La nuova fucina

Una veduta aerea dell'intero complesso all'inizio degli anni '80, oramai completato da anni. La vista è presa a sud est verso sud ovest, l'elicottero sta sorvolando l'autostrada dei Laghi, a destra c'è Milano. In primo piano si vede la palazzina del Museo Storico, ideato già sul finire degli anni '60. A destra di questo, la mensa dirigenti. Questa zona è quella del Centro Direzionale ( i tre palazzi rettangolari subito di fronte al Museo). Andando verso sinistra (ovest), il parcheggio  è quello dei fornitori / visitatori / impiegati. Il vasto parco auto verso destra è invece destinato allo stoccaggio delle vetture finite. Subito dietro, una serie di edifici con tetto a volta: il primitivo magazzino prodotti finiti, poi convertito in attività di supporto come assistenza tecnica e scuola assistenza. Il grande edificio con le auto sul tetto, che reca anche, all'ultimo piano e scarsamente visibili quì, due grandi scritte illuminate "Alfa Romeo" (a est e a sud) è il definitivo magazzino prodotti finiti (detto anche silos) di 5 piani. La zona "verde" fra esso e il parcheggio fornitori oltre a fungere da stoccaggio di altri mezzi (visibili alcuni AR8) è quella in cui arrivava un binario del raccordo ferroviario, principalmente destinato ad una zona che non si vede e che è posta a sinistra del silos ed anch'essa, come tutte le zone antistanti, destinata a stoccaggio.

"Arese, omaggio al Portello": è il titolo di un cortometraggio realizzato nel 1964, con la consulenza dell'Alfa Romeo, da parte di un istituto cinematografico minore per celebrare la nascita del nuovo insediamento industriale.

Con la tipica retorica del tempo, che "fa vetustà" anch'essa, questo filmato percorre un excursus che va dalla storia passata dello stabilimento di Milano fino ai reparti finiti ed in funzione della nuova fabbrica. Un filmato che ha valenza notevole agli occhi dello storico, non essendo mai stato veicolato quel granchè e risultando quindi di difficile reperimento. Con le immagini più che per il commento, ci da l'idea della costruzione di un grande stabilimento come Arese e ci fornisce le immagini della genesi di un'automobile (la Giulia, in questo caso).

Seguirò anche io, in questa breve presentazione e cronistoria di Arese, tale impianto narrativo. Anche perchè questo filmato, che ha oramai quarant'anni, è stato imbastito non secondo l'ottica della celebrazione od autocelebrazione fine a se stessa, ma con l'occhio un po' dello storico che celebra una grande fabbrica di automobili, che aveva costruito gran parte della sua fama ma che avrebbe senz'altro aumentato la sua gloria, ed un po' con quello del narratore contemporaneo, che descriveva quello che alla fine era pur sempre un insediamento destinato ad aumentare i volumi di produzione.

Per questo il presidente Luraghi aveva voluto Arese: per aumentare i volumi, per produrre quanto il mercato chiedeva, per produrre in un modo che fosse moderno, quindi remunerativo ma anche numericamente rilevante. Di Giuseppe Luraghi ho già scritto a proposito del Portello, e non è questa la sede per trattare la materia; consiglio, all'uopo, il volume "Luraghi: l'uomo che inventò la Giulietta" che, pur con tutti i limti connessi alla descrizione della vita e dell'operato di un uomo grande e scomodo, credo ogni Alfista dovrebbe avere nella sua libreria.

Il Portello, come detto, soffriva di carenza di spazi. Ad aggravare la situazione, alla fine degli anni '50, ci si era messa anche la joint venture con Renault, per la produzione di Dauphine, Ondine ed anche R4 su licenza. Se da una parte questo consentiva l'impiego di tutte le maestranze, di certo la situazione non era delle più felici. Uno stabilimento oramai "in città" (con le problematiche "ambientali" conseguenti, anche se siamo in un periodo in cui il boom economico non fa certo pensare a termini come inquinamento atmosferico od acustico) non è il massimo per un'azienda che, da piccola, si sta trasformando in grande, grazie al successo del prodotto.

 Bisogna fare i conti col traffico. La riservatezza nelle prove dei nuovi modelli va a farsi benedire, di giorno: tanto tanto quando si era in periferia, ma con palazzi che si affacciano su Viale Traiano.... ed il traffico della Circonvallazione....

Allargarsi, abbiamo visto, era impossibile. Occorreva trovare qualcosa di nuovo. Per le prove, i collaudi e le sperimentazioni, la soluzione fu trovata nell'acquisto di una vasta area in provincia di Vercelli, più precisamente una tenuta circondata da risaie, la "Bella Luigina" a Balocco.

Per lo stabilimento la questione era più complessa, purtuttavia praticabile perchè giustificabile. L'Alfa Romeo in quel periodo era una fabbrica statale nella miglior accezione del termine: solamente in tempi successivi il termine "fabbrica statale" avrebbe avuto accezioni ben meno edificanti. I dirigenti validi c'erano. C'erano anche, ovviamente, anche quelli meno validi. I tecnici erano di ottimo livello. Le maestranze, intrise dell'orgoglio di lavorare per Alfa Romeo, erano anche loro della partita.

