Indagine sui gruppi magici e pseudoreligiosi. E sui volontari che con tenacia recuperano chi ne è vittima.

Il Gazzettino, 26 luglio 1999 L'Altro Nord-est/8
 

«Nella setta per riavere mia moglie»

«Serve una mano amica, dall’esterno, per tirarti fuori»
Di Barbara Ganz

La villetta alle porte di Venezia, fra ordinatissimi soprammobili, vasi di fiori e pareti ricoperte di perline, nasconde un formidabile archivio. Raccoglitori su raccoglitori pieni di documenti riservati, circolari interne, corrispondenza con il ministero degli Interni e con le prefetture di mezz’Italia. C’è tutto sulle sette, per conoscerle e sapere come agiscono. Ma soprattutto c’è la “chiave” per combatterle se arriva a chiedere aiuto un familiare disperato di qualcuno che è entrato a farne parte.

Arianna ha 27 anni. Ne aveva quindici quando, alla porta di casa sua, hanno bussato due persone che si proponevano per un corso di approfondimento sulla Bibbia. «È iniziata così, l’argomento mi interessava, avevo il pieno consenso dei miei. Ho cominciato a frequentare le assemblee, dopo tre anni sono stata battezzata, secondo il loro rito.»

I primi dubbi non sorgono in lei, ma in sua madre Milena, che oggi è la segretaria tuttofare dell’Aris – l’associazione per la ricerca e informazione sulle sette (casella postale 80, Mira-Venezia, indirizzo e-mail arisve@tin.it) – di cui Arianna è presidente. «Io ero in cucina che preparavo da mangiare mentre Arianna prendeva lezioni. Ascoltavo quel che le dicevano e pensavo: tutto questo con la religione non ha nulla a che fare.»

Il conflitto fra genitori e figli è inevitabile, durissimo e doloroso: «Da un lato c’erano i miei, che volevano tirarmi fuori. Dall’altra c’erano loro, che mi invitavano a tenere duro, a resistere, mi dicevano che era normale». Ma non è stato con la forza che Milena mantiene i contatti con la figlia. Preferisce ragionare, ed evitare il braccio di ferro con Arianna: «Un giorno – racconta – ho sentito alla radio la testimonianza di un uomo che aveva vissuto un’esperienza simile a quella che stava toccando a me. Sua moglie stava lasciando lui, la famiglia, i figli: il marito aveva fatto finta di seguirla, era entrato a far parte di quella stessa associazione che gli stava rovinando la vita, e da lì, dall’interno, l’aveva combattuta. Lui ci era riuscito. L’ho contattato per farmi spiegare come fare.»

Milena decide così di frequentare le riunioni fianco a fianco con la figlia poi, quando rimangono sole, confuta le teorie esposte dagli “anziani”, cerca di far nascere dei dubbi, di incrinare le convinzioni di tutto ciò che veniva presentato come verità assoluta: «Le mostravo testi più vecchi di quelli che le venivano proposti, a dimostrazione del fatto che su questioni apparentemente fondamentali quella stessa setta aveva cambiato idea più di una volta. Puntavo sulle incoerenze, sulle contraddizioni di quella gente, per liberare mia figlia.»

Ha funzionato. «Ma ho dovuto rassegnare delle dimissioni “formali” – racconta oggi Arianna, diventata una delle maggiori conoscitrici della congregazione alla quale è appartenuta -. Il condizionamento psicologico è fortissimo: dovevo sapere che rinunciavo alla vita eterna, mi ripetevano. Lasciare il gruppo significa abbandonare ogni legame: per gli “interni” c’è il divieto assoluto di avere rapporti con i “dissociati”, non è più consentito nemmeno un saluto. 

Chi è appena entrato in una setta nella maggior parte dei casi è una persona in buona fede, forse psicologicamente debole ma non consapevole della finzione, dell’inganno. Ai livelli più alti, quella che sembra una religione è null’altro che una società per azioni, con interessi economici in tutto il mondo. Altre volte non è la religione in senso stretto, per quanto alternativa, a dare senso alla setta: l’immagine esterna può essere quella di un circolo qualunque, magari sportivo, magari dedicato alla meditazione. Quel che accade all’interno non è immaginabile per chi sta fuori.  Formalmente è tutto in regola: se si riesce a contestargli qualcosa, spesso è per evasione fiscale: intrugli, prestazioni che di medico non hanno nulla, ma pretendono di “guarire”, lezioni, raduni. Tutto ad un livello conosciuto solo agli adepti: allora noi ci avviciniamo, le frequentiamo anche, poi facciamo denuncia, perché lì lo stato, compreso il fisco, non arriva. Un modo come un altro per spingere chi di dovere a controllare più a fondo».

