[Nota:
il simbolo † indica lacune nel manoscritto originario]
1
Signori imperadori, re e duci e tutte altre genti
che volete sapere le diverse generazioni delle genti e le diversità delle regioni
del mondo, leggete questo libro dove le troverrete tutte le grandissime maraviglie
e gran diversitadi delle genti d'Erminia, di Persia e di Tarteria, d'India e di
molte altre province. E questo vi conterà il libro ordinatamente siccome messere
Marco Polo, savio e nobile cittadino di Vinegia, le conta in questo libro e egli
medesimo le vide. Ma ancora v'à di quelle cose le quali elli non vide, ma udille
da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di veduta e l'altre per udita,
acciò che 'l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna. Ma io voglio che
voi sappiate che poi che Iddio fece Adam nostro primo padre insino al dí d'oggi,
né cristiano né pagano, saracino o tartero, né niuno uomo di niuna generazione
non vide né cercò tante maravigliose cose del mondo come fece messer Marco Polo.
E però disse infra se medesimo che troppo sarebbe grande male s'egli non mettesse
in iscritto tutte le maraviglie ch'egli à vedute, perché chi non le sa l'appari
per questo libro. E sí vi dico ched egli dimorò in que' paesi bene trentasei anni;
lo quale poi, stando nella prigione di Genova, fece mettere in iscritto tutte
queste cose a messere Rustico da Pisa, lo quale era preso in quelle medesime carcere
ne gli anni di Cristo 1289.
2 Lor partita di Gostantinopoli.
Egli è vero che al
tempo che Baldovino era imperadore di Gostantinopoli ciò fu ne gli anni
di Cristo 1250 , messere Niccolaio Polo, lo quale fu padre di messere Marco,
e messere Matteo Polo suo fratello, questi due fratelli erano nella città di Gostantinopoli
venuti da Vinegia con mercatantia, li quali erano nobili e savi sanza fallo. Dissono
fra loro e ordinorono di volere passare lo Gran Mare per guadagnare, e andarono
comperando molte gioie per portare, e partironsi in su una nave di Gostantinopoli
e andarono in Soldania. Quand'e' furono dimorati in Soldania alquanti dí, pensarono
d'andare piú oltre. E missonsi in camino e tanto cavalcarono che venne loro una
ventura che pervennero a Barca, re e signore d'una parte de' Tarteri, lo quale
era a quel punto a Bolgara. E lo re fece grande onore a messere Niccolaio e a
messere Matteo ed ebbe grande allegrezza della loro venuta. Li due fratelli li
donarono delle gioe ch'egli avevano in gran quantità, e Barca re le prese volentieri
e pregiogli molto; e donò loro due cotanti che le gioie non valevano.
3
Quando furono stati un anno in questa città, si
levò una guerra tra lo re Barca e Alau, re de' Tarteri del Levante. E l'uno venne
contro all'altro, e qui ebbe gran battaglia e morí una moltitudine di gente, ma
nella fine Alau vinse; sicché per le guerre niuno potea andare per camino che
non fosse preso. E questo Alau era da quella parte donde i dui frategli erano
venuti; ma innanzi potevano eglino bene andare, e misorsi con loro mercatantia
a andare verso levante per ritornare da una parte. E partiti da Bolgara, andarono
a un'altra città la quale à nome Ontaca, ch'era alla fine delle signorie del Ponente.
E da quella si partirono e passarono il fiume del Tigri e andarono per uno diserto
lungo diciotto giornate; e non trovarono ni una abitazione, ma Tarteri che stavano
sotto loro tende e viveano di loro bestiame.
4 Come si partiro dal re Barca.
Quando ebbono passato in ponente overo il diserto,
vennero a una città ch'à nome Baccara, la piú grande e la piú nobile del paese;
e eravi per signore uno ch'avea nome Barac. Quando i due fratelli vennero a questa
città, non poterono passare piú oltre e dimorónvi tre anni. Adivenne in que' tempi
che 'l signore del Levante mandò imbasciadori al Gran Cane, e quando vidono in
questa città i due frategli, fecionsi grande maraviglia perché mai none aveano
veduto niuno latino; e fecionne gran festa e dissono loro, s'eglino voleano venire
con loro al Grande Signore e Gran Cane, e egli gli porrebbe in grande istato,
perché il Gran Kane none avea mai veduto nessuno latino. Li dui fratelli risposono:
«Volentieri».
5
Or si misero li due fratelli a la via con questi
ambasciadori, e andarono uno anno per tramontana e per uno vento ch'à nome greco.
E prima che là giugnessero, trovarono grande maraviglia, le quali si conteranno
poscia.
6 Come giunsono al Gran Cane.
Quando li due frategli vennero al Grande Kane, egli
ne fece grande festa e grande gioia, siccome persona che mai non avea veduto latino
niuno. E dimandògli dello imperadore, che signore era, e di sua vita e di sua
iustizia e di molte altre cose di qua; e dimandògli del papa e de la chiesa di
Roma e di tutti i fatti e stati de' cristiani. Li due frategli rispuosero bene
e saviamente, siccome savi uomini ch'egli erano; e bene sapéno parlare tartaresco.
7 Come il Grande Kane mandò gli due fratelli al papa per ambasciadori.
Quando lo Grande Signore, che Cablai avea nome,
ch'era signore di tutti li Tartari del mondo e di tutte le province e regni di
quelle grandissime parti, ebbe udito de' fatti de' latini dagli due frategli,
molto gli piacque, e disse fra se stesso di volere mandare mesaggi a messer lo
papa. E chiamò gli due frategli, pregandoli che dovessero fornire questa ambasciata
a messer lo papa. Gli due frategli rispuosero: «Volontieri». Alotta lo Signore
fece chiamare uno suo barone ch'avea nome Cogotal, e disseli che volea ch'andasse
co li due frategli al papa. Quegli rispuose: «Volentieri», siccome per signore.
Alotta lo Signore fece fare carte bollate come li due frategli e 'l suo barone
potessero venire per questo viaggio, e impuosegli l'ambasciata che volea che dicessero,
tra le quali mandava dicendo al papa che gli mandasse 100 uomini savi e che sapessero
tutte le 7 arti, e che sapessero bene mostrare a l'idoli e a tutte altre generazione
di là che la loro legge era tutta altramenti e come ella era tutta opera di diavolo,
e che sapessero mostrare per ragione come la cristiana legge era migliore. Ancora
pregò li due frategli che gli dovessero recare de l'olio de la làmpana ch'arde
al sepolcro di Cristo in Gerusalem.
8 Come 'l Grande Kane donò a li due fratelli la tavola de l'oro.
Quando lo Grande Kane ebbe imposta l'ambasciata
a li due frategli e al barone suo, sí li diede una tavola d'oro ove si contenea
che gli mesaggi, in tutte parti ove andassero, li fosse fatto ciò che loro bisognasse.
E quando li mesaggi furo aparecchiati di ciò che bisognava, presero comiato e
misersi in via. Quando furo cavalcati alquanti die, lo barone ch'era cogli due
fratelli non potte piú cavalcare, ch'era malato, e rimase in una città ch'à nome
Alau. Li due frategli lo lasciaro e misersi in via; e in tutte le parti ov'egli
giugneano gli era fatto lo magiore onore del mondo per amore de la tavola, sicché
gli due frategli giunsero a Laias. E sí vi dico ch'egli penaro a cavalcare tre
anni; e questo venne ché non poteano cavalcare per lo male tempo e per li fiumi
ch'eran grandi.
9 Come li due fratelli vennero a la città d' Acri.
Or si partiro da Laias e vennero ad Acri del mese
d'aprile ne l'anno 1272; e quivi seppero che 'l papa era morto, lo quale avea
nome papa Clement. Li due frategli andaro a uno savio legato, ch'era legato per
la chiesa di Roma ne le terre d'Egitto, e era uomo di grande ottulitade, e avea
nome messer Tedaldo da Piagenza. E quando li due frategli gli dissero la cagione
perché andavano al papa, lo legato se ne diede grande meraviglia; e pensando che
questo era grande bene e grande onore de la cristianitade, sí disse che 'l papa
era morto e che elli si soferissoro tanto che papa fosse chiamato, che sarebbe
tosto; poscia potrebbero fornire loro ambasciata. Li due frategli, udendo ciòe,
pensaro d'andare in questo mezzo a Vinegia per vedere loro famiglie; alora si
partiro d'Acri e vennero a Negroponte e poscia a Vinegia. E qui vi trovò messer
Niccolao che la sua moglie era morta, e erane rimaso uno figliulo di 15 anni,
ch'avea nome Marco; e questi è quello messer Marco di cui questo libro parla.
Li due frategli istettero a Vinegia 2 anni aspettando che papa si chiamasse.
10 Come li due fratelli si partiro da Vinegia per tornare al Grande Kane.
Quando li due frategli videro che papa non si facea,
mossersi per andarne al Grande Cane, e menarne co loro questo Marco, figliuolo
di messer Niccolao. Partirsi da Vinegia tutti e tre, e vennero ad Acri al savio
legato che v'aveano lasciato, e disserli, poscia che papa non si facea, voleano
ritornare al Grande Cane, ché troppo erano istati; ma prima voleano la sua parola
d'andare in Gerusalem per portare al Grande Kane de l'olio de la làmpana del Sepolcro:
e 'l legato gliele diede loro. Andaro al Sepolcro e ebbero di quello olio; e ritornaro
a lo legato. Vedendo 'l legato che pure voleano andare, fece loro grande lettere
al Grande Cane, come gli due frategli erano istati cotanto per aspettare che papa
si facesse, per loro testimonianza.
11 Come li due fratelli si partiro d'Acri.
Or si partiro gli due frategli da Acri colle lettere
del legato, e giunsero a Laias. E stando a Laias, udirono la novella come questo
legato ch'aveano lasciato in Acri, era chiamato papa: e ebbe nome papa Gregorio
di Piagenzia. In questo istando, questo legato mandò un messo a Laias dietro a
questi due frategli, ché tornassero adrieto. Quelli con grande alegrezza tornaro
adrieto in su una galea armata che li fece aparechiare lo re d'Erminia. Or se
tornan li due frategli al legato.
12 Come li due fratelli vanno al papa.
Quando li due frategli vennero ad Acri, lo papa
chiamato fece loro grande onore e ricevetteli graziosamente, e diedegli due frati
ch'andassero co loro al Grande Kane, li piú savi uomini di quelle parti: e l'uno
avea nome frate Niccolao da Vinegia e l'altro frate Guiglielmo da Tripoli. E donògli
carte e brivilegi, e impuosegli l'ambasciata che volea che facessero al Grande
Kane. Data la sua benedizione a tutti questi 5 cioè li due frati e li due
fratelli e Marco, figliuolo di messer Niccolao , partirsi d'Acri e vennero
a Laias. Come quivi furono giunti, uno ch'avea nome Bondocdaire, soldano di Babilonia,
venne con grande oste sopra quella contrada, faccendo grande guerra. E li due
frati ebbero paura d'andare piú inanzi, e diedero le carte e li brivilegi a li
due frategli, e no andaro piú oltra; e andaronsine al signore del Tempio quelli
due frati.
13 Come li due fratelli vegnono a la città di Chemeinfu, ov 'è lo Grande Kane.
Messer Niccolao e messer Matteo e Marco, figliulo
di messer Niccolao, si misero ad andare tanto che egli si erano giunti ove era
lo Grande Cane, ch'era a una città ch'à nome Chemeinfu, cittade molto ricca e
grande. Quello che trovaro nella via no si conta ora, perciò che si conterà inanzi.
E penaro ad andare tre anni per lo male tempo e per li fiumi, ch'erano grandi
e di verno e di state, sicché non poteano cavalcare. E quando il Grande Cane seppe
che gli due frategli veniano, egli ne menò grande gioia e mandògli i messi incontro
bene 40 giornate; e molto furo serviti e 'norati.
14 Come i due fratelli vennero al Grande Cane.
Quando li due frategli e Marco giugnéro a la grande
città, andaro al mastro palagio, ov'era il Grande Cane e co molti baroni, e 'nginocchiarsi
dinanzi al Grande Cane e molto s'umiliaro a lui. Egli gli fece levare e molto
mostrò grande alegrezza, e dimandò chi era quello giovane ch'era con loro. Disse
messer Niccolò: «Egli è vostro uomo e mio figliuolo». Disse il Grande Cane: «Egli
sia il benvenuto, e molto mi piace». Date ch'ebbero le carte e' privilegi che
recavano dal papa, lo Grande Cane ne fece grande alegrezza, e dimandò com'erano
istati. «Messer, bene, dacché v'abiàno trovato sano ed allegro». Quivi fu grande
alegrezza della ro venuta; e de quanto istettero ne la corte ebbero onore piú
di niuno altro barone.
15 Come lo Grande Kane mandò Marco, figliuolo di messer Nicolao, per suo messaggio.
Or avenne che questo Marco, figliuolo di messer
Nicolao, poco istando nella corte, aparò li costumi de' Tartari e loro lingue
e loro lettere, e diventò uomo savio e di grande valore oltra misura. E quando
lo Grande Cane vide in questo giovane tanta bontà, mandòllo per suo mesaggio a
una terra, ove penò ad andare 6 mesi. Lo giovane ritornò: bene e saviamente ridisse
l'ambasciata ed altre novelle di ciò ch'elli lo domandò, perché 'l giovane avea
veduto altri ambasciadori tornare d'altre terre, e non sappiendo dire altre novelle
de le contrade fuori che l'ambasciata, egli gli avea per folli, e dicea che piú
amava li diversi costumi de le terre sapere che sapere quello perch'egli avea
mandato. E Marco, sappiendo questo, aparò bene ogni cosa per ridire al Grande
Cane.
16 Come messer Marco tornò al Grande Kane.
Or torna messer Marco al Grande Kane co la sua ambasciata,
e bene seppe ridire quello perch'elli era ito, e ancora tutte le meraviglie e
le nuove cose ch'egli avea trovate, sicché piacque al Grande Cane e tutti suoi
baroni, e tutti lo comendaron di grande senno e di grande bontà; e dissero, se
vivesse, diventerebbe uomo di grandissimo valore. Venuto di questa ambasciata,
sí 'l chiamò il Grande Cane sopra tutte le sue ambasciate. E sappiate che stette
col Grande Kane bene 27 anni, e in tutto questo tempo non finò d'andare in ambasciate
per lo Grande Kane, poiché recò cosí bene la prima ambasciata; e faceali il Gran
Cane tanto d'onore che gli altri baroni n'aveano grande invidia. E questo è la
ragione perché messer Marco seppe piú di quelle cose che niuno uomo che nascesse
anche.
17 Come messer Niccolao e messer Mafeo e messer Marco dimandaro comiato dal
Grande Kane.
Quando messer Niccolao e messer Mafeo e messer Marco
furono tanto istato col Grande Kane, volloro lo suo comiato per tornare a le loro
fameglie; tanto piacea lo loro fatto al Grande Kane che per nulla maniera glile
volle dare. Or avenne che la reina Bolgara, ch'era moglie d'Argon, si morío, e
la reina lasciò che Argon non potesse tòrre moglie se non di suo legnaggio. E
' mandò tre ambasciadori al Grande Kane uno de li quali avea nome Oularai,
l'altro Pusciai, l'atro Coia con grande compagnia, ché gli dovesse mandare
moglie del legnaggio della raina Bolgara, imperciò che la reina era morta e lasciò
che non potesse prendere altra moglie. E 'l Grande Cane gli mandò una giovane
di quello legnaggio e forní l'ambasciata di coloro con grande festa e alegrezza.
In quella messer Marco tornò d'un'ambasciaria d'India, dicendo l'ambasciata e
le novitade ch'avea trovate. Questi tre ambasciadori ch'erano venuti per la raina,
dimandaro grazia al Grande Cane che questi 3 latini dolvessero acompagnare loro
in quella andata co la donna che menavano. Lo Grande Cane gli fece la grazia a
pena e malevolentieri, tanto gli amava, e dée parola a li tre latini ch'acompagnassoro
li tre baroni e la donna.
18 Qui divisa come messer Marco e messer Niccolao e messer Mafeo si partiro
dal Grande Cane.
Quando lo Grande Cane vide che messer Niccolao e
messer Mafeo e messer Marco si doveano partire, egli li fece chiamare a sé, e
sí li fece dare due tavole d'oro, e comandò che fossero franchi per tutte sue
terre e fosseli fatte tutte le spese a loro e a tutta loro famiglia in tutte parti.
E fece aparecchiare 14 nave, de le quali ciascuna avea quattro alberi e molto
andavano a 12 vele. Quando le navi furo aparechiate, li baroni e la donna e questi
tre latini ebbero preso commiato dal Grande Kane, si misero nelle navi co molta
gente; e 'l Grande Kane diede loro le spese per due anni. E vennero navicando
bene tre mesi, tanto che giunsero a l'isola Iava, nella quale à molte cose meravigliose
che noi conteremo in questo libro. E quando elli furono venuti, que' trovaro che
Argon era morto {colui a cui andava questa donna}. E dicovi sanza fallo ch'entrò
nele navi bene 700 persone senza li marinari; di tutti questi non campò se no
18. E' trovaro che la segnoria d'Argon tenea Acatu. Quando ebbero raccomandata
la donna e fatta l'ambasciata che gli era imposta dal Grande Kane, presero comiato
e misersi a la via. E sappiate che Acatu donò a li tre latini, mesaggi del Grande
Kane, 4 tavole d'oro {...} e l'altra era piana, ove era iscritto che questi tre
latini fossero serviti e 'norati e dato loro ciò che bisognava per tutta sua terra.
E cosíe fue fatto: ché molte volte erano acompagnati da 400 cavalieri e piú e
meno, quando bisognava. Ancora vi dico per riverenza di questi tre mesaggi, che
'l Grande Cane sí fidava di loro che egli gli afidò la reina Cacesi e la figliuola
del re de' Mangi, che le dorvesser menare ad Argon, al signore di tuttutto il
Levante; e cosí fu fatto. E queste reine li tenevano per loro padri, e cosí gli
ubidiano; e quando questi si partiro per tornare in loro paese, queste reine piansero
di grande dolore. Sapiate che, poscia che due sí grandi reine furono fidate a
costoro di menare a loro segnori sÍ a lunga parte, ch'egli erano bene amati e
tenuti in grande capitale. Partiti li tre mesaggi d'Acatu, sí se ne vennero a
Trapisonde, e poscia a Costantinopoli, e poscia a Negropont 'e poscia a Vinegia;
e questo fue de l'anni 1295. Or v'ò contato lo prolago del libro di messer Marco
Polo, che comincia qui.
19 Qui divisa de la provincia d'Erminia.
Egli è vero che sono due Arminie, la Picciola e
la Grande. Nella Picciola è signore uno che mantiene giustizia buona e è sotto
lo Grande Cane. Quine àe molte ville e molte castella, e abondanza d'ogni cosa;
e àvi ucellagioni e cacciagioni assai. Quivi solea già essere di valentri uomini;
or sono tutti cattivi, solo gli è rimasa una bontà, che sono grandissimi bevitori.
Ancora sappiate che sopra il mare è una villa ch'à nome Laias, la quale è di grande
mercatantia; e quivi si sposa tutte le spezierie che vengono di là entro, e li
mercatanti di Vinegia e di Genova e d'ogni parti quindi le levano, e li drappi
di làe e tutte altre care cose. E tutti li mercatanti che voglio andare infra
terra, prende via da questa villa. Or conteremo di Turcomania.
20 Qui divisa de la provincia di Turcomannia.
In Turcomannia è tre generazione di genti. L'una
gente sono turcomanni e adorano Malcometto; e sono semplice genti e ànno sozzo
linguaggio. E' stanno in montagne e 'n valle e vivono di bestiame; e ànno cavagli
e muli grandi e di grande valore. E gli altri sono armini e greci che dimorano
in ville e in castella, e viveno di mercatantia e d'arti. E quivi si fanno li
sovrani tappeti del mondo ed i piú begli; fannovisi lavori di seta e di tutti
colori. Altre cose v'a che non vi conto. Elli sono al Tartero del Levante. Or
ci partiremo di qui e anderemo a la Grande Arminia.
21 De la Grande Erminia.
La Grande Erminia è una grande provincia; e nel
cominciamento è una città ch'à nome Arzinga, ove si fa lo migliore bucherame del
mondo, ov'è la piú bella bambagia del mondo e la migliore. Quivi à molte cittadi
e castella, e la piú nobile è Arzinga, e àe arcivescovo; l'altre sono Arziron
ed Arzici. Ell'è molto grande provincia: quivi dimorano la state tutto il bestiame
de' Tartari del Levante per lo buono pasco che v'è; di verno non vi stanno per
lo grande freddo, ché non camperebbono le loro bestie. Ancor vi dico che in questa
Grande Erminia è l'arca di Noè in su una grande montagna, ne le confine di mezzodie
in verso il levante, presso al reame che si chiama Mosul, che sono cristiani,
che sono iacopini e nestarini, delli quali diremo inanzi. Di verso tramontana
confina con Giorgens, e in queste confine è una fontana, ove surge tanto olio
e in tanta abondanza che 100 navi se ne caricherebboro a la volta. Ma egli non
è buono a mangiare, ma sí da ardere, e buono da rogna e d'altre cose; e vegnoro
gli uomini molto da la lunga per quest'olio; e per tutta quella contrada non s'arde
altr'olio. Or lasciamo de la Grande Erminia, e vi conteremo de la provincia di
Giorgens.
22 Del re di Giorgens.
In Giorgens à uno re lo quale si chiama sempre David
Melic, ciò è a dire in francesco David re; e è soposto al Tartaro. E anticamente
a tutti li re, che nascono in quella provincia, nasce uno segno d'aquila sotto
la spalla diritta. Egli sono bella gente, prodi di battaglie e buoni arcieri.
Egli sono cristiani e tengono legge di greci; li cavalli ànno piccoli a guisa
di chereci. E questa è la provincia che Alessandro non potte passare, perché dall'uno
lato è 'l mare e dall'altro le montagne: † da l'altro lato è la via sí stretta
che non si può cavalcare; e dura questa istretta via piú di 4 leghe, sicché pochi
uomini terebbero lo passo a tutto il mondo: perciò non vi passò Alesandro. E quivi
fece fare Alesandro una torre con grande fortezza, perché coloro non potessero
pasare per venire sopra lui; e chiamasi la Porta del Ferro. E questo è lo luogo
che dice lo libro d'Alesandro, che dice che rinchiuse li Tartari dentro da le
montagne; ma egli non furono Tartari, ma furo una gente ch'ànno nome Cumani e
altri generazioni asai, ché Tartari non erano a quello tempo. Egli ànno cittadi
e castella assai, e ànno seta assai e fanno drappi di seta e d'oro assai, li piú
belli del mondo. Egli ànno astori gli migliori del mondo, e ànno abondanza d'ogni
cosa da vivere. La provincia è tutta piena di grande montagne, sí vi dico che
li Tartari non pòttero avere interamente la segnoria ancora di tutta. E quivi
si è lo monistero di santo Leonardo, ove è tale meraviglia, che d'una montagna
viene uno lago dinanzi a questo munistero e no mena niuno pesce di niuno tempo,
se no di quaresima; e comincia lo primo die di quaresima e dura infino a sabato
santo, e e' viene in grande abondanza. Dal dí inanzi uno no vi si ne truova, per
maraviglia, infino a l'altra quaresima. E sappiate che 'l mare ch'i' v'ò contato
si chiama lo mare di Geluchelan, e gira 700 miglia e è di lungi da ogni mare bene
12 giornate; e venev'entro molti grandi fiumi. E nuovamente mercatanti di Genova
navica per quello mare. Di là viene la seta ch'è chiama ghele. Abiàno contado
de le confini che sono d'Arminia di verso tramontana; or diremo de li confini
che sono di verso mezzodie e levante.
23 Del reame di Mosul.
Mosul è uno grande reame, ove è molte generazioni
di genti, le quali vi conterò incontenente. E v'à una gente che si chiamano arabi,
ch'adorano Malcometto; un'altra gente v'à che tengono la legge cristiana, ma no
come comanda la chiesa di Roma, ma fallano in piú cose. Egli sono chiamati nestorini
e iacopi, egli ànno uno patriarca che si chiama Iacolic, e questo patriarca fa
vescovi e arcivescovi e abati; e fagli per tutta India e per Baudac e per Acata,
come fa lo papa di Roma; e tutti questi cristiani sono nestorini e iacopit. E
tutti li panni di seta e d'oro che si chiamano mosolin si fanno quivi, e li grandi
mercatanti che si chiamano mosolin sono di quello reame di sopra. E ne le montagne
di questo regno sono genti che si chiamano † di cristiani nestorini e iacopit;
l'altre parti sono saracini ch'adorano Malcometto, e sono mala gente, e rubano
volontieri li mercatanti. Ora diremo de la grande città di Baudac.
24 Di Baudac, come fu presa.
Baudac è una grande cittade, ov'è lo califfo di
tutti li Saracini del mondo, cosí come a Roma il papa di tutti li cristiani. Per
mezzo la città passa uno fiume molto grande, per lo quale si puote andare infino
nel mare d'India, e quindi vanno e vegnono mercatanti e loro mercatantie. E sappiate
che da Baudac al mare giú per lo fiume àe bene 18 giornate. Li mercatanti che
vanno in India vanno per quello fiume infino a una città ch'à nome Chisi, e quivi
entrano nel mare d'India. E su per lo fiume tra Baudac e Chisi è una cittade ch'à
nome Bascra, e per quella cittade e per li borghi nasce gli migliori dattari del
mondo. In Baudac si lavora diversi lavorii di seta e d'oro in drappi a bestie
e a uccelli. Ell'è la piú nobile città e la magiore di quella provincia. E sappiate
ch'al califfo si trovò lo maggiore tesoro d'oro e d'ariento e di priete preziose
che mai si trovasse alcuno uomo. Egli è vero che in anni Domini 1255 lo grande
Tartero ch'ave' nome Alau, fratello del signore che oggi regna, ragunò grande
oste, e venne sopra Baudac e la prese per forza. E questo fue grande fatto, imperciò
che 'n Baudac avea piú de 100'000 di cavalieri, senza li pedoni. E quando Alau
l'ebbe presa, trovò al calif piena una torre d'oro e d'ariento e d'altro tesoro,
sí che giamai non si ne trovò tanto insieme. Quando Alau vide tanto tesoro, molto
si ne maravigliò, e mandò per lo califfo ch'era preso, e sí li disse: «Califfo,
perché raunasti tanto tesoro? Che ne volevi tue fare? Quando tu sapei ch'io venía
sopra te, ché none soldavi tu cavalieri e genti per difendere te e la terra tua
e la tua gente?». Lo calif non li seppe rispondere. Alotta disse Alau: «Calif,
da che tue ami tanto l'avere, io te ne voglio dare a mangiare». E fecel mettere
in questa torre, e comandò che no li fosse dato né mangiare né bere; e disse:
«Ora ti satolla del tuo tesoro». Quattro die vivette e poscia si trovò morto.
E perciò me' fosse che l'avesse donato a gente per difendere sua terra; né mai
poscia in quella città no ebbe califo alcuno. Non diremo piú di Baudaca, però
che sarebbe lunga matera; e diremo della nobile città di Toris.
25 Della nobile città di Toris.
Toris è una grande cittade ch'è in una provincia
ch'è chiamata Irac, nella quale è ancora piú cittadi e piú castella. Ma contarò
di Toris, perch'è la migliore città de la provincia. Gli uomini di Toris vivoro
di mercatantia e d'arti, cioè di lavorare drappi a seta e a oro. E è in luogo
sí buono, che d'India, di Baudac e di Mosul e di Cremo vi vengono li mercatanti,
e di molti altri luoghi. Li mercatanti latini vanno quivi per le mercatantie strane
che vegnono da lunga parte e molto vi guadagnano; quivi si truova molte priete
preziose. Gli uomini sono di piccolo afare, e àvi di molte fatte genti. E quivi
àe armini, nestarini, iacopetti, giorgiani, i persiani, e di quelli v'à ch'aorano
Malcometto, cioè lo popolo de la terra, che si chiamano taurizins. Atorno a la
città è belli giardini e dilettevoli di tutte frutte. Li saracini di Toris sono
molti malvagi e disleali.
26 De la maraviglia di Baudac, de la montagna.
Or vi conterò una maraviglia ch'avenne a Baudac
e Mosul. Nell'anno del 1275 era uno calif in Baudac che molto odiava li cristiani
{e ciò è naturale a li saracini}. E' pensò via di fare tornare li cristiani saracini
o d'uccidelli tutti; e a questo avea suoi consiglieri saracini. Ora mandò lo califo
per li cristiani ch'erano di là, e miseli dinanzi questo punto: che elli trovava
in uno Vangelo che se alcuno cristiano avesse tanta fede quant'è uno grano di
senape, per suo priego che facesse a Dio, farebbe giugnere due montagne insieme;
e mostrògli lo Vangelo. I cristiani dissero che ben era vero. «Dunque,» disse
lo califo, «tra voi tutti dé essere tanta fede quant'è uno grano di senape; ordunque
fate rimuovere quella montagna o io v'ucciderò tutti, o voi vi farete saracini,
ché chi non à fede dé essere morto». E di questo fare li diede termine 10 die.
