Sallustio

 

Bell. Jug. , XVII e XVIII

Descrizione e popoli dell'Africa

Nella divisione del mondo, la maggior parte degli studiosi ha collocato nella terza parte l’Africa; pochi ritengono che ci siano solo Asia ed Europa, ma che l’Africa sia in Europa. Quella ha per confini a occidente lo stretto del nostro mare e dell’Oceano, a oriente una pianura in pendio, luogo che gli abitanti chiamano Catabatmo. Il mare è impetuoso e non offre la possibilità di porti, il terreno è fertile di messi, adatto al pascolo, non adatto all’arboricotura; c’è scarsità di acqua sia dal cielo che in terra. Gli uomini che la abitano sono una razza dal corpo sano, veloce e resistente alla fatica. La maggior parte di loro muore di vecchiaia, tranne quelli che sono morti in guerra o per attacchi di animali feroci; infatti quasi mai la malattia stronca uno di loro; inoltre vi sono moltissimi animali feroci.

18.  I Getuli e i Libici furono i primi a possedere l’Africa, selvaggi e rozzi, che si nutrivano di carne di animali selvatici e foraggio della terra come animali. Non erano governati né da costumi morali, né da una legge, né dal potere di qualcuno. Nomadi, dispersi, occupavano quelle posizioni che la notte li aveva costretti ad assumere. Ma dopo che Ercole morì in Spagna, come pensano gli Africani, il suo esercito, composto da varie popolazioni, persa la loro guida e dato che molti volevano il potere ciascuno per sé, in breve si riduce in nulla. Da quella moltitudine Medi, Persiani ed Armeni, passati in Africa con le navi, occuparono i luoghi più vicini al nostro mare. Ma i Persiani si stabilirono più vicini all’Oceano, utilizzarono scafi di navi, rovesciati, al posto delle capanne, dato che non c’era materiale nei campi, né possibilità di comperarlo né di barattarlo dagli abitanti della Spagna. Un mare vasto ed una lingua che non conoscevano proibivano loro il commercio. Poco a poco, attraverso unioni matrimoniali, si mescolavano ai Getuli e, dato che, alla ricerca dei territori, si erano spostati in continuazione, si erano dati da soli il nome di Nomadi. Del resto tuttora le abitazioni dei contadini Numidi, che essi chiamano mapalia ( = tende ) allungate, coperte da pareti ricurve, sono, per così dire, carene di navi

 

Testo originale

In diuisione orbis terrae plerique in parte tertia Africam posuere, pauci tantummodo Asiam et Europam esse, sed Africam in Europa. Ea finis habet ab occidente fretum nostri maris et Oceani, ab ortu solis decliuem latitudinem, quem locum Catabathmon incolae adpellant. Mare saeuom,
importuosum: ager frugum fertilis, bonus pecori, arbori infecundus: caelo terraque penuria aquarum. Genus hominum salubri corpore, uelox, patiens laborum: plerosque senectus dissoluit, nisi qui ferro aut bestiis interiere: nam morbus haud saepe quemquam superat. Ad hoc malefici generis pluruma animalia.

XVIII. Africam initio habuere Gaetuli et Libyes, asperi incultique, quis cibus erat caro ferina atque humi pabulum, uti pecoribus. Ei neque moribus neque lege aut imperio cuiusquam regebantur: uagi, palantes, quas nox coegerat sedes habebant. Sed postquam in Hispania Hercules, sicuti Afri putant, interiit, exercitus eius, conpositus ex uariis gentibus, amisso duce ac passim multis sibi quisque imperium petentibus, breui dilabitur. Ex eo numero Medi, Persae et Armenii, nauibus in Africam transuecti, proxumos nostro mari locos occupauere, sed Persae intra Oceanum magis; eique alueos nauium inuorsos pro tuguriis habuere, quia neque materia in agris, neque ab Hispanis emundi aut mutandi copia erat: mare magnum et ignara lingua commercio prohibebant. Ii paulatim per conubia Gaetulos secum miscuere; et, quia saepe temptantes agros alia deinde alia loca petiuerant, semet ipsi Numidas appellauere. Ceterum adhuc aedificia Numidarum agrestium, quae mapalia illi uocant, oblonga, incuruis lateribus tecta, quasi nauium carinae sunt.

 

 

 

Bell. Jug. , XXVI 

La resa di Cirta

Dopo che a Cirta si venne a conoscenza di questi fatti, gli Italici, grazie al cui valore venivano difese le mura, sicuri che, una volta arresisi, ne sarebbero usciti illesi per la grandezza del popolo romano, persuadono Aderbale a consegnare loro e la città a Giugurta : pattuisse solo di aver salva la vita da lui, il resto sarebbe stato affare del Senato. Ma egli, benchè pensasse che tutto fosse preferibile ad una promessa di Giugurta, tuttavia, dato che essi avevano comunque il potere, se si fosse opposto, di costringerlo, operò la resa, come avevano stabilito gli Italici. Giugurta come prima cosa fa uccidere Aderbale dopo averlo torturato; poi fa massacrare tutti gli adulti Numidi assieme ai mercanti, senza fare differenza, appena ognuno gli si era fatto incontro armato.

