opporsi con continuità alla prevaricazione ottomana. Guerriero indomito, prode ed impavido condottiero, ma anche uomo colto e intelligente, Giorgio Castriota detto "Skanderbeg" segna però con le sue gesta una svolta nel destino della sua gente, tra storia, mito e leggenda. Le testimonianze più attendibili lo descrivono come il figlio di un vassallo ribelle. Il giovane Castriota viene rapito all'età di 9 anni, insieme ai suoi fratelli, dal sultano, a causa delle intemperanze paterne. Accadeva spesso che l'impero turco rapisse i giovani rampolli delle famiglie nobili dei popoli assoggettati per farli studiare presso la corte ottomana con il fine di inserirli successivamente negli organismi militari. Questi rapimenti avevano dunque la doppia finalità di asservire le famiglie e di potenziare la struttura imperiale. Dopo aver frequentato con profitto le scuole militari turche, Castriota guadagna il grado di generale nell'esercito ottomano.

Ma la sera del 4 novembre 1443, durante una battaglia, Skanderbeg abbandona il suo esercito per tornare verso l'Albania, sua terra natia, di cui  ha sempre segretamente sentito la nostalgia, nonostante lo sfarzo della corte e degli ambienti militari . In realtà tale  gesto altro non è che l'attuazione di un piano premeditato. Il suo obbiettivo è chiaro : organizzare una solida e tenace ribellione contro l'oppressore. Approfittando del conflitto tra Turchia ed Ungheria, Skanderbeg, con i suoi uomini, riconquista i territori sottratti con la forza al padre ed il 28 novembre 1443 entra nella cittadina di Kruja, capitale dell'Albania occupata e fa abbassare l'emblema della mezzaluna turca issato sulle mura cittadine, per far innalzare lo stendardo dell'aquila bicefala nera su campo rosso ,  proclamando inoltre una frase celebre, rivolta al popolo sbalordito ed infervorato  « La libertà non ve l' ho portata io...l' ho trovata tra di voi ». Questo gesto simbolico e leggendario diventa una sfida aperta all'autorità del sultano Murat. 

 

Inizia così la lotta, durata circa 25 anni, tra la superpotenza turca e la piccola e ribelle Albania. L'impero ottomano impiega  terrificanti armate, guidate dai generali più capaci. Ma oltre che abile combattente, Skanderbeg mostra di essere anche un arguto uomo politico. Egli crea la "Lega Albanese", detta anche " Lega di Lezhë ", composta dai feudatari ribelli, i quali mettono a disposizione i propri eserciti. Dimostrando tutta la sua sagacia ed astuzia di grande stratega, Skanderbeg riesce a sconfiggere più volte i turchi, nonostante l'inferiorità numerica. Dopo ogni insuccesso, nuove armate, sempre più numerose, vengono lanciate contro i ribelli, ma i risultati sono gli stessi: gli albanesi resistono e ricacciano l'invasore. Morto Murat, il nuovo sultano Mehmet II, il "conquistatore di Costantinopoli", decide  di sbrigare in fretta e con fermezza la pratica albanese. Nel frattempo la fama di Skanderbeg e l'ipotesi di una probabile richiesta di indipendenza, cominciano a preoccupare la Repubblica di Venezia ed alcuni membri della Lega. La Serenissima pone addirittura una taglia sul capo del condottiero albanese. Nel 1450 Mehmet II entra in Albania al comando di un esercito immenso, il più potente e meglio armato dell'epoca. Ma ancora una volta Skanderbeg riesce ad avere la meglio, approfittando dell'agilità della sua cavalleria leggera e della  migliore conoscenza dei luoghi. Il sultano torna a Istambul, ma giura vendetta. Dopo questa vittoria, Skanderbeg cerca di trasformare la Lega in un embrione di stato centrale, ma la fortuna sembra voltargli le spalle.