27
Quando li cristiani udirono ciò che 'l calif disse,
ebbero grandissima paura e non sapeano che si fare. Raunarosi tutti, piccioli
e grandi, maschi e femine, l'arcivescovo e 'l vescovo e' preti, ch'aveano assai;
astettaro 8 die e tutti in orazione ché Dio gli aiutasse e guardasseli di sí crudele
morte. La nona notte aparve l'angelo al vescovo, ch'era molto santo uomo, e disseli
ch'andasse la mattina a cotali ciabattieri, e che li dicesse che la montagna si
muterebbe. Quello ciabattier era buono uomo e di sí buona vita, che uno die una
femmina venne a sua bottega, molto bella, ne la quale peccò cogli occhi, e elli
co la lesina vi si percosse, sí che mai non ne vide; sicché egli era santo e buono.
28 Quando la visione venne al vescovo che per lo priego del ciabattiere si
mutarebbe la montagna.
Quando questa visione venne al vescovo, fece ragunare
tutti li cristiani e disse la visione. Lo vescovo pregò lo ciabattiere che pregasse
Idio che mutasse la montagna; egli disse che non era uomo soficiente a ciò. Tanto
fue pregato per li cristiani che 'l ciabattiere si mise in orazione.
29
Quando lo termine fue compiuto, la mattina tutti
li cristiani andarono a la chiesa e fecero cantare la messa, pregando Idio che
gli 'iutasse. Poscia tolsero la croce e andaro nel piano dinanzi a questa montagna;
e quivi erano, tra maschi e femine e piccioli e grandi, bene 100'000. E 'l califa
vi venne co molti saracini armati per uccidire tutti li cristiani, credendo che
la montagna non si mutasse. Istando li cristiani dinanzi a la croce in ginocchioni
pregando Idio di questo fatto, la montagna cominciò a ruvinare e mutarsi. Li saracini,
vedendo ciòe, si maravigliaro molto, e 'l califfo si convertío e molti saracini.
E quando lo califa morío, si trovò una croce a collo; e li saracini, vedendo questo,
nol sotteraro nel munimento cogli altri califfi passati, anzi lo misero in un
altro luogo. Or lasciamo de Toris e diciamo di Persia.
30 De la grande provincia di Persia: de' 3 Magi.
Persia si è una provincia grande e nobole certamente,
ma 'l presente l'ànno guasta li Tartari. In Persia è la città ch'è chiamata Saba,
da la quale si partiro li tre re ch'andaro adorare Dio quando nacque. In quella
città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti
interi con barba e co' capegli: l'uno ebbe nome Beltasar, l'altro Gaspar, lo terzo
Melquior. Messer Marco dimandò piú volte in quella cittade di quegli 3 re: niuno
gliene seppe dire nulla, se non che erano 3 re soppelliti anticamente. Andando
3 giornate, trovaro uno castello chiamato Calasata, ciò è a dire in francesco
'castello de li oratori del fuoco'; e è ben vero che quelli del castello adoran
lo fuoco, e io vi dirò perché. Gli uomini di quello castello dicono che anticamente
tre lo' re di quella contrada andarono ad adorare un profeta, lo quale era nato,
e portarono 3 oferte: oro per sapere s'era signore terreno, incenso per sapere
s'era idio, mirra per sapere se era eternale. E quando furo ove Dio era nato,
lo menore andò prima a vederlo, e parveli di sua forma e di suo tempo; e poscia
'l mezzano e poscia il magiore: e a ciascheuno per sé parve di sua forma e di
suo tempo. E raportando ciascuno quello ch'avea veduto, molto si maravigliaro,
e pensaro d'andare tutti insieme; e andando insieme, a tutti parve quello ch'era,
cioè fanciullo di 13 die. Allora ofersero l'oro, lo 'ncenso e la mirra, e lo fanciullo
prese tutto; e lo fanciullo donò a li tre re uno bossolo chiuso. E li re si misoro
per tornare in loro contrada.
31 De li tre Magi.
Quando li tre Magi ebbero cavalcato alquante giornate,
volloro vedere quello che 'l fanciullo avea donato loro. Apersoro lo bossolo e
quivi trovaro una pietra, la quale gli avea dato Idio in significanza che stessoro
fermi ne la fede ch'aveano cominciato, come pietra. Quando videro la pietra, molto
si maravigliaro, e gittaro questa pietra entro uno pozzo; gittata la pietra nel
pozzo, uno fuoco discese da cielo ardendo, e gittòssi in quello pozzo. Quando
li re videro questa meraviglia, pentérsi di ciò ch'aveano fatto; e presero di
quello fuoco e portarone in loro contrada e puoserlo in una loro chiesa. E tutte
volte lo fanno ardere e orano quello fuoco come dio; e tutti li sacrifici che
fanno condisco di quello fuoco, e quando si spegne, vanno a l'originale, che sempre
sta aceso, né mai non l'accenderebboro se non di quello. Perciò adorano lo fuoco
quegli di quella contrada; e tutto questo dissero a messer Marco Polo, e è veritade.
L'uno delli re fu di Saba, l'altro de Iava, lo terzo del Castello. Or vi diremo
de' molti fatti di Persia e de' loro costumi.
32 De li 8 reami di Persia.
Sappiate che in Persia àe 8 reami: l'ono à nome
Causom, lo secondo Distan, lo terzo Lor, lo quarto Cielstan, lo quinto Istain,
lo 6° Zerazi, lo 7° Soncara, lo 8° Tunocain, che è presso a l'Albaro Solo. In
questo reame à molti begli distrieri e di grande valuta, e molti ne vegnono a
vendere in India: la magiore parte sono di valuta di libbre 200 di tornesi. Ancora
v'à le piú belle asine del mondo, che vale l'una ben 30 marchi d'argento, che
bene corrono e ambiano. Gli uomini di questa contrada menano questi cavagli fino
a due cittade che sono sopra la ripa del mare: l'una à nome Achisi e l'altra Acummasa;
quivi sono i mercatanti che li menano in India. Questi sono mala gente: tutti
s'uccidono tra loro, e se non fosse per paura del signore, cioè del Tartaro del
Levante, tutti li mercatanti ucciderebboro. Quivi si fa drappi d'oro e di seta;
e quivi àe molta bambagia, e quivi àe abondanza d'orzo, di miglio e di panico
e di tutte biade, di vino e di frutti. Or lasciamo qui, e conteròvi de la grande
città d'Iadis tutto suo afare e suoi costumi.
33 Della città di Iadis.
Iadis è una cittade di Persia molto bella, grande,
e di grandi mercatantie. Quivi si lavora drappi d'oro e di seta, che si chiama
iasdi, e che si portano per molte contrade. Egli adorano Malcometto. Quando l'uomo
si parte di questa terra per andare inanzi, cavalca 7 giornate tutto piano; e
non v'à abitazione se no in tre luoghi, ove si possa albergare. Quivi àe begli
boschi e piani per cavalcare; quivi àe pernice e cuntornici asai. Quindi si cavalca
a grande solazzo, quivi àe asine salvatiche molto belle. Di capo di queste 7 giornate
àe uno reame ch'à nome Creman.
34 Del reame di Creman.
Creman è uno regno di Persia che solea avere signore
per eredità, ma poscia che li Tartari lo presero, vi màndaro signore cui loro
piace. E quivi nasce le prietre che si chiamano turchiesche in grande quantità,
che si cavano de le montagne; e ànno vene d'acciaio e d'andanico assai. Lavorano
bene tutte cose da cavalieri, freni, selle e tutte arme e arnesi. Le loro donne
lavorano tutte cose a seta e ad oro, a ucelli e a bestie nobilemente, e lavorano
di cortine e d'altre cose molto riccamente, e coltre e guanciali e tutte cose.
Ne le montagne di questa contrada nasce li migliori falconi e li piú volanti del
mondo, e sono meno che falconi pelegrini: niuno uccello no li campa dinanzi. Quando
l'uomo si parte di Creman, cavalca 7 giornate tuttavia per castela e per cittade
con grande solazzo; e quivi àe uccellagioni di tutti uccelli. Di capo de le 7
giornate truova una montagna, ove si scende, ché bene si cavalca due giornate
pure a china, tuttavia trovando molti frutti e buoni. Non si truova abitazioni,
ma gente co loro bestie assai. E da Creman infino a questa iscesa è bene tale
freddo di verno, che no vi si può passare se non co molti panni.
35 Di Camandi.
A la discesa de la montagna àe uno bello piano,
e nel cominciamento àe una città ch'à nome Camandi. Questa solea essere magiore
terra che no è, ch'e Tartari d' altra parte gli ànno fatto danno piú volte. Questo
piano è molto cavo. E questo reame à nome Reobales, suoi frutti sono dattari,
pistacchi, frutti di paradiso e altri frutti che non son di qua. Ànno buoi grandi
e bianchi come nieve, col pelo piano per lo caldo luogo, le corne cort'e grosse
e non agute; tra le spalle ànno uno gobbo alto due palmi, e sono la piú bella
cosa del mondo a vedere. Quando si vogliono caricare, si conciano come camegli,
e caricati cosí, si levano, ché sono forti oltra misura. E v'à montoni come asini,
che li pesa la coda bene 30 libbre, e sono bianchi e begli e buoni da mangiare.
In questo piano à castella e città e ville murate di terra per difendersi da scherani
che vanno robando. E questa gente che corre lo paese, per incantamento fanno parere
notte 7 giornate a la lunga, perché altri non si possa guardare; quando ànno fatto
questo, vanno per lo paese, ché bene lo sanno. E' son bene 10'000, talvolta piú
e meno, sicché per quello piano no li scampa né uomo né bestia: li vecchi ucidono,
gli giovani ménagli a vendere per ischiavi. Lo loro re à nome Nogodar, e sono
gente rea e malvage e crudele. E sí vi dico che messer Marco vi fu tal qual preso
in quella iscuritade, ma scampò a uno castello ch'à nome Canosalmi, e de' suo
compagni furo presi asai e venduti e morti.
36 De la grande china.
Questo piano dura verso mezzodie 5 giornate. Da
capo de le cinque giornate è un'altra china che dura 20 miglia, molto mala via,
e àvi molti mali uomini che rubano. Di capo della china à uno piano molto bello,
che si chiama lo piano di Formosa, e dura due giornate di bella riviera; e quivi
àe francolini, papagalli e altri uccelli divisati da li nosti. Passate due giornate,
è lo mare Oziano e 'n su la ripa è una città con porto, ch'à nome Cormos, e quivi
vegnono d'India per navi tutte ispezzerie, drappi d'oro e denti di leofantie altre
mercatantie assai; e quindi le portano li mercatanti per tutto lo mondo. Questa
è terra di grande mercatantia; sotto di sé àe castella e cittadi assai, perch'ella
è capo de la provincia; lo re à nome Ruccomod Iacomat. Quivi è grande caldo; inferma
è la terra molto, e se alcuno mercatante d'altra terra vi muore, lo re piglia
tutto suo avere. Quivi si fa lo vino di dattari e d'altre ispezie asai, e chi
'l bee e non è uso, sé 'l fa andare a sella e purgalo; ma chi n'è uso fa carne
assai. Non usano nostre vivande, ché se manicassero grano e carne, infermarebbero
incontanente; anzi usano per loro santà pesci salati e dattari e cotali cose grosse,
e con queste dimorano sani. Le loro navi sono cattive e molte ne pericala, perché
non sono confitte con aguti di ferro, ma con filo che si fa della buccia delle
noci d'India, che si mette in molle ne l'acqua e fassi filo come setole; e con
quello le cuciono, e no si guasta per l'acqua salata. Le navi ànno una vela, un
timone, uno àbore, una coverta, ma quando sono caricate, le cruopono di cuoie,
e sopra questa coverta pongono i cavalli che menano in India. No ànno ferro per
fare aguti e è grande pericolo a navicare con quelle navi. Questi adorano Malcometto.
E èvi sí grande caldo, che se no fosse li giardini co molta acqua di fuori da
la città, ch'egli ànno, non camperebboro. Egli è vero che vi viene uno vento la
state talvolta di verso lo sabione con tanto caldo che, se gli uomini non fugissoro
a l'acqua, non camperebboro del caldo. Elli seminano loro biade di novembre e
ricogliele di marzo, e cosí fanno di tutti loro frutti; a da marzo inanzi non
si truova niuna cosa viva, cioè verde, sopra terra, se non lo dattaro, che dura
infino a mezzo maggio; e questo è per lo grande caldo. Le navi non sono impeciate,
ma sono unte d'uno olio di pesce. E quando alcuno vi muore, sí fanno grande duolo;
e le donne si piangono li loro mariti bene quattro anni, ogne die almeno una volta,
con vicini e co' parenti. Or tornaremo per tramontana per contare di quelle province,
e ritornaremo per un'altra via a la città di Creman, la quale v'ò contato, perciò
che a quelle contrade ch'io vi voglio contare, no vi si può andare se non da Creman.
E vi dico che questo re Ruccomod Iacamat, donde noi ci partiamo aguale, è re di
Creman. E in ritornare da Cormos a Creman à molto bello piano e abondanza di vivande,
e èvi molti bagni caldi; e àvi ucelli assai e frutti. Lo pane del grano è molto
amaro a chi non è costumato, e questo è per lo mare che vi viene. Or lasciàno
queste parti, e andiamo verso tramontana; e diremo come.
37 Come si cavalca per lo diserto.
Quando l'uono si parte da Creman, cavalca sette
giornate di molta diversa via; e diròvi come. L'uomo va 3 giornate che l'uono
non truova acqua, se non verde come erba, salsa e amara; e chi ne bevesse pure
una gocciola, lo farebbe andare bene 10 volte a sella; e chi mangiasse uno granello
di quello sale che se ne fa, farebbe lo somigliante; e perciò si porta bevanda
per tutta quella via. Le bestie ne beono per grande forza e per grande sete, e
falle molto scorrere. In queste 3 giornate no à abitazione, ma tutto diserto e
grande secchitade, bestie non v'à, ché no v'averebboro che mangiare. Di capo di
queste 3 giornate si truova un altro luogo che dura 4 giornate, né più né meno
fatto, salvo che vi si truovano asine salvatiche. Di capo di queste 4 giornate
finisce lo regno di Creman e truovasi la città di Gobiam.
38 De Gobiam.
Cobiam è una grande cittade. E' adorano Macomet.
Egli ànno ferro e acciaio e andanico assai. Quivi si fa la tuzia e lo spodio,
e diròvi come. Egli ànno una vena di terra la quale è buona a ciò, e pongolla
nella fornace ardente, e 'n su la fornace pongono graticole di ferro, e 'l fumo
di quella terra va suso a le graticole: e quello che quivi rimane apiccato è tuzia,
e quello che rimane nel fuoco è spodio. Ora andiàno oltre.
39 D'uno diserto.
Quando l'uomo si parte de Gobiam, l'uomo va bene
per uno diserto 8 giornate, nel quale à grande sechitadi, e non v'à frutti né
acqua, se non amara, come in quello di sopra. E quelli che vi passano portano
da bere e da mangiare, se non che gli cavagli beono di quella acqua malvolontieri.
E di capo delle 8 giornate è una provincia chiamata Tonocan; e àvi castella e
cittadi asai, e confina con Persia verso tramontana. E quivi è una grandissima
provincia piana, ov'è l'Albero Solo, che li cristiani lo chiamano l'Albero Secco;
e diròvi com'egli è fatto. Egli è grande e grosso; sue foglie sono da l'una parte
verdi e da l'altra bianche, e fa cardi come di castagne, ma non v'à entro nulla;
egli è forte legno e giallo come busso. E non v'à albero presso a 100 miglia,
salvo che da l'una parte a 10 miglia. E quivi dicono quelli di quella parte che
fu la bataglia tra Allexandro e Dario. Le ville e le castelle ànno grande abondanza
d'ogne buona cosa; lo paese è temperato, e adorano Malcometto. Quivi àe bella
gente e le femine sono belle oltra misura. Di qui ci partiamo e direnvi d'una
contrada che si chiama Milice, ove il Veglio della Montagna solea dimorare.
40 Del Veglio de la Montagna e come fece il paradiso, e li assessini.
Milice è una contrada ove 'l Veglio de la Montagna
solea dimorare anticamente. Or vi conterò l'afare, secondo che messer Marco intese
da più uomini. Lo Veglio è chiamato in loro lingua Aloodin. Egli avea fatto fare
tra due montagne in una valle lo piú bello giardino e 'l piú grande del mondo.
Quivi avea tutti frutti e li piú begli palagi del mondo, tutti dipinti ad oro,
a bestie, a uccelli; quivi era condotti: per tale venía acqua a per tale mèle
e per tale vino; quivi era donzelli e donzelle, li piú begli del mondo, che meglio
sapeano cantare e sonare e ballare. E facea lo Veglio credere a costoro che quello
era lo paradiso. E perciò 'l fece, perché Malcometto disse che chi andasse in
paradiso, avrebbe di belle femine tante quanto volesse, e quivi troverebbe fiumi
di latte, di vino e di mèle. E perciò 'l fece simile a quello ch'avea detto Malcometto;
e li saracini di quella contrada credeano veramente che quello fosse lo paradiso.
E in questo giardino non intrava se none colui cu' e' volea fare assesino. A la
'ntrata del giardino ave' uno castello sí forte, che non temea niuno uomo del
mondo. Lo Veglio tenea in sua corte tutti giovani di 12 anni, li quali li paressero
da diventare prodi uomini. Quando lo Veglio ne facea mettere nel giardino a 4,
a 10, a 20, egli gli facea dare oppio a bere, e quelli dormía bene 3 dí; e faceali
portare nel giardino e là entro gli facea isvegliare.
41
Quando li giovani si svegliavano e si trovavano
là entro e vedeano tutte queste cose, veramente credeano essere in paradiso. E
queste donzelle sempre stavano co loro in canti e in grandi solazzi; e aveano
sí quello che voleano, che mai per loro volere non sarebboro partiti da quello
giardino. E 'l Veglio tiene bella corte e ricca e fa credere a quegli di quella
montagna che cosí sia com'è detto. E quando elli ne vuole mandare niuno di quegli
giovani ine uno luogo, li fa dare beveraggio che dormono, e fagli recare fuori
del giardino in su lo suo palagio. Quando coloro si svegliono e truovansi quivi,
molto si meravigliano, e sono molto tristi, ché si truovano fuori del paradiso.
Egli se ne vanno incontanente dinanzi al Veglio, credendo che sia uno grande profeta,
inginocchiandosi; e egli dimanda onde vegnono. Rispondono: «Del paradiso»; e contagli
tutto quello che vi truovano entro e ànno grande voglia di tornarvi. E quando
lo Veglio vuole fare uccidere alcuna persona, fa tòrre quello che sia lo piú vigoroso,
e fagli uccidire cui egli vuole. E coloro lo fanno volontieri, per ritornare al
paradiso; se scampano, ritornano a loro signore; se è preso, vuole morire, credendo
ritornare al paradiso. E quando lo Veglio vuole fare uccidere neuno uomo, egli
lo prende e dice: «Va' fà cotale cosa; e questo ti fo perché ti voglio fare tornare
al paradiso». E li assesini vanno e fannolo molto volontieri. E in questa maniera
non campa niuno uomo dinanzi al Veglio de la Montagna a cu'elli lo vuole fare;
e sí vi dico che piú re li fanno trebuto per quella paura.
42 Come Alau, signore de' Tarteri del Levante il distrusse.
Egli è vero che 'n anni 1277 Alau, signore delli
Tartari del Levante, che sa tutte queste malvagità, egli pensò fra se medesimo
di volerlo distruggere, e mandò de' suoi baroni a questo giardino. E' stettero
3 anni attorno a lo castello prima che l'avessero, né mai non l'avrebboro avuto
se no per fame. Alotta per fame fu preso, e fue morto lo Veglio e sua gente tutta.
E d'alora in qua non vi fue piú Veglio niuno: in lui s'è finita tutta la segnoria.
Or lasciamo qui, e andiamo inanzi.
43 De la città Supunga.
Quando l'uomo si parte di questo castello, l'uomo
cavalca per bel piano e per belle coste, ov'è buon pasco e frutti assai e buoni;
e dura 7 giornate. E àvi ville e castella asai, e adorano Macomet. E alcuna volta
truova l'uomo diserti di 50 miglia e di 60, nelle quali non si truova acqua, e
conviene che l'uomo la porti e per sé e per le bestie, infino che ne sono fuori.
Quando àe passato 7 giornate, truova una città ch'à nome Supunga. Ella è terra
di molti alberi. Quivi àe li migliori poponi del mondo e 'n grandissima quantità,
e fannogli seccare in tale maniera: egli gli tagliano atorno come coreggie, e
fannogli seccare, e diventano piú dolci che mèle. E di questo fanno grande mercatantia
per la contrada. E v'è cacciagioni e uccellagioni assai. Or lasciamo di questa,
e diremo di Balac.
44 Di Balac.
Balac fue già una grande città e nobile piú che
non è oggi, ché li Tartari l'ànno guasta e fatto grande danno. E in questa cittade
prese Alesandro per moglie la figliuola di Dario, siccome dicono quegli di quella
terra. E' addorano Maccometto. E sappiate che fino a questa terra dura la terra
del signore delli Tartari del Levante, e a questa cittade sono li confini di Persia
entro creco e levante. Quando si passa per questa terra, l'uomo cavalca bene 12
giornate tra levante e greco, che no si truova nulla abitazioni, perché gli uomini,
per paura de la mala gente e degli osti, sono tutti iti a le fortezze de le montagne.
In questa via àe acqua asai e cacciagioni e leoni. In tutte queste 12 giornate
non truovi vivande da mangiare, anzi conviene che si porti.
45 De la montagna del sale.
Quando l'uomo à cavalcato queste 12 giornate, trova
uno castello ch'à nome Tahican, ov'è grande mercato di biada; e è bella contrada.
E le montagne di verso mezzodie sono molto grandi, e sono tutte sale. E vengono
da la lunga 30 giornate per questo sale, perch'è lo migliore del mondo; e è sí
duro che no se ne può rompere se non con grandi picconi di ferro; e è tanto che
tutto il mondo n'avrebbe assai infino a la fine del secolo. Partendosi di qui,
l'uomo cavalca 3 giornate tra greco e levante, sempre trovando belle terre e belle
abitazioni e frutti e biade e vigne. E' adorano Maccomet. E' sono mala gente e
micidiale: sempre stanno col bicchiere a bocca, ché molto beono volontieri, ché
egli ànno buono vino cotto. In capo non portano nulla, se no una corda lunga 10
palmi si volgono atorno lo capo. E' sono molto begli cacciatori e prendono bestie
molte, e de le pelle si vestono e calzano; e ogni uomo sa conciare le pegli de
le bestie che pigliano. Di làe tre giornate àe cittade e castella asai, e èvi
una città ch'à nome Scasem, e per lo mezzo passa uno grande fiume. Quivi àe porci
ispinosi assai. Poscia si cavalca tre giornate che no si truova abitazione, né
bere né mangiare. Di capo de le 3 giornate si truova la provincia de Balascam.
e io vi conterò com'ell'è fatta.
46 Di Balascam.
Balasciam è una provincia che la gente adorano Malcometo,
e ànno lingua per loro. Egli è grande reame e discende lo re per reditade; e scese
del legnaggio d'Allesandro e de la figlia di Dario, lo grande signore di Persia.
E tutti quegli re si chiamano Zulcarnei in saracino, ciò è a dire Alesandro, per
amore del grande Allexandro. E quivi nasce le priete preziose che si chiamano
balasci, che sono molto care, e cavansi ne le montagne come l'altre vene. E è
pena la testa chi cavasse di quelle pietre fuori del reame, perciò che ve n'à
tante che diventerebboro vile. E quivi, in un'altra montagna, † ove si cava l'azurro,
e è 'l migliore e 'l piú fine del mondo; e le pietre onde si fa l'azurro, è vena
di terra. E àvi montagne ove si cava l'argento. E la provincia è molto fredda.
E quivi nasce cavagli assai e buoni coritori, e non portano ferri, sempre andando
per le montagne. E nascevi falconi molto volanti e li falconi laineri: cacciare
e uccellare v'è lo migliore del mondo. Olio non ànno, ma fannone di noci. Lo luogo
è molto forte da guerra; e' sono buoni arcieri e vestonsi di pelle di bestie,
perciò ch'ànno caro di panni. E le grandi donne e le gentili portano brache, che
v'è ben 100 braccia di panno bambagino, e tal 40 e tal 80; e questo fanno per
parere ch'abbiano grosse le natiche, perché li loro uomini si dilettano in femine
grosse. Or lasciamo questo reame, e conteremo d'una diversa gente, ch'è lungi
da questa provincia 10 giornate.
47 De la gente di Bastian.
Egli è vero che di lungi a Balasciam 10 giornate
àe una provincia ch'à nome Bastian; e ànno lingua per loro. Egli adorano gl'idoli
e suno bruni; e sanno molto d'arti de diavoli e sono malvagia gente. E' portan
agli orecchi cerchiegli d'oro e d'ariento e di perle e di pietre preziose. Quivi
àe molto grande caldo. Loro vivande è carne e riso. Or lasciamo questa, e anderemo
a un'altra ch'è di lungi di questa 7 giornate verso iscirocco, ch'à nome Chesimun.
48 Di Chesimun.
Chesimun è una provincia che adorano idoli e àe
lingua per sé. Questi sanno tanto d'incantamento di diavolo che fanno parlare
gl'idoli; e fanno cambiare lo tempo e fanno grandi iscuritadi e fanno tali cose
che non si potrebbe credere. E sono capo di tutti gl'idoli, e de lor descese gl'idoli.
E di questo luogo si puote andare al mare d'India. Gli uomini e le femine sono
bruni e magri; lor vivande è riso e carne. E è luogo temperato, tra caldo e freddo.
E là à castella assai e diserti; e è luogo molto forte, e tiensi per sé medesimo;
e èvi re che mantiene giustizia. E quivi àe molti romitaggi e fanno grande astinenzia,
né non fanno cosa di peccato né che sia contra loro fede per amore di loro idoli;
e ànno badie e monisteri di loro legge. Or ci partiamo di qui e anderemo inanzi,
perciò che ci converrebbe intrare in India; e noi non vogliamo entrare, perché
al ritornare de la nostra via conteremo tutte le cose d'India per ordine. E perciò
retornaremo a nostre province verso Baudascian, perciò che d'altra parte non potremo
passare.
49 Del grande fiume di Baudascian.
E quando l'uomo si parte da Baudascian, sí si va
12 giornate tra levante e crego su per uno fiume, che è del fratello del segnore
di Baudascian, ov'è castella e abitazioni assai. La gente è prode e adorano Macometto.
Di capo di 12 giornate si truova una provincia piccola che dura 3 giornate da
ogne parte, e à nome Vocan. E' adorano Macometto e ànno lingua per loro e sono
prodi uomini; e sono sottoposti al signore di Baudascian. Egli ànno bestie salvatiche
assai, cacciagioni e uccellagioni d'ogne fatta. E quando l'uomo va tre giornate
piú inanzi, va pure per montagne; e questa si dice la piú alta montagna del mondo.
E quando l'uomo è 'n su quell'alta montagna, truova uno piano tra due montagne,
ov'è molto bello pasco, e quivi è uno fiume molto bello e grande; e è sí buono
pasco una bestia magra vi doventa grassa in 10 dí. Quivi àe tutte salvagine e
assai; e èvi montoni salvatichi asai e grandi, e ànno lunghe le corne 6 spanne,
e almeno 4 o 3; e in queste corni mangiano li pastori, che ne fanno grande scodelle.
E per questo piano si va bene 12 giornate senza abitazione, né non si truova che
mangiare, s'altri nol vi porta. Niuno uccello non vi vola, per l'alto luogo e
freddo, e 'l fuoco non v'à lo colore ch'egli àe in altre parte, né non è sí cocente
colà suso. Or lasciamo qui e conteròvi altre cose per greco e per levante. E quando
l'uomo va oltra 3 giornate, e' conviene che l'uomo cavalca bene 40 giornate per
montagne e per coste, tra creco e levante, e per valle, passando molti fiumi e
molti luoghi diserti. E per tutto questo luogo non si truova abitazione né albergagione,
ma conviene che si porti la vivanda. Questa contrada si chiama Belor. La gente
dimora ne le montagne molto alte: adorano idoli e sono salvatica gente, e vivono
de le bestie che pigliano. Loro vestire è di pelli di bestie, e sono uomini malvagi.
Or lasciamo questa contrada, e diremo de la provincia di Casciar.
50 Del reame di Casciar.
Casciar fue anticamente reame; aguale è al Grande
Kane; e adorano Malcometto. Ell'à molte città e castella, e la magiore è Casciar;
e sono tra greco e levante. E' vivono di mercatantia e d'arti. Egli ànno begli
giardini e vigne e possessioni e bambagie assai; e sonvi molti mercanti che cercano
tutto il mondo. E' sono gente scarsa e misera, ché male mangiano e mal beono.
Quivi dimorano alquanti cristiani nestorini, che ànno loro legge e loro chiese;
e ànno lingua per loro. E dura questa provincia 5 giornate. Ora lasciamo di questa,
e andremo a Samarcan.