 

Testo originale


XXVI. Ea postquam Cirtae audita sunt, Italici, quorum uirtute moenia defensabantur, confisi, deditione facta, propter magnitudinem populi Romani inuiolatos sese fore, Adherbal suadent uti seque et oppidum Iugurthae tradat, tantum ab eo uitam paciscatur: de ceteris senatui curae fore. At ille, tametsi omnia potiora fide Iugurthae rebatur, tamen quia penes eosdem, si aduorsaretur, cogundi potestas erat, ita uti censuerant Italici, deditionem facit. Iugurtha in primis Adherbalem excruciatum necat, deinde omnis puberes Numidas atque negotiatores promiscue, uti quisque armatus obuius fuerat, interficit.

 

 

 

Bell. Jug. LXXXIX

L'assedio di Capsa

Ma il console, come aveva deciso, attaccava città e rocche fortificate, le strappava ai nemici in parte con la forza, in parte col terrore, in parte mostrando ricompense. Ed all'inizio compiva imprese di poca importanza, pensando che Giugurta, per proteggere i suoi, sarebbe venuto allo scontro. Ma quando seppe che era parecchio distante ed occupato in altre imprese, gli sembrò che fosse venuto il momento di iniziare imprese più grandi e impegnative. Tra i deserti sconfinati si trovava una città fortificata grande e possente, di nome Capsa, il cui fondatore veniva ricordato dai Libici come Ercole. I suoi cittadini, liberi da tributi da parte di Giugurta, si reggevano con un blando governo, e perciò venivano ritenuti fedelissimi; erano protetti contro i nemici non solo dalle mura, dalle armi e dai soldati, ma anche molto di più dalla impraticabilità dei luoghi. Infatti, al di fuori delle vicinanze della città, tutti gli altri luoghi erano vasti, incolti, aridi, infestati da serpenti la cui forza, come quella di tutte le altre belve, era resa più acuta dalla mancanza di cibo. Inoltre la natura pericolosa di per sé dei serpenti viene acuita dalla sete più di ogni altra cosa. Un desiderio enorme di impadronirsi della città si era impossessato di Mario, non solo per l’utilità ai fini della guerra, ma anche perchè  la situazione sembrava difficile e Metello aveva catturato la città di Taba con grande gloria, città che era collocata in una posizione e difesa in modo simile, se non che presso quest’ultima non lontano dalle mura c’erano alcune fonti, mentre gli abitanti di Capsa si servivano di una sola sorgente d’acqua che si trovava all’interno della città, per la restante di quella piovana. La scarsità d’acqua in quel luogo ed in tutta l’Africa che conduceva vita davvero selvaggia lontano dal mare veniva sopportata alquanto facilmente, dato che per lo più i Numidi si nutrivano di latte e carne di animali selvaggi e non cercavano né sale né altre prelibatezze. Il cibo serviva loro contro fame e sete, non per il piacere o per il lusso.

 

Testo originale

LXXXIX. Sed consul, uti statuerat oppida castellaque munita adire, partim ui, alia metu aut praemia ostentando, auortere ab hostibus. Ac primo mediocria gerebat, existumans Iugurtham ob suos tutandos in manus uenturum. Sed ubi illum procul abesse et aliis negotiis intentum accepit, maiora et magis aspera adgredi tempus uisum est. Erat inter ingentis solitudines oppidum magnum atque ualens, nomine Capsa, cuius conditor Hercules Libys memorabatur. Eius ciues apud Iugurtham inmunes, leui imperio et ob ea fidelissumi habebantur, muniti aduorsum hostis non moenibus modo et armis atque uiris, uerum etiam multo magis locorum asperitate. Nam praeter oppido propinqua, alia omnia uasta inculta, egentia aquae, infesta serpentibus, quarum uis, sicuti omnium ferarum, inopia cibi acrior; ad hoc natura serpentium, ipsa perniciosa, siti magis quam alia re accenditur. Eius potiundi Marium maxuma cupido inuaserat, cum propter usum belli, tum quia res aspera uidebatur,
et Metellus oppidum Thalam magna gloria ceperat, haud dissimiliter situm munitumque; nisi quod apud Thalam non longe a moenibus aliquot fontes erant, Capsenses una modo atque ea intra oppidum iugi aqua, cetera pluuia utebantur. Idque ibi, ut in omni Africa, quae procul a mari incultius agebat, eo facilius tolerabatur, quia Numidae plerumque lacte et ferina carne uescebantur et neque salem neque alia irritamenta gulae quaerebant: cibus illis aduorsus famem atque sitim, non lubidini neque luxuriae erat.