 

 Molti nobili, allarmati dalle mire indipendentiste e dal timore di perdere le proprie terre, si ritirano dalla Lega . Lo stesso Hamza Castriota, cugino e fidato braccio destro di Skanderbeg,  passa dalla parte dei turchi, corrotto da allettanti  offerte e privilegi terrieri. Venezia rifiuta categoricamente  qualsiasi tipo di collaborazione con i ribelli. La città di Ragusa e il Re di Napoli Alfonso V d'Aragona, appoggiano l'iniziativa di Giorgio Castriota ma non inviano aiuti concreti. Lo Stato Pontificio avalla l'opera dei sovversivi e promette di inviare truppe contro "gli infedeli turchi", ma  a patto che il leader albanese conduca la sua armata ad una vittoria anche sugli ortodossi. Skanderbeg rifiuta però ulteriori coinvolgimenti bellici. Avvilito, solo, tradito, circondato da scetticismo e diffidenza, l'uomo della rinascita sembra destinato a dover abbandonare i suoi progetti. La stella di questo grande personaggio sembra spegnersi lentamente, ma è proprio in questo contesto che ha inizio uno dei momenti più importanti della storia dell'Albania. 

 

Deluso dai nobili, Skanderbeg,  "soldato di Gesù Cristo", "principe albanese e degli Epiroti "  trova l'appoggio della sua gente, conquistata dal suo coraggio e dal suo carisma. Da ogni angolo d'Albania giungono uomini pronti a combattere per lui; persino i "Gheghi" , montanari liberi da qualsiasi vassallaggio e da qualsiasi schiavitù, scendono dalle montagne per mettersi a disposizione di quest'uomo la cui fama supera ogni distanza. Non un esercito addestrato, ma una schiera di gente comune si mostra pronta a lottare contro la violenza turca, dopo anni di razzie, abusi e offese. Tra di loro sembra circolare  una sola parola: Libertà. La vera epopea di Skanderbeg ha inizio. Nell'autunno del 1457, a Kruja, questo piccolo ed eroico esercito infligge  una severa lezione all'impero ottomano. Gli scontri si susseguono, ma il tenace popolo albanese resiste e risponde colpo su colpo. In seguito ad una grave carestia, l'Albania contadina, che costituisce lo zoccolo duro delle milizie di Skanderbeg, cade in ginocchio. L'unico grande alleato di Castriota, Giovanni Hunyadi d'Ungheria, è morto nel 1456. La Turchia riorganizza lo sforzo bellico approfittando della situazione. La cittadina di Kruja viene occupata e liberata più volte. Skanderbeg lotta valorosamente fino alla fine e cerca di sollevare l'orgoglio dei nobili. Ma nel 1468, stremato dalla fatica e colpito da un attacco febbrile, muore lasciando un vuoto incolmabile nell'animo del suo popolo. Lo stesso sultano Mehmet II commenta così la notizia della scomparsa di Skanderbeg : « Questa terra non vedrà mai più nascere un tale leone ». 

 

La figura di quest'uomo è destinata a divenire il simbolo dell'orgoglio e del desiderio di libertà del popolo albanese. Tradotta in molte lingue, la sua epopea può essere anche interpretata come la storia di ogni popolo soggetto a prevaricazioni, di ogni minoranza oppressa che lotta per la propria dignità e la propria indipendenza.  

 

P. MELE - Skënderbeu  

 

 Tirana -  Statua di Skanderbeg

 

Dipinto italiano del XVI Secolo 

 

 

 

La storia di Skanderbeg è stata tradotta in molte lingue. Ecco alcune opere scritte in Italiano, Inglese, Francese tra cui tragedie, racconti e poemi epici che si sono liberamente ispirati alla vita del condottiero albanese.