51 Di Samarcan.
Samarcan è una nobile cittade, e sonvi cristiani
e saracini. E' sono al Grande Cane, e sono verso maestro. E diròvi una maraviglia
ch'avenne in questa terra. E' fu vero, né no è grande tempo, che Gigata, fratello
del Grande Cane, si fece cristiano, e era signore di questa contrada. Quando li
cristiani della cittade videro che lo signore era fatto cristiano, ebbero grande
alegrezza; e allora fecero in quella cittade una grande chiesa a l'onore di san
Giovanni Batista, e cosí si chiama. E' tolsero una molto bella pietra ch'era dei
saracini e poserla in quella chiesa e miserla sotto una colonna in mezzo la chiesa,
che sostenea tutta la chiesa. Or venne che Gigatai fu morto e gli saracini, vedendo
morto 'l segnore, abiendo ira di quella pietra, la volloro tòrre per forza; e
poteallo fare, ch'erano 10 cotanti che gli cristiani. E mossorsi alquanti saracini
e andarono a li cristiani, e dissero che voleano questa pietra. Li cristiani la
voleano comperare ciò che ne voleano; li saracini dissero che no voleano se non
la pietra. E alotta li signoregiava lo Grande Cane, e comandò a li cristiani che
'nfra 2 die Ii rendessero la loro pietra. Li cristiani, udendo lo comandamento,
funno molto tristi e non sapeano che si fare. La mattina che la pietra si dovea
cavare di sotto dalla colonna, la colonna si trovò alta di sopra a la pietra bene
4 palmi; e non toccava la pietra per lo volere del Nostro Signore. E questa fue
tenuta grande meraviglia e è ancora; e tuttavia vi stette poscia la prieta. Or
lasciamo qui, e diròvi di un'altra provincia ch'à nome Carcam.
52 De Carcam.
Carcam è una provincia che dura 5 giornate. E' adorano
Macometto; e sonvi cristiani e nestorini. E' sono al Grande abondanza † d'ogni
cose. Quivi non à altro da ricordare. Or lasciamo qui, e diremo di Cotam.
53 Di Cotam.
Cotam è una provincia tra levante e greco, e dura
8 giornate. E' sono al Grande Kane, e adorano Malcometo tutti. E v'à castella
e città assai e son nobile gente; e la migliore città è Cotam, onde si chiama
tutta la provincia. Quivi àe bambagia assai, vino, giardini, tutte cose. Vivono
di mercatantia e d'arti; non sono da arme. Or ci partiamo di qui, e andiamo a
un'altra provincia ch'à nome Pein.
54 Di Pein.
Pein è una piccola provincia ch'è lunga 5 giornate
tra levante e greco. E' sono al Grande Kane e adorano Maccomet. E v'à castella
e città assai, e la piú nobile è Pein. Egli ànno abondanza di tutte cose e vivoro
di mercatantie e d'arti. E ànno cotal costume, che quando alcuono uomo ch'à moglie
si parte di sua terra per stare 20 die, com'egli è partito, la moglie puote prendere
altro marito, per l'usanza che v'è; e l'uomo, ove vae, puote prendere altra moglie.
Altresí sappiate che tutte queste province che io v'ò contate, da Cascar infin'a
qui, sono de la Grande Turchia. Or lasciamo qui, e conteròvi d'una provincia chiamata
Ciarcian.
55 Di Ciarcian.
Ciarcian è una provincia de la Grande Turchia tra
greco e levante. E adorano Macomet; e àvi castella e città assai, e la mastra
città è Ciarcian. E v'à fiume che mena diaspido e calciadonio, e pòrtalle a vendere
au Cata, e ànnone asai e buoni. E tutta questa provincia è sabione, e de Cotam
a Pein altressí sabione. E èvi molte acque amare e ree, e ancora v'à de le dolci
e buone. E quando l'uomo si parte di Ciarcan, va bene 5 giornate per sabione,
e àvi di male acque e amare, e àvi de le buone. E a capo de le 5 giornate si truova
una città ch'è a capo del grande diserto, ove gli uomini prendono vivanda per
passare lo diserto. Or vi diremo di piú inanzi.
56 Di Lop.
Lop è una grande città ch'è a l'intrata del grande
diserto, ch'è chiamo lo diserto de Lop, e è tra levante e greco. E' sono al Grande
Cane e adorano Macomet. E quelli che vogliono passare lo diserto si riposano in
Lop per una settimana, per rinfrescare loro e loro bestie; poscia prende vivande
per uno mese per loro e per loro bestie. E partendosi di questa città, entra nel
diserto, e è tamanto che si penerebbe a passare bene uno anno; ma per lo minore
luogo si pena lo meno a trapassare uno mese. Egli è tutto montagne e sabione e
valle, e non vi si truova nulla a mangiare; ma quando s'è ito uno die e una notte,
si truova acqua, ma non tanta che n'avesse oltra 50 o 100 uomini co loro bestie.
E per tutto 'l diserto conviene che si vada uno die e una notte prima che acqua
si truovi: e in tre luoghi o in quattro truova l'uomo l'acqua amara e salsa, e
tutte l'altre sono buone, che sono nel torno da 28 acque. Non v'à né uccelli né
bestie, perché non v'ànno da mangiare. E sí vi dico che quivi si truova tal maraviglia.
Egli è vero che, quando l'uomo cavalca di notte per quel diserto, egli aviene
questo: che se alcuno remane adrieto da li compagni, per dormire o per altro,
quando vuole pui andare per giugnere li compagni, ode parlare spiriti in aire
che somigliano che siano suoi compagnoni. E piú volte è chiamato per lo suo nome
propio, ed è fatto disviare talvolta in tal modo che mai non si ritruova; e molti
ne sono già perduti. E molte volte ode l'uomo molti istormenti in aria e propiamente
tamburi. E cosí si passa questo grande diserto. Or lasciamo del diserto, e diremo
delle province che sono all'uscita del diserto.
57 De la grande provincia di Tangut.
A l'uscita del diserto si truova una città ch'à
nome Sachion, che è a lo Grande Cane. La provincia si chiama Tangut; e adorano
l'idoli {ben è vero ch'egli v'à alquanti nestorini, e àvi saracini}. La terra
è tra levante e greco. Quegli dagl'idoli ànno per loro speziale favella; no sono
mercatanti, ma vivono di terra. Egli ànno molte badie e monisteri, tutti piene
d'idole di diverse fatte, a li quali si fa sagrifici grandi e grandi onori. E
sapiate che ogni uomo che à fanciulli fae notricare uno montone a onore degl'idoli.
A capo dell'anno, ov'è la festa del suo idolo, lo padre col figliuolo menano questo
montone dinanzi a lo suo idolo, e fannogli grande riverenza con tutti li figliuoli.
Poscia fanno correre questo montone; fatto questo, rimenallo davanti a l'idolo,
e tanto vi stanno ch'è detto loro uficio e loro prieghi, ch'elli salvi li loro
figliuoli. Fatto questo, danno la loro parte della carne a l'idolo; l'altra tagliano
e portano a loro casa o a altro luogo ch'egli vogliono, e mandano per loro parenti,
e mangiano questa carne con grande festa e reverenza; poi ricolgono l'ossa e ripongolle
in sopidiani o in casse molto bene. E sappiate che tutti gl'idolatori, quando
alcuno ne muore, gli altri pigliano lo corpo morto e fannolo ardere. E quando
si cavano di loro casa e sono portati al luogo dove debbono essere arsi, nella
via li suoi parenti in piú luoghi ànno fatte certe case di pertiche o di canne
coperte di drappi di seta e d'oro. E quando sono col morto dinanzi da questa casa,
sí posano lo morto dinanzi a questa casa, e quivi ànno vino e vivande assai; e
questo fanno perché sia ricevuto a cotale onore nell'altro mondo. E quando lo
corpo è menato al luogo ove dé essere arso, quivi ànno uomini di carte intagliati
e cavagli e camegli e monete grosse come bisanti, e fanno ardere lo corpo con
tutte queste cose, e dicono che quello morto avrà tanti cavagli e montoni e danari
e ogn'altra cosa nell'altro mondo quant'egli fanno ardere per amore di colui in
quello luogo dinanzi dal corpo. E quando lo corpo si va ad ardere, tutti li stormenti
de la terra vanno sonando dinanzi a questo corpo. Ancora vi dico che quando lo
corpo è morto sí manda gli parenti per astronomi e indivini, e dicogli lo die
che nacque questo morto; e coloro, per loro incantesimi de diavoli, sanno dire
a costoro l'ora che questo corpo si dee ardere. E tengollo talvolta li parenti
in casa, quel morto, 8 die e 15 e uno mese, aspettando l'ora che è buona da ardere,
secondo quelli indovini, né mai no gli arderebboro altrimenti. Tengono questo
corpo in una cassa grossa bene uno palmo bene serata e confitta e coperta di panno
co molto zafferano e spezie, sí che no puta a quelli della casa. E sappiate che
quegli della casa fanno mettere tavola dinanzi dalla cassa ov'è 'l morto, con
vino e con pane e con vivande come s'egli fosse vivo, e questo fanno ogne die
fino che si dee ardere. Ancora quegli indovini dicono a li parenti del morto che
no è buono trare lo morto per l'uscio, e mettono cagioni di qualche stella ch'è
incontra a l'uscio, onde li parenti lo mettono per altro luogo, e tale volta rompono
lo muro della casa da l'altro lato. E tutti gl'idoli del mondo vanno per questa
maniera. Or lasciamo di questa e direnvi d'altre terre che sono verso lo maestro,
presso al capo di questo diserto.
58 De Camul.
Camul è una provincia, e già anticamente fue reame.
E àvi ville e castella assai; la mastra città à nome Camul. La provincia è in
mezzo di due diserti: da l'una parte è 'l grande diserto, da l'altra è uno piccolo
diserto di tre giornate. Sono tutti idoli; lingua ànno per sé. Vivono de' frutti
de la terra e ànno assai da mangiare e da bere, e vendonne asai. E' sono uomini
di grande solazzo, che non attendono se no a sonare in istormenti e 'n cantare
e ballare. E se alcuno forestiere vi va ad albergare, egli sono troppi alegri
e comandano alle loro mogli che li servano in tutto loro bisogno. E 'l marito
si parte di casa e va a stare altrove 2 dí o 3; e 'l forestieri rimane colla moglie
e fa con lei quello che vuole, come fosse sua moglie, e stanno in grandi solazzi.
E tutti quegli di questa provincia sono bozzi delle loro femine, ma nol si tengono
a vergogna; e le loro femine sono belle e gioiose e molto alegre di quella usanza.
Or avenne che al tempo di Mogu Kane, segnore de' Tartari, sappiendo che tutti
gli uomini di questa provincia faceano avolterare loro femine a' forestieri, incontanente
comandò che niuno dovesse albergare niuno forestiere e che no dovessero avolterare
loro femine. E quando quelli di Camul ebbero questo comandamento, furono molto
tristi, e fecero colsiglio e mandaro al signore uno grande presente; e mandarollo
pregando che gli lasciasse fare la loro usanza e degli loro antichi, però che
gli loro idoli l'aveano molto per bene, e per quello lo loro bene de la terra
è molto moltiplicato. E quando Mogu Kane intese queste parole, rispuose: «Quando
volete vostra onta, e voi l'abiate». E tuttavia mantengon quella usanza. Or lasciamo
di Camul e diremo d'altre province tra maestro e tramontana.
59 Chingitalas.
Chingitalas è una provincia che ancora è presso
al diserto, entro tramontana e maestro. E è grande 6 giornate e è del Grande Kane.
Quivi àe città e castella assai; quivi à 3 generazioni di genti, cioè idoli, e
quegli ch'adorano Maccomet, e cristiani nestorini. Quivi àe montagne ove à buone
vene d'acciaio e d'andanico; e in queste montagne è un'altra vena, onde si fa
la salamandra. La salamandra non è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, ché
neuno animale puote vivere nel fuoco; ma diròvi come si fa la salamandra. Uno
mio compagno ch'à nome Zuficar èe un Turchio istede in quella contrada
per lo Grande Kane signore 3 anni e facea fare queste salamandre; e disselo a
me, e era persona che le vide assai volte, e io ne vidi de le fatte. Egli è vero
che quella vena si cava e stringesi insieme e fa fila come di lana; e poscia la
fa seccare e pestare in grandi mortai di covro, poscia la fanno lavare e la terra
sí cade, quella che v'è apiccata, e rimane le file come di lana; e questa si fila
e fassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie, elle sono brune, mettendole nel
fuoco diventano bianche come nieve; e tutte le volte che sono sucide, si pognono
nel fuoco e diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l'altre
sono favole. Anco vi dico che a Roma à una di queste tovaglie che 'l Grande Kane
mandò per grande presenti, perché 'l sudario del Nostro Signore vi fosse messo
entro. Or lasciamo di questa provincia e anderemo a altre province tra greco e
levante.
60 De Succiur.
Quando l'uomo si parte di questa provincia, l'uomo
va 10 giornate tra greco e levante. E in tutto questo no si truova se no poca
abitazione, né non v'è nulla da ricordare. Di capo di queste 10 giornate è una
provincia ch'è chiamata Succiur, nella quale àe castella e cittadi asai. Quivi
àe cristiani e idoli, e sono al Grande Kane. E la grande provincia jeneraus ov'è
questa provincia, e queste due ch'io v'ò contato in arieto, è chiamata Cangut.
E per tutte sue montagne si truova lo reubarbaro in grande abondanza, e quivi
lo comperano li mercatanti e portalo per tutto il mondo. Vivon del frutto della
terra, non si travagliano di mercatantie. Or ci partiremo di qui, e diremo di
Canpicion.
61 Di Canpicion.
Canpicion è una cittade ch'è in Tangut, e è molto
nobile e grande; e è capo della provincia di Tangut. La gente sono idoli, e àvi
di quelli ch'adorano Malcomet, e èvi cristiani; e èvi in quella città 3 chiese
grandi e belle. Gl'idoli ànno badie e monisteri secondo loro usanza; egli ànno
molti idoli, e ànnone di quegli che sono grandi 10 passi, tale di legno, tale
di terra e tali di pietra; e sono tutti coperti d'oro, molto begli. Or sappiate
che gli aregolati degl'idoli vivono piú onestamente che gli altri. Egli si guarda
de lusuria, ma no l'ànno per grande peccato; ma se truovano alcuno uomo che sia
giaciuto con femina contra natura, egli lo condanna a morte. E sí vi dico ch'egli
ànno lunare come noi abiamo lo mese. E è alcuno lunare che niuno idolo ucciderebbe
alcuna bestia per niuna cosa; e dura per 5 giorni, né non manicherebboro carne
uccisa in quegli 5 die. E' vivono piú onesti questi 5 die che gli altri. Egli
prendono fino in 30 femine e piú e meno, secondo chi è ricco, ma sapiate che la
prima tiene per la migliore; e se alcuna non li piace, egli la puote bene cacciare.
Egli prendo per moglie la cugina e la zia, e nol tengono peccato. Egli vivono
come bestie. Or ci partiamo di qui, e conteremovi d'altre verso tramontana. E
sí vi dico che messer Niccolò e messer Mafeo e messer Marco dimorarono uno anno
per loro fatti in questa terra. Ora anderemo 60 giornate verso tramontana.
62 De Ezima.
Or truova Ezima dopo 12 giornate, che è al capo
del diserto del sabion, e è de la provincia di Tangut. E' sono idoli. Egli ànno
camegli e bestie assai; e quivi nasce falconi lanieri assai e buoni. Elli vivono
di terra e no sono mercatanti. E in questa città si piglia vivanda per 40 giorni
per uno diserto, onde si conviene andare, ché non v'è abitagione né erbe né frutto,
se none la state vi sta certa gente. Quivi à valle e montagne, e ben vi si truova
bestie salvatiche assai, come asine salvatiche. Quivi àe boschi di pini. E quando
l'uomo à cavalcato 40 giornate per questo diserto, truova una provincia verso
tramontana: udirete quale.
63 Di Carocaron.
Carocaron è una città che gira tre miglia, nella
quale fue lo primo signore ch'ebbero i Tartari, quando egli si partiro di loro
contrada. E io vi conterò di tutti li fatti delli Tartari, e com'egli ebbero segnoria
e com'egli si sparsero per lo mondo. E' fu vero che gli Tartari dimoravano in
tramontana, entro Ciorcia; e in quelle contrade àe grandi piagge, ove non è abitagione,
cioè di castelle e di cittadi, ma èvi buone pasture e acque assai. Egli è vero
ch'egli none aveano signore, ma faceano reddita a uno signore, che vale a dire
in francesco Preste Gianni; e di sua grandezza favellava tutto 'l mondo. Li Tartari
li davano d'ogni 10 bestie l'una. Or avenne che li Tartari moltiplicaro molto.
Quando Preste Gianni vide ch'egli moltipricavano cosí, pensò ch'egli li puotessero
nuocere, e pensò di partigli per piú terre. Adonqua mandò de' suo baroni per fare
ciò; e quando li Tartari udiro quello che 'l signore volea fare, egli ne furo
molto dolenti. Alora si partiro tutti insieme e andarono per luoghi diserti verso
tramontana, tanto che 'l Preste Giovanni non potea loro nuocere; e ribellàrsi
da lui e no gli facean nulla rendita. E cosí dimorarono uno grande tempo. 64 Come Cinghis fue il primaio Kane.[this
in English]
Or avenne che nel 1187 anni li Tartari fecero uno
loro re ch'ebbe nome Cinghis Kane. Costui fu uomo di grande valenza e di senno
e di prodezza; e sí vi dico, quando costui fue chiamato re, tutti li Tartari,
quanti n'era al mondo che per quelle contrade erano, si vennero a lui e tennello
per signore; e questo Cinghis Kane tenea la segnoria bene e francamente. E quivi
venne tanta moltitudine di Tartari che no si potrebbe credere; quando Cinghi si
vide tanta gente, s'aparechiò con sua gente per andare a conquistare altre terre.
E sí vi dico ch'egli conquistò bene otto province in poco tempo, né no li face'
male a cui egli pigliava né no rubavano, ma menavaglisi drieto per conquistare
l'altre contrade, e cosí conquistò molta gente. E tutta gente andavano volontieri
dietro a questo signore, veggendo la sua bontà; quando Cinghi si vide tanta gente,
disse che volea conquistare tutto 'l mondo. Alotta mandò suo messaggi al Preste
Gianni e ciò fue nel 1200 anni , e mandògli a dire che volea pigliare
sua figliuola per moglie. Quando 'l Preste Gianni intese che Cinghi avea dimandata
la figliuola, tenneselo a grande dispetto, e disse: «Non à Cinghi grande vergogna
a dimandare mia figlia per moglie? Non sa egli ch'egli è mio uomo? Or tornate,
e ditegli ch'io l'arderei inanzi ch'io gliele dessi per moglie; e ditegli che
conviene ch'io l'uccida siccome traditore di suo signore». E disse a li messi:
«Partitevi incontanente e mai non ci tornate». Li messaggi si partiro e vennersine
al Grande Kane, e ridissorli quello che 'l Preste Gianni avea detto tutto per
ordine.
65 Come Cinghi Kane fece suo sforzo contra Preste Gianni.
E quando Cinghi Kane udío la grande villania ch
'l Preste Gianni gli avea mandata, enfiò sí forte che per poco non li crepò lo
cuore entro 'l corpo, perciò ch'egli era uomo molto segnorevole. E' disse che
conviene che cara gli costi la villania che gli mandò a dire, e che egli gli farebbe
sapere s'egli è suo servo. Alotta Cinghi fece lo magiore isforzo che mai si facesse,
e mandò a dire al Preste Gianni che si difendesse. Lo Preste Gianni fue molto
lieto, e fece suo isforzo, e disse di pigliare Cinghi e ucciderlo; e fecisene
quasi beffe, non credendo che fosse tanto ardito. Or quando Cinghi Kane ebbe fatto
suo isforzo, venne a uno bello piano ch'à nome Tanduc, ch'è presso al Preste Gianni,
e quivi mise lo campo. Udendo ciòe, lo Preste Gianni si mosse co sua gente per
venire contra Cinghi; quando Cinghi l'udío, fu molto lieto. Or lasciamo de Cinghi
Kane, e diciamo del Preste Gianne e di sua gente.
66 Come 'l Preste Gianni venne contra Cinghi.
E quando lo Preste Gianni seppe che Cinghi era
venuto sopra lui, mossesi con sua gente, e venne al piano ov'era Cinghi, presso
al campo di Cinghi a 10 miglia. E ciascuno si riposò per essere freschi lo dí
della battaglia; e l'uno e l'altro istava nel piano de Tenduc. Uno giorno fee
venire Cinghi suoi astorlogi cristiani e saracini, e comandògli che gli dicesser
chi dovea vincere. Li cristiani fecero venire una canna e fesserla nel mezzo,
e dilungaro l'una da l'altra, e l'una misero da la parte di Cinghi e l'altra da
la parte di Preste Gianne; e miser el nome di Preste Gianni sulla canna dal suo
lato e 'l nome di Cinghi in su l'altra, e dissero: «Qual canna andarà su l'altra,
quegli sarà vincente». Cinghi Kane disse che questo volea egli bene vedere, e
disse che glil mostrassero il piú tosto che potessoro. Quegli cristiani ebbero
lo Saltero e lessero certi versi e salmi e loro incantamenti; alora la canna ov'era
lo nome di Cinghi montò su l'altra, e questo vide ogni uomo che v'era. Quando
Cinghi vide questo, egli ebbe grande alegrezza, perché vide li cristiani veritieri.
Li saracini istarlogichi di queste cose non seppero fare nulla.
67 De la battaglia.
Apresso quello die s'aparecchiaro l'una parte e
l'altra, e combattérsi insieme duramente, e fue la magior battaglia che mai fosse
veduta. E fue lo magiore male e da una parte e da l'altra, ma Cinghi Kane vinse
la battaglia; e fuvi morto lo Preste Giane, e da quello die inanzi perdéo sua
terra tutta. E andolla conquistando, e regnò 6 anni su questa vittoria, pigliando
molte province. Di capo di 6 anni, istando a uno castello ch'à nome Caagu, fu
fedito nel ginocchio d'uno quadrello, ond'egli si ne morío; di che fue grande
danno, perciò ch'egli era prode uomo e savio. Ora abiamo contato come gli Tartari
ebboro in prima segnore ciò fue Cinghi Kane, com'egli vinse lo Preste
Giani. Or vi diremo di loro costumi e di loro usanza.
68 Del novero degli Grandi Cani, quanti furo.
Sappiate veramente ch'apresso Cinghin Cane fue Cin
Kane, lo terzo Bacchia Kane, lo quarto Alcon, lo quinto Mogui, lo sesto Cublam
Kane. E questi àe piú podere, ché se tutti gli altri fossero insieme, non poterebboro
avere tanto podere com'àe questo Kane dirieto ch'à oggi, e à nome Cablam Kane.
E dicovi piú, ché se tutti li signori del mondo, e saracini e cristiani, fossero
insieme, non potrebboro fare tanto tra tutti come farebbe Coblam Kane. E dovete
sapere che tutti li Grandi Kani discesi da Cinghi Kane sono sotterati a una montagna
grande, la quale si chiama Alcai; e ove li grandi signori de' Tartari muoiono,
se morissoro 100 giornate di lungi a quella montagna, sí conviene ch'egli vi siano
portati. E sí vi dico un'altra cosa, che quando li corpi de li Grandi Kani sono
portati a sotterare a questa montagna, e egli sono lungi 40 giornate e piú e meno,
tutte le gente che sono incontrate per quello viaggio dove si porta lo morto,
tutti sono messi a le spade e morti. E dicogli, quando gli uccidono: «Andate a
servire lo vostro signore ne l'altro mondo», ché credono che tutti quegli che
sono morti, per ciò lo debbiano servire ne l'altro mondo. E cosí uccidono gli
cavagli, e pure gli migliori, perché 'l signore gli abbia ne l'altro mondo. E
sappiate, quando Mogui Kane morío, furo morti piú di 20'000 uomini che 'ncontravano
lo corpo che s'andava a sotterare. Da che ò cominciato de' Tartari, sí ve ne dirò
molte cose. Li Tartari dimorano lo verno in piani luoghi ove ànno erba e buoni
paschi per loro bestie; di state in luoghi freddi, in montagne e in valle, ov'è
acqua e asai buoni paschi. Le case loro sono di legname, coperte di feltro, e
sono tonde, e pòrtallesi dietro in ogni luogo ov'egli vanno, però ch'egli ànno
ordinate sí bene le loro pertiche, ond'egli le fanno, che troppo bene le possono
portare leggeremente. In tutte le parti ov'egli vogliono queste loro case, sempre
fanno l'uscio verso mezzodie. Egli ànno carette coperte di feltro nero che, per
che vi piova suso, non si bagna nulla che entro vi sia. Egli le fanno menare a
buoi e a camegli, e'n su le carette pongono loro femmine e loro fanciugli. E sí
vi dico che le loro femmine comperano e vendono e fanno tutto quello che agli
loro mariti bisogna, però che gli uomini non sanno fare altro che cacciare e ucellare
e fatti d'oste. Egli vivono di carne e di latte e di cacciagioni; egli mangiano
di pomi de faraon, che vi n'à grande abondanza da tutte parti; egli mangiano carne
di cavallo e di carne e di giument'e di buoi e di tutte carni, e beono latte di
giumente. E per niuna cosa l'uomo non toccarebbe la moglie de l'altro, però che
l'ànno per malvagia cosa e per grande villania. Le donne sono buone e guarda bene
l'onore de' loro signori, e governano bene tutta la famiglia. Ciascheuno puote
pigliare tante mogli quant'egli vuole infino in 100, se egli àe da poterle mantenere;
e l'uomo dàe a la madre della femina, e la femina non dà nulla a l'uomo, ma ànno
per migliore e per piú veritiera la prima moglie che l'altre. Egli ànno piú figliuoli
che l'altra gente per le molte femmine. Egli prende per moglie le cugine e ogni
altra femina, salvo la madre; e prendono la moglie del fratello, s'egli muore.
Quando piglia moglie, fanno grandi nozze.
69 Del dio de' Tartari.
Sappiate che loro legge è cotale, ch'egli ànno un
loro idio ch'à nome Natigai, e dicono che quello è dio terreno, che guarda loro
figliuoli e loro bestiame e loro biade. E' fannogli grande onore e grande riverenza,
ché ciascheuno lo tiene in sua casa. E' fannogli di feltro e di panno, e 'l tengono
in loro casa; e ancora fanno la moglie di questo loro idio, e fannogli filiuoli
ancora di panno. La moglie pongono dal lato manco e li figliuoli dinanzi: molto
gli fanno onore. Quando vengono a mangiare, egli tolgono de la carne grassa e
ungogli la bocca a quello dio e sua moglie e a quegli figliuoli. Poscia pigliano
del brodo e gittanne giú da l'usciuolo ove stae quello idio. Quando ànno fatto
cosí, dicono che lor dio e sua famiglia àe la sua parte. Apresso questo, mangiano
e beono; e sappiate ch'egli beono latte di giumente, e cónciallo in tal modo che
pare vino bianco: è buono a bere, e chiàmallo chemmisi. Loro vestimenta sono cotali:
gli ricchi uomini vestono di drappi d'oro e di seta, e ricche pelli cebeline e
ermine e de vai e de volpi molto riccamente; e li loro arnesi sono molto di grande
valuta. Loro arme sono archi, spade e mazze, ma d'archi s'aiutano piú che d'altro,
ché egli sono troppi buoni archieri; in loro dosso portano armadura di cuio di
bufalo e d'altre cuoia forti. Egli sono uomini in battaglie valentri duramente.
E diròvi come eglino si possono travagliare piú che l'altri uomini, ché, quando
bisognerà, egli andrà e starà un mese senza niuna vivanda, salvo che viverà di
latte di giumente e di carne di loro cacciagioni che prendono. Il suo cavallo
viverà d'erba ch'andrà pascendo, che no gli bisogna portare né orzo né paglia.
Egli sono molto ubidienti a loro signore; e sappiate che, quando bisogna, egli
andrà e starà tutta notte a cavallo, e 'l cavallo sempre andarà pascendo. Egli
sono quella gente che piú sostengono travaglio e male, e meno vogliono di spesa,
e che piú vivono, e sono per conquistare terre e regnami. Egli sono cosí ordinati
che, quando uno signore mena in oste 100'000 cavalieri, a ogne mille fa uno capo,
e a ogne 10'000, sicché non àe a parlare se non con 10 uomini lo signore de li
10'000, e quello de' 100'000 non à a parlare se no co 10; e cosí ogni uomo risponde
al suo capo. E quando l'oste vae per monti e per valle, sempre vae inanzi 200
uomini per sguardare, e altrettanti dirietro e da lato, perchè l'oste non possa
essere asalito che nol sentissoro. E quando egli vanno in oste da la lunga, egli
portano bottacci di cuoio ov'egli portano loro latte, e una pentolella u' egli
cuocono loro carne. Egli portano una piccola tenda ov'egli fuggono da l'acqua.
E sí vi dico che quando egli ha bisogno, eglino cavalcano bene 10 giornate senza
vivanda di fuoco, ma vivono del sangue delli loro cavalli, ché ciascheuno pone
la bocca a la vena del suo cavallo e bee. Egli ànno ancora loro latte secco come
pasta, e mettono di quello latte nell'acqua e disfannolovi entro e poscia 'l beono.