Suona il campanello: è Ambra, una delle persone aiutate dall’esperienza di Arianna. «Un giorno – dice Milena – Ambra è stata portata qui quasi di peso dal marito; c’erano anche i suoi genitori, i figli, i suoceri. La stiamo perdendo, dicevano. Lei non voleva nemmeno sentirci, si è chiusa in un’altra stanza». 

“Perdere” è la parola chiave per chi studia questo fenomeno: del resto il termine “setta” deriva dal verbo latino seco, secare, che significa recidere, separare, in questo caso rompere i legami con una vita precedente; secondo altre interpretazioni la radice va invece ricercata nel verbo sequor, sequi (o anche sector, sectari) cioè seguire, a significare una scuola di pensiero che diventa dottrina e regola di vita per chi – appunto – decide di seguirla in tutto e per tutto. «C’è un momento – ricorda oggi Ambra -, un momento preciso in cui tutto ciò che non vuoi sentire, perché pensi che vogliano convincerti a rinunciare alla tua fede, ti colpisce in pieno. Non riesci a dimenticarlo, ci ripensi. E, lentamente, inizi a tornare indietro.  Ma è indispensabile che ci sia una mano esterna a scuoterti, tirarti fuori». Nel suo caso, l’incontro è avvenuto in un momento di leggera crisi: «Loro sono gentili, affettuosi: ti fanno capire che ti sono vicini, che puoi fidarti, appoggiarti».

Quello che è meno evidente – nota Arianna, una laurea in Scienze Politiche – è come ad un adepto venga di fatto imposta una vita di proibizioni, di rinunce, oltre a pesanti esborsi finanziari: «Ma senza violenza: il tutto avviene senza costrizione, sotto forma di consiglio, di suggerimento, così pressante da diventare peggiore di una catena. In alcuni casi la promessa è della felicità, del raggiungimento del paradiso; altre sette puntano sull’incremento delle potenzialità personali: peccato che per accerdervi occorra frequentare dei corsi, leggere dei testi. Insomma, pagare».

A combattere i legami che avvincono chi finisce in una delle tante sette è un gruppo quanto mai vario di volontari: c’è il medico condotto che si è interessato alla figlia di una paziente e poi non ha più smesso di occuparsene, c’è la casalinga, c’è lo studente. La molla è spesso una vicenda di plagio che riguarda un familiare o un amico.

Nel racconto delle esperienze incrociate di Arianna e Ambra interviene Vasco: è lui l’uomo che, alla radio, aveva parlato della sua storia ed era stato ascoltato da Milena, è lui che ha collaborato a recuperare Ambra. 

«Mia moglie era stata avvicinata quando io non c’ero, nelle ore di lavoro. La stavo perdendo, tutta la mia famiglia la stava perdendo. Non potevo lasciare che accadesse. Io, operaio, sono diventato psicologo, filosofo, sociologo. Finito il turno in fabbrica leggevo tutto quello che poteva servirmi. Ho studiato, imparato. E sono andato con lei, era l’unico modo che avevo per capire. Poi continuavo a discutere, solo con lei, con mia moglie: a cena, a letto, la mattina a colazione, ogni momento era buono per ribattere, confutare quella scala di valori così rovesciata rispetto a quella secondo la quale eravamo cresciuti».

Ci sono voluti due anni: «Loro credevano che avrei finito per convertirmi anche io, non avevano capito quello che stava accadendo.  Li ho sorpresi, e forse anche per questo ci hanno poi lasciato andare senza resistenze. Ora mettiamo quel che è successo a noi a disposizione di chi sta vivendo qualcosa di simile». Tornare ad una vita normale, dopo aver fatto parte di una setta – dice Vasco – si può: «La tua vita è stata sconvolta, ma non per sempre. Un periodo si chiude, e tutto può tornare come prima. I rapporti personali si rinsaldano, rimane solo il ricordo di un periodo difficile. Peccato, però, per quegli anni persi per sempre».