 

   Donika, moglie di Skanderbeg.Dipinto Italiano del XVI Secolo

 

  

 

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Dopo la sua morte, in molti  fuggono dall'Albania nel timore di ritorsioni turche e si rifugiano in Italia ( in Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata), costituendo le comunità Arbëreshë. Pur privi del loro capo, i ribelli albanesi rimasti in patria continuano la battaglia contro l'invasore sotto la guida di Lek Dukagjni, fondatore di uno dei principali codici comportamentali e giuridici del tempo, il Kanun. L'ultima grande insurrezione avviene nel 1499. Il popolo affronta il nemico al fianco di un giovane comandante, Giorgio Castriota, omonimo  nipote di Skanderbeg, desideroso di emulare il grande condottiero. Ma finanche la forza dei simboli e dei miti si frantuma sotto il peso della dura realtà e di un nemico incomparabilmente e, questa volta, indubbiamente più forte.     

 

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                             L'Indipendenza

                          

Il dominio ottomano si protrae anche nel settecento e nell' ottocento, nonostante frequenti tumulti e sommosse popolari. Ma l'Europa di questi anni è tutt'altro che statica, al contrario sembra cambiare lentamente, ma costantemente,volto. Il congresso di Vienna del 1815, che ha lo scopo di ridefinire i confini dei territori europei dopo la sconfitta di Napoleone, sfiora soltanto la questione balcanica. La Russia, ed in parte l'Austria, mettono seriamente in discussione l'autorità dei turchi su molti territori dell'Est europeo, sostenuti anche dalle ambizioni d'indipendenza dei popoli occupati. Nel 1877 la Russia apre le ostilità nei confronti del sultano, e lo costringe nel 1878 a firmare un armistizio. La Bulgaria diventa stato autonomo, la Serbia ed il Montenegro ottengono l'indipendenza, così come la Romania , quest'ultima però è impoverita dalla perdita di alcuni territori finiti ai russi. Con il Congresso di Berlino, nel 1878, la Bosnia e l'Erzegovina diventano protettorato Austriaco, mentre L'Albania rientra tra quelle regioni che rimangono sotto la sfera d'influenza ottomana. Nonostante questo, il congresso tenutosi a Berlino si rivelerà fondamentale per la conquista della libertà degli albanesi. Il fermento nazionale cresce a causa delle sempre più feroci persecuzioni turche e per il timore dello smembramento dell'Albania tra Serbia e Grecia. Sempre nel 1878, riunendosi nella Lega di Prizrend, il popolo albanese fa sentire la propria voce in tutta l'Europa e pensando all'Italia come all'unica forza politica da cui ricevere aiuto. 

 

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« ...la Russia, che prima si era insinuata e quasi imposta all'Europa col pretesto della religione cristiana, di cui si vantava protettrice in Oriente, ora che ha dichiarato con linguaggio aperto e col trionfo delle sue armi lo scopo cui tende, ha perduto ogni prestigio in Albania come in Grecia, ove si contempla con sdegno misto a terrore il corso formidabile delle sue invasioni. Ed è per questo che queste popolazioni invocano ansiosamente il sostegno della grande Nazione, che sola può impedire la totale rovina della loro patria e la sparizione del nome "Albania" dalla carta d'Europa. Fu questo timore che frenò le tribù schipetare, impazienti di sottrarsi al giogo ottomano, dallo stringere alleanza con l'eroico Montenegro, che giustamente considerammo, e tuttora consideriamo, come l'avanguardia degli eserciti russi. Fu questo medesimo timore che ci trattenne dall'accogliere le offerte direttamente proposte a noi dalla Russia, che per opposti scopi tendevano ad assorbirci ed annullare la nostra identità nazionale. Come non siamo e non vogliamo essere Turchi...così ci opporremo con tutte le nostre forze contro chiunque volesse renderci Slavi o Greci. Noi vogliamo essere solo Albanesi .  »

Memorandum indirizzato dalla Lega Albanese di Prizrend a S.E. Lord Beaconsfield, Primo Ministro e Rappresentante di Sua Maestà la Regina d'Inghilterra al Congresso di Berlino ( 1878 )   