Egli vincono le battaglie altresí fuggendo come cacciando, ché fuggendo saettano
tuttavia, e gli loro cavagli si volgoro come fossero cani; e quando gli loro nemici
gli credono avere isconfitti cacciandogli, e e' sono sconfitti eglino, perciò
che tutti li loro cavagli sono morti per le loro saette. E quando li Tartari veggono
gli cavagli di quegli che gli cacciano morti, egli si rivolgono a loro e sconfiggoli
per la loro prodezza; e in questo modo ànno già vinte molte battaglie. Tutto questo
ch'io v'ò contato e li costumi, è vero de li diritti Tartari; e or vi dico che
sono molto i bastardi, ché quegli che usano au Cata se mantengono li costumi degl'idoli,
e ànno lasciata loro legge; e quegli che usano in levante tegnono la maniera degli
saracini. La giustizia vi si fa com'io vi diròe. Egli è vero, se alcuno àe imbolato
una picciola cosa, ch'egli non ne debbia perdere persona, e gli è dato 7 bastonate
o 12 o 24, e vanno infino a le 107, secondo ch'à fatta l'ofesa; e tuttavia ingrossano
giugnendone 10. E se alcuno à tolto tanto che debbia perdere persona o cavallo
o altra grande cosa, si è tagliato per mezzo con una ispada; e se egli vuole pagare
9 cotanto che non vale la cosa ch'egli à tolta, campa la persona. Lo bestiame
grosso non si guarda, ma è tutto segnato, ché colui che 'l trovasse, conosce la
'nsegna del signore e rimandalo; peccore e bestie minute bene si guardano. Loro
bestiame è molto bello e grosso. Ancora vi dico un'altra loro usanza, ciò che
fanno matrimoni tra loro di fanciulli morti, ciò è a dire: uno uomo à uno suo
fanciullo morto; quando viene nel tempo che gli darebbe moglie se fosse vivo,
alotta fa trovare uno ch'abbia una fanciulla morta che si faccia a lui, e fanno
parentado insieme e danno la femina morta a l'uomo morto. E di questo fanno fare
carte; poscia l'ardono, e quando veggono lo fumo in aria, alotta dicono che la
carta vae nell'altro mondo ove sono li loro figliuoli, e queglino si tengono per
moglie e per marito nell'altro mondo. Egli ne fanno grandi nozze e versane assai,
ché dicono che vae a li figliuoli ne l'altro mondo. Ancora fanno dipignere in
carte uccegli, cavagli, arnesi, bisanti e altre cose assai, e poscia le fanno
ardere, e dicono che questo sarà presentato da divero ne l'altro mondo a li loro
figliuoli. E quando questo è fatto, egli si tengono per parenti e per amici, come
se gli loro figliuoli fossero vivi. Or v'abiamo contato l'usanze e gli costumi
de' Tartari; ma io non v'ò contato degli grandi fatti de li Grandi Cani e di sua
corte; ma io ve ne conterò in questo libro, ove si converàe. Or torneremo al grande
piano che noi lasciammo quando cominciammo a ragionare de li Tartari.
70 Del piano di Bangu.
Quando l'uomo si parte de Caracoron e de Alcai,
ov'è lo luogo ove si sotterrano li corpi de li Tartari, sí come v'ò contato di
sopra, l'uomo vae piú inanzi per una contrada verso tramontana, la quale si chiama
lo piano di Bangu, e dura bene 40 giornate. La gente sono chiamate Mecricci, e
sono salvatica gente; egli vivono di bestie e 'l piú di cerbi. E' sono al Grande
Kane. Egli non ànno biade né vino; la state ànno cacciagioni e uccellagioni assai,
di verno non vi stae né bestie né uccelli per lo grande freddo. E quando l'uomo
è di capo dalle 40 giornate, l'uomo truova lo mare Azziano. E quivi àe montagne
ove li falconi pelegrini fanno loro nidio, né no v'à se no una generazione d'uccegli,
de che si pascono quegli falconi, e son grandi come pernice, e chiamansi bugherlac;
egli ànno fatto li piedi come papagallo, la coda come rondene, e molto sono volanti.
E quando 'r Grande Kane vuole di quegli falconi, manda a quella montagna. E nell'isole
di quello mare nasce gli gerfalchi. E sí vi dico che questo luogo è tanto verso
la tramontana, che la tramontana rimane adrieto verso mezzodie. E di quegli gerfalchi
v'à tanti che 'l Grande Kane n'à tanti com'egli vuole; e † quegli che porta questi
girfalchi a li Tartari li portino al Grande Kane e a li segnori del Levante, cioè
ad Argo ed agli altri. Or v'abiàno contato tutti li fatti delle province de la
tramontana fino al mare Ozeano. Oggiomai vi conteremo d'altre province, e ritorneremo
al Grande Kane; e ritorneremo a una provincia che noi abiamo iscritta in nostro
libro, ch'à nome Canpitui.
71 Del reame d 'Erguil.
E quando l'uomo si parte di questo Canpitui che
io v'ò contato, l'uomo vae 5 giornate per luogo ove è molti spiriti, li quali
l'uomo gli ode parlare per l'aria la notte piú volte. A capo di queste 5 giornate,
l'uomo truova uno reame ch'à nome Erguil, e è al Grande Kane; e è de la grande
provincia di Tengut, che àe piú reami. Le genti sono idoli, e cristiani nestorini,
e quegli che adorano Malcomet. E v'àe cittadi asai, e la mastra cittade à nome
Ergigul. E uscendo di questa città, andando verso Catai, si truova una città ch'a
nome Singui. E àvi ville e castelle assai, e sono di Tangut medesimo, e è al Grande
Kane. Le genti sono idoli, e che adorano Malcomet, e cristiani. E v'à buoi salvatichi
che sono grandi come leofanti, e sono molto begli a vedere, ché egli sono tutti
pilosi, fuor lo dosso, e sono bianchi e neri, lo pelo lungo 3 palmi: e' sono sí
begli ch'è una meraviglia. E de questi buoi medesimi ànno de' dimestichi, perch'ànno
presi de' salvatichi e ànnogli fatt'alignare dimestichi; egli gli caricano e lavorano
con essi, e ànno forza due cotanto che gli altri. E in questa contrada nasce lo
migliore moscado che sia al mondo. Sapiate che 'l moscado si truova in questa
maniera, ch'ell'è una picciola bestia come una gatta, ma è cosí fatta: ella àe
pelo de cerbio, cosí grosso lo piede come gatta, e àe 4 denti, due di sotto e
due di sopra, che sono lunghi tre dita e sono sotile, li due vanno in giuso e
le due in suso. Ell'è bella bestia. Lo moscado si truova in questa maniera, che
quando l'uomo l'àe presa, l'uomo truova tra la pelle e la carne, dal bellíco,
una postema, e quella si taglia con tutto 'l cuoio, e quello è lo moscado, di
che viene grande olore. E in questa contrada n'àe grande abondanza, cosí buono
com'i' v'ò detto. Egli vivono di mercatantia e d'arti, e ànno biade. La provincia
è grande 15 giornate. E v'à fagiani due cotanto grandi ch'e' nostri: egli sono
grandi come paoni, un poco meno; egli ànno la coda lunga 10 palmi e 9 e 8 e 7
almeno. Ancora v'à fagiani fatti come quegli di questo paese. Le gente sono idole,
e grasse, e ànno piccolo naso, li capelli neri; non ànno barba se no al mento.
Le donne non ànno pelo adosso in niuno luogo, salvo che nel capo; elle ànno molto
bella carne e bianca, e sono bene fatte di loro fattezze, e molto si dilettano
con uomini. E puossi pigliare tante femine come altri vuole, abiento il podere;
e se la femina è bella e è di piccolo legnaggio, uno grande uomo la toglie e dàe
a la madre molto avere e di ciò ch'egli s'accordano. Or ci partiamo di qui, e
anderemo a un'altra provincia verso levante.
72 De l'Egrigaia.
E quando l'uomo si parte d'Erguil e vassi per levante
8 giornate, egli truova una provincia chiamata Egrigaia. E èvi cittadi e castella
assai, e è di Tengut, la mastra città è chiamata Calatian. La gente adorano idoli:
e àvi tre chiese de cristiani nestorini. E sono al Grande Kane. In questa città
si fa giambellotti di pelo di camello, li piú belli del mondo; e de lana bianca
fanno giambellotti bianchi molto begli, e fannone in grande quantitade e portansi
in molte parti. Ora usciamo di questa provincia, e 'nteremo in un'altra provincia
chiamata Tenduc; e enteremo in nelle terre del Preste Giovanni.
73 De la provincia di Tenduc.
Tenduc è una provincia verso levante, ov'à castella
e cittadi assai. E' sono al Grande Kane, e sono discendenti dal Preste Giovanni.
La mastra cittade è Tenduc. E de questa provincia è re uno discendente de legnaggio
del Preste Giovanni, e ancora si è Preste Gianni, e suo nome si è Giorgio. Egli
tiene la terra per lo Grande Kane, ma non tutta quella che tenea lo Preste Gianni,
ma alcuna parte di quelle medesime. E sí vi dico che tuttavia lo Grande Kane à
date di sue figliuole e de sue parenti a quello re discendente del Preste Gianni.
In questa provincia si truova le pietre onde si fa l'azurro molto buono; e v'à
giambellotti di pelo di gamello. Egli vivono di frutti della terra; quivi si à
mercatantie ed arti. La terra tengono li cristiani, ma e' v'à degl'idoli e di
quelli ch'adorano Maccometo. Egli sono li piú bianchi uomini del paese e i piú
begli e i piú savi e i piú uomini mercatanti. E sappiate che questa provincia
era la mastra sedia del Preste Gianni, quando egli signoregiava li Tartari e tutta
quella contrada; e ancora vi stae li suoi descendenti; el re che la segnoreggia
è de suo legnaggio. E questo è lo luogo che noi chiamiamo Gorgo e Magogo, ma egli
lo chiamano Nug e Mungoli; e in ciascheuna di queste province àe generazione di
gente {...} e in Mugul dimorano li Tartari. E quando l'uomo cavalca per questa
provincia 7 giornate per levante verso li Tartari, l'uomo truova molte cittadi
e castelle, ov'è gente ch'adorano Malcomet, e idoli, e cristiani nestorini. Egli
vivono d'arti e di mercatantie. Egli sanno fare drappi dorati che si chiama nasicci,
e drappi di seta di molte maniere. Egli sono al Grande Kane. E v'è una città ch'à
nome Sindatui, ove si fa molte arti, e favisi tutti fornimenti da oste. E àe una
montagna ov'è una molto buona argentiera. Egli ànno cacciagioni di bestie e d'uccegli.
Noi ci partiremo di qui e anderemo 3 giornate e troveremo una città che si chiama
Ciagannuor, nella quale àe uno grande palagio che è del Grande Kane. E sappiate
che 'l Grande Kane dimora volontieri in questa città e in questo palagio, perciò
ch'egli v'àe lago e riviera assai, ove dimora molte grue; e àvi uno molto bello
piano, ove dimora grue assai, fagiani e pernici e di molte fatte d'uccelli. E
per questo vi prende il Grande Kane molto solazzo, perch'egli fa uccellare a gerfalchi
e a falconi, e prendono molti uccelli. E' v'à 5 maniere di grue: l'una sono tutti
neri come carboni, e sono molto grandi; l'altra sono tutti bianchi e ànno l'alie
molto belle, fatte come quelle del paone, lo capo ànno vermiglio e nero e molto
bene fatto, lo collo nero e bianco, e sono magiori de l'altre assai; la terza
maniera sono fatti come li nostri la quarta maniera sono piccoli e ànno agli orecchi
penne nere e bianche; la quinta sono tutti grigi, grandissimi, e ànno lo capo
bianco e nero. E apresso a questa città à una valle ove 'l Grande Kane à fatte
fare molte casette, ov'egli fa fare molte cators, cioè contornici, e a la guardia
di questi uccegli fa stare piú òmini. E àvine tanta abondanza che ciò è meraviglia;
e quando lo Grande Kane viene in quella contrada àe di questi uccegli grande abondanza.
Di qui ci partiremo, e andaremo tre giornate tra tramontana e greco.
74 De la città di Giandu.
Quando l'uomo è partito di questa cittade e cavalca
3 giornate, sí si truova una cittade ch'è chiamata Giandu, la quale fee fare lo
Grande Kane che regna, Coblai Kane. E àe fatto fare in questa città uno palagio
di marmo e d'altre ricche pietre; le sale e le camere sono tutte dorate e è molto
bellissimo marivigliosamente. E atorno a questo palagio è uno muro ch'è grande
15 miglia, e quivi àe fiumi e fontane e prati assai. E quivi tiene lo Grande Kane
di molte fatte bestie, cioè cerbi, dani e cavriuoli, per dare mangiare a' gerfalchi
e a' falconi ch'egli tiene in muda: in quello lugo egli v'à bene 200 gerfalchi.
Egli medesimo vuole andare bene una volta ogne settimana a vedere. E piú volte
quando 'l Grande Kane vae per questo prato murato, porta uno leopardo in sulla
groppa del cavallo; e quando egli vuole fare pigliare alcuna di queste bestie,
lascia andare lo leopardo, e 'l leopardo la piglia e falla dare agli suoi gerfalchi
ch'egli tiene in muda; e questo fae per suo diletto. Sappiate che 'l Grande Kane
àe fatto fare in mezzo di questo prato uno palagio di canne, ma è tutto dentro
innorato, e è lavorato molto sottilemente a besti' e a uccegli innorati. La copertura
è di canne, vernicata e comessa sí bene che acqua non vi puote intrare. Sappiate
che quelle canne sono grosse piú di 3 palmi o 4, e sono lunghe da 10 passi infino
in 15; e tagliansi al nodo e per lungo, e sono fatte come tegoli, sicché se può
bene coprire la casa. E àl fatto fare sí ordinatamente ch'egli lo fa disfare quando
egli vuole, e fallo sostenere a piú di 200 corde di seta. E sappiate che tre mesi
dell'anno vi stae in questo palagio lo Grande Kane, cioè giugno, luglio, agosto,
e questo fae perché v'è caldo. E questi tre mesi questo palagio sta fatto, gli
altri mesi dell'anno istà disfatto e riposo; e puollo fare e disfare a suo volere.
E quando egli viene a' 28 die d'agosto, lo Grande Kane si parte di questo palagio;
e diròvi la cagione. Egli è vero ch'egli àe una generazione di cavagli bianchi
e di giumente bianche come neve, senza niuno altro colore e sono in quantità
bene di 10'000 giumente , e lo latte di queste giumente bianche no può bere
niuno se non di schiatta emperiale. Ben è un'altra generazioni di gente chiamata
Oriat, che ne possono bere, ché Cinghi Kane gli diede quella grazia per una battaglia
che vinsero co lui jadis. E quando queste bestie vanno pascendo, gli è fatto tanto
onore, che no è sí grande barone che passasse per queste bestie, per no scioperalle
del pascere. E gli stronomi e gl'idoli ànno detto al Grande Kane che di questo
latte si dee versare ogn'anno a' 28 die d'agosto per l'aria e per la terra, acciò
che gli spiriti e gl'idoli n'abbiano a bere la loro parte, acciò che gli salvino
loro famiglie, uccegli e ogne loro cosa. E quando si parte lo Grande Kane e va
a un altro luogo. E sí vi dirò una maraviglia ch'io avea dimenticata, che quando
'l Grande Kane è in questo palagio e egli viene uno male tempo, egli àe astronomi
e incantatori, e fanno che 'l male tempo non viene in sul suo palagio. E questi
savi uomini son chiamati Tebot, e sanno piú d'arti di diavoli che tutta l'altra
gente, e fanno credere a le genti che questo aviene per santità. E questa gente
medesima ch'io v'ò detto ànno una tale usanza, che quando alcuno uomo è morto
per la segnoria, eglino lo fanno cuocere e màngiallo, ma non se morisse di sua
morte. E' sono sí grandi incantatori che, quando 'l Grande Kane mangia in su la
maestra sala, e gli coppi pieni di vino o di latte o d'altre loro bevande, che
sono dall'altro capo della sala, sí gli fanno venire sanza ch'altri gli tocchi,
e vegnono dinanzi al Grande Kane; e questo vede bene 10'000 persone, e questo
è vero senza menzogna, e questo ben si puote fare per nigromanzia. † E quando
viene niuna festa di niuno idolo, egli vanno al Grande Kane, e fannosi dare cotanti
montoni e legno aloe e altre cose per fare onore a quello idolo, perciò che si
salvi lo suo corpo e le sue cose. E quando questi incantatori ànno fatto questo,
fanno grande afummata dinanzi agl'idoli di buone ispezie, con grandi canti. Poscia
ànno questa carne cotta di questi montoni, e' póngolla dinanzi all'idolo e versano
lo brodo quae e làe, e dicono che gl'idoli ne piglino quello che egli vogliono.
E in cotale maniera fanno onore agl'idoli lo dí della loro festa, ché ciascuno
idolo à propia festa, come ànno gli nostri santi. Egli ànno badie e monisteri,
e sí vi dico che v'à una piccola città ch'àe uno monistero che v'àe entro piú
di 2.000 monaci, e vestonsi piú onestamente che tutta l'altra gente. Egli fanno
le magiori feste agli idoli del mondo, co li magiori canti e cogli magiori luminari.
Ancora v'àe un'altra maniera di rilegiosi, che fanno cosí aspra vita com'io vi
conterò. Egli mai no mangiano altro che crusca di grano, e fannola istare in molle
nell'acqua calda uno poco, e poscia la menano e màngialla. Quasi tutto l'anno
digiunano; e molti idoli ànno e molto stanno in orazione, e tale volta adorano
lo fuoco. E quelle altre regole dicono di costoro che digiunano che sono paterini.
Altra maniera v'à di monaci che pigliano moglie e ànno figliuoli asai; e questi
vestono di altre vestimenta dagli altri, sicché vi dico insomma grande differenza
à da l'una a l'altra e in vita e in vestiri. E di questi v'àe che tutti loro idoli
ànno nome di femine. Or ci partiremo di qui, e conteròvi del grandissimo segnore
di tutti li Tartari, cioè lo nobile Grande Kane, che Coblain è chiamato.
75 Di tutti li fatti del Grande Kane che regna aguale.
Vo'vi cominciare a parlare di tutti gli grandissimi
† meraviglie del Grande Kane che aguale regna, che Coblain Kane si chiama, che
vale a dire in nostra lingua 'lo signore degli signori'. E certo questo nome è
bene diritto, perciò che questo Grande Kane è 'l piú possente signore di genti,
di terr'e di tesoro che sia, né che mai fue, da Adam infino al die d'oggi. E questo
mosterò ch'è vero in questo nostro libro, sicché ogni uomo ne serà contento. E
di questo mosterò ragione.
76 De la grande battaglia che 'l Grande Kane fece con Naian.
Or sappiate veramente che chi è della diritta schiatta
di Cinghi Kane, dirittamente dé essere signore di tutti li Tartari. E questo Coblaino
è lo 6° Kane, ciò è a dire ch'egli è di capo del 6 Grandi Kani che sono fatti
infino a qui. E sappiate che questo Coblain cominciò a regnare nel 1256 anni;
e sappiate ch'egli ebbe la segnoria per suo grande valore e per sua prodezza e
senno, ché gli suoi frategli gliele voleano tòrre e gli suoi parenti; e sappiate
che di ragione la segnoria cadea a costui. Egli è, ch'egli cominciòe a regnare,
42 anni fino a questo punto, che corre 1298 anni; egli puote bene avere da 85
anni. E 'n prima ch'egli fosse signore, andò in piú osti e portossi gagliardamente,
sicché era tenuto prode uomo de l'arme e buono cavaliere; ma poscia ch'egli fue
signore, no andò in oste ma' in una volta; e que' fue nell'anno 1286, e io vi
dirò perché fue. † Egli è vero che uno che ebbe nome Naian, lo quale era uomo
del Grande Kane e molte terre tenea da lui e province, sicché potea bene fare
400'000 d'uomini a cavallo; e suoi anticessori anticamente soleano essere sotto
il Grande Kane, e era giovane di 20 anni. Or disse questo Naian che non volea
essere piú sotto 'l Grande Kane, ma gli torrebbe tutta la terra. Alotta mandò
Naian a Caidu, ch'era uno grande signore e era nepote del Grande Cane, che venisse
dall'una part'e egli andarebbe dall'altra per tògli la terra e la segnoria. E
questo Caidu disse che bene gli piace, e disse ch'egli saràe bene aparecchiato
a quello tempo ch'aveano ordinato. E sappiate che questi avea da mettere in campo
bene 100'000 uomini a cavallo. E sí vi dico che questi due baroni fecero grande
raunata di cavalieri e di pedoni per venire adosso al Grande Kane.
77
E quando 'l Grande Kane seppe queste cose, egli
non si spaventòe né mica, ma sí come savio uomo disse che mai no volea portare
corona né tenere terra, se questi due traditori no mettesse a morte. E sappiate
che questo Grande Kane fece tutto suo aparecchiamento in 22 die celatamente, sicché
non si seppe fuori del suo consiglio. Egli ebbe bene 360'000 d'uomini a cavallo
e bene 100'000 uomini a piede. E sappiate che tutta questa gente fuoro di sua
casa, e perciò fec'egli cosí poca gente; e s'egli avesse richiesto tutta sua gente,
egli n'avrebbe avuta tanta che non si potrebbé credere, ma avrebbe troppo posto
e non sarebbe fatta segreta. E questi 360'000 di cavalieri che egli fece, fuoro
pur falconieri e gente che andava drieto a lui. E quando 'l Grande Kane ebbe fatto
questo aparecchiamento, egli ebbe suoi istàrlogi, e dimandògli se egli dovea vincere
la battaglia, e egli rispuosero di sí e ch'egli metterebbe a morte suoi nemici.
Lo Grande Kane si mise in via con sua gente, e venne in 20 giornate a uno piano
grande, ove Naiano era con tutta sua gente, che bene erano 300'000 di cavalieri.
E' giunsero uno die la mattina per tempo, sicché Naian non ne seppe nulla, perciò
che 'l Grande Kane avea sí fatte pigliare le vie, che niuna ispia gliele potea
raportare che non fosse presa. E quando 'l Grande Kane giunse al campo con sua
gente, Naiano stava sul letto co la moglie in grandi solazzi, ché molto le volea
grande bene.
78 Comincia la bataglia.
Quando l'alba del die fue venuta, e 'l Grande Kane
aparve sopra 'l piano ove Naiano dimorava molto segretamente, perché non credea
che 'l Grande Kane ardisse per niuna cosa di venirvi, e perciò non facea guardare
lo campo né dinanzi né dirieto. Lo Grande Kane giunse sopra questo luogo, e avea
una bertesca sopra quattro leofanti, ove avea suso insegne, sicché bene si vedeano
da la lunga. Sua gente era ischierata a 30'000 a 30'000, e intorniaro tutto lo
campo in uno momento. E ciascheuno cavaliere avea uno pedone in groppa con suo
arco in mano. E quando Naiano vide lo Grande Kane con sua gente, egli furono tutti
ismariti e ricorsero a l'arme, e schieraronsi bene e ordinatamente, e aconciarsi,
sí che non era se non a fedire. Alotta cominciò a sonare molti istormenti ed a
cantare ad alta boce; però che l'usanza de' Tartari è cotale, che 'nfino che 'l
naccaro non suona, ch'è uno istormento del capitano, mai non combatterebboro,
e infino che suona, gli altri suonano molti stormenti e cantano. Or è lo cantare
e lo sonare sí grande da ogne parte, che ciò era maraviglia. Quando furo aparecchiati
trambo le parti, e li grandi naccari cominciaro a sonare, e l'uno venne contra
l'altro, e cominciaronsi a fedire di lance e di spade. E fue la battaglia molto
crudele e fellonesca, e le saette andavano tanto per aria che non si potea vedere
l'aria se non come fosse piova; e li cavalieri cadeano a terra dell'una parte
e dell'altra, e eravi tale romore, che gli truoni non sarebboro uditi. E sappiate
che Naiano era cristiano battezato, e in questa battaglia avea egli la croce di
Cristo sulla sua insegna. E sappiate che quella fue la piú crudele battaglia e
la piú paurosa che fosse mai al nostro tempo, né ove tanta gente morisse: e vi
morío tanta gente tra da l'una parte e dell'altra, che ciò sarebbe maraviglia
a credere. Ella duròe da la mattina infino al mezzodie passato, ma da sezzo lo
campo rimase al Grande Kane. Quando Naian e sua gente vide ch'egli non potea sofferire
piú, si misoro a fugire, ma non valse nulla, ché pure Naian fu preso, e tutti
suoi baroni e la sua gente si rendéo al Grande Kane.
79 Come Naian fu morto.
E quando 'l Grande Kane seppe che Naian era preso,
egli comandò che fosse ucciso in tale maniera, ch'egli fue messo su uno tappeto
e tanto pallato e menato quae e là che morío. E ciò fece, ché non volea che 'l
sangue del lignaggio de lo imperadore facesse lamento a l'aria; e questo Naiano
era di suo legnaggio. Quando questa battaglia fue vinta, tutta la gente di Naian
fecero rendita al Grande Kane e la fedeltate. Le province sono queste: la prima
è Ciorcia, la seconda Cauli, la terza Barscol, la quarta Singhitingni. Quando
'l Grande Kane ebbe vinta la battaglia, gli saracini e gli altri che v'erano de
diversa gente si diedero maraviglia della croce che Naian avea recato nella 'nsegna,
e diceano verso li cristiani: «Vedete come la croce del vostro idio à 'iutato
Naian e sua gente?». E tanto diceano che 'l Grande Kane lo seppe e crucciossi
contra coloro che dicean villania a li cristiani. E fece chiamare li cristiani
che quivi erano, e disse: «Se 'l vostro idio non à 'iutato Naian, egli à fatto
grande ragione, perciò che Dio è buono e non volle fare se non ragione. Naian
era disleale e traditore, ché venía contra suo signore e perciò fece bene Dio,
che non l'aiutòe». Li cristiani dissero ch'egli avea detto 'l vero, che la croce
non volea fare altro che diritto, e egli à bene quello di che egli era degno.
E queste parole della croce furo tra lo Grande Kane e li cristiani.
80 Come 'l Grande Kane tornò ne la città di Coblau.
Quando lo Grande Kane ebbe vinta la battaglia, come
voi avete udito, egli si tornò a la grande città di Coblau co grande festa e co
grande solazzo. E quando l'altro re Caidu avea nome udío che Naian
era sconfitto, non fece oste contra 'l Grande Kane, ma ebbe grande paura del Grande
Kane. Or avete udito come 'l Grande Kane andòe in oste, ché tutte l'altre volte
pur mandòe suo figliuoli e suoi baroni, e questa volta vi volle andare pur egli,
perciò che 'l fatto gli parea troppo grande. Or lasciamo questa matera, e ritorneremo
a contare de li grandi fatti del Grande Kane. Noi abiamo contato di quale legnaggio
egli fue e sua nazione. Or vi dirò degli doni ch'egli fece a li baroni che si
portaro bene nella battaglia, e quello ch'egli fee a quelli che furo vili e codardi.
Io vi dico che alli prodi diede che, se egli era signore di 100 uomini, egli lo
face di 1000, e facegli grandi doni di vasellamenti d'ariento e di tavole di signore;
quegli ch'àe segnoria di 100 à tavola d'ariento, e quello che l'à di 1000, l'à
d'oro o d'argento e d'oro, e quegli ch'àe segnoria di 10'000 à tavola d'oro a
testa di lione. Lo peso di queste tavole si è cotale che quel ch'à segnoria di
100 o di 1000, la sua tavola pesa libbre 120, e quella ch'à testa di lione pesa
altrettanto; l'altre sono d'argento. E in tutte queste tavole è scritto uno comandamento,
e dice cosí: «Per la forza del grande dio e de la grande grazia ch'à donata al
nostro imperadore, lo nome del Grande Kane sia benedetto, e tutti quegli che no
ubideranno siano morti e distrutti». E ancora questi ch'ànno queste tavole, ànno
brivilegi, ov'è scritto tutto ciò che debbono fare ne la loro segnoria. Ancor
vi dico che colui ch'àe signoria di 100'000, o è signore d'una grande oste generale,
e questi ànno tavola che pesa 300 libbre, e àvi scritte lettere che dicono cosí
come v'ò detto di sopra; e di sotto alla tavola è scolpito uno leone e da l'altro
lato si è lo sole e la luna. Ancora ànno brivilegi di grandi comandamenti e di
grandi fatti. E questi ch'ànno queste nobile tavole, ànno per comandamento che
tutte le volte ch'eglino cavalcano, dibbiano portare sopra lo capo uno palio in
significanza di grande segnoria, e tutte volte quando seggono, debbiano sedere
in sedia d'ariento. Ancora a questi cotali li dona lo Grande Kane una tavola ov'è
di sopra uno gerfalco intagliato. E queste tavole dona egli a li 3 grandi baroni,
perciò ch'abbiano balía com'egli medesimo; e puote prendere lo cavallo del signore,
nonché gli altri quando egli vuole. Or lasciamo di questa matera, e conteròvi
de le fattezze del Grande Kane e di sua contenenza.
81 De la fattezza del Grande Kane.
Lo Grande Signore de' signori, che Coblai Kane è
chiamato, è di bella grandezza, né piccolo né grande, ma è di mezzana fatta. Egli
è carnuto di bella maniera; egli è troppo bene tagliato di tutte le membre; egli
à lo suo viso bianco e vermiglio come rosa, gli occhi neri e begli, lo naso bene
fatto e ben li siede. Egli àe tuttavia 4 femine, le quali tiene per sue dirette
moglie. E 'l magiore figliuolo ch'egli àe di queste 4 moglie dé essere per ragione
signore de lo 'mperio dopo la morte di suo padre. Elle sono chiamate imperadrici,
e ciascuna è chiamata per su' nome, e ciascuna di queste donne tiene corte per
sé, e non vi n'à niuna che non abbia 300 donzelle, e ànno molti valetti e scudieri
e molti altri uomini e femine, sicché ciascuna di queste donne à bene in sua corte
10'000 persone. E quando vuole giacere con niuna di queste donne, egli la fa venire
in sua camera e talvolta vae alla sua. Egli tiene ancora molte amiche; e diròvi
come: egli è vero ch'egli è una generazione di Tartari, che sono chiamati Ungrac,
che sono molto bella gente e avenante, e di queste sono scelte 100 le piú belle
donzelle che vi sono, e sono menate al Grande Kane. Egli le fa guardare a donne
nel palagio e falle giacere apresso lui in uno letto per sapere se ell'àe buono
fiato, e per sapere s'ella è pulcella e ben sana d'ogni cosa. E quelle che sono
buone e belle di tutte cose so' messe a servire lo signore in tal maniera com'io
vi dirò. Egli è vero che ogne 3 die e 3 notti, 6 di queste donzelle servono lo
signore in camera e a letto e a ciò che bisogna, e 'l signore fa di loro quello
ch'egli vuole. E di capo di 3 dí e di 3 notti vegnono l'altre 6 donzelle, e cosí
va tutto l'anno di 6 in 6 donzelle.
