Il grande filosofo greco Platone
nacque ad Atene nel 427 a.C., da una famiglia nobile. Sua madre era cugina di Crizia.
Prima di rivolgere i suoi studi alla contemplazione filosofica, sembra che
Platone abbia composto opere in versi di
vario genere, epigrammi e perfino tragedie, che poi però volle distruggere. Fu
Cratilo, seguace di
Eraclito, da lui ricordato nel dialogo omonimo, a fargli da maestro
nell'apprendimento dei primi rudimenti della filosofia; fu tuttavia l'incontro
con Socrate a spingerlo definitivamente a seguire questa strada. Nei suoi dialoghi
il personaggio di Socrate è costruito ispirandosi alle verità storiche ma è
anche velato di una patina di finzioni letterarie. Il loro sodalizio intellettuale durò fino al 399 a.C., l’anno
in cui Socrate fu condannato a morte: forse anche il dolore per l’ingiusta
morte dell'amato maestro contribuì a far maturare in lui, con il tempo, la certezza
che il miglior governo sarebbe stato quello dei filosofi. Dopo la morte di
Socrate, alla quale non fu presente perché era ammalato, come Platone stesso ci
racconta nel Fedone, il nostro filosofo si allontanò per qualche tempo da Atene,
per soggiornare con
altri discepoli a Megara, presso Euclide; tuttavia nel 394 ritornò in città e poi,
nel 390 o nel 389, si recò probabilmente per la prima volta in Sicilia e nella
Magna Grecia. Fu forse in questi stessi anni, un decennio circa dopo la morte di
Socrate, che Platone intraprese la scrittura dei primi dialoghi, certamente
proprio per difendere la
memoria del maestro, come fecero anche altri discepoli ed amici, tra i quali, ad esempio,
Senofonte. In Sicilia, Platone fu ospite di Dionisio il Vecchio, il celeberrimo tiranno di
Siracusa, presso il quale potè conoscere il giovane Dione, suo cognato e genero, con il
quale ebbe modo di formare un solido legame di amicizia. Rientrato in patria, Platone aprì la sua
celebre scuola, l’Accademia, che ricevette questo nome dal momento che era
situata in un terreno
consacrato all’eroe Academos, situato a nord-ovest di Atene. In seguito Platone compì
ancora due viaggi in Sicilia dopo la morte di Dionisio il Vecchio, avvenuta nel
367 a.C. Il primo viaggio fu intrapreso su invito di Dione, che pensava che il
nostro filosofo avrebbe potuto essere un ottimo precettore per il futuro tiranno,
Dionisio il Giovane. Affidata la direzione dell’Accademia al suo discepolo
Eraclide Pontico nel 366 a.C., Platone giunse a Siracusa con il sogno di
riuscire a realizzare in quella città il progetto a lungo fantasticato di uno
stato governato dai filosofi. Tuttavia l’indole del
giovane tiranno e gli intrighi della corte non tardarono a rivelarsi ai suoi
occhi, provocandogli un'amara disillusione. Dionisio il
Giovane, insospettito dalle ingerenze dello zio, finì per mandarlo in esilio. Platone,
dopo qualche tempo, nel 365 ritornò ad Atene, ma solo per ripartirne
nel 361, sempre alla volta di Siracusa, su invito di Dionisio: il
filosofo sperava ancora di poter influire beneficamente sul tiranno. Ma egli fu
invece trattenuto come un ostaggio, e fatto ripartire nel 360 a.C. Platone
infine trascorse
gli ultimi anni della sua vita dedicandosi all’insegnamento e alla
composizione della sua ultima opera, le Leggi, che fu pubblicata postuma da un
discepolo, Filippo di Opunte. Il vecchio filosofo morì nel 348 o 347 a.C.