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Qualche anno prima, in una lettera del 1866 alla Principessa e scrittrice Dora d'Istria, lo stesso "eroe dei due mondi " Giuseppe Garibaldi scriveva  « La causa degli Albanesi è la mia…sarei felice d'impiegare quanto mi rimane di vita in prò di quel prode popolo. »   Piccola pedina, ma dalla notevole importanza strategica, nell' immenso scacchiere europeo, l'Albania deve aspettare il conflitto tra Turchia e Italia ( tra il 1911 ed il 1912), che si contendono la Libia, per rivendicare la propria autonomia.  Ancora una volta il numericamente modesto ma impetuoso popolo delle aquile, infervorato dal desiderio di indipendenza, inizia la propria ribellione nel 1911, opponendosi ai programmi politici dei "Giovani Turchi". I contrasti interni, alcune volte di motivazione religiosa, non mancano e rallentano le imprese dei rivoltosi. I  moti iniziano e si bloccano più volte coinvolgendo il sud, il nord, il centro, il distretto di Jakova ed il Kosovo. La rivolta armata rende celebri personaggi come Bajram Curri, Elmas Xhaferi, Themistokli Gërmenji, Abdi Totani, Ded Gjo Luli, che sconfiggono al seguito delle loro armate gli occupatori ottomani. Il grido che si diffonde tra il popolo è "nè Greci, nè Slavi, nè Turchi...noi vogliamo essere solo Albanesi! ". La tanto agognata indipendenza nazionale arriva però anche grazie al sostegno culturale degli Albanesi viventi oltre i confini , in particolar modo degli Albanesi d'Italia. Nella conferenza di Londra (1912-1913) si stabiliscono le frontiere che delimiteranno il territorio albanese. Il 28 Novembre 1912, Ismail Qemal innalza a Valona la bandiera della patria libera. Nel 1914 l'Albania è riconosciuta dalle altre potenze come stato indipendente.

                         

                                      ( Dichiarazione d'Indipendenza dell'Albania)

 

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         Albania tra le due Guerre

                                                                          

Tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale l'Albania vive di riflesso le tristi vicissitudini e gli episodi che si susseguono in Europa. Dopo numerosi scontri tra i partiti, l'Albania diventa una monarchia costituzionale e Ahmed bey Zogu ( o Zog come si fa in seguito chiamare), viene eletto Re nel settembre 1928. Tra il 1929 ed il 1932 la guida dello stato viene dunque affidata a questo personaggio discusso ed osteggiato da molti. Negli anni 20 e 30 i rapporti tra l'Italia fascista e l'Albania si intensificano e culminano, per il paese Shqipëtarë, in uno stato di semi-protettorato e di alleanza pacifica.                                                     

Con l'ascesa del partito nazionalsocialista di Hadolf Hitler , ha luogo una nuova forte scossa ai confini Europei . L'avanzare incessante della potenza teutonica semina morti, terrore sullo sfondo di deportazioni di massa, eccidi e violenze inimmaginabili. Mussolini, stregato dall' autorità del dittatore austriaco, cerca di dimostrare la propria autorevolezza conquistando l'Eritrea ed entrando trionfalmente in Albania nel 1939. Quest'ultima occupazione non ha però un gran valore militare dati gli accordi probabilmente presi in segreto con re Zog (fuggito in Grecia) e la scarsa resistenza degli albanesi stessi. Nell'aprile del 1939, il sovrano italiano Vittorio Emanuele III viene eletto Re d'Albania. La terra di Skanderbeg diviene colonia italiana. L'intento di Mussolini è di utilizzare l'Albania come corridoio per giungere all'invasione della Grecia, usufruendo anche delle truppe albanesi, promettendo loro parte della Çamëria ( territorio greco ma dalla popolazione prevalentemente di etnia albanese ) e del Kosovo. L'ipotesi di una "Grande Albania" sembra allettare molti. All'oppressione fascista si oppongono però tutti i raggruppamenti politici albanesi di orientamento democratico e di sinistra, che creano un fronte comune di resistenza. Nasce così il Lufta Nacional Çlirimtare, il "Movimento di Liberazione Nazionale". Gli antagonisti dei partigiani sono invece i Balli Kombëtar, gruppo nazionalista e anticomunista. La guerra in Grecia si rivela una delle più cocenti delusioni per Mussolini. Le perdite umane sono rilevanti e la sconfitta è palese. Alcuni soldati italiani trovano rifugio nei villaggi, mentre altri  ( fra cui l'armata "Antonio Gramsci" ) abbandonano gli ultimi combattimenti con i greci e si uniscono ai partigiani albanesi. Con la caduta di Mussolini, il  Lufta  organizza un "Comitato per la Salvezza dell'Albania" e senza mezze misure  prende le redini del governo.