82 De' figliuoli del Grande Kane.
Ancora sappiate che 'l Grande Kane à di sue 4 moglie
22 figliuoli maschi; lo maggiore avea nome Cinghi Kane, e questi dovea essere
Grande Kane e segnore di tutto lo 'mperio. Or avenne ch'egli morío, e rimase uno
figliulo ch'a nome Temur, e questo Temur dé essere Grande Kane e signore, e è
ragione, perché fu figliuolo del magiore figliuolo. E sí vi dico che questi è
savio uomo e prode, e bene à provato in piú battaglie. Sappiate che 'l Grande
Kane à 25 figliuoli di sue amiche, e ciascuno è grande barone. E ancora dico che
degli 22 figliuoli ch'egli à de le 4 mogli, gli 7 ne sono re di grandissimi reami,
e tutti mantegno bene loro regni, come savi e prodi uomini. E ben è ragione, ché
risomiglino dal padre: di prodezza e di senno è 'l migliore rettore di gente e
d'osti di niuno signore che mai-fosse tra' Tartari. Or v'ò divisato del Grande
Kane e di sue femini e di suoi figliuoli; or vi diviserò com'egli tiene sua corte
e sua maniera.
83 Del palagio del Grande Kane.
Sappiate veramente che 'l Grande Kane dimora ne
la mastra città e è chiamata Canbalu , 3 mesi dell'anno, cioè dicembre,
gennaio e febraio; e in questa città à suo grande palagio, e io vi diviserò com'egli
è fatto. Lo palagio è d'un muro quadro, per ogne verso uno miglio, e su ciascheuno
canto di questo palagio è uno molto bel palagio; e quivi si tiene tutti gli arnesi
del Grande Kane, cioè archi, turcassi, selle, freni, corde, tende e tutto ciò
che bisogna ad oste e a guerra. E ancora tra questi palagi à 4 palagi in questo
circuito, sicché in questo muro atorno atorno sono 8 palagi, e tutti sono pieni
d'arnesi, e in ciascuno non à se non d'una cosa. E in questo muro verso la faccia
di mezzodie, à 5 porte, e nel mezzo è una grandissima porta che non s'apre mai
né chiude, se non quando 'l Grande Kane vi passa, cioè entra e esce. E dal lato
a questa porta ne sono due piccole, da ogne lato una, onde entra tutta l'altra
gente; dall'altro canto n'àe un'altra grande, per la quale entra comunemente ogni
uomo. E dentro a questo muro è un altro muro, e atorno àe 8 palagi come nel primaio,
e cosí sono fatti; ancora vi stae gli arnesi del Grande Kane. Nella faccia verso
mezzodie àe 5 porte, nell'altre pure una. E in mezzo di questo muro è 'l palagio
del Grande Kane, ch'è fatto com'io vi conterò. Egli è il magiore che giamai fu
veduto: egli non v'à palco, ma lo spazzo è alto piú che l'altra terra bene 10
palmi; la copertura è molto altissima. Le mura delle sale e de le camere sono
tutte coperte d'oro e d'ariento, ov'è scolpito belle istorie di cavalieri e di
donne e d'uccegli e di bestie e d'altre belle cose; e la copertura è altresí fatta
che non si potrebbe vedere altro che oro e ariento. La sala è sí lunga e sí larga
che bene vi mangia 6000 persone, e v'à tante camere ch'è una maraviglia a credere.
La copertura di sopra, cioè di fuori, è vermiglia, bioia, verde e di tutti altri
colori, e è sí bene invernicata che luce come cristallo, sicché molto da la lunga
si vede lucire lo palagio; la covertura è molto ferma. Tra l'uno muro e l'altro
dentro a questo ch'io v'ò contato di sopra, àe begli prati e àlbori, e àvi molte
maniere di bestie salvatiche, cioè cervi bianchi, cavriuoli, dani, le bestie che
fanno lo moscado, vai e ermellini, e altre belle bestie. La terra dentro di questo
giardino è tutto pieno dentro di queste bestie, salvo la via onde gli uomini entrano.
E da la parte verso 'l maestro àe uno lago molto grande, ov'à molte generazione
di pesci. E sí vi dico che un grande fiume v'entra e esce, e è sí ordinato che
niuno pesce ne puote uscire; e àvi fatto mettere molte generazione di pesci in
questo lago, e questo è co reti di ferro. E anco vi dico che verso tramontana,
di lungi dal palagio da una arcata, àe fatto fare uno monte ch'è bene alto 100
passi e gira bene uno miglio; lo quale monte è pieno tutto d'àlbori che per niuno
tempo non perdono foglie, ma sempre sono verdi. E sappiate, quando è detto al
Grande Kane d'uno bello àlbore, egli lo fa pigliare con tutte le barbe e co molta
terra e fallo piantare in quello monte; e sia grande quanto vuole, ch'egli lo
fa portare à lieofanti. E sí vi dico ch'egli à fatto coprire totto 'l monte della
terra dell'azurro, che è tutta verde, sicché nel monte non à cosa se non verde,
perciò si chiama lo Monte Verde. E sul colmo del monte à uno palagio tutto verde,
e è molto grande, sicché a guardallo è una grande meraviglia, e non è uomo che
'l guardi che non ne prenda alegrezza. E per avere quella bella vista l'à fatto
fare lo Grande Signore per suo conforto e sollazzo.
84 Ancora d'uno palagio del nipote.
Ancora vi dico ch'apresso a questo palagio n'à un
altro né piú né meno fatto, ove istàe lo nipote del Grande Kane che dé regnare
dopo lui; e questo è Temur, figliuolo di Cinghi, ch'era lo magiore figliuolo del
Grande Kane. E questo Temur che dé regnare, tiene tutta quella maniera che fae
lo suo avolo, e àe già bolla d'oro e sugello d'imperio, ma non fa l'uficio infino
che l'avolo è vivo. Dacché v'ò contato de' palagi, sí vi conterò de la grande
città de Canblau, ove sono questi palagi e perché fu fatta, e come egli è vero
che apresso a questa città n'avea un'altra grande e bella, e avea nome Garibalu,
che vale a dire in nostra lingua 'la città del signore'. E 'l Grande Kane, trovando
per astorlomia che questa città si dovea ribellare e dare grande briga a lo 'mperio,
e però lo Grande Kane fece fare questa città presso a quella, che non v'è in mezzo
se non uno fiume. E fece cavare la gente di quella città e mettere in quest'altra,
la quale è chiamata Canblau. Questa città è grande in giro da 24 miglie, cioè
6 miglia per ogni canto, e è tutta quadra, che non à piú dall'uno lato che da
l'altro. Questa città è murata di terra e sono grosse le mura 10 passi e alte
20, ma non sono cosí grosse di sopra come di sotto, perché vegnono sí asottigliando
che di sopra sono grosse da 3 passi; e sono tutte merlate e bianche. E quivi àe
10 porti, e 'n su ciascuna porta àe uno grande palagio, sicché su ciascuna quadra
àe 3 porti e 5 palagi. Ancora su ciascuna quadra di questo muro àe uno grande
palagio, ove stanno gli uomini che guardano la terra. E sappiate che le rughe
della terra sono sí ritte che l'una porta vede l'altra; di tutte quante encontra
cosí. Nella terra àe molti palagi; e nel mezzo n'àe uno ov'è suso una campana
molto grande che suona la sera 3 volte, che niuno non puote andare poscia per
la terra sanza grande bisogna, de femmina che partorisse o per alcuno malato.
Sappiate ch'a ciascheuna porta guarda 1000 uomini; e non che crediate che vi si
guardi per paura d'altra gente, ma fassi per reverenzia del signore che là entro
dimora, e perché li ladroni non facciano male per la città. Or v'ò contato de
la città; or vi dico com'egli tiene corte e de' suoi grandi fatti, cioè del Grande
Signore.
85 Delle guardie.
Or sappiate che 'l Grande Kane si fa guardare per
sua grandezza a 12'000 uomini a cavallo e chiamansi Quesitan, ciò è a dire 'cavalieri
fedeli del signore'; e questo non fae per pagura. E tra questi 12'000 cavalieri
sono 4 capitani, sicché ciascuno n'àe 3000 sotto di sé, degli quali sempre ne
stae nel palagio l'una capitaneria, che sono 3000; e guardano 3 dí e 3 notti,
e màngiarvi e dormonvi. Di capo degli tre die questi se ne vanno e gli altri vi
vengono, e cosí fanno tutto l'anno. E quando il Grande Kane vuole fare una grande
corte, le tavole istanno in questo modo. La tavola del Grande Kane è alta piú
dell'altre; egli siede verso tramontana e tiene lo volto verso mezzodie. La sua
prima moglie siede lungo lui dal lato manco, e dal lato ritto, piú basso un poco,
li figliuoli e gli nipoti e i suoi parenti che sono de lo 'mperiale legnaggio,
sicché lo loro capo viene agli piedi del Grande Signore. E poscia sedono gli altri
baroni piú a basso, e cosí va de le femmine, ché le figliuole del Grande Signore
e le nipote e le sue parenti istanno piú basse da la sinistra parte; e ancora
piú basso di loro tutte l'altre mogli degli altri baroni; e ciascheuno sae lo
suo luogo ov'egli dee sedere per l'ordinamento del Grande Kane. Le tavole sono
poste per cotale modo che 'l Grande Kane puote vedere ogni uomo, e questi sono
grandissima quantitade. E di fuoro da questa sala mangiano piú di 40'000, perché
vi viene molti uomini co molti presenti, che vegnono di strane contrade co strani
presenti, e di ta' ve n'àe ch'ànno segnoria. E questa cotale gente viene in questo
cotal die che 'l signore fae nozze e tiene corte. E in mezzo di questa sala ove
'l Grande Signore tiene corte e tavola è uno grandissimo vaso d'oro fino, che
tiene di vino come una gran botte, e da ogni lato di questo vaso ne sono due piccoli:
di quella grande si cava vino, e de le due piccole beveraggi. Àvi vasegli vernicati
d'oro che tiene l'uno tanto vino che n'avrebbe assai bene otto uomini, e ànne
per le tavole tra 2 l'uno, e anche àe ciascuno una coppa d'oro co manico, con
che beono. E tutto questo fornimento è di grande valuta, e sappiate che 'l Grande
Signore àe tanti vasellamenti d'oro e d'ariento che nol potrebbe credere chi nol
vedesse. E sappiate che quegli che fanno la credenza al Grande Signore sono grandi
baroni, e tengono fasciata la bocca e 'l naso con begli drappi di seta e d'oro,
acciò che loro fiato non andasse nelle vivande del signore. E quando 'l Grande
Signore dé bere, tutti gli stormenti suonano, che ve n'à grande quantità; e questo
fanno quando àe in mano la coppa: e alotta ogni uomo s'inginocchia, e i baroni
e tutta gente, e fanno segno di grande umiltade; e cosí si fa tuttavia ch'e' bee.
Che vivande non vi dico, però che ogni uomo dé credere ch'egli n'àe en grande
abondanza, né no v'à niuno barone né cavaliere che non vi meni sua moglie a che
mangi coll'altre donne. Quando 'l Grande Signore à mangiato e le tavole sono levate,
molti giucolari vi fanno grandi sollazzi di tragettare e d'altre cose; poscia
se ne va ogni uomo a suo albergo.
86 De la festa come nasce.
Sappiate che tutti li Tartari fanno festa di loro
nativitade. E 'l Grande Kane nacque a dí 28 di settembre in lunedí, e ogni uomo
in quel die fae la magiore festa ch'egli faccia per niuna altra cosa, salvo quella
ch'egli fae per lo capo dell'anno, com'i' vi conterò. Lo Grande Kane lo giorno
della sua nativitade si veste di drappi d'oro battuto, e co lui si veste 12'000
baroni e cavalieri d'un colore e d'una foggia, ma non sono sí cari. E ànno grandi
cinture d'oro, e questo li dona lo Grande Kane. E sí vi dico che v'à tale di queste
vestimenti, che vale le priete preziose e le perle che sono sopra queste vestimenta,
piú di 10'000 bisanti d'oro, e di questi v'à molti. E sappiate che 'l Grande Kane
dona l'anno 13 volte ricche vestimente a quelli 12'000 baroni e vestegli tutti
d'un colore co lui. E queste cose non potrebbe fare neuno altro signore ch'egli,
né mantenerlo.
87 Qui divisa de la festa.
Sappiate che 'l dí della sua nativitade tutti li
Tartari del mondo e tutte le province che tengono le terre da lui, lo dí fanno
grande festa, e tutti 'l presentano secondo che si conviene a chi 'l presenta
e com'è ordinato; anco lo presenta chi da lui vuole alcuna signoria. E 'l Grande
Sire à 12 baroni che donano queste segnorie a questi cotali, secondo che si conviene.
E questo die ogni generazione de genti fanno prieghi agli loro dii, che gli salvino
lo loro signore e che gli doni lunga vita e gioia e santà. E cosí fanno quello
die grande festa. Or lasciamo questa maniera, e diròvi d'un'altra festa ch'egli
fanno a capo dell'anno, e chiamasi la bianca festa.
88 De la bianca festa.
Egli è vero ch'egli fanno loro fest'a capo d'anno
del mese di febraio; e 'l Grande Kane e sua gente ne fanno cotal festa. Egli è
usanza che 'l Grande Kane e sua gente si vestono di vestimenta bianche, e maschi
e femmine, pur ch'e' le possa avere; e questo fanno però ch'e i vestiri bianchi
somigliro a loro buoni e aventurosi, e però lo fanno di capo dell'anno, perché
a loro prenda tutto l'anno bene e allegrezza. E questo die chi tiene terra da
lui, lo presenta di grandi presenti, secondo ch'egli possono, d'oro, d'ariento
e di perle e d'altro; e è ordinato l'uno presente a l'altro cose bianche, le piú;
e questo fanno perché tutto l'anno abbiano tesoro assai e gioia e allegrezza.
E ancora in questo die è presentato al Grande Kane piú di 100'000 cavagli bianchi,
begli e ricchi, e ancora piú di 5000 leofanti tutti coverti di panno ad oro e
a seta; e ciascuno àe adosso uno scrigno pieno di vasellamenti d'oro e d'argento
e d'altre cose che bisogna a quella festa. E tutti passano dinanzi dal signore;
e questa è la piú bella cosa che giamai fu veduta. E ancora vi dico che la mattina
di quella festa, prima che le tavole siano messe tutti li re, duchi, marchesi,
conti e baroni e cavalieri, astronomi, falconieri e molti altri oficiali e rettore
di terre, di gente e d'oste, vegnon a la sala dinanzi al Grande Kane. E quegli
che qui non cappiono, dimorano di fuori del palagio, in luogo che 'l signore gli
vede bene tutti. E' sono cosí ordinati: prima sono li figliuoli e i nepoti e quegli
dell'imperiale lignaggio; apresso li re; apresso li duchi; poscia per ordine,
com'è convenevole. Quando sono tutti asettati ciascuno nel suo luogo, allotta
si leva uno grande parlato, e dice ad alta boce: «Inchinate e adorate». Cosí tosto
com'egli à detto, questi tutti ànno la fronte in terra e dicono loro orazioni
verso 'l signore: allora l'adorano come dio, e questo fanno 4 volte. Poscia si
vanno a uno altare ov'è suso una tavola vermiglia, nella quale è scritto lo nome
del Grande Kane, e ancora v'àe uno bello incensiere e terribole, e incensano quella
tavola e l'altare a grande riverenza; poscia si tòrnaro a loro luogo. Quando ànno
cosí fatto, alotta si fanno li presenti ch'i' v'ò contato, che sono di grande
valuta; quando questo è fatto, sí che 'l Grande Kane l'à veduto tutte queste cose,
si mette le tavole, e pongonsi a mangiare cosí ordinatamente com'i' v'ò contato
di sopra. Or v'ò contato de la bianca festa del capo dell'anno. Or vi conterò
d'una nobilissima cosa ch'à fatta lo Grande Kane: egli àe ordinate certe vestimente
a certi baroni che vegnono a questa festa.
89 De' 12.000 baroni che vegnono a la festa, come sono vestiti dal Grande
Kane.
Or sapiate veramente che 'l Grande Kane à 12'000
baroni, che sono chiamati Quesitan, ciò è a dire 'li piú presimani figliuoli del
signore'. Egli dona a ciascuno 13 robe, ciascuna divisata l'una dall'altra di
colori, e sono adornate di pietre e di perle e d'altre ricche cose che sono di
grande valuta. Ancora dona a ciascuno uno ricco scaggiale d'oro molto bello, e
dona a ciascuno calzamenta di camuto lavorato con fila d'ariento sottilmente,
che sono molto begli e ricchi. Egli sono sí adornati che ciascuno pare uno re;
e a ciascuna di queste feste è ordinata qual vestimento si debbia mettere. E cosí
lo Grande Sire àe 13 robe simele a quelle di quegli baroni, cioè di colore, ma
elle sono piú nobili e di piú valuta. Or v'ò contato de le vestimenta che dona
'l Signore a li suoi baroni, che sono di tanta valuta che non si potrebbe contare;
e tutto ciò fae lo Grande Kane per fare la sua festa piú orevole e piú bella.
Ancora vi dico una grande meraviglia: che uno grande lione è menato dinanzi dal
Grande Sire, e quando egli vede lo Grande Sire, sí si pone a giacere dinanzi da
lui e fagli segno di grande umiltade, e fa sembianza ch'egli lo conosce per signore;
e è senza catene e sanza legatura alcuna, e questo è bene grande meraviglia. Or
lasciamo stare queste cose, e conteròvi de la grande caccia che fa fare lo Grande
Sire, come voi udirete.
90 Della grande caccia che fa il Gran Cane.
Sapiate di vero sanza mentire che 'l Grande Sire
dimora ne la città del Catai 3 mesi de l'anno, cioè dicembre, gennaio, febraio.
Egli à ordinato che 40 giornate d'atorno a lui tutte genti debbano cacciare e
uccellare; e àe ordinato che tutti signori di genti e di terre, tutte grandi bestie
salvatiche come cinghiari, cervi, cavriuoli, dani e altre bestie
gli siano recate, cioè la magiore partita di quelle grandi bestie. E in questa
maniera cacciano tutte le genti che io v'ò contato. E quelli de le 30 giornate
li mandano le bestie, e sono in grande quantità, e càvagli tutto l'interame dentro.
E l'altri de le 40 giornate no mandano le carni, ma manda le cuoie conce, però
che 'l signore ne fae tutto fornimento da arme e d'osti. Or v'ò divisato de la
caccia; divisaròvi de le bestie fere che tien lo Grande Kane.
91 De' leoni e de l'altre bestie da cacciare.
Ancora sappiate che 'l Grande Sire à bene leopardi
assai, e che tutti sono buoni da cacciare e da prendere bestie. Egli àe ancora
grande quantità di leoni, che tutti sono afatati a prendere bestie e molti sono
buoni a cacciare. Egli àe piú leoni grandissimi, magiore assai che quegli di Babilonia:
egli sono di molto bel pelo e di bello colore, ch'egli sono tutti vergati per
lungo, neri e vermigli e bianchi, e sono affatati a prendere porci salvatichi
e buoi salvatichi e cerbi e cavriuoli, orsi e asini salvatichi e altre bestie.
E sí vi dico ch'ell'è molto bella cosa a vedere le bestie salvatiche quando 'l
lione le prende; ché, quando vanno a la caccia eglino li portano in su le carrette
in una cabbia, e à seco uno piccolo cane. Egli àe ancora grande abondanza d'aguglie,
colle quali si pigliano volpi e lievri e dani e cavriuoli e lupi, ma quelle che
sono affatate agli lupi sono molto grandi e di grande podere, ch'egli no è sí
grande lupo che gli scampi dinanzi a quelle aguglie, che non sia preso. Or vi
conterò de la grande abondanza de buoni cani ch'àe lo Grande Sire.
92 Di due baroni che governano la caccia.
Egli è vero che 'l Grande Kane àe due baroni che
sono frategli carnali, che l'uno à nome Baian e l'altro Migan: egli sono chiamati
tinuci, ciò è a dire 'quegli che tengono gli cani mastini. Ciascuno di questi
frategli àe 10'000 uomini sotto di sé, e tutti gli 10'000 sono vestiti d'un colore,
e gli altri l0'000 sono vestiti d'un altro colore, cioè vermiglio e bioio; e tutte
le volte ch'egli vanno col Grande Sire a cacciare, si portano quelle vestimenta
ch'io v'ò contato. E in questi 10'000 n'àe bene 2000 che ciascuno àe uno grande
mastino o due o piú, sí che sono una grande moltitudine. E quando 'l Grande Sire
va a la caccia, mena seco l'uno di questi due frategli co 10'000 uomini e con
bene 5000 cani da l'una parte, e l'altro fratello dall'altra coll'altra sua gente
e' cani. E' vanno sí lungi l'uno da l'altro che tengono bene una giornata e piú.
Eglino non truovano niuna bestia salvatica che non sia presa. Egli è troppo bella
cosa a vedere questa caccia e la maniera di questi cani e di questi cacciatori:
che io vi dico che, quando 'l Grande Signore va con i suoi baroni uccellando,
vedesi venire atorno di questi cani cacciando orsi e porci e cerbi e altre bestie
e d'una parte e dall'altra, sicch'è bella cosa a vedere. Or v'ò contato de la
caccia de' cani; or vi conterò come 'l Grande Sire va gli altri 3 mesi.
93 Come 'l Grande Sire va in caccia.
E quando il Grande Sire à dimorato 3 mesi nella
città che v'ò contato di sopra, cioè dicembre, gennaio, febraio, dunque si parte
di quivi del mese di marzo e va verso mezzodie infino al mare Aziano, che v'à
2 giornate. E mena co lui almeno 10'000 falconieri, e porta bene 500 gerfalchi,
e falconi pellegrini e falconi sagri in grande abondanza; ancora porta grande
quantità d'astori per uccellare in riviere. E non crediate che tutti li tenga
insieme, ma l'uno istà quae e l'altro làe, a 100 e a 200 e a piú e a meno; e questi
uccellano, e la magiore parte ch'egli prendono danno al signore. E sí vi dico,
quando lo Grande Sire vae a uccellare con suoi falconi e gli altri ucegli, egli
à bene 10'000 uomini, che sono ordinati a 2 a 2 e si chiamano tostaor, che viene
a dire in nostra lingua 'uomo che dimora a guardia'. E questo si fa a 2 a 2, acciò
che tengano molta terra; e ciascuno àe lunga e cappello e stormento da chiamare
gli uccelli e tenergli. E quando 'l Grande Kane fa gittare alcuno uccello, e'
no bisogna che quel che 'l getta li vada dirieto, perciò che quegli uomini ch'io
v'ò contato di sopra, che stanno a 2 a 2, gli guarda bene, che non puote andare
in niuna parte che no sia preso. E se a l'uccello fae bisogno socorso, egli gliel
danno incontanente. E tutti gli uccegli del Grande Sire e degli altri baroni ànno
una piccola tavola d'ariento al piede, ov'è scritto lo nome di colui de cui egli
è l'uccello. E per questo è conosciuto di cui egli è, com'è preso, e è renduto
a cui egli è, s'egli non sa di cui e' si sia, sí 'l porta ad un barone ch'à nome
bulargugi, ciò è a dire 'guardiano delle cose che si truovano'. E quegli che 'l
piglia, se tosto nol porta a questo barone, è tenuto ladrone, e cosí si fa di
cavagli o d'ogne cosa che si truova. E quello barone sí le fa guardare tanto che
si truova di cui egli èe; e ogni uomo ch'à perduto alcuna cosa, incontanente ricorre
a questo barone. E questo barone stae tuttavia nel piú alto luogo de l'oste con
suo gonfolone perché ogni uomo lo veggia, sí che chi à perduto, sí se ne ramenta
allotta quando 'l vede; e cosí no vi si perde quasi nulla. E quando 'l Grande
Sire vae per questa via verso il mare Aziano, che io v'ò contato, egli puote vedere
molte belle viste di vedere prendere bestie e uccegli; e non à solazzo al mondo
che questo vaglia. E 'l Grande Sire va tuttavia su 4 leofanti ov'egli àe una molta
bella camera di legno, la quale è dentro coverta di drappi ad oro battuto, e di
fuori è coperta di cuoia di leoni. Lo Grande Sire tiene quiv'entro tuttavia 12
gerfalchi de' migliori ch'egli abbia; e quivi dimora piú baroni a suo solazzo
e compagnia. E quando 'l Grande Sire vae in questa gabbia, e gli cavalieri che
cavalcano presso a questa camera dicono al signore: «Sire, grue passano», e egli
fa scoprire la camera, e prende di quegli gerfalchi e lasciagli andare a quelle
grue; e poche gliene campa che non siano prese. E tuttavia dimorando 'l Grande
Sire in sul letto, e ciò gli è bene grande sollazzo e diletto; e tutti gli altri
cavalieri cavalcano atorno al signore. E sappiate che non è niuno signore nel
mondo che tanto solazzo potesse avere in questo mondo, né che avesse il podere
d'averlo, né fue né mai sarà, per quel ch i credo. E quando egli è tanto andato
ch'egli è venuto a un luogo ch'è chiamato Tarcar Mondun, quivi fae tendere suoi
padiglioni e tende e de suoi figliuoli e de suoi baroni e de sue amiche
che sono piú di 10'000 molto begli e ricchi. E divisaròvi com'è fatto il
suo padiglione. La sua tenda ov'egli tiene sua corte è sí grande, che bene vi
stae sotto mille cavalieri; e questa tenda àe la porta di verso mezzodie, e in
questa sala dimorano li baroni e altra gente. Un'altra tenda è che si tiene con
questa, e è verso ponente, e in questa dimora lo signore; e quando egli vuole
parlare ad alcuno, egli lo fae andare là entro. E dirietro da la grande sala è
una camera ove dorme 'l signore; ancora v'àe altre tende, ma elle non si tengono
co la grande tenda. Ché vo' che voi sapiate che le 2 sale ch'io v'ò contato e
la camera, sono fatte com'io vi conterò. Ciascuna sala àe 4 colonne di legno di
spezie molto belle: di fuori sono coperte di cuoia di leoni, sicché acqua non
vi passa né altra cosa dallato; dentro sono tutte di pelle d'armine e di gerbellini,
e sono quelle pegli che sono piú belle e piú ricche e di magiore valuta che pelle
che sia. Ma bene è vero che la pelle del gerbellino, tanta quanta sarebbe una
pelle d'uomo, fina, varebbe bene 2000 bisanti d'oro, se fosse comunale, varebbe
bene 1000; e chiàmalle li Tartari le roi de pelame, e sono de la grandezza d'una
faina. E di queste 2 pegli sono lavorate ad intagli la sala grande del signore,
e sono intagliate sottilemente, ch'è una maraviglia a vedere; e la camera ove
'l signore dorme, ch'è allato a queste sale, è né piú né meno fatta. Elle costano
tanto, queste 3 tende, che uno piccolo re non le potrebbe pagare. E allato queste
sono altre tende molto bene ordinate; e l'amiche del signore ànno altressí molto
ricche tende e padiglioni. E gli uccegli tutti ànno molte tende, e' falconi; e
le piú belle ànno gli gerfalchi; e anco le bestie ànno tende 'n grande quantità.
E sappiate che quivi àe in questo campo tanta gente ch'è maraviglia a credere,
che pare la magiore città ch'egli abbia, però che da la lunga v'è venuta molta
gente; e tienvi sua famiglia tutta cosí ordinata di falconieri e d'altri uficiali,
come se fosse nella sua mastra villa. E sappiate ch'egli dimora in questo luogo
infino a la Pasqua di Risoresso. E in tutto questo tempo non fa altro che uccellare
a la riviera a grue e a césini e a altri ucelli; e ancora tutti gli altri che
stanno apresso a lui gli recano dalla lunga uccellagioni e cacciagioni assai.
Egli dimora in questo tempo a tanto sollazzo che non è uomo che 'l potesse credere,
perciò ch'egli è piú suo affare e suo diletto ch'io non v'ò contato. E sí vi dico
che niuno mercatante né niuno artefice né villano non può tenere né falcone né
cane da cacciare presso ove 'l signore dimora a 30 giornate presso lí, da questo
infuori, ogni uomo di questo puote fare a suo senno. Ancora sappiate che in tutte
le parti ove 'l Grande Sire à segnoria, niuno re né barone né alcuno altro uomo
non può prendere né cacciare né lievre né dani né cavriuoli né cervi né de niuna
bestia che multiplichi, dal mese di marzo infino a l'ottobre; e chi contra facesse,
ne sarebbe bene pulito. E sí vi dico ch'egli è sí ubidito, che le lievri e i dani
e' cavriuoli e l'altre bestie ch'io v'ò contato, vegnono piú volte fino all'uomo,
e non le tocca né non le fa male. In cotal modo dimora lo Grande Sire in questo
luogo infino a la Pasqua di Risoresso; poscia si parte di questo luogo e tornasine
per questa medesima via a la città di Coblau, tuttavia cacciando e ucellando a
grande solazzo e a grande gioia.
