E’ Archiloco stesso a fornirci notizie sulle sue vicende personali nei frammenti giunti fino a noi; altri dati si trovano in alcuni autori che si sono occupati di lui - per esempio Pausania - e da due fonti di carattere documentario: la cosiddetta Epigrafe di Mnesiepes, un’iscrizione risalente al 250 a.C. circa, proveniente da una stele innalzata nell’Archilocheion, un témenos ( “recinto sacro” ) dedicato alla memoria del poeta per volere dell’oracolo di Apollo. Il documento fu scoperto a Paro, nel 1949.
Sempre a Paro fu scoperta l’Iscrizione di Sostene, risalente al I secolo a.C. , dalla quale possiamo ricavare alcuni frammenti delle sue opere. Secondo queste fonti il poeta nacque a Paro, nell’arcipelago delle Cicladi, intorno al 700 a.C., da una importante famiglia. Il suo avo Tellide aveva trasferito nell’isola di Taso il culto di Demetra, verso la fine dell’VIII secolo a.C.: per questo motivo, il celebre pittore di Taso, Polignoto, lo aveva raffigurato, insieme ad altri personaggi in vista, in un ciclo pittorico che abbelliva un edificio sacro di Delfi, presso la fonte Cassotide. Il padre del poeta era stato uno dei fondatori della colonia di cittadini di Paro stabilitisi a Taso; ma Archiloco non era nato dalla moglie legittima, bensì dalla schiava Enipò: fu dunque escluso dai privilegi ereditari.
Allora Archiloco fu costretto a cercare fortuna lontano dalla patria, a Taso, dove avrebbe militato come mercenario. Tuttavia restò molto legato alla patria, e quando Paro fu attaccata dalla vicina isola di Nasso, Archiloco accorse a difenderla trovandovi la morte.
Archiloco si occupa principalmente di esperienze
personali. Egli ha una chiara coscienza di che cosa sia l'amicizia e prima di
lui nessuno aveva parlato dell'amicizia tradita. Anche il giuramento non
osservato da Licambe, che ha promesso e poi rifiutato la figlia in sposa al
poeta, si configura come patto di amicizia personale e non come frutto di
convenzioni abituali. Archiloco si sente legato ad altri in maniera più
intensa, i legami tradizionali passano in secondo piano e non è offeso il suo
onore, bensì è spezzata una fiducia pur accompagnata da un legame oggettivo,
il diritto, visto ancora come vincolo religioso ovvero come giuramento. Il carattere vigoroso e
anticonformista della poesia di Archiloco ha indotto dunque i critici a sottolinearne
con insistenza l’autobiografismo. Aristotele, in un passo della Retorica,
afferma tuttavia che Archiloco volle parlare di sé anche quando ricorse all’artificio
di introdurre nella sua poesia personaggi reali o fittizi, servendosi di loro
per esprimere le proprie opinioni, ed evitando così di attirare su di sé
eventuali critiche.
La maggior parte delle informazioni che noi abbiamo a disposizione sulla vita di Aristofane provengono dagli accenni autobiografici contenuti nelle sue stesse opere. Aristofane nacque ad Atene verso il 444 a.C., nel demo di Kydathenai, sobborgo di Atene. La passione per la satira politica gli derivò da Cratino, e divenne subito un elemento fondamentale delle sue commedie: infatti l’opera di Aristofane è molto spesso connessa con le vicende politiche di Atene durante tutto il periodo della Guerra del Peloponneso, e per comprendere a fondo contenuto e spirito delle sue commedie è necessaria una conoscenza approfondita degli avvenimenti e dei personaggi del periodo in cui furono scritte e rappresentate.