 

 

 

                 

( foto di Re Zog I )

Palazzo di Re Zog

( Valona - Monumento ai Combattenti per la Libertà )

 

 

 

 

Con la costituzione, in seguito, della Repubblica popolare e la salita al potere di Enver Hoxha, la storia ci conduce inevitabilmente ai giorni nostri. Nel 1946 il Kosovo viene restituito alla Jugoslavia in cambio di aiuti economici e Hoxha, professore di francese  intriso di principi marxisti e leninisti, dà inizio ad una delle dittature più spietate, basata sull'oppressione e la persecuzione degli avversari politici. Grande ammiratore di Stalin, Hoxha rompe i rapporti con quella Russia che, pronta ad una maggiore apertura,  si affida a Kruščëv. La collaborazione con la Cina termina in seguito per lo stesso motivo. L'Albania si chiude così in un assurdo isolazionismo che la taglia fuori dagli eventi europei per molti anni, guidata da un regime che considera superfluo  persino i bisogni più essenziali. 

                 

 

( Enver Hoxha )

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               Albania oggi

 

Parlare in modo esauriente della dittatura di Hoxha  richiederebbe molto spazio, ma i libri e le testimonianze non mancano di certo. Basti pensare che la scena del 1991 degli immigrati albanesi che sbarcano in massa nel porto di Bari,  non è che una conseguenza di una fase incredibilmente lunga di paradossale chiusura. Alla luce di questi anni di miseria, risulterebbe forse più agevole riuscire a comprendere i disperati tentativi di molti immigrati di giungere sulle coste italiane.  La televisione, finestra sul mondo del benessere (un mondo peraltro a portata di mare ) ha sottolineato ancor più lo stato di arretratezza dell'Albania rispetto allo standard dei paesi europei. Dopo anni di ristrettezze e povertà, molti albanesi sono caduti nel tranello del denaro facile, alimentando attività illecite come la prostituzione ed il traffico di droga e di armi: questa è una triste verità. Sono però convinto che i delinquenti, gli assassini non abbiano nazionalità. Il carattere  di un popolo si riscontra nell'animo di chi lavora,  di chi inghiotte in silenzio il pane amaro dell'esilio, di chi  conserva nel  cuore il tenero ricordo della propria terra. I tristi episodi di cronaca, danno vita a serie riflessioni sull'immigrazione, ma sarebbe secondo me ancora più utile discutere le cause di essa. Difendere i biechi criminali, i crudeli assassini che appaiono spesso sulle prime pagine dei nostri quotidiani, sarebbe non solo inammissibile, ma improponibile, tuttavia mi piacerebbe che l'opinione pubblica osservasse con occhio più attento le mille storie di tante famiglie, storie di privazioni, storie di miseria, storie che ricordano quelle di tanti italiani emigrati durante il dopoguerra .  