94 Come 'l Grande Kane tiene sua corte e festa.
E quando egli è venuto a la sua mastra villa di
Canbalu, egli dimora nello suo mastro palagio 3 die e non piú. Egli tiene grande
corte e grandi tavole e grande festa, e mena grande allegrezza con queste sue
femine. E è grande meraviglia a vedere la grande solenità che fa il Grande Sire
in questi tre die. E sí vi dico che in questa città àe tanta abondanza di masnade
e di genti, tra dentro e di fuori della villa, ché sapiate ch'egli àe tanti borghi
come sono le porti, cioè 12 molto grandi. E no è uomo che potesse contare lo novero
della gente, ch'assai à piú gente negli borghi che ne la città. E in questi borghi
albergano i mercatanti e ogni altra gente che vegnono per loro bisogno a la terra;
e nel borgo àe altressí begli palagi come ne la città. E sappiate che ne la città
non si sotterra neuno uomo che muoia, anzi si vanno a soterare fuori degli borghi;
e s'egli adora gl'idoli, si va fuori degli borghi ad ardersi. E ancora vi dico
che dentro a la terra non osa istare niuna mala femina di suo corpo che fa male
per danari, ma stanno tutte negli borghi. E sí vi dico che femine che fallano
per danari ve n'à ben 20'000, e sí vi dico che tutte vi bisognano per la grande
abondanza de' mercatanti e de' forestieri che vi capitano tutto die. Adunque potete
vedere se in Canbalu à grande abondanza di genti, da che male femine v'à cotante
com'io v'ò contato. E sappiate per vero che in Canbalu viene le piú care cose
e di magiore valuta che 'n terra del mondo, e ciò sono tutte le care cose che
vegnon d'India come sono pietre preziose e perle e tutte altre care cose
che sono recate a questa villa; e ancora tutte le care cose e le belle
che sono recate del Catai e di tutte altre province. E questo è per lo signore
che vi dimora e per le donne e per gli baroni e per la molta gente che vi dimora,
per la corte che vi tiene lo signore. E piú mercatantie vi si vendono e vi si
comperano; ché voglio che sappiate che ogni die vi viene in quella terra piú di
1000 carette caricate di seta, perché vi si lavora molti drappi e ad oro ed a
seta. E anche a questa città d'intorno intorno bene 200 miglie vegnono per comperare
a questa terra quello che bisogna, sicché non è maraviglia se tanta mercatantia
vi viene. Or vi diviserò del fatto della seque e della moneta che si fa in questa
città di Canbalu; e io vi mostrerò come lo Grande Kane puote piú spendere e piú
fare ch'io non v'ò contato. E diròvi in questo libro come.
95 De la moneta del Grande Ka ne.
Egli è vero che in questa città di Canbalu è la
tavola del Grande Sire; e è ordinato in tal maniera che l'uomo puote ben dire
che 'l Grande Sire àe l'archimia perfettamente; e mosteròvilo incontanente. Or
sappiate ch'egli fa fare una cotal moneta com'io vi dirò. Egli fa prendere scorza
d'un àlbore ch'à nome gelso èe l'àlbore le cui foglie mangiano li vermi
che fanno la seta , e cogliono la buccia sottile che è tra la buccia grossa
e 'l legno dentro, e di quella buccia fa fare carte come di bambagia; e sono tutte
nere. Quando queste carte sono fatte cosí, egli ne fa de le piccole, che vagliono
una medaglia di tornesegli picculi, e l'altra vale uno tornesello, e l'altra vale
un grosso d'argento da Vinegia, e l'altra un mezzo, e l'altra 2 grossi, e l'altra
5, e l'altra 10, e l'altra un bisante d'oro, e l'altra 2, e l'altra 3; e cosí
va infino 10 bisanti. E tutte queste carte sono sugellate del sugello del Grande
Sire, e ànne fatte fare tante che tutto 'l tesoro del mondo n'appagherebbe. E
quando queste carte sono fatte, egli ne fa fare tutti li pagamenti e spendere
per tutte le province e regni e terre ov'egli à segnoria; e nesuno gli osa refiutare,
a pena della vita. E sí vi dico che tutte le genti e regioni che sono sotto sua
segnoria si pagano di questa moneta d'ogne mercatantia di perle, d'oro, d'ariento,
di pietre preziose e generalemente d'ogni altra cosa. E sí vi dico che la carta
che si mette per diece bisanti, no ne pesa uno; e sí vi dico che piú volte li
mercatanti la cambiano questa moneta a perle e ad oro e a altre cose care. E molte
volte è regato al Grande Sire, per li mercatanti che vale 400'000 bisanti e 'l
Grande Sire fa tutto pagare di quelle carte, e li mercatanti le pigliano volentieri,
perché le spendono per tutto il paese. E molte volte fa bandire lo Grande Kane
che ogni uomo ch'àe oro o ariento o perle o priete preziose o alcuna altra cara
cosa, incontanente l'abbi a portare a la tavala del Grande Sire, e egli le fa
pagare di queste carte; e tanta gliene viene di questa mercatantia che è uno miracolo.
E quando ad alcuno si rompe e guastasi alcuna di queste carte e egli vae a la
tavola del Grande Sire, incontanente gliele cambia e ègli data bella e nuova,
ma sí gliene lascia 3 per 100. Ancora sappiate che se alcuno vuole fare vasellamento
d'ariento o cinture, e egli vae a la tavola del Grande Sire, dell'ariento del
Grande Sire gliene dà tanto quanto vuole per queste carte, secondo che si spendono.
E questo è la ragione perché 'l Grande Sire dé avere piú oro e piú ariento che
niuno signore del mondo; e sí vi dico che tra tutti li signori del mondo non ànno
tanta ricchezza com'à 'l Grande Kane solo. Or ò contato della moneta de le carte;
or vi conterò de la segnoria de la città di Canbalu.
96 De li 12 baroni che sono sopra tutte le cose del Grande Kane.
Or sapiate veramente che 'l Grande Sire à 12 baroni
grandissimi con lui, e quegli sono sopra tutte quelle cose ch'abisognano a 34
province; e diròvi loro maniere e loro ordinamenti. E prima vi dico che questi
12 baroni istanno in uno palagio dentro a Canbalu; e è molto bello e grande, e
àe molte sale e molte magioni e camere. E ciascuna provincia àe uno proccuratore
e molti iscrittori in quello palagio, e ciascuno in suo palagio per sé. E questi
pruccuratori e questi iscrivani fanno tutte quelle cose che bisognano a quella
provincia a cui elli sono diputati; e questo fanno per lo comandamento de' 12
baroni. E sí vi dico che questi 12 baroni ànno cotale segnoria com'io vi dirò,
ch'egli aleggano tutti li signori di quelle province ch'io v'ò detto di sopra.
E quando egli ànno chiamato quegli che gli paiono gli migliori, egli lo dicono
al Grande Sire, e egli gli conferma e falli dare cotale tavola d'oro, come a sua
segnoria si conviene. Ancora questi 12 baroni fanno andare l'oste ove si conviene,
e come, e de la quantità, e d'ogni cosa, secondo la volontà del signore. E come
io vi dico di queste due cose, cosí vi dico di tutte quelle che bisognano a queste
province. E questa si chiama la corte magiore che sia ne la corte del Grande Sire,
però ch'egli ànno grande podere di fare bene a cui egli vogliono. Le province
non vi conto per nome, però ch'io le vi conterò per ordine di questo libro; e
conteròvi come il Grande Sire manda messaggi, e come ànno li cavagli apparecchiati.
97 Come di Canbalu si parte molti mesaggi per andare in molte parti.
Or sapiate per veritade che di questa cittade si
parte molti messaggi, li quali vanno per molte province: l'uno vae ad una, l'altro
vae a un'altra, e cosí di tutti, ché a tutti è divisato ov'egli debbia andare.
E sappiate che quando si parte di Canbalu questi messaggi, per tutte le vie ov'egli
vanno, di capo de le 25 miglie egli truovano una posta, ove in ciascuna àe uno
grandissimo palagio e bello, ove albergano li messaggi del Grande Sire. E v'è
uno letto coperto di drappo di seta, e àe tutto quello ch'a messaggio si conviene;
e s'uno re vi capitasse, sarebbe bene albergato. E sappiate che a queste poste
truovano li messaggi del Grande Sire bene 400 cavagli, che 'l Grande Sire àe ordinato
che tuttavia dimorino quie e siano aparecchiato per li messaggi, quando egli vanno
in alcuna parte. E sappiate che ogne capo di 25 miglie sono queste poste ch'io
v'ò contato; e questo è ne le vie mastre che vanno e le province ch'io v'ò contato
di sopra. E ciascuna di queste poste àe apparecchiato bene da 300 a 400 cavagli
per li messaggi al loro comandamento. Ancora v'à cosí begli palagi com'io v'ò
contato di sopra, ove albergano li messaggi, cosí riccamente com'io v'ò contato
di sopra. E per questa maniera si va per tutte le province del Grande Sire. E
quando li messaggi vanno per alcuno luogo disabitato, lo Grande Kane à fatto fare
queste poste piú a la lungi, a 35 miglie o a 40. E in questa maniera vanno li
mesaggi del Grande Sire per tutte le province, e ànno albergarie e cavagli aparecchiati,
come voi avete udito, a ogne giornata. E questa è la magiore grandezza ch'avesse
mai niuno imperadore, né avere potesse niuno altro uomo terreno; ché sappiate
veramente che piú di 200'000 di cavagli stanno a queste poste pur per questi messaggi.
Ancora li palagi sono piú di diecemilia, che sono cosí forniti di ricchi arnesi
com'io v'ò contato; e questo è cosa sí maravigliosa e di sí grande valore che
non si potrebbe iscrivere né contare. Ancora vi dirò un'altra bella cosa: egli
è vero che tra l'una posta e l'altra sono ordinate ogne 3 miglia una villa, ov'à
bene 40 case d'uomini a piede, che fanno ancora questi messaggerie del Grande
Sire. E diròvi com'egli portano una grande cintura tutta piena di sonagli atorno
atorno che s'odono bene da la lunga. E questi mesaggi vanno al grande galoppo,
e non vanno se no 3 miglie. E gli altri dimorano in capo de le 3 miglie, quando
odono questi sonagli, che s'odono bene da la lunga e egli istanno tuttavia
aparechiati - corre incontr'a colui, e pigliano questa cosa che colui porta, e
una piccola carta che li dona quello messaggio; e mettesi correndo e vae infino
a le 3 miglie, e fae cosí com'àe fatto questo altro. E sí vi dico che 'l Grande
Sire àe novelle per uomini a piedi in uno die e in una notte bene di 10 giornate
a la lunga, e 'n due die e 'n due notti bene di 20 giornate; e cosí in 10 die
e 'n 10 notte avrà novelle bene di 100 giornate. E sí vi dico che questi cotali
uomini talvolta recano al signore fatti di 10 giornate in uno die; e 'l Grande
Sire da questi cotali uomini non prende niuno trebuto, ma fagli donare di cavagli
e de le cose che sono nelli palagi di quelle poste ch'io v'ò contato. E questo
no costa nulla al Grande Sire, perché le città che sono atorno a quelle poste
vi pongon li cavagli e fannogli questi arnesi, sicché le poste sono fornite per
li vicini, e 'l Grande Sire non vi mette nulla, salvo che le prime poste. E sí
vi dico che, quando gli bisogna che messaggio di cavallo vada tostamente per contare
al Grande Sire novelle d'alcuna terra ribellata, o d'alcuno barone o d'alcuna
cosa che sia bisognevole al Grande Sire, egli cavalca bene 200 miglie in uno die,
overo 250; e mosteròvi ragione come. Quando li messi vogliono andare cosí tosto
e tante miglie, egli à la tavola del gerfalco, in significanza ch'egli vuole andare
tosto. Se egli sono 2, egli si muovono del luogo ov'egli sono su due buoni cavagli,
freschi e correnti; egli s'imbendano la testa e 'l corpo, e sí si mettono a la
grande corsa, tanto ch'egli sono venuti a l'altra posta di 25 miglie; quivi prende
due cavagli buoni e freschi e montanvi su, e no ristanno fino all'altra posta,
e cosí vanno tutto die. E cosí vanno in un die bene 250 miglie per recare novelle
al Grande Sire, e, quando bisognano, bene 300. Or lasciamo di questi messaggi,
e conteròvi d'una grande bontà che fa il Grande Sire a sua gente due volte l'anno.
98 Come 'l Grande Kane aiuta sua gente quando è pistolenza di biade.
Or sappiate ancora per verità che 'l Grande Sire
manda messaggi per tutte sue province per sapere di suoi uomini, s'egli ànno danno
di loro biade, o per difalta di tempo o di grilli, o per altra pistolenza. E s'egli
truova che alcuna sua gente abbia questo danaggio, egli no gli fa tòrre trebuto
ch'egli debbono dare, ma falli donare di sua biada, acciò ch'abbiano che seminare
e che mangiare. E questo è grande fatto d'un signore a farlo. E questo fa la state.
Lo verno fa cercare se ad alcuna gente muore sue besti', e fae lo somigliante.
Cosí sostiene lo Grande Sire sua gente. Lasciaremo questa maniera, e diròvi d'un'altra.
99 Degli àlbori.
Or sappiate per vero che 'l Grande Sire à ordinato
per tutte le mastre vie che sono nelli suoi regni, che vi siano piantati gli àlbori
lungi l'uno dall'altro, su per la ripa della via, due passi. E questo acciò che
li mercatanti e' messaggi o altra gente no possa fallare la via, quando vanno
per cammino o per luoghi diserti; e questi àlbori sono tamanti che bene si possono
vedere da la lunga. Or v'ò contato delle vie; or vi conterò d'altro.
100 Del vino.
Ancora sappiate che la magiore parte del Catai beono
uno cotale vino com'io vi conterò. Egli fanno una pogione di riso e co molte altre
buone spezie, e cóncialla in tale maniera ch'egli è meglio da bere che nullo altro
vino. Egli è chiaro e bello, e inebria piú tosto ch'altro vino, perciò ch'è molto
caldo. Or lasciamo di questo, e conteròvi de le priete ch'ardono come bucce.
101 De le pietre ch'ardono.
Egli è vero che per tutta la provincia del Catai
àe una maniera di pietre nere, che si cavano de le montagne come vena, che ardono
come bucce, e tegnono piú lo fuoco che no fanno le legna. E mettendole la sera
nel fuoco, se elle s'aprendono bene, tutta notte mantengono lo fuoco. E per tutta
la contrada del Catai no ardono altro; bene ànno legne, ma queste pietre costan
meno, e sono grande risparmio di legna. Or vi dirò come il Grande Sire fa, acciò
che le biade non siano troppe care.
102 Come 'l Grande Kane fa riporre la biada per soccorere sua gente.
Sappiate che 'l Grande Kane, quando è grande abondanza
di biada, egli ne fa fare molte canove d'ogne biade, come di grano, miglio, panico,
orzo e riso, e falle sí governare che non si guastano; poscia, quando è il grande
caro, sí 'l fa trarre fuori. E tiello talvolta 3 o 4 anni, e fa 'l dare per lo
terzo o per lo quarto di quello che si vende comunemente. E in questa maniera
non vi può essere grande caro; e questo fa fare per ogni terra ov'egli àe signoria.
Or lasciamo di questa matera; e diròvi della carità che fa 'l Grande Kane.
103 De la carità del Signore.
Or vi conterò come 'l Grande Signore fa carità a
li poveri che stanno in Canbalu. A tutte le famiglie povere de la città, che sono
in famiglia 6 o 8, o piú o meno, che no ànno che mangiare, egli li fa dare grano
e altra biada; e questo fa fare a grandissima quantità di famiglie. Ancor non
è vietato lo pane del Signore a niuno che voglia andare per esso; e sappiate che
ve ne va ogne die piú di 30'000; e questo fa fare tutto l'anno. E questo è grande
bontà di signori, e per questo è adorato come idio dal popolo. Or lasciamo de
la città di Canbalu, e enterremo nel Catai per contare di grandi cose che vi sono.
104 De la provincia del Catai.
Or sappiate che 'l Grande Kane mandò per ambasciadore
messer Marco verso ponente. E' partissi di Canbalu e andòe bene 4 mesi verso ponente;
però vi conterò tutto quello ch'egli vide in quella via andando e tornando. Quando
l'uomo si parte di Canbalu, presso lí a 10 miglie, si truova un fiume, il quale
si chiama Pulinzaghiz, lo quale fiume va infino al mare Ozeano; e quinci passa
molti mercatanti co molta mercatantia. E su questo fiume àe uno molto bello ponte
di pietre. E sí vi dico che al mondo non à un cosí fatto, perch'egli è lungo bene
300 passi e largo otto, che vi puote bene andare 10 cavalieri l'uno allato all'altro;
e v'à 34 archi e 34 morelle nell'acqua; e è tutto di marmore e di colonne, cosí
fatte com'io vi dirò. Egli è fitto dal capo del ponte una colonna di marmore,
e sotto la colonna àe uno leone di marmore, e di sopra un altro, molto belli e
grandi e ben fatti. E lungi a questa colonna un passo, n'à un'altra né piú né
meno fatta, con due leoni; e dall'una colonna a l'altra è chiuso di tavole di
marmore, perciò che neuno potesse cadere nell'acqua. E cosí va di lungo in lungo
per tutto il ponte, sicch'è la piú bella cosa a vedere del mondo. Detto del ponte,
sí vi conteremo di nuove cose.
105 De la grande città del Giogui.
E quando l'uomo si parte da questo ponte, l'uomo
vae 30 miglie per ponente, tuttavia trovando belle case, begli alberghi, àlbori,
vigne. E quivi truova una città ch'à nome Giogui, grande e bella; quivi àe molte
badie d'idoli. Egli vivono di mercatantia e d'arti; quivi si lavora drappi di
seta e d'oro e bello zendado. Quivi àe begli alberghi. Quando l'uomo à passato
questa villa uno miglio, l'uomo truova due vie, l'una vae verso ponente e l'altra
verso sirocco. Quella di verso ponente è del Catai, e l'altra dallo sirocco vae
verso 'l mare a la grande provincia deu Mangi. E sappiate veramente che l'uomo
cavalca per ponente per la provincia del Catai bene 10 giornate, tuttavia trovando
belle cittadi e belle castella di mercatantie e d'arti, e belle vigne e àlbori
assai, e gente dimestica. Quivi non à altro a ricordare; però ci partiremo di
quie, ed anderemo ad uno reame chiamato Taiamfu.
106 Del reame di Taiamfu.
E quando l'uomo si parte di questa città di Giogui,
cavalcando 10 giornate truova uno reame ch'è chiamato Taiamfu. E di capo di questa
provincia, ove noi siamo venuti, è una città ch'à nome Tinanfu, ove si fa mercatantia
ed arti assai; e quivi si fae molti fornimenti che bisogna agli osti del Grande
Sire. Quivi àe molto vino, e per tutta la provincia del Catai non à vino se no
in questa città; e questa ne fornisce tutte le province d'atorno. Quivi si fae
molta seta, però ch'ànno molti gelsi e molti vermi che la fanno. E quando l'uomo
si parte di Tinanfu, l'uomo cavalca per ponente bene 7 giornate per molte belle
contrade, ov'egli truova ville e castella asai di molta mercatantia e d'arti.
Di capo de le 7 giornate si truova una città che si chiama Pianfu, ov'à molti
mercatanti, ove si fa molta seta e piú altre arti. Or lasciaremo di questa, e
direnvi d'un'altra † d'un castello chiamato Caitui.
107 Del castello del Caitui.
E quando l'uomo si parte di Pianfu e va per ponente
2 giornate, truova uno bello castello ch'à nome Caitui, lo quale fece fare jadis
uno re, lo quale fu chiamato lo Re d'Or. In questo castello à uno molto bello
palagio, ove àe una bella sala molto bene dipinta di tutti li re che anticamente
sono stati in quello reame; e è molto bello a vedere. E di questo Re d'Or sí vi
conterò una bella novella, d'un fatto che fue tra lui e 'l Preste Gianni. E questo
è in sí forte luogo che 'l Prestre Giovanni no gli potea venire adosso; e aveano
guerra insieme, secondo che diceano quegli di quella contrada. E 'l Preste Gianni
n'avea grande ira; e 7 valletti del Preste Giani sí gli dissero ch'eglino gli
recherebbero inanzi lo Re dell'Oro tutto vivo, s'egli volesse; e 'l Preste gli
disse che ciò volea volontiere. Quando questi valletti ebbero udito questo, egli
si partiro, e andaro a la corte del Re de l'Oro, e dissero al re ch'erano di strana
parte, e dissero ch'erano venuti per servirlo. Egli rispuose loro che fossero
li benvenuti, e che farebbe loro piacere e servigio. E cosí cominciaro li 7 valletti
del Preste Gianni a servire lo Re dell'Oro. E quando egli furo istati bene 2 anni,
eglino erano molto amato dal re per lo bello servigio ch'egli gli avean fatto,
e 'l re facea di loro come se tutti e 7 fossero istati suoi figliuoli. Or udite
quello che questi malvagi fecero, perché neuno si può guardare di traditore. Or
avenne che questo re s'andava solazando con poca gente, tra li quali erano questi
7. E quando ellino ebbero passato un fiume di lungi dal palagio detto di sopra,
quando questi 7, vedendolo ch'egli non avea compagnia che 'l potessero difender,
misero mano a le spade, e dissero d'ucciderlo o egli n'andasse con loro. Quando
lo re si vide a questo, si diede grande maraviglia, e disse: «Com'è questo, figliuoli
miei, ché mi fate voi questo? Ove volete voi ch'io vegna?». «Noi vogliamo che
voi vegnate al Preste Gianni, ch'è nostro signore».
108 Come 'l Preste fece prendere lo Re dell'Oro.
E quando lo re intese ciò che costoro li dissero,
buonamente che no morío di dolore, e disse: «Deh, figliuoli, non v'ò io onorati
assai? Perché mi volete voi mettere nelle mani del mio nemico?». Quegli rispuosero
che convenía che cosí fosse. Alora lo menaro al Preste Gianni. Quando lo Preste
Gianni lo vide, n'ebbe grande allegrezza, e disseli ch'egli fosse lo malevenuto,
quelli non seppe che si dire. Alotta comandò ch'egli fosse messo a guardare bestie,
e cosí fue. E questo li fece fare per dispetto, tuttavia bene guardandolo. E quando
egli ebbe guardate le bestie due anni, egli sel fece venire dinanzi, e fecegli
donare ricche vestimenta, e fecegli onore assai. Poscia li disse: «Signore re,
aguale puo' tu bene vedere che tu non se' da guerregiare meco». Rispuose lo re:
«Messer, sempre conobbi ch'io non era poderoso da ciò fare». Alotta disse il Preste:
«Io non ti voglio piú fare noia, se no che io ti farei piacere e onore». Allotta
fagli donare molti begli arnesi, e cavagli, e compagnia assai, e lasciòllo andare.
E questi si tornò al suo reame, e da quella ora inanzi fue suo amico e servidore.
Or vi conterò d'un'altra matera.
109 Del grande fiume di Carameran.
E quando l'uomo si parte di questo castello e va
verso ponente 20 miglie, truova un fiume ch'è chiamato Carameran, ch'è sí grande
che non si può passare per ponte, e va infino al mare Ozeano. E su per questo
fiume à molte città e castella, ove sono molti mercatanti e artefici. Attorno
questo fiume per la contrada nasce molto zinzibero, e àcci tanti uccegli ch'è
una maraviglia, che v'è per uno aspre ch'è com'uno viniziano 3 fagiani.
Quando l'uomo à passato questo fiume e l'uomo è ito 2 giornate, sí si truova una
nobile città, ch'è chiamata Cacianfu. Le genti sono tutti idoli e tutti
quegli de la provincia del Catai sono tutti idoli . E è terra di grande
mercatantia e d'arti, e àvi molta seta; quivi si fanno molti drappi di seta e
d'oro. Qui non à cosa da ricordare; però ci partiremo, e diròvi d'una nobile città,
ch'è in capo del reame di Quegianfu.
110 De la città di Quegianfu.
Quando l'uomo si parte de la città di Cacianfu,
ch'è detto di sopra, l'uomo cavalca 8 giornate per ponente, tuttavia trovando
castelle e cittadi di grandi mercatantie e d'arti, e begli giardini e case. Ancor
vi dico che tutta la contrada è piena di gelsi. La gente sono idoli. Quiv'àe cacciagioni
e uccellagioni assai. Quando l'uomo à cavalcato queste 8 giornate, l'uono truova
la nobile città di Quegianfu, la quale è nobile e grande, e è capo del reame di
Quegianfu, che anticamente fue buono reame e potente. Aguale n'è signore il figliuolo
del Grande Sire, che Mangala è chiamato, e àe corona. Questa terra è di grandi
mercatantie, e èvi molte gioe; quivi si lavora drappi d'oro e di seta di molte
maniere, e di tutti fornimenti da oste. Egli ànno di tutte cose che a uomo bisogna
per vivere in grande abondanza, e per grande mercato. La villa è a ponente, e
sono tutti idoli. E di fuori de la terra è 'l palagio di Mangala re, ch'è cosí
bello com'io vi dirò. Egli è in uno grande piano, ov'è fium'e lago e padule e
fontane assai. Egli à d'atorno un muro che gira bene 5 miglie, e è tutto merlato
e bene fatto; e in mezzo di questo muro è il palagio, sí bello e sí grande che
non si potrebbe meglio divisare; egli à molte belle sale e belle camere tutte
dipinte ad oro battuto. Questo Mangala mantiene bene suo reame in grande giustia
e ragione, e è molto amato. Quivi è grandi solazzi di cacciare. Or ci partiremo
di qui, e conteròvi d'una provincia ch'è molto nelle montagne, e à nome Cuncum.
111 De Cuncum.
Quando l'uomo si parte da questo palagio di Mangala,
l'uomo vae 3 giornate per ponente di molto bello piano, tuttavia trovando ville
e castella assai. E' vivono di mercatantia e d'arti, e ànno molta seta. Di capo
de le 3 giornate sí si truova montagne e valle, che sono de la provincia di Cuncum.
Egli àe per monti e per valle città e castella assai. E' sono idoli, e vivono
di lavorio di terra e di boscagli. E sappiate ch'egli ànno molti boschi, ove sono
molte bestie salvatiche, come sono lioni e orsi e cavriuoli, lupi cervieri, dani
e cervi e altre bestie assai, sicché troppo n'ànno grande uttulitade. E per questo
paese cavalca l'uomo 20 giornate per montagne e valle e boschi, tuttavia trovando
città e castella assai e buoni alberghi. Or ci partiremo di qui, e conteròvi d'un'altra
provincia, com'io vi conterò.
112 De la provincia Anbalet Mangi.
Quando l'uomo si parte e à cavalcato queste 20 giornate
di montagne di Cuncum, sí si truova una provincia ch'à nome Anbalet Mangi, ch'è
tutta piana; e v'à castella e città assai. E' sono al ponente, e sono idoli. Egli
vivono di mercatantia e d'arti. E per questa provincia àe tanto zinzibere, che
per tutto il Catai si sparge, e àssine grande guadagno. Egli ànno riso, grano
e altre biade assai, e grande mercato; è doviziosa d'ogni bene. La mastra terra
è chiamata Amechelet Mangi, che vale a dire 'l'una de le confine de' Mangi'. Questa
contrada dura 2 giornate; a capo di queste 2 giornate si truova le grandi valle
e li grandi monti, e boschi assai. E vassi bene 20 giornate per ponente, trovando
ville e castelle assai. La gente sono idoli; viveno di frutti de la terra, e d'ucelli
e di bestie. Quiv'àe leoni, orsi, lupi, cervi, dani, cavriuoli assai; quivi àe
grande quantità di quelle bestiuole che fanno lo moscato. Or ci partiremo di qui,
e diròvi d'altre contrade bene e ordinatamente, come voi udirete.
113 De Sardanfu.
E quando l'uomo è ito 20 giornate per ponente, com'io
ò detto, l'uomo truova una provincia ch'è ancora de le confine de' Mangi, e à
nome Sindafa. E la maestra città à nome Sardanfu, la quale fue anticamente grande
città e nobile, e fuvi entro molto grande e ricco re; ella giròe intorno bene
20 miglie. Ora fue cosí ordinata, che 'l re che morío lasciò 3 figliuoli, sí che
partiro la città per terzo, e ciascuno rinchiuse lo suo terzo di mure dentro da
questo circuito. E tutti questi figliuoli furono re, e aveano grande podere di
terre e d'avere, perché lo loro padre fu molto poderoso. E 'l Grande Kane disertò
questi 3 re, e tiene la terra per sé. E sappiate che per mezzo questa villa passa
un grande fiume d'acqua dolce, ed è largo bene mezzo miglio, ove à molti pesci,
e va fino al mare Aziano, e àvi bene da 80 a 100 miglie, e è chiamato Quinianfu.
