Apuleio 

 

Lucio dai pasticceri ( Metamorfosi X,14 )


Ed a lungo per giunta continuava per me a gonfie vele l'espediente del furto, poiché sottraevo ancora più cautamente e abbastanza moderatamente dolci fra i tanti e poiché loro non sospettavano alcun inganno in un asino. Ma, quando, raggiunta fiducia maggiore di farla franca, divoravo tutte le parti migliori ed ingoiavo di gusto le vivande migliori che sceglievo, un sospetto non da poco rose gli animi dei fratelli e benchè ancora non credessero nulla di simile a proposito di me, tuttavia cercavano il colpevole del danno quotidiano con attenzione, anzi da ultimo si accusavano anche vicendevolmente del vergognoso furto. E già adottavano una maggiore attenzione ed una vigilanza più stretta ed il conteggio delle porzioni.

Testo originale

XIV. Et dui quidem pulcherrime mihi furatrinae procebant artificium, quippe adhuc timide et sacis parce subripienti de tam multis pauciora nec illis fraudes ullas in asino suspicantibus. At ubi fiducia latenti pleniore capta partes opinas quasque deuorabam et incundiora eligiens abligurribam dulcia, suspicio non exilis fratrum pupugit animos, et quanquam de me nihil etiam tum tale crederent, tamen cotidiani damni studiose uestigabant reum. Illi uero postremo etiam mutuo sese rapinae turpissimae criminanbantur, iamque curam diligentiorem at acriorem custoledam et dinumerationem
adhibebant partium.

 

I pasticceri litigano a causa dell'asino ( Metamorfosi X,14 )

Alla fine, lasciato da parte ogni ritegno, così si interpellano l'uno con l'altro: "insomma, questo fatto ormai non è equo né tanto meno umano, che cioè tu sottragga parti più buone e dopo averle vendute il tuo gruzzolo aumenti di nascosto e che tu pretenda un'equa divisione delle rimanenti. Se infine ti dispiace questa nostra società, possiamo rimanere fratelli per tutto il resto, e tuttavia dividerci da questo vincolo societario. Infatti vedo che la discordia per il danno, aumentando a dismisura, nutre fra noi un immenso litigio". L'altro replica: "Lodo questa tua sfacciataggine, per Ercole ! Perché ogni giorno, rubate le porzioni di nascosto, hai prevenuto le lamentele, trattenendo le quali io in silenzio gemevo da lungo tempo, perché non sembrasse che io accusassi mio fratello della turpe sottrazione. Ma è bene che, messa in luce da ambo i lati la faccenda, si cerchi una soluzione alla perdita, affinchè il risentimento che cresce in silenzio non generi a noi contese come quelle di Eteocle".

Testo originale

Tandem denique rupta uerecundia sic altem alterum compellat: "At istud iam neque aequum ac ne humanum quidem cotidie te partes electiores surripere atque iis diuenditis peculium latenter augere, de
reliquis aequam uindicare diuissionem, Si tibi denique societas ista displicet, possumus omnia quidem cetera fratres manere, ab isto tamen nexu communionis discidere. Nam uidero in immensum damni procedentem querelam nutrire nobis immanem discordiam." Subicit alius: "Laudo istam tuam mehercules et ipse costantiam, quod cotidie furatis clanculo partibus praeuenisti querimoniam, quam diutissime sistinens tacitus ingemescebam, ne uiderer rapinae sordidae meum fratrem arguere. Sed bene, quod umtrimquesecus sermone prolato iacturae remedium quaeritur, ne silentio procedens simultas Eteocleas nobis contentiones pariat."



I pasticceri scoprono l'autore dei furti ( Metamorfosi X,16 )


Avendo infine chiesto che cosa di bello avesse la servitù da ridere, saputo quale era il motivo, anche lui guardando dal medesimo foro si diverte moltissimo. E ridottosi egli stesso per il riso sfrenato fino al mal di pancia, avendo ormai aperto la stanza, fermandosi apertamente vicino assiste alla scena. Infatti io, avendo visto la faccia della sorte che mi sorrideva più benignamente da qualche parte, poiché la gioia dei presenti mi dava fiducia, neanche un po' turbato continuavo a mangiare tranquillamente, finchè il padrone di casa, contento per la novità dello spettacolo, ordinò che io fossi condotto, anzi mi condusse con le sue stesse mani, al triclinio e, apparecchiata la tavola, ordinò che mi fossero servite ogni genere di vivande solide e portate intatte. Ed io, benchè già piuttosto rimpinzato, tuttavia desiderando rendermi gradito e più gradevole a lui, attaccavo affamato le esche mostratemi. Infatti escogitando con attenzione che cosa ripugnasse di più ad un asino, mi offrivano carni condite con laserpizio, pollame cosparso di pepe, pesci intrisi di salsa esotica, per provare la mia docilità.