 

L'Albania di oggi è un paese in via di sviluppo, dall' economia incerta, con evidenti carenze infrastrutturali e fondamentalmente alla ricerca di un equilibrio interno .  Tuttavia segnali sicuramente positivi e confortanti giungono dall'altra parte dell'Adriatico. L'interesse di molti imprenditori italiani e non, sottolinea infatti che, dopo anni di immobilismo, finalmente qualcosa si sta muovendo . La speranza è che il popolo albanese possa effettivamente fruire dei frutti di  questo  piccolo risveglio economico e industriale. 

 

               

                                                           Tirana - Piazza Skanderbeg

 

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                                                  Le Conclusioni

 

Il volto vero dell'Albania odierna è talvolta indecifrabile.  A chi si rifiuta di perseguire le facili scorciatoie mentali dei pregiudizi è  richiesto uno sforzo, lo sforzo comune della conoscenza, che nasce dall'incontro, dallo scambio, dalla comprensione e non dal diniego dell'alterità. Un grazie sincero a chi si impegna quotidianamente a debellare la piaga del razzismo e della xenofobia, attraverso un lavoro talvolta oscuro, ma fondamentale e prezioso, di divulgazione.  

 

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" La chiarezza richiede conoscenza, la conoscenza aumenta la tolleranza, la tolleranza è l'unica mediatrice di una pace per tutte le forze e in tutte le situazioni. " 

                                                                       Johann Wolfgang von Goethe


                                                         


                                                      Bibliografia   

   ANTONELLO BIAGINI, STORIA DELL'ALBANIA, BOMPIANI, 1998.

A. BIAGINI - F. GUIDA, MEZZO SECOLO DI SOCIALISMO REALE. L'EUROPA CENTRO-ORIENTALE DAL SECONDO CONFLITTO MONDIALE ALL'ERA POST- COMUNISTA, Torino, 1997.

AUREL PLASARI, LA LINEA DI TEODOSIO TORNA A DIVIDERE, BESA, 1998.

GIUSEPPE MICUNCO, ALBANIA NELLA STORIA. BREVE STORIA DELL'ALBANIA, BESA, 1997.

GAETANO PETROTTA, SVOLGIMENTO STORICO DELLA CULTURA E DELLA LETTERATURA ALBANESE, Palermo, 1950.

GINO PALLOTTA, SCANDERBEG EROE DELL'INDIPENDENZA ALBANESE, GRISOLIA, 1988.

EQREM ÇABEJ, GLI ALBANESI TRA ORIENTE E OCCIDENTE, BESA.

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GIANCARLO FUSCO, GUERRA D'ALBANIA, SELLERIO DI GIORGIANNI, 2001. 

PAOLO PETTA, DESPOTI D'EPIRO E PRINCIPI DI MACEDONIA: ESULI ALBANESI NELL'ITALIA DEL RINASCIMENTO, ARGO, 2000. 

ANGELO MASCI, DISCORSO SUGLI ALBANESI DEL REGNO DI NAPOLI, MARCO ED., 1990.

ROBERTO MOROZZO DELLA ROCCA, ALBANIA. LE RADICI DELLA CRISI, GUERINI E ASSOCIATI, 1997. 

PIERO CROCIANI, GLI ALBANESI NELLE FORZE ARMATE ITALIANE(1939-1943), UFFICIO STORICO DELL'ESERCITO, 2001. 

PAOLO PETTA, STRADIOTI. SOLDATI ALBANESI IN ITALIA (SEC. XV-XIX), ARGO, 1996.

FABIO MANISCALCO, FRAMMENTI DI STORIA VENDUTA. I TESORI DI ALBANIA, MASSA, 1998. 

MIRANDA VICKERS, JAMES PETTIFER, ALBANIA: DALL'ANARCHIA AD UNA IDENTITÀ BALCANICA, ASTERIOS, 1997.

STAVRO SKENDI, THE ALBANIAN NATIONAL AWAKENING: 1878-1912, Princeton University Press,Princeton, NJ, 1967

ABDUL B. SULA, ALBANIA'S STRUGGLE FOR INDIPENDENCE, privately published by his family,New York, 1967.  

 

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