In su questo fiume àe grande quantità di città e di castella, e àvi tante navi
ch'a pena si potrebbe credere, chi nol vedesse; e v'à tanta moltitudine di mercatanti
che vanno súe e giuso, ch'è una grande meraviglia. E 'l fiume è sí largo che pare
uno mare a vedere, e non fiume. E dentro da la città su questo fiume è uno ponte
tutto di pietre, e è lungo bene uno mezzo miglio e largo 8 passi. Su per lo ponte
àe colonne di marmore che sostegnono la copritura del ponte; ché sappiate ch'egli
è coperto di bella copritura, e tutto dipinto di belle storie. E àvi suso piú
magioni, ove si tiene molta mercatantia ed arti; ma sí vi dico che quelle case
sono di legno, che la sera si disfanno e la mattina si rifanno. E quiv'è lo camarlingo
del Grande Sire, che riceve lo diritto de la mercatantia che si vende su quel
ponte; e sí vi dico che 'l diritto di quello ponte vale l'anno bene 1.000 bisanti
d'oro. La gente è tutta ad idoli. Di questa città si parte l'uomo, e cavalca bene
per piano e per valli 5 giornate, tuttavia trovando città e castella assai. Li
uomini vivono della terra, e v'à bestie salvatiche assai, come lioni e orsi e
altre bestie. Quivi si fae bel zendado e drappi dorati assai. Egli sono de Sindu.
Quando l'uomo è ito queste 5 giornate ch'io v'ò contate, l'uomo truova una provincia
molto guasta, ch'à nome Tebet; e noi ne diremo di sotto.
114 De la provincia di Tebet.
Apresso le 5 giornate che v'ò dette, truova l'uomo
una provincia che guastòe Mongut Kane per guerra; e v'à molte ville e castella
tutti guasti. Quivi àe canne grosse bene 4 spanne, lunghe bene 15 passi, e àe
dall'uno nodo a l'altro bene 3 palmi. E sí vi dico che gli mercatanti e' viandanti
prendono di quelle canne la notte, e fanno ardere nel fuoco, perché fanno sí grande
scoppiata che tutti li leoni e orsi e altre bestie fiere ànno paura e fuggono,
e non s'acostarebbero al fuoco per cosa del mondo. E questo si fa per paura di
quelle bestie, che ve n'à assai. Le canne scoppiano perché si mettono verdi nel
fuoco, e quelle si torcono e fendono per mezzo; e per questo fendere fanno tanto
romore che s'odono da la lunga bene presso a 5 miglie, di notte, e piú; e sí è
terribile cosa a udire che chi non fosse d'udirlo usato, ogni uomo n'avrebbe grande
paura. E li cavagli che no ne sono usi si spaventano sí forte che rompono capestri
e ogne cosa e fuggono; e questo aviene spesse volte. E agli cavagli che non ne
sono usi, egli li fanno incapestrare tutti e quattro li piedi e fasciare gli occhi
e turare gli orecchi, sí che non può fugire quando ode questo scoppio. E cosí
campano gli uomini la notte, loro e le loro bestie. E quando l'uomo vae per queste
contrade bene 20 giornate, non truova né alberghi né vivande, ma conviene che
porti vivande per sé e per sue bestie tutte queste 20 giornate, tuttavia trovando
fere pessime e bestie salvatiche, che sono molte pericolose. Poscia truova castelle
e case assai, ove à uno cotale costume di maritare com'io vi dirò. Egli è vero
che niuno uomo piglierebbe neuna pulcella per moglie per tutto 'l mondo, e dicono
che non vagliono nulla s'ella no è costumata co molti uomini. E quando li mercatanti
passano per le contrade, le vecchie tengono loro figliuole sulle strade e per
li alberghi e per loro tende, e stanno a 10, a 20 e a 30; e fannole giacere con
questi mercatanti, e poscia le maritano. E quando il mercatante àe fatto suo volere,
conviene che 'l mercatante le doni qualche gioia, acciò che possa mostrare come
altri àe avuto a fare seco; e quella ch'àe piú gioe, è segno che piú uomini sono
giaciuti con essa, e piú tosto si marita. E conviene che ciascuna, anzi che si
possa maritare, conviene ch'abbia piú di 20 segnali al collo, per mostare che
molti uomini abbiano avuti a fare seco; e quella che n'à piú, è tenuta migliore,
e dicono ch'è piú graziosa che l'altre. La gente è idola e malvage, ché non ànno
per niuno pecato di far male e di rubare; e sono li migliori scherani del mondo.
Egli vivono di frutti della terra e di bestie e d'uccegli. E dicovi che in quella
contrada àe molte bestie che fanno il moscado, e questa mala gente àe molti buoni
cani, e prendonne assai. Egli non ànno né carte né monete di quelle del Grande
Kane, ma fannole da loro. Egli si vestono poveramente, ché 'l loro vestire si
è di canavacci e di pelle di bestie e di bucerain, e ànno loro linguaggio e chiamansi
Tebet. E questa Tebet è una grandissima provincia; e conteròvene brevemente, come
voi potrete udire.
115 Ancora de la provincia di Tebet.
Tebet è una grandissima provincia, e ànno loro linguaggio;
e sono idoli e confinano co li Mangi e co molte altre province. Egli sono molti
grandi ladroni. E è sí grande, che v'à bene 8 reami grandi, e grandissima quantità
di città e di castella. E v'à in molti luoghi fiumi e laghi e montagne ove si
truova l'oro di paglieola in grande quantità. E in questa provincia s'espande
lo coraglio, e èvi molto caro, però ch'egli lo pongono al collo di loro femine
e de' loro idoli, e ànnolo per grande gioia. E 'n questa provincia à giambellotti
assai e drappi d'oro e di seta; e quivi nasce molte spezie che mai non furo vedute
in queste contrade. E ànno li piú savi incantatori e astorlogi che siano in quello
paese, ch'egli fanno tali cose per opere di diavoli che non si vuole contare in
questo libro, però che troppo se ne maraviglierebbero le persone. E sono male
costumati. Egli ànno grandissimi cani e mastini grandi com'asini, che sono buoni
da pigliare bestie salvatiche; egli ànno ancora di piú maniere di cani da caccia.
E vi nasce ancora molti buoni falconi pellegrini e bene volanti. Or lasciamo di
questa provincia di Tebet, e diròvi d'un'altra provincia e regione, la quale è
scritta di sotto. E' sono al Grande Kane; e tutte province e regioni che sono
scritte in questo libro sono al Grande Kane, salvo quelle dal princípo di questo
libro che sono au fi Angom, com'io v'ò scritto. E perciò, da quella infuori, quanto
n'è scritto su questo libro, tutte sono al Grande Kane; e perché voi nol trovaste
scritto, sí lo 'ntendete in tale maniera com'io v'ò detto. Or lasciamo qui, e
conteròvi de la provincia del Gaindu.
116 De la provincia di Gaindu.
Gaindu è una provincia verso ponente, né non à se
no uno re. E' sono idoli, e sono al Grande Kane; e v'à città e castella asai.
E v'à uno lago ove si truova molte perle, ma 'l Grande Kane non vuole che se ne
cavino, ché se ne cavassero quante se ne troverebboro, diventerebbero sí vili
che serebber per nulla; ma 'l Grande Sire ne fa tòrre solamente quante ne bisognano
a lui; e chi altri ne cavasse, perderebbe la persona. Ancora v'à una montagna
ove si truovano pietre in grande quantità, che si chiamano turchie, e sono molto
belle; e 'l Grande Sire non le lascia trare se non per suo comandamento. E sí
vi dico che in questa terra à un bello costume, che nol si tengono a vergogna
se uno forestiere o altra persona giace co la moglie o co la figliuola od alcuna
femmina ch'egli abbiano in sua casa; anzi lo tengono a bene, e dicono che li loro
idoli gline danno molti beni temporali; e perciò fanno sí grande larghità di loro
femmine a' forestieri, com'io vi dirò. Che sappiate che quando uno uomo di questa
contrada vede che gli vegna uno forestiere a casa, incontanente esce di casa,
e comanda a la moglie e all'altra famiglia ch'al forestiere sia fatto ciò ch'e'
vuole come a la sua persona; e esce fuori, e sta a sua villa o altrove tanto che
'l forestiere vi dimora 3 die. E 'l forestiere fa appiccare suo cappello o altra
cosa a la finestra a significare ch'egli è ancora là entro, perché 'l marito o
altro forestiere no v'andasse; e fin quello segnale stae alla casa, mai non vi
torna. E questo si fa per tutta questa provincia. Egli ànno muneta com'io vi dirò.
Egli prendono la sel e fannola cuocere e gíttalla in forma, e pesa questa forma
da una mezza libbra; e le quattro venti di questi tali sel ch'io v'ò detto, vagliono
uno saggio d'oro fino, e questa è la picciola moneta ch'egli spendo. Egli ànno
bestie che fanno il moscado in grande quantità; egli ànno pesci assai e càvagli
del lago ch'io v'ò detto, ove si truova le perle. Leoni, lupi cervieri, orsi,
dani, cavriuoli, cervi ànno assai; e tutti uccegli ànno assai. Vino di vigne non
ànno, ma fanno vino di grano e di riso co molte spezie, e è buono bevigione. In
questa provincia nasce garofani assai: egli è un àlbore piccolo che fa le foglie
grandi quasi come corbezze, alcuna cosa piú lunghe e piú strette; lo fiore fa
bianco, piccolo come il garofano. Egli ànno zinzibero in grande abondanza, e canella
e altre spezie assai, che nonne vegnono in nostra contrada. Or lasciamo di questa
città, e conteròvi di questa contrada medesima piú inanzi. Quando l'uomo si parte
di questa Gaindu, l'uomo cavalca bene 10 giornate per castella e per cittadi;
e la gente è tutta di questa maniera, e di costumi e d'ogne maniera {di quelli
ch'io v'ò detto}. Passate queste 10 giornate, sí si truova un fiume chiamato Brunis,
e quivi si finisce la provincia di Gaindu. E in questo fiume si truova grande
quantità d'oro di pagliuola. Quivi àe canella assai. E entra nel mare Oceano.
Or lasciamo di questo fiume, ché non v'à cosa da contare; e diremo d'una provincia
chiamata Caragian, come voi udirete.
117 De la provincia di Caragian.
Quando l'uomo à passato questo fiume, sí s'entra
ne la provincia di Caragian, ch'è sí grande che ben v'à 7 reami. È verso ponente;
e sono idoli e sono al Grande Kane. El re è figliuolo del Grande Kane, ed è ricco
e poderoso, e mantiene bene sua terra e 'n giustizia, ed è prod'uomo. Quando l'uomo
à passato il fiume ch'i' v'ò detto di sopra, ed è ito 5 giornate, sí si truova
città e castella assai. Quivi nasce troppo buoni cavalli; e costoro vivono di
bestiame e di terra. Egli ànno loro linguaggio, molto grave da intendere. Di capo
di queste 5 giornate, si truova la mastra città ed è capo del regno
ch'è chiamata Iaci, molto grande e nobile. Quin'àe mercatanti e artefici. La legge
v'è di piú maniere: chi adora Maometto e chi l'idoli, e chi è cristiano nestorino.
E v'à grano e riso assai; ed è contrada molto inferma, perciò mangiano riso. Vino
fanno di riso e di spezie, ed è molto chiaro e buono, ed inebria tosto come 'l
vino. Egli spendono per moneta porcellane bianche che si truovano nel mare e che
si ne fanno le scodelle, e vagliono le 80 porcelane un saggio d'argento, che sono
due viniziani grossi, e gli otto saggi d'argento fino vagliono un saggio d'oro
fino. Egli ànno molte saliere, onde si cava e faie molto sale, onde si ne fornisce
tutta la contrada; di questo sale lo re n'à grande guadagno. E' non curano se
l'uno tocca la femina dell'altro, pure che sia sua volontà de la femina. Quiv'è
un lago che gira bene 100 miglia, nel quale à molti pesci grandi, li migliori
del mondo, di tutte fatte. Egli mangiano la carne cruda e ogne carne. E' poveri
vanno a la beccheria, e quando s'apre il castrone o bue, sí li cavan le budella
di corpo, e mettole ne la salsa de l'aglio e màngialle; e cosí fanno d'ogne carne.
E li gentili uomini la mangian cruda, ma sí la fanno minuzzare molto minuto, poscia
la mettono ne la salsa e màngialla e con buone spezia; e màngialla cosí come noi
la cotta. Ancora vi conteremo di questa provincia di Caragian medesima.
118 Ancora divisa de la provincia di Caragian.
Quando l'uon si parte de la città di Iacci e va
10 giornate per ponente, truova la provincia di Caragian; e la mastra città del
regno è chiamata Caragian. E' sono idoli e sono al Gran Kane; el re si è figliuolo
del Gran Kane. E in questa provincia si truova l'oro di pagliuola, cioè nel fiume,
e ancora si truova in laghi e montagne oro piú grosso che di pagliuola; e danno
un saggio d'oro per sei d'ariento. Ancora qui si spende le porcelane ch'io vi
contai; e in questa provincia non si truova queste porcelane, ma vi vegnono d'India.
E in questa provincia nasce lo grande colubre, el grande serpente, che sono sí
dismisurati che ogn'uomo ne dovrebbe pigliare maraviglia; e sono molto oribile
cosa a vedere. Sapiate per vero che lí vi n'à di lunghi 10 passi, e sono grossi
10 palmi: e questi sono li magiori. Elli ànno due gambe dinanzi, presso al capo,
e non ànno piede, salvo un'unghia fatta come di leone; lo ceffo à molto grande,
lo naso magior ch'un gran pane, la bocca tale che bene inghiottirebbe un uomo
al tratto, li denti grandissimi; ed è sí ismisuratamente grande e fiera, che no
è uomo né bestia che no la dotti e non n'abbia paura. E ancora vi n'à de' minore,
cioè d'otto passi e di 6. La maniera come si prendono si è questa. Elle dimorano
lo die sotterra per lo grande caldo; la notte escon fuori a pascere, e prende
tutte quelle bestie che possono avere. Elle vanno a bere al fiume e al lago e
a le fontane. Elle sono sí grande e sí grosse che, quando vanno a bere o a mangiare
di notte, fae nel sabione, onde vae, tal fossa, che pare ch'una botte vi sia voltata.
E' cacciatori che la vogliono pigliare, veggono la via ond'è ito il serpente,
e ànno un palo di legno grosso e forte, e in quel palo à fitto un ferro d'aciaio
fatto com'uno rasoio, e cuoprelo col sabione; e di questi ingegni fanno i cacciatori
assai. E quando lo colubre viene per questo luogo, percuote in questo ferro sí
forte, che si fende dal capo a piede anfino al bellíco, sí che muore incontanente;
e cosí la prendono i cacciatori. E incontanente ch'è morto, sí li cavano lo fiele
del corpo e vendollo molto caro, perciò ch'è la migliore medicina al morso del
cane rabioso, dandoglile a bere d'un peso d'un picciolo danaio. E quando una donna
non può partorire, dandole a bere un poco di quel fiele, incontanente parturisce.
La terza si è buona a nascenzia: ponendovi su un poco di quel fiele, in poco tempo
è guarito. E per queste cagioni lo fiele è molto caro in quella contrada. Ancora
la carne si vende perch'è molto buona a mangiare. E dicovi che questo serpente
vae a le tane de li leoni e degli orsi, e mangia loro e loro figliuoli, se li
puote avere, e tutte altre bestie. In questa contrada è grandissimi cavalli, e
molti ne vanno in India; e càvali due o tre nodi de la coda, acciò che no meni
la coda quand'altre cavalca, perciò ch'à loro pare cosa molta lada. Elli cavalcano
lungo come franceschi. E' fanno arme turchiesche di cuoio di bufale, e ànno balestra,
e atoscano tutte le quadrelle. E ancora aveano cotale usanza prima che 'l Grande
Kane li conquistasse, che, se aenisse ch'alcuno albergasse a lor casa che fosse
grazioso e bello e savio, sí l'ucideano o con veleno o con altro; né questo non
faceano per moneta, ma diceano che tutto il senno di colui e la grazia e la ventura
rimanea in lor casa. Poscia che 'l Grande Kane la conquistò, ch'è da 35 anni,
nol fanno piú, per la paura del Grande Kane. Or lasciamo di questa provincia,
e diròvi d'un'altra.
119 De la provincia d'Ardandan.
Quando l'uomo si parte di Caragian e va per ponente
5 giornate, truova una provincia che si chiama Ardandan. E ' sono idoli e al Grande
Kane; la mastra città si chiama Vacian. Questa gente ànno una forma d'oro a tutti
i denti, ed a quelli di sopra ed a quelli di sotto, sí che tutti i denti paiono
d'oro; e questo fanno gli uomini, ma non le donne. Gli uomini son tutti cavalieri,
secondo loro usanza, e non fanno nulla, salvo ch'andare in oste; le donne fanno
tutte loro bisogne co li schiavi insieme ch'egli ànno. E quando alcuna donna à
fatto il fanciullo, lo marito stae nel letto 40 die, e lava 'l fanciullo e governalo.
E ciò fanno perché dicono che la donna à durato molto afanno del fanciullo a portallo,
e cosí vogliono che si riposi. E tutti gli amici vegnono a costui al letto, e
fanno grande festa insieme. E la moglie si leva del letto, e fa le bisogne di
casa e serve il marito nel letto. E' manucano tutte carne, e crude e cotte, e
riso cotto con carne; lo vino fanno di riso con ispezie molto buono. La moneta
ànno d'oro e di porcellane, e danno un saggio d'oro per 5 d'ariento, perché no
ànno argentiera presso a 5 mesi di giornate; e di questo fanno i mercatanti grande
guadagno, quando vi ne recano. Questa gente no ànno idoli né chiese, ma 'dorano
lo magior de la casa, e dicono: «Di costui siamo». Egli no ànno lettere né scritture,
e ciò no è maraviglia, però che stanno in un luogo molto divisato, che no vi si
puote andare di state per cosa del mondo, per l'aria che v'è cosí corotta, che
neuno forestiere vi può vivere per neuna cosa. Quand'ànno a fare l'uno coll'altro,
fanno tacche di legno, e l'uno tiene l'una metà e l'altro l'altra metà: quando
colui dé pagare la moneta, e' la paga, e fassi dare l'altra metà de la tacca.
In tutte queste province non à medici cioè Caragian e Vorcian e Iacin ,
e quando eli ànno alcuno malato, mandano per loro magi e incantatori di diavoli.
E quando sono venuti al malato, ed egli gli à contato lo male, eglino suonano
loro stormenti, e cantano e ballano; quando ànno ballato un poco, e l'uno di questi
magi cade in terra co la schiuma a la bocca e tramortisce, e 'l diavolo gli è
ricoverato in corpo. E cosí sta che pare morto grande pezza, e gli altri magi
dimandano questo tramortito de la 'nfermità del malato e perch'egli à ciòe. Quelli
risponde ch'egli à questo però che fece spiacere 'alcuno spirito. E li magi dicono:«Noi
ti preghiamo che tue li perdoni e prendi del suo sangue, sí che tue ti ristori
di quello che ti piace». Se 'l malato dé morire, lo tramortito dice:«Elli à fatto
tanto dispiacere a cotale spirito, ch'elli no li vuole perdonare per cosa del
mondo». Se 'l malato dé guarire, dice lo spirito ch'è nel corpo del mago:«Togliete
cotanti montoni dal capo nero, e cotali beveraggi molto cari, e fate sagrificio
a cotale ispirito». Quando li parenti del malato ànno udito questo, fanno tutto
ciòe che dice lo spirito, ché ucide gli montoni e versa lo sangue ove gli è detto,
per sagrificio. Poscia fanno cuocere li montoni, o uno o piúe, ne la casa del
malato; e quine sono molti di questi magi e donne tante quanto gli è detto per
quello spirito. Quando lo montone è cotto e 'l beveraggio è aparechiato e la gente
v'è raunata, alora coninciano a cantare e a ballare e a sonare; e gittano del
brodo per la casa qua e là, e anno mcenso e mirra, e sofumicano e alluminano tutta
la casa. Quand'ànno cosí fatto una pezza, alotta inchina l'uno, e l'altro domanda
lo spirito se à 'ncora perdonato al malato. Quelli risponde:«No gli è ancora perdonato;
fate anche cotale cosa, e saralli perdonato». Fatto quello ch'à comandato, ed
elli dice:«Egli sarà guerito incontanente». Allotta dicono:«Lo spirito è bene
di nostra parte». E fanno grande allegrezza, e mangiano quel montone e beono;
e ogn'uomo torna a sua casa, e il malato guerisce incontanente. Or lasciamo questa
contrada, e diròvi d'altre contrade, come voi udirete.
120 De la grande china.
Quando l'uomo si parte di questa provincia ch'i'
v'ò contato, l'uomo discende per una grande china, ch'è bene due giornate e mezzo
pur a china. E in quelle 2 giornate e mezzo no àe cosa da contare, salvo che v'à
una grande piazza, ove si fa certa fiera certi dí de l'anno. E quine vegnono molti
mercatanti, che recano oro e ariento e altre mercatantie assai, ed è grandissima
fiera. E quelli che recano l'oro quie, neuno puote andare in loro contrada, salvo
eglino, tanta è contrada rea e divisata da l'altre; né neuno può sapere ov'elli
istanno, perché neuno vi puote andare. Quando l'uomo à passate queste 2 giornate,
l'uomo truova una provincia verso mezzodie, ed è a le confini de l'India, ch'è
chiamata Amien. Poscia va l'uomo 15 giornate per luogo disabitato e sozzo, ov'à
molte selve e boschi, ov'à leofanti e lunicorni assai e altre diverse bestie assai;
uomini né abitagioni non v'à. Perciò vi lascerò di questa contrada, e diròvi d'una
istoria, come potrete udire.
121 De la provincia de Mien.
Sappiate che, quando l'uomo à cavalcate 15 giornate
per questo cosí diverso luogo, l'uomo truova una città ch'à nome Mien, molto grande
e nobile. La gente è idola. E' son al Grande Kane e ànno lingua per loro. E in
questa città à una molto ricca cosa, ché anticamente fue in questa città un molto
ricco re; e quando venne a morte, lasciò che da ogne capo de la sua sopultura
si dovesse fare una torre, l'una d'oro e l'altra d'ariento. E queste torri sono
fatte com'io vi dirò, ch'elle sono alte bene 10 passi e grosse come si conviene
a quella altezza. La torre si è di pietre, tutta coperta d'oro di fuori, ed èvi
grosso bene un dito, sí che vedendola par pure d'oro; di sopra è tonda, e quel
tondo è tutto pieno di campanelle endorate, che suonano tutte le volte che 'l
vento vi percuote. L'altra è d'ariento, ed è fatta né piú né meno. E questo re
le fece fare per sua grandezza e per sua anima; e dicovi ch'ell'è la piú bella
cosa del mondo a vedere e di magiore valuta. E 'l Grande Kane conquistò questa
provincia com'io vi dirò. Il Grande Kane disse a tutt'i giullari ch'avea in sua
corte, che volea ch'andassero a conquistare la provincia de Mien, e darebbe in
lor compagnia quelli di Caveitan e quelli d'Aide. Li giullari dissero che volontieri.
Vennero quie con questa gente i giullari, e presero questa provincia. Quando fuoro
a questa città, videro cosí bella cosa di queste torri; mandaro a dire al Grande
Kane, ov'elli era, la bellezza di queste torri e la ricchezza e 'l modo come fuoro
fatte, e se volea che le disfacessono e mandasselli l'oro e l'ariento. Lo Grande
Kane, odendo che quello re l'avea fatte fare per su'anima e per ricordanza di
lui, mandò comandando che non fossono guaste, anzi vi stessono per quello per
che l'avea fatte fare il re di quella terra. E di ciò non fue maraviglia, ché
neuno Tartaro non tocca cosa di neuno uomo morto. Egli ànno leofanti assai e buoi
salvatichi grandi e belli, e di tutte bestie in grande abondanza. Ò detto di questa
provincia; diròvi d'un'altra ch'à nome Gangala.
122 De la provincia di Gangala.
Gangala è una provincia verso mezzodie, che negli
anni Domini 1290 che io Marco era ne la corte del Grande Kane, ancora no l'avea
conquistata, ma tuttavia v'era l'oste e sua gente per conquistalla. In questa
provincia à re, e ànno loro linguaggio. E' sono pessimi idoli; e sono a li confini
de l'India. Quin'àe molti erniosi. Li baroni di quella contrada ànno li buoi grandi
come leofanti, ma no sí grossi. Ellino vivono di carne e di riso, e fanno grande
mercatantia, ch'egli ànno spigo e galinga e zizibe e zucchero e di molt'altre
care spezie. Qui vegnono i mercatanti e qui acattano de le spezie che io v'ò detto.
E quini truovano † assai, ché sapiate che li mercatanti acattano in questa provincia
†assai, e poscia li portano a vendere per molte altre parti. Qui no à 'ltro ch'i'
voglia contare, e però ci partiremo e diremo d'un'altra provincia verso levante
ch'à nome Caugigu.
123 De la provincia di Caugigu.
Caugigu è una provincia del levante che à re. E'
sono idoli, e ànno lingua per loro. Elli s'attendono al Grande Kane, e ogn'anno
li fanno trebuto. E dicovi che questo re è sí lusurioso, ch'egli à bene 300 moglie,
e com'egli à una bella femina ne la contrada, incontanente la piglia per moglie.
Qui si truova molt'oro e care spezie, ma è molto di lungi dal mare, però non vagliono
guari loro mercatantie. Egli ànno molti leofanti e altre bestie assai, e vivono
di carne e di riso; e 'l vino fanno di riso. I maschi e le femine si dipingono
tutti a ucelli, a besti' e ad aguglie ed altri divisamenti; e dipingosi il volto
e le mani e 'l corpo e ogne cosa. E questo fanno per gentilezza, e chi piú n'à
di queste dipinture, piú si tiene gentile e piú bello. Or lasciamo di questo,
e diròvi d'un'altra provincia ch'è chiamata Aniu, ch'è verso levante.
124 D'Aniu.
Aniu è una provincia verso levante, che sono al
Grande Kane. E' sono idoli. Elli vivono di bestie e di terra, e ànno lingua per
loro. Le donne portano a le bracce e a le gambe bracciali d'oro e d'ariento di
grande valuta, e gli uomini li portano migliori e piú cari. Egli ànno buoni cavalli
ed assai, e quelli d'India ne fanno grande mercatantia; egli ànno grande abondanza
di buoi, di bufale e di vacche, perch'ànno molto buon luogo da ciò per fare buone
pastur'e per erbe; da vivere di tutte cose. E sappiate che d'Aniu infino a Cagigu,
ch'è di dietro, si à 15 giornate; e di quie a Bangala, ch'è la terza provincia
arieto, si à 20 giornate. Or ci partiremo d'Aniu, e andremo a un'altra provincia
ch'à nome Toloman, ch'è di lungi da questa 8 giornate verso levante.
125 Di Toloman.
Toloman è una provincia verso levante, e ànno lingua
per loro e sono al Grande Kane. La gente è idola. E' sono bella gente, no bene
bianchi ma bruni, e sono buoni uomini d'arme. E ànno assai città e castella, e
ànno grandissima quantità di montagne e forti. E quando muoiono, fanno ardere
i loro corpi, e l'ossa che non possono ardere, sí le mettono in piccole cassette
e pòrtalle a le montagne, e fannole stare apiccate ne le caverne, sí che né uomo
né altra bestia no le può toccare. Qui si truova oro asai; la moneta minuta è
di porcellane, e cosí tutte queste province, come Bangala e Cagigu ed Aniu, espendono
oro e porcellane. Quini à pochi mercatanti, ma sono ricchi. Elli vivono di carne
e di lardo e di riso e di molte buone spezie. Or lasciamo di questa provincia,
e diròvi d'un'altra ch'è chiamata Cugiu, verso levante.
126 Di Cugiu.
Cugiu è una provincia verso levante che, quando
l'uomo si parte di Toloman, e' va 12 giornate su per uno fiume, ov'à ville e castella
assai. Non v'à cose da ricordare. E di capo de le 12 giornate si truova la città
di Cugiu, la qual è molto nobile e molto grande. E' sono idoli ed al Grande Kane.
E' vivono di mercatantia e d'arti, e fanno panno di scorze d'àlbori e sono be'
vestir di state. E' sono uomini d'arme; non ànno moneta se non le carte del Grande
Kane. E' v'à tanti leoni che, se neuno dormisse la notte fuori di casa, sarebbe
incontanente manicato. E chi di notte va per questo fiume, se la barca no sta
bene di lungi da la terra, quando si riposa la barca, andrebbe alcuno leone e
piglierebbe uno di questi uomini e mangiarebbelo, ma gli uomini si ne sanno bene
guardare. Li leoni ci sono grandissimi e pericolosi. E sí vi dico una grande maraviglia,
che due cani vanno a un grande leone questi cani di questa contrada
e ucidollo, tanto sono arditi, e diròvi come. Quando un uomo è a cavallo con due
di questi buoni cani, come i cani veggono il leone, sí tosto corrono a lui, l'uno
dinanzi e l'altro di dietro, ma sono sí mastri e leggeri che 'l leone non li tocca,
perché 'l leone guarda molto all'uomo. E 'l leone si mette a partire per trovare
àlbore ove ponga le reni per mostrare il viso a li cani, e' cani tuttavia lo mordono
a le cosce, e fannolo rivolgere or qua or là; e l'uomo ch'è a cavallo sí lo seguita
percotendolo di sue saette molte volte, tanto che il leone cade morto, sí che
non si può difendere da un uomo a cavallo co due buoni cani. Egli ànno seta assai,
e su per questo fiume va mercatantia assai da ogne parte per li rami di questo
fiume. E ancora andando su per questo fiume 12 giornate, si truova città e castella
assai. Le gente sono idole e sono al Grande Kane; e spendono monete di carte.
