Platone 

Repubblica,  II  358a-360d

L'anello di Gige

Introduzione        (  testo originale  )

    Dici benissimo, disse; ed ascolta quello che io ho detto che avrei esposto per prima cosa, che cos’è e da dove è giunta la giustizia. Affermano infatti che il compiere un’ingiustizia sia ( per natura ) un bene, invece il subire un’ingiustizia un male, e che il subirla superi di un male maggiore quanto sia un bene il compierla.  Tanto che, qualora si facciano reciprocamente ingiustizia, la subiscono ed hanno esperienza di entrambi i casi, a coloro che non sono in grado di scampare ( il fatto di subirla ) né di scegliere ( di farla ) sembra essere vantaggioso il mettersi d’accordo gli uni con gli altri di non compiere ingiustizia né di subirle. E da allora presero a darsi legge e patti ed a chiamare ciò che è imposto dalla legge “legale” e “giusto”.

 

L'origine e la sostanza della giustizia        ( testo originale )

    E ( dicono ) che questa sia l’origine e la sostanza della giustizia, che si trova a metà fra ciò che è il massimo bene, se non si paga il fio pur commettendo ingiustizia, ed il male peggiore, se non si è in grado di vendicarsi quando si subisce un’ingiustizia. E ( dicono ) che il giusto, che si trova nel mezzo fra entrambi questi due, è apprezzato non come bene, ma poiché viene onorato nell’incapacità di commettere un’ingiustizia. Poiché infatti chi è in grado di commettere un sopruso davvero da uomo non stipulerebbe mai con nessuno patti di non commettere ingiustizie né di subirle: infatti sarebbe un pazzo. Dunque, o Socrate, la natura della giustizia è proprio così, e tali ( sono le condizioni ) dalle quali è nata, stando ai discorsi ( della gente ). E capiremmo che anche coloro che la praticano ( giustizia ) per incapacità di commettere ingiustizia lo fanno malvolentieri, se facessimo un’ipotesi di tal genere: dando la possibilità ad entrambi, al giusto ed all’ingiusto, di fare ciò che vuole, poi lo seguissimo, osservando dove il desiderio condurrà ciascuno dei due. Dunque coglieremmo sul fatto il giusto indirizzarsi allo stesso obiettivo dell’ingiusto, per il desiderio di avere più di un altro, fatto che ogni natura è naturalmente portata a perseguire come bene ma con violenza, per legge, è piegata al rispetto dell’uguaglianza.

 

L'esempio di Gige        ( testo originale )

    Sarebbe tale, soprattutto, poi, la possibilità che io dico, se essi avessero il potere che un tempo dicono ebbe Gige, l’antenato del Lido ( Creso ). Raccontano che egli fosse un pastore a servizio presso l’allora re di Lidia ( Kandaule ), e avvenuto un gran temporale ed un terremoto, si fosse squarciato un tratto del suolo e si creasse una voragine nel punto dove egli stava pascolando. Avendola vista e meravigliatosi, vi discese e vide, fra le altre cose incredibili di cui si favoleggia, anche un cavallo di bronzo, cavo, che aveva delle piccole porte, piegatosi lungo le quali vide un cadavere che c’era all’interno, di statura superiore, a prima vista, di quella di un uomo; e, dopo avergli sottratto null’altro che l’anello d’oro che portava al dito, se ne andò. Poiché si teneva la riunione abituale per i pastori, per riferire ogni mese al re come andassero le greggi, vi giunse anche lui con l’anello; seduto, dunque, in mezzo agli altri, per caso girò il castone dell’anello verso di sé, verso il palmo della mano; una volta fatto così, egli divenne invisibile alla vista di chi era seduto vicino, ed essi discutevano come se egli se ne fosse andato. Ed egli si stupiva e, tastando di nuovo l’anello, girò il castone all’infuori e, una volta girato, divenne visibile.

 

Gige sfrutta i poteri dell'anello        ( testo originale )

     Resosi conto di questo fatto, sperimentò se fosse l’anello ad avere questo potere e gli accadde proprio così, quando volgeva il castone verso l’interno diventava invisibile, vero l’esterno visibile. Accortosi di ciò, fece in modo di diventare uno dei messaggeri che vengono inviati dal re e, sedotta sua moglie dopo essere giunto ( a corte ), teso un tranello con lei al re, lo uccise e così ottenne il potere. Se, dunque, vi fossero due di questi anelli, e uno l’indossasse il giusto, l’altro l’ingiusto, non vi sarebbe nessuno, come sembra, dal carattere così forte da permanere nella giustizia ed avere il coraggio di tenersi lontano e non mettere le mani sulle cose degli altri, se gli fosse possibile impunemente prendere ciò che vuole dal mercato, ed, entrando nelle case, unirsi casualmente con chi voglia, uccidere e liberare dalle catene chi voglia, e fare ogni altra azione stando fra gli uomini come un dio. Comportandosi così, dunque, non farebbe nulla di diverso dal secondo, ma entrambi tenderebbero al medesimo obiettivo.

 

Il senso della giustizia negli uomini        ( testo originale )

     Ora, qualcuno potrebbe dire che questo è evidente prova del fatto che nessuno è giusto di propria volontà, ma per costrizione, convinto che la giustizia non sia – nel privato – un bene, poiché ciascuno commette un’ingiustizia ogni qual volta pensi di avere la possibilità di farlo. Ogni uomo, infatti, pensa, in privato, che l’ingiustizia sia molto meglio della giustizia, e pensa bene, come dirà chi fa questo tipo di discorso. Perché, se qualcuno, impadronitosi di questa facoltà, non volesse commettere ingiustizia e neppure sfiorasse i beni degli altri, sembrerebbe essere sciaguratissimo e folle a coloro che se ne accorgono, eppure lo loderebbero gli uni di fronte agli altri, ingannandosi l’uno con l’altro per la paura di subire ingiustizia. I fatti, dunque, stanno così.