L’esordio di Aristofane viene datato al 427 a.C., con l’opera
andata perduta i Banchettanti. Quest’ultima venne rappresentata sotto il nome
del maestro del coro, Callistrato, e non direttamente da lui; prima di allora
Aristofane aveva già collaborato con altri commediografi. Aristofane non
esercitò mai cariche pubbliche, anche se svolse sempre un ruolo critico nei
confronti degli esponenti politici del suo tempo. Profondamente attaccato alla sua
patria, per ideologia apparteneva alla fazione dei conservatori, e sempre nelle
sue opere difese le ragioni della pace con Sparta e si scagliò contro i
demagoghi e gli opportunisti politici. Il Pluto
è l’ultima delle sue commedie che sia giunta fino a noi ed è datata
al 388 a.C.; dopo il 385 non possediamo più notizie di Aristofane: è probabile
egli sia morto verso il 380 a.C.: nel Simposio, che è circa di quell’anno,
Platone ne tesse le lodi come se fosse scomparso da poco.
Il grande filosofo Aristotele, "maestro di color che sanno", secondo Dante, nacque nel 384 a.C. a Stagira, una città fondata nel 650 a.C. sulla costa nord-orientale della penisola Calcidica ( ed è per questo motivo anche indicato come "lo Stagirita" ). Suo padre era medico di professione ed era amico del re di Macedonia Aminta II, ed è dunque fortemente probabile che Aristotele abbia trascorso parte della giovinezza e poi dell’adolescenza presso la corte macedone di Pella.
Perduto il padre in tenera età, passò sotto la tutela di un parente, Prosseno, e al compimento della maggiore età si trasferì ad Atene per frequentare l’Accademia platonica, di cui rimase discepolo fino al 347 a.C., quando Platone morì. Alla morte di Platone la direzione dell’Accademia venne assunta da Speusippo, con cui però Aristotele entrò ben presto in conflitto. A causa del fatto che inoltre la politica ateniese stava assumendo sempre più connotati antimacedoni, il filosofo accettò l’invito di un ex allievo della scuola, Ermia, signore di Atarneo e di Asso nella Misia, il quale, desideroso di diffondere gli insegnamenti dell’Accademia, aveva raccolto intorno a sé un gruppo di platonici: nel 347 a.C. Aristotele si stabilì alla corte di Ermia, di cui sposò la nipote ( o, secondo altre fonti, la sorella ).
Lì ebbe modo di conoscere Teofrasto, che sarebbe divenuto il suo più famoso discepolo: con lui due anni dopo si recò a Mitilene per svolgere ricerche biologiche. Nel 343 a.C., Filippo di Macedonia lo invitò come precettore di suo figlio Alessandro : il filosofo accettò, e rimase in Macedonia per tre anni, durante i quali curò un’edizione dei poemi di Omero, che fu poi chiamata “della cassetta”, perché, secondo la tradizione, Alessandro l’avrebbe portata sempre con sé, nel corso delle sue spedizioni, racchiusa in un prezioso scrigno. In quegli stessi anni, Filippo, che accresceva sempre più la sua ingerenza negli affari politici della Grecia, era spesso assente, lasciando la reggenza al figlio; Aristotele allora, pur continuando a mantenere rapporti di amicizia con Alessandro, si ritirò a Stagira, sua città natale. Rimasto vedovo, contrasse nuove nozze con una donna del luogo, dalla quale ebbe il figlio Nicomaco.
Nel 335/34 a.C. Aristotele tornò
ad Atene e con la protezione e i finanziamenti di Alessandro aprì, nel ginnasio
ateniese dedicato ad Apollo Lykeion ( licio ), il Liceo, la prima scuola
pubblica dell’antichità, con corsi regolari. Aristotele vi insegnò per circa
dodici anni. Seguendo la tradizione antica, poiché aveva l’abitudine di tenere
le sue lezioni passeggiando nei giardini del Liceo, la scuola prese poi il nome
di peripato, “passeggiata”, e i suoi discepoli divennero noti con
l’appellativo di peripatetici ( ma, in realtà, è più probabile che esso sia
derivato dalla consuetudine di far lezione nella parte del Liceo detta Peripato ).
Intanto i rapporti tra il filosofo e Alessandro si deteriorarono; dopo la morte
di Alessandro, nel 323 a.C., Aristotele si ritirò a Calcide nell’Eubea, dove
morì di lì a poco, nel 322 a.C., dopo aver incaricato Teofrasto di continuare
l’opera di insegnamento ed aver affrancato tutti i suoi schiavi.