Alcuna gente v'à d'arme, alcuna v'à di mercatanti e artefici. Di capo de le 12
giornate si truova Sindifu, di che questo libro parlò adietro. Di capo di queste
12 giornate, l'uomo cavalca bene 70 giornate per terre e per province, di che
parlò questo libro adietro. Di capo de le 70 giornate l'uomo truova Cugiu, ove
noi fummo. Da Cugiu si parte e va 4 giornate, trovando castella e città assai.
E' sono artefici e mercatanti, e sono al Grande Kane; ànno moneta di carta. Di
capo de le 4 giornate si truova Cacafu, ch'è de la provincia del Catai. E diròvi
sua usanza e suoi covenentri, come potrete udire.
127 De la città di Cacafu.
Cancafu è una città grande e nobile ver' mezzodie.
La gente è idola; e' sono al Grande Kane, e fanno ardere loro corpo, quand'è morto.
E' sono mercatanti e artefici, perch'egli ànno seta assai e zendadi; fanno drappi
di seta indorati assai. E à città e castella sotto sé. Or ci partiamo di qui e
anderemo 3 giornate verso mezzodie, e dirén d'un'altra città ch'à nome Ciaglu.
128 Della città di Ciaglu.
Ciaglu è una molto grande città de la provincia
del Catai, ed è al Grande Kane; e' sono idoli. La moneta ànno di carte, e fan
ardere lor corpi morti. E in questa città si fa 'l sale in grandissima quantità,
e diròvi come. Qui à una terra molto salata, e fannone grandi monti, e 'n su questi
monti gittano molt'acqua, tanto che l'acqua vae di sotto. Poscia quest'acqua fanno
bollire in grandi caldaie di ferro assai, e quest'acqua è fatta sale, bianca e
minuta. E di questo sale si porta per molte contrade. Qui no à 'ltro da ricordare.
Or vi conterò d'un'altra città ch'à nome Ciangli, ch'è verso mezzodie.
129 Di Ciangli.
Ciangli è una città del Catai. E' sono idoli e al
Grande Kane; e ànno moneta di carte. È di lungi da Ciaglu 5 giornate, sempre trovando
città e castella. Questa contrada è di grande prode al Grande Kane, ché per mezzo
la terra vae un grande fiume, ove sempre va molta mercatantia di seta e di molta
spezzeria ed altre cose. Or ci partiamo, e diròvi d'un'altra città ch'à nome Codifu,
di lungi da questa 6 giornate verso mezzodie.
130 Della città ch'à nome Codifu.
Quando l'uomo si parte di Ciangli, e' va 6 giornate
verso mezzodie, tuttavia trovando castella e città di grande nobiltà. E' sono
idoli ed ardono lo corpo morto. E' sono al Grande Kane, e ànno moneta di carte.
E' vivono di mercatantie e d'arti, e ànno grand'abondanza d'ogne cosa da vivere.
Ma non v'à cosa da ricordare, e però diremo di Condifu. Sapiate che Condifu fue
già molto grandissimo reame, ma 'l Grande Kane lo conquistò per forza d'arme;
ma 'ncora ell'è la piú nobile cittade di quel paese. Quiv'àe grandissimi mercatanti;
quiv'àe tanta seta ch'è maraviglia, e belli giardini e molti frutti e buoni. E
sapiate che questa città à sotto sé 15 città di grande podere, che sono tutte
di grandi mercatantie e di grande prode. E dicovi che ne l'anni Domini 1273, il
Grande Kane avea dato a un suo barone bene 80'000 cavalieri, ch'andasse a questa
città per guardalla e per salvalla. Quand'elli fue istato in questa contrada un
tempo, ordinò con certi uomini di quel paese di fare tradimento al signore e ribellare
tutte queste terre dal Grande Kane. Quando il Grande Kane seppe questo, vi mandò
2 suoi baroni con 100'000 cavalieri. Quando questi due baroni furo làe presso,
il traditore uscío fuori co questa gente ch'avea, ch'era bene 100'000 cavalieri
e molti pedoni. Qui fu la battaglia grandissima: il traditore fue morto e molti
altri; e tutti coloro de la terra ch'erano colpevoli, il Grande Kane li fece uccidere,
e a tutti gli altri perdonò. Or ci partiamo, e diròvi d'un'altra contrada ch'è
verso mezzodí, ch'à nome Signi.
131 Di Signi.
Quando l'uomo si parte da Condifu, l'uomo va 3 giornate
ver' mezzodie, tuttavia trovando città e castella assai, cacciagioni e ucelli
asai, e d'ogne cosa grand'abondanza. A capo de le tre giornate si truova la città
di Signi ch'è molto grande e bella e di grande mercatantia e d'arti assai. E'
sono idoli ed al Grande Kane; la loro moneta è di carte. E sí vi dico ch'egli
ànno un fiume, ond'egli ànno grande prode; e diròvi come gli uomini de la contrada
questo fiume, che viene di verso mezzodie, l'ànno partito in due parti, l'una
parte verso levante e va au Mangi, e l'altra verso ponente, cioè verso lo Catai.
E dicovi che questa terra à sí grande novero di navi, che quest'è maraviglia,
né no sono grandi navi; e con queste navi a queste province portano e recano grandi
mercatantie, tanto ch'è maraviglia a credere. Or ci partiremo di qui, e direnvi
d'un'altra verso mezzodie, ch'à nome Ligni.
132 Di Ligni.
Quando l'uomo si parte di Signi, e' va per mezzodie
8 giornate, tuttavia trovando castella e città assai, ricche e grandi. E' sono
idoli e fan ardere lor corpo morto. E' sono al Grande Kane; la moneta son carte.
A capo de l'otto giornate truova una città ch'à nome Ligni, ch'è capo del regno:
la città è molto nobile. E' sono uomini d'arme. Vero è ch'è terra d'arti e di
mercatantie; e àvi di bestie e d'ucelli grand'abondanza, e da mangiare e da bere
asai. Ed è sul fiume che io vi ricordai di sopra; ed à maggior navi che l'altre
di sopra. Or lasciamo qui, e diròvi d'un'altra città ch'à nome Pigni, ch'è molto
grande e ricca.
133 Di Pigni.
Quando l'uomo si parte di Ligni, e' va tre giornate
per mezzodie, trovando castella e città assai. E' sono del Catai, e sono idoli
e fanno ardere i loro corpi morti; e sono al Grande Kane. E àvi ucelli e bestie
assai, i miglior del mondo; di tutto da vivere ànno grande abondanza. Di capo
de le tre giornate si truova una città ch'à nome Pigni, molto grande e nobile,
di grandi mercatantie e d'arti. Questa città è a l'entrata de la grande provincia
deu Mangi. Questa città rende grande prode al Grande Kane. Or ci partiamo, e diròvi
d'un'altra città ch'à nome Cigni, ch'è ancora al mezzodie.
134 Di Cigni.
Quando l'uomo si parte de la città di Pigni, e'
va due giornate ver' mezzodie per belle contrade e diviziose d'ogne cosa. E a
capo de le due giornate trova la città di Cigni, ch'è molto grande e ricca di
mercatantia e d'arti. La gente è idola e fanno ardere lo' corpo. Lor monete son
carte, e sono al Grande Kane; e ànno molto grano e biada. Qui no à 'ltro; però
ci partiremo e andremo piú inanzi. Quando l'uomo è ito 3 giornate ver' mezzodie,
l'uomo truova belle città e castella, belle cacciagioni e ucellagioni e buoni
cani, e biada asai. E' sono come que' di sopra. Di capo de le 3 giornate si truova
il grande fiume di Carameran che vien de la terra del Preste Gianni. Sapiate ch'è
largo un miglio e molto profondo, sí che bene vi puote andare grande nave. Egli
à in questo fiume bene 15'000 navi, che tutte sono del Grande Kane per portare
sue cose, quando fa oste a l'isole del mare, ché 'l mare v'è presso una giornata.
E ciascuna di queste navi vuole bene 15 marinai, e portano intorno di 15 cavalli,
cogli uomini con loro arnesi e vidande. Quando l'uomo ha passato questo fiume,
entra ne la grande provincia deu Mangi; e diròvi come la conquistò il Grande Kane.
135 Come il Grande Kane conquistò lo reame de li Mangi.
Egli è vero che ne la grande provincia deu Mangi
era signore Fafur, ed era, dal Grande Kane in fuori, il maggior signore del mondo
e 'l piú possente d'avere e di gente. Ma no sono genti d'arme; ché se fossono
stati buoni d'arme, a la forza de la contrada, mai no l'avrebbe perduta, ché le
terre sono tutte atorneate d'acqua molto fonda e non vi si va se no per ponte.
Sí che 'l Grande Kane gli mandò un barone ch'avea nome Baian Anasan, ciò è a dire
'Baian Cento Occhi', e questo fue negli anni Domini 1273. E 'l re del Mangi trovò
per sua isteromia che la sua terra mai no si perderebbe se non per un uomo ch'avesse
100 occhi. E andò Baian con grandissima gente e co molte navi che li portaro uomeni
a piè ed a cavallo. E' venne a la prima città de li Mangi, e no si volle rendere
a lui; poscia andò a l'altre infino a le 6 città, e queste lasciava, però che
'l Grande Kane li mandava molta gente dietro ed è questo Grande Kane che
oggi regna. Or avenne che costui la 6 città prese per forza, e poscia ne pigliòe
tante che n'ebbe 12; poscia se n'andò a la mastra città de li Mangi, ch'à nome
Quisai, ov'era il re e la reina. Quando il re vide tanta gente, ebbe tal paura
che si partí de la terra co molta gente e bene co 1000 navi, e andò al mare Oceano
e fuggí ne l'isole; la reina rimase, che si defendea al me' che potea. E la reina
dimandò chi era il segnore de l'oste; fulle detto: 'Baian Cento Occhi'. E la reina
si ricordò de la profezia ch'ò detto di sopra: incontanente rendéo la terra, e
incontanente tutte le città de li Mangi si rendero a Baian. E in tutto 'l mondo
non era sí grande reame come questo; e diròvi alcuna de le sue grandezze. Sapiate
che questo re face' ogn'anno nutricare 20'000 fanciulli piccioli; e diròvi come.
In quella provincia si gittano i fanciulli come sono nati cioè le povere
persone che no li possono notricare ; e quando un ricco uomo non à figliuoli,
e' va al re e fassine dare quanti vuole. E quando egli àe fanciulli e fanciulle
da maritare, sí gli amoglia insieme, e dàlli onde possano vivere; e in questo
modo n'aleva ogn'anno bene 20'000 tra maschi e femine. Ancora fae un'altra cosa,
che quando lo re vae per alcuno luogo ed e' vede due belle case e dal lato una
piccola, ed elli domanda perché quelle sono magior di quella; e s'egli è perché
sia d'alcuno povero che no la possa fare magiore, incontanente comanda che de'
suoi danari sia fatta. Ancora questo re si fa servire a piú di mille tra donzelli
e donzelle. Elli mantiene suo regno in tanta iustizia, che non vi si fa nullo
male, che tutte le mercatantie stanno fuori. Contato v'òe del regno; or vi conterò
de la reina. La reina fue menata al Grande Kane, e 'l Grande Kane le fece grande
onore, come a grande reina. E il re, marito di questa reina, mai non uscí de l'isole
del mare Oceano, e quivi morío. Or lasceremo di questa matera, e torneròvi a dire
de la provincia deu Mangi e di lor maniere e di lor costumi ordinatamente. E prima
coninceremo de la città di Caygiagui.
136 Di Caygiagui.
Caygiagui è una grande città e nobile, ed è a l'intrata
de la provincia deu Mangi inver' isciloc. La gente è idola, e ardono lo' corpo
morto; e sono al Grande Kane. È 'n sul grande fiume di Caramoran, e àvi molte
navi. Questa terra è di grande mercatantia, perch'è capo de la provincia, ed in
luogo da ciò. Qui si fa molto sale, sí che ne dà bene a 40 città; il Grande Kane
n'à grande rendita di questa città, tra del sale e de la mercatantia. Or ci partiamo
di qui, e diròvi d'un'altra città ch'à nome Pauchin.
137 Di Pauchin.
Quando l'uomo si parte di qui, l'uomo va bene una
giornata per isciloc per una strada lastricata tutta di belle pietre; e da ogne
lato de la strada si è l'acqua grande, e non si puote intrare in questa provincia
se non per questa strada. Di capo di questa giornata si truova una città ch'à
nome Pauchin, molto grande e bella. La gente è idola, e fanno ardere lo' corpo;
e sono al Grande Kane. E' sono artefici e mercatanti: molta seta ànno e fanno
molti drappi di seta e d'oro; e da vivere ànno assai. Qui non à 'ltro; però ci
partiamo e diremo d'un'altra ch'à nome Cayn.
138 Di Cayn.
Quando l'uomo si parte di Pauchin, l'uomo va una
giornata per isciloc, e truova una città ch'à nome Cayn, molto grande. E' sono
come que' di sopra, salvo che v'è piú bella ucellagione; ed èvi per uno viniziano
ariento tre fagiani. Or diremo d' un' altra ch' à nome Tingni.
139 Tingni.
Tingni è una città molto bella e piacevole, no molto
grande, ch'è di lungi da quella di sopra una giornata. La gente si è idola, e
sono al Grande Kane; moneta ànno di carte. Qui si fa molte mercatantie ed arti;
e àvi molti navi, ed è verso sciloc. Qui àe ucellagioni e cacciagioni assai. Ed
è presso a tre giornate al mare Ozeano. Qui si fa molto sale, e 'l Grande Kane
n'à tanta rèdita ch'a pena si crederebbe. Or ci partiamo di qui, e andiamo a un'altra
ch'è presso ad una giornata a questa.
140 D'un'altra città.
Quando l'uomo si parte di Tingni, l'uomo va verso
sciloc una giornata, trovando castella asai e case. Di capo truova una città grande
e bella, ch'à sotto di sé 27 città tutte buone e di grandi mercatantie. E in questa
città à uno de' 12 baroni del Signore; e messer Marco Polo signoregiò questa città
3 anni. Qui si fa molti arnesi d'arme e da cavalieri. Di qui ci partiamo, e diròvi
di due grandi province de li Mangi, che sono verso levante; e prima de l'una,
ch'à nome Nangi.
141 Di Nangi.
Nangi è una provincia molto grande e ricca. La gente
è idola; la moneta è di carte, e sono al Grande Kane. E' vivono di mercatantia
e d'arti. Ànno seta assai, uccellagioni e cacciagioni e ogne cosa da vivere; e
ànno leoni asai. Di qui ci partiamo, e conteròvi de le 3 nobili città de Sagianfu,
però che troppo sono di grande affare.
142 Della città di Sagianfu.
Saianfu è una grande città e nobile, ch'à sotto
sé 12 città grandi e ricche. Qui si fa grandi arti e mercatantie, e son idoli.
La moneta è di carte, e fanno ardere lor corpo morto. E' sono al Grande Kane;
e ànno molta seta. Ell'à tutte nobile cose ch'a nobile città conviene. E sapiate
che questa città si tenne 3 anni poscia che tutto il Mangi fue renduto, tuttavia
standovi l'oste; ma non vi potea stare se no da un lato verso tramontana, ché
da l'altro si è il lago molto profondo. Vivanda aveano assai per questo lago,
sí che la terra per questo asedio mai no sarebbe perduta. Volendosi l'oste partire
co grande ira, messer Nicolao e 'l suo fratello e messer Marco Polo dissero al
Grande Kane ch'aveano con loro uno ingegnere che farebbe ta' mangani che la terra
si vincerebbe per forza. Il Grande Kane fue molto lieto, e disse che tantosto
fosse fatto. Comandaro costoro a questo loro famigliare, ch'era cristiano nestorino,
che questi mangani fossoro fatti. Fuoro fatti e rizzati dinanzi a Saianfu; fuoro
tre, e cominciaro a gittare pietre di 300 libbr' e tutte le case guastavano. Questi
de la terra, vedendo questo pericolo, ché mai non aveano veduto neuno mangano
e quel fue il primo mangano che mai fosse veduto per neuno Tartaro ,
que' de la terra fuoro a consiglio, e rendero la terra al Grande Kane, com'eran
rendute tutte l'altre. E questo adivenne per la bontà di messer Nicolò e di messer
Mafeo e di messer Marco; e no fue piccola cosa, ch'ell'è bene una de le miglior
province ch'abbia il Grande Kane. Or lasciamo di questa matera, e diròvi d'una
provincia ch'à nome Sigui.
143 Di Sigui e 'l fiume di Quian.
Quando l'uomo si parte di qui e l'uomo va per siloc
15 miglia, l'uomo truova una città ch'à nome Sigui, ma non è troppo grande, ma
è di grande mercatantia e di grande navilio. E' sono idoli ed al Grande Kane;
la moneta è di carte. E sapiate ch'ell'è in sul maggior fiume del mondo, ch'è
chiamato Quian. Egli è largo; in ta' luogo v'àe 10 miglia e 'n tale 8 e 'n tale
6; ed è lungo piúe di 100 giornate. Per questo fiume questa città à molte navi
onde 'l Grande Kane n'à grande rédita per la mercatantia che va súe e giúe e quine
si riposa. E per le molte città che sono su per quel fiume, per quel fiume va
piú mercatantia che per tutti gli altri fiumi de' cristiani e piú cara mercatantia,
né 'ncora per tutto loro mare; ché io vidi a questa città per una volta 15'000
navi aportate. Sapiate da che questa città, che no è molto grande, à tante navi,
quante so' l'altre, ch'àe in su questo fiume bene 16 province e àvi su bene 200
buone città, che tutte ànno piú navilio che questa. Le navi son coverte e ànno
un àlbore, ma sono di grande portare, che ben portano da 4000 cantari insino in
12'000 cantari. Tutte le navi ànno sarta di canave, cioè legami per legare le
navi e per tiralle su per questo fiume. Le piccole sono di canne grosse e grandi,
com'io v'ò detto di sopra; elli legano l'una all'altra, e fannole lunghe bene
300 passi e fendole; e sono piú forti che di canave. Or lasciamo qui, e torneremo
a Caigui.
144 De la città di Caigui.
Caigui è una piccola città ver' siloc. E' son idoli
e al Grande Kane; ànno moneta di carte. E' sono in su questo fiume. Qui si ricoglie
molto grano e riso, e va fino a la grande città di Cabalu, a la corte del Grande
Kane, per acque, non per mare ma per fiumi e per laghi. De la biada di questa
città ne logora grande parte de la corte del Grande Kane. E 'l Grande Kane à fatta
ordinare la via da questa città insino a Cabalu, ch'egli à fatte fare fosse larghe
e profonde da l'un fiume a l'altro e da l'un lago a l'altro, sí che vi va bene
grandi navi. E cosí si può andare per terra, ché lungo la via de l'acqua si è
quella de la terra. E nel mezzo di questo fiume à un'isola guasta, ov'àe un munistero
d'idoli, che v'à 200 freri; e quie à molti idoli, e quest'è capo di molt' altri
monisteri d' idoli. Or ci partiremo di qui e paseremo lo fiume; e diròvi di Cinghiafu.
145 Della città chiamata Cinghiafu.
Cinghiafu è una città deu Mangi, che si sono come
gli altri. Sono artefici e mercatanti; cacciagioni e ucellagioni àn asai, e molta
biada e seta, e drappi di seta e d'oro. Quiv'è due chiese di cristiani nestorini,
e questo fue dagli anni Domini 1278 in qua, e diròvi perché. E' fue vero che in
quel tempo vi fu segnore per lo Grande Kane un cristiano nestorino tre anni, ed
ebbe nome Marsachis; e costui le fece fare, e d'alotta in qua vi sono state. Or
ci partiremo di qui, e diròvi d'un'altra città grande ch'è chiamata Cighingiu.
146 Della città chiamata Cighingiu.
Quando l'uomo si parte de Cinghianfu, e' va 3 giornate
ver' sciloc, tuttavia trovando città e castella asai di grande mercatantia e d'arti.
E' sono idoli e sono al Grande Kane; la moneta ànno di carte. Di capo di queste
tre giornate si truova la città di Cighingiu, ch'è molto grande e nobile. E' sono
come gli altri d'ogne cosa, e ànno da vivere d'ogne cosa assai. Una cosa ci avenne
ch'io vi conterò. Quando Baian, barone del Grande Kane, prese tutta questa provincia,
po' ch'ebbe presa la città mastra, mandò sua gente a prendere questa città, e
questi s'arendero. Come fuoro ne la terra, trovaro sí buon vino, che s'inebriaro
tutti; e stavano come morti, sí dormíeno. Costoro, vedendo ciòe, uciselli tutti,
sí che neuno ne scampò, in quella notte; e no dissono né bene né male, sí come
uomini morti. E quando Baian, signore de l'oste, seppe questo, mandòvi molta gente
e fecela prendere per forza; presa la terra, tutti gli ucisero e misegli a le
spade. Or ci partiremo di qui, e diròvi d'un'altra città ch'à nome Sugni.
147 Della città chiamata Sugni.
Sugni è una molto nobile città. E' sono idoli e
al Grande Kane; moneta ànno di carte. Elli ànno molta seta e vivono di mercatantia
e d'arti; molti drappi di seta fanno, e sono ricchi mercatanti. Ell'è sí grande,
ch'ella gira 60 miglia, e v'à tanta gente che neuno potrebbe sapere lo novero.
E sí vi dico che se fossero uomini d'arme quelli del Mangi, elli conquistebbono
tutto 'l mondo; ma elli non sono uomini d'arme, ma sono savi mercatanti d'ogne
cosa e sí ànno boni † e naturali e savi fisolafi. E sappiate che questa città
à bene 6000 ponti di pietre, che vi paserebbe sotto o una galea o 2. E ancor vi
dico che ne le montagne di questa città nasce lo rebarbero e zezebe in grande
abondanza, ché per uno veneziano grosso s'avrebbe ben 40 libbre di zezibere fresco,
ch'è molto buono. Ed à sotto di sé 16 città molto grandi e di grande mercatantia
e d'arti. Or ci partimo di Suigni, e diròvi d'un'altra ch'à nome Ingiu. E questa
è lungi da Sugni una giornata: ell'è molto grande e nobile, ma perché non v'à
nulla da ricordare, diròvi d'un'altra ch'à nome Unghin. Questa è grande e ricca.
E' sono idoli e al Grande Kane; e la moneta è di carta. Quin'àe abondanza d'ogni
cosa; e sono mercatanti e molto savi e buoni artefici. Or ci partiamo di qui,
e diremo di Cianga, ch'è molto grande e bella, e àe ogne cosa come l'altre; e
favisi molto zendado. Qui no à 'ltro da ricordare: partimoci ed andamo a la nobile
città di Quisai, ch'è la mastra città del reame deu Mangi.
148 Di Quinsai.
Quando l'uomo si parte de la città de Cianga, e'
va 3 giornate per molte castelle e città ricche e nobili, di grandi mercatantie
e arti. E' sono idoli e al Grande Kane; e ànno moneta di carta. Egli ànno da vivere
ciò che bisogna al corpo de l'uomo. Di capo di queste tre giornate, si truova
la sopranobile città di Quinsai, che vale a dire in francesco 'la città del cielo'.
E conteròvi di sua nobiltà, però ch'è la piú nobile città del mondo e la migliore;
e dirovi di sua nobiltà secondo che 'l re di questa provincia scrisse a Baian,
che conquistò questa provincia de li Mangi; e questi la mandò al Grande Kane,
perché, sappiendo tanta nobiltà, no la farebbe guastare. Ed i' vi conterò per
ordine ciò che la scrittura contenea; e tutto è vero però ch'io Marco lo vidi
poscia co mi' occhi. La città di Quinsai dura in giro 100 miglia, e à 12'000 ponti
di pietra; e sotto la maggior parte di questi ponti potrebbe passare una grande
nave sotto l'arco, e per gli altre bene mezzana nave. E neuno di ciò si maravigli,
perciò ch'ell'è tutta in acqua e cerchiata d'acqua; e però v'à tanti ponti per
andare per tutta la terra. Questa città à 12 arti, cioè di ciascuno mistieri una;
e ciascun'arte à 12'000 stazioni, cioè 12'000 case; e 'n ciascuna bottega àe 'lmeno
10 uomini e in tal 15, e in tal 20 e in tal 30 e in tal 40, non tutti maestri
ma discepoli. Questa città fornisce molte contrade; quiv'à tanti mercatanti e
sí ricchi e in tanto novero, che non si potrebbe contare che si credesse. Anco
vi dico che tutti li buoni uomini e le donne e li capi maestri no fanno nulla
di lor mano, ma stanno cosí dilicatamente come fossono re e le donne come fossono
cose angeliche. Ed èvi uno ordinamento che neuno può fare altr'arte che quella
che fece suo padre: se 'l suo valesse 100'000 bisanti d'oro, no oserebbe fare
altro mistiere. Anche vi dico che verso mezzodie àe un lago che gira ben 30 miglia,
e tutto d'intorno à be' palagi e case fatte meravigliosamente, che sono di buoni
uomini gentili; ed àvi monisteri e abadie d'idoli in grande quantità. Nel mezzo
di questo lago à due isole: su ciascuna à uno molto bel palagio e ricco, sí ben
fatto che bene pare palagio d'imperadore. E chi vòle fare nozze o convito, fàllo
in questi palagi; e quini si è sempre forniti di vasellamenti, di scodelle e di
taglieri e d'altri fornimenti. Ne la città à molte belle case e torri di pietre
e spesse, ove le persone portano le cose quando s'aprende fuoco ne la città, ché
molto spesso vi s'acende, perché v'à molte case di legname. E' manucano tutte
carne, cosí di cane e d'altre brutte bestie come di buone, che per cosa del mondo
niun cristiano manicrebbe di quelle bestie ch'elli mangiano. Anco vi dico che
ciascuno dei 12.000 ponti guarda 10 uomini di die e di notte, perché neuno fosse
ardito di ribelare la città. Nel mezzo de la terra à un monte, ov'à suso una torre,
ove sta sempre suso uno uomo con una tavoletta in mano, e dàvi suso d'un bastone
che ben s'ode da lunga. E questo fae quando fuoco s'acende ne la terra, o altra
battaglia e mischia vi si facesse. Molto la fa ben guardare il Grande Kane, però
ch'è capo di tutta la provincia deu Mangi, e perché n'à di questa città grande
rédita, sí grande ch'a pena si potrebbe credere. E tutte le vie de la città so'
lastricate di pietre e di mattoni, e cosí tutte le mastre vie de li Mangi, sí
che tutte si posson cavalcare nettamente, ed a piede altressíe. E ancora vi dico
che questa città à bene 3000 stufe, ove si prende grande diletto gli uomini e
le femine; e vannovi molto spesso, però che vivono molto nettamente di lor corpo.
E sono i piú be' bagni del mondo e' magiori, ché bene vi si bagna insieme 100
persone. Presso a questa villa a 15 miglia è 'l mare Ozeano, tra greco e levante.
E quine è una città ch'à nome Gianfu, ov'è molto buon porto, ov'à molte navi che
vegnono d'India e d'altri paesi; e da questa città al mare àe un grande fiume,
onde le navi posson venire insino a la terra. Questa provincia de li Mangi lo
Grande Kane l'à partita in otto parti e ànne fatte 8 reami grandi e ricchi, e
tutti rendono ogn'anno trebuto al Grande Kane. E in questa città dimora l'uno
di questi re, e à ben sotto sé 140 cittadi grandi e ricche. E sapiate che la provincia
de li Mangi à bene 1200 cittadi, e ciascuna à guardie per lo Grande Kane, com'io
vi dirò. Sapiate che in ciascuna quella che meno n'àe, si à 1000 guardie; e di
ta' n'à 10'000 e di tali 20'000 e 30'000, sí che 'l novero sarebbe sí grande,
che non si potrebbe contare né credere di leggeri. Né none intendiate che quelli
uomini sieno tutti Tarteri, ma vi n'àe del Catai, e no son tutti a cavallo quelle
guardie, ma grande partita a piede. La rédita ch'à 'l Grande Kane di questa provincia
de li Mangi no si potrebbe credere né a pena scrivere, e ancora la sua nobilità.
L'usanza de li Mangi sono com'io vi dirò. Egli è vero, quando alcuno fanciullo
nasce, o maschio o femina, il padre fa scrivere il die e 'l punto e l'ora, il
segno e la pianeta sotto ch'egli è nato, sicché ognuno lo sa di sé queste cose.
E quando alcuno vuole fare alcun viaggio o alcuna cosa, vanno a loro stérlogi,
in cu' ànno grande fede, e fannosi dire lo lor migliore. Ancora vi dico, quando
lo corpo morto si porta ad ardere, tutti i parenti si vestono di canivaccio, cioè
vilmente, per dolore, e vanno cosí presso al morto, e vanno sonando stormenti
e cantando loro orazioni d'idoli. Quando sono làe ove 'l corpo si dé ardere, e'
fanno di carte uomini, femini, camelli, danari e molte cose. Quando il fuoco è
bene aceso, fanno ardere lo corpo con tutte queste cose, e credono che quel morto
avràe ne l'altro mondo tutte quelle cose da divero al suo servigio; e tutto l'onore
che gli è fatto in questo mondo quando s'arde, gli sarà fatto quando andrà ne
l'altro per gl'idoli. E in questa terra è 'l palagio del re che si fugío, ch'era
signor de li Mangi, ch'è il piú nobile e 'l piú ricco del mondo; ed io vi ne dirò
alcuna cosa. Egli gira 10 miglia; è quadrato, col muro molto grosso e alto, e
atorno e dentro a questo muro sono molto belli giardini, ov'è tutti buoni frutti.
Ed èvi molte fontane e piú laghi, ov'à molti buoni pesci; e nel mezzo si è 'l
palagio grande e