Movimenti a Nordest

In Italia le sette religiose e i nuovi movimenti magici possono contare su 83.100 aderenti, divisi in 137 gruppi. Lo dice il Ministero dell’Interno, nel dossier redatto dalla direzione centrale della polizia di prevenzione del dipartimento della pubblica sicurezza e diffuso lo scorso aprile. «Ma i movimenti legati a magia, esoterismo e occultismo sono molti di più di quelli indicati dal rapporto – avvertiva poco tempo fa Massimo Introvigne, direttore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni) al convegno internazionale di Torino “Le dottrine segrete: esoterismo, teosofia e New Age”. Questi movimenti sono una galassia molto frammentata al suo interno, e interessano molti più aderenti». È d’accordo Cecilia Gatto Trocchi, docente di antropologia culturale all’Università di Perugia, che nel suo saggio “Le sette in Italia” sostiene che «si può arrivare a un massimo di 300.000, mentre i simpatizzanti che hanno un rapporto occasionale con le sette stesse non superano il milione, pare piuttosto sorprendente il numero delle religioni presenti oggi in Italia, indipendentemente dalla quantità numerica degli adepti».

Il Nordest non fa eccezione. Quasi tutti i movimenti citati dall’antropologa nel suo saggio sono presenti nel territorio. Ecco una piccola mappa, i cui contorni sono comunque vaghi e di difficile lettura.

Gruppi di origine orientale: le più frequenti. Si va dai diffusissimi Hare Krishna con sede nella comunità di Albettone, sui colli Euganei, ai fedeli di Sai Baba, particolarmente seguiti nel padovano e nel veneziano, ai pochi devoti di Osho e appassionati di Meditazione Trascendentale. A Padova si apprezza anche l’«Antica Scienza», scrive Gatto Trocchi, di Yogananda, «il cui nome significa Yoga è benedizione» (anche se in città i gruppi non sono particolarmente organizzati). Pochi i simpatizzanti di Babaji, una delle più famose incarnazioni o manifestazioni di Shiva, e quelli del movimento Ananda Marga, i cui candidati alla conversione, spiega sempre l’antropologa, «subiscono un rituale di iniziazione guidati da un maestro e apprendono le tecniche di respirazione e un mantra miracoloso che serve per dirigere le menti verso la consapevolezza estrema». Gruppi di studio, nel padovano,  per il movimento Sri Chinmoy, sempre legato alla meditazione, astensione dalle droghe, dagli alcolici, dal tabacco e dalla carne. Più presenti i buddisti, in tutto il Veneto, nelle due correnti di matrice giapponese e tibetana (quest’ultima si appoggia alla comunità di Arcidosso in Toscana), le varie sette Zen molto diffuse soprattutto nel veneziano.

Gruppi islamici: pochi movimenti sufi a livello di simpatizzanti.

Gruppi di matrice cristiana. Ci sono tutti: Testimoni di Geova, Mormoni, Avventisti del Settimo giorno, Bambini di Dio, i Carismatici, i seguaci della Madonna.

“Psicodottrine”: (“vasto gruppo di movimenti che ri rifanno al cosiddetto incremento del potenziale umano, ovvero dello sviluppo personale”, spiega Gatto Trocchi): la più diffusa è Scientology.

La nebulosa spiritualistica, esoterica e l’occultistica: la più importante, la cui sede è a Vicenza, è la società teosofica, che raggruppa qualche centinaio di persone. La teosofia, che letteralmente significa “sapienza divina”, è un singolare sincretismo di religioni, filosofie, scienze, orientato a promuovere la fratellanza universale senza distinzioni. Può contare su moltissima letteratura. «Ha influenzato in maniera determinante la New Age, al punto che si parla oggi soprattutto negli USA, di una Nuova teosofia», aggiunge Gatto Trocchi. Difficile quantificare invece i seguaci della New Age, e quelli dei culti ufologici. Presenti, infine, gli adepti della Rosa-Croce, eredi dei templari: a Padova ci sono tre scuole. Abbastanza numerosi, gli antroposofi di Steiner, nel padovano e nel veneziano.

Chiara Pavan

 
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