Testo originale

XVI. Sciscitatus denique, quid bonum rideret familia, cognito quod res erat, ipse quoque per idemprospiciens forarem delectatur eximie; ac dehinc risu ipse quoque latissimo adusque intestinorum dolorem redactum, iam patefacto cobiculo proxime consistens coram arbitratur. Nam et ego tandem ex aliqua parte mollius mihi renidentis fortunae contemplatum faciem, gaudio praesentium fiduciam mihi subministrante, nec tantillum commotus securus esitabam, quoad nouitate spectaculi laetus dominus aedium duci me iussit, immo uero suis etiam ipse manibus ad triclinium perduxit mensaque posita omne genus edulium solidorum et inlibata fercula iussit adponi. At ergo quanquam iam bellule suffarcinatus, gratiosum commendatioremque me tamen ei fare cupuens esurienter exhibitas escas adpetebam. Nam et quid potissimum adhorreret asino escogitantes scrupulose ad explorandam mansuetudinem id offerebant mihi, carnes lasere infectas, altilia pipere inspersa, pisces exotico iure pefusos. 

 


Un brindisi ( Metamorfosi, X, 16 )

  Intanto la mensa risuonava di moltissime risate. Un buffone lì presente infine disse: "Date a questo compagno di tavola del vino puro".
Il padrone avendo approvato quella battuta rispose: "Non hai parlato così a sproposito, briccone: può darsi benissimo che il nostro commensale gradisca anche una tazza di vino melato". E disse: "Ascolta, ragazzo, riempi quel boccale d'oro di vino melato dopo averlo lavato con cura ed offrilo al mio convitato, ed al contempo avvertilo che ho bevuto alla sua salute". Da quel momento nacque una notevole attesa da parte dei convitati. Ed io, per nessun motivo turbato, con comodo e sufficiente grazia, piegata l'estremità del labbro a forma di lingua, vuotai di un sol fiato quel calice grandissimo. Si leva il clamore per l'unisona voce di tutti quanti mi augurano salute.

Testo originale

Interim conuiuium summo risu personabat. Quidam denique praesentes scurrula: "Date? inquit "sodali huic quippam meri."Quod dictum dominus secutus: "Non adeo" respondit "absurde iocatus es, furcifer; ualde enim fleri potest, ut contubernalis noster poculum quoque mulsi libenter adpetat." Et "heus", ait " puer, lautum diligenter ecce illum aureum cantharum mulso contempera et offer parsito meo; simul, quod ei praebiberim, commoneto." Ingens exin orba est opulonum expectatio. Nec ulla tame ego ratione conterrimus, otiose ac satis genialiter contorta in modum linguae postrema labia grandissimum illum calicem uno haustum perduxi. Et clamor excurgit consola uoce cunctorum salute me prosequentium.

 



Lucio fenomeno da circo ( Metamorfosi X, 17 )

Alla fine il padrone, pervaso di grande gioia, chiamati i suoi servi, miei compratori, ordina che sia restituito loro quattro volte il prezzo, e mi affidò ad un certo suo liberto carissimo e piuttosto ricco, dopo avergli raccomandato una grande cura, che mi curava con sufficiente umanità ed affabilmente e, per rendersi più gradito al patrono, con molto impegno organizzava i suoi divertimenti con le mie prodezze. Per prima cosa mi insegnò bene a mettermi a tavola appoggiandomi sul gomito, poi a fare la lotta e persino a ballare sollevate le zampe anteriori e, fatto che più di tutto era ammirevole, a rispondere con un segno alle parole, cosicchè mostrassi quello che non volevo tirando indietro la testa, quello che volevo abbassando il capo; e qualora avessi avuto sete chiedessi da bere, guardando il coppiere, chiudendo le ciglia alternativamente ( = ammiccando ). 

Testo originale

XVII. Magno denique delibutus gauidio dominus, uocatis seruis suis, emptoribus meis, iubet quadruplum restitui pretium meque cuidam acceptissimo liberto suo et satis peculiato magnam praefatus diligentiam tradidit. Qui me satis humane satisque comiter nutriebat et, quo se patrono commendationem faceret, studiosissime uoluptates eius per meas argutias instruebat. Et primum me quidem mensam accumbere suffixo cubito, dein adluctari et etiam saltares sublatis primoribus pedibus perdocuit, quodque essed adprime mirabiel, uerbis nutum commodare, ut quod nollem relato, quod uellem deiecto capite monstrarem, sitiensque pollicatore sespecto, ciliis alterna coniuens, bibere flagitarem. 

 

I rischi della notorietà ( Metamorfosi X, 17 )

Ma in tutte queste cose obbedivo con molta facilità, perché senza dubbio le avrei fatte senza che nessuno me le avesse mostrate. Ma temevo che se per caso avessi fatto senza maestro in modo umano la maggior parte delle azioni, pensando che si trattasse di un sinistro presagio, come prodigio e fatto straordinario, mi potessero dare agli avvoltoi, dopo avermi ucciso, come ricco pasto. E già la fama era cresciuta a livello di pubblico, per cui con le mie doti ammirabili avevo reso il padrone noto e famoso; ecco chi possiede come compagno e conviviale un asino che lotta, che danza, che capisce le voci umane, che esprime il pensiero a gesti.

Testo originale

Atque haec omnia perfacile oboediebam, quae nullo etiam monstrante scilicet facerem. Sed uerebar ne, si forte sine magistro humano ritu ederem pleraque, rati scaenuum praesagium portedere, uellet monstrum ostentumque me obtruncatum uulturiis opinus pabalum redderent. Iamque rumor publice crebruereat, quo cospectum atque famigerabilem meis miris artibus affeceram dominum: hic est, qui soldatem coniuamque possidet asinuhm luctantem, asinum saltantem, asinum uoces humanas intellegentem, sensum nutibus exprimentem.