Il mercato aveva premiato le intuizioni e le realizzazioni di quel gruppo di tecnici affiatati che in Alfa oramai era da oltre vent'anni. Non solo: i volumi di produzione avrebbero dovuto essere maggiori. Gli utili c'erano, i soldi da investire anche. Il periodo era di quelli che in Italia si ricordano anche adesso, e senza dubbio migliore di quello degli anni '80, scintillanti sì ma per poco e in maniera artefatta.

Non era quindi azzardato pensare ad una realtà impiantistica totalmente nuova. E l'Alfa, oltretutto, era all'inizio di una vasta opera di costruzioni di infrastrutture, che non verrà poi mai più ripetuta.

Luraghi arriva al timone dell'Alfa nel '60. Dopo aver vagliato alcune altre ipotesi, viene scelta l'area dello stabilimento. Di uno stabilimento completamente nuovo e moderno, da costruire di sana pianta.

Leggendo la nota informativa predisposta dall'Alfa in merito  (redatta quando già una delle quattro fasi era conclusa, nell'ottobre del 1965) possiamo saperne di più.

Venne acquistata un'area di 1.300.000 metri quadri a cavallo fra i territori dei Comuni di Arese e Garbagnate, anche se la gran parte dell'area è sotto Arese. Il tutto distava solamente 15 chilometri dal Portello.

Di questa vasta area, 500.000 mq. sarebbero stati coperti. La fabbrica sarebbe stata servita anche da un raccordo ferroviario. Lo stabilimento confinava, su di un lato, con l'autostrada dei Laghi. A grandi linee, lo stabilimento è un quadrato di 1 km di lato su cui si innesta, a sud ovest, un'appendice di discreta superficie inizialmente prevista quale piazzale prodotti finiti compresi i magazzini per il ricovero delle scorte stagionali di automobili.

La costruzione dello stabilimento seguì il filo logico indispensabile se pensiamo alla genesi dell'intero progetto ed al fatto che lo stabilimento fosse previsto essere consegnato non "chiavi in mano" totalmente finito bensì a porzioni.

Questa pianta è degli anni '80 e quindi mostra, a grandi linee, lo stabilimento oramai più che completo. La parte produttiva in senso stretto è quella compresa nel quadrato di cui si fa menzione nel testo, mentre l'altra porzione, sita a sud ovest, è destinata a stoccaggio ed al centro direzionale. La prima fase aveva portato alla realizzazione dei capannoni n.° 9, 1, 2, 6,7 e, con l'eccezione della centrale termica 9, la possiamo definire la parte "carrozzerie".

A questa decisione si era arrivati valutando le priorità. Certamente Arese doveva essere la nuova casa per produrre molte più automobili, ma innanzitutto doveva e poteva essere una valvola di sfogo per il saturo Portello. La situazione si faceva più seria considerando che la 105, ovvero la Giulia, in quel 1960 era oramai quasi pronta.

Nei piani originari si sarebbe dovuti arrivare ad avere, di Arese, la prima fase conclusa già nel 1962, data di prevista presentazione ed inizio commercializzazione della Giulia. La produzione della Giulietta sarebbe rimasta nel Portello "alleggerito" di lavoro, anche perchè la nuova vettura, si prevedeva, avrebbe causato un rallentamento delle vendite (come in effetti causò, ma non in modo troppo significativo) della sorella minore. Il fatto che i lavori di costruzione, appaltati a numerose ditte, ritardassero, pose un problema enorme alla dirigenza: o si ritardava la Giulia (nel 1962 già bella che pronta) o si faceva partire la Giulia dal Portello, via via trasferendo la produzione, senza interromperla, una volta che la prima fase di Arese fosse stata pronta all'uso. Prevalse la seconda ipotesi e la Giulia partì dal Portello.

Per la prima fase, nel progetto, si sarebbe comunque iniziato dalla centrale termica, necessaria al funzionamento di tutto lo stabilimento, collocata nella zona più a nord (e quindi defilata) di tutto il complesso.

Giusto lì accanto, verso sud, si sarebbe avuto un capannone in struttura metallica che sarebbe divenuto il reparto stampaggio.

Si diede, difatti, priorità al trasferimento della parte "carrozzeria" in quanto, oggettivamente, le scocche delle auto occupano molto più spazio delle meccaniche. Ed oltretutto, come il filmato fa vedere molto bene, era necessaria una organizzazione del lavoro più precisa: non si poteva continuare a stoccare auto verniciate all'esterno, o scocche ancora da da verniciare sotto gli alberi nei vialetti del Portello, peraltro spostate  da un reparto ad un altro su carrellini.

Il reparto stampaggio avrebbe iniziato con una cinquantina di presse per la Giulia a semplice e doppio effetto da 200 a 1050 tonnellate.

Adiacente allo stampaggio, e sempre in struttura metallica, avremmo avuto l'assemblaggio. In esso, dopo una prima zona di stoccaggio dei lamierati, si sarebbesto estese le linee di assiematura dei gruppi alle carrozzerie, della messa insieme delle scocche ed infine le linee di ferratura, che avrebbero dato le scocche gregge complete, da destinare alla verniciatura. I reparti di cui ho fatto ora menzione sono quelli contraddistinti dai numeri 1 e 2 nella piantina di questa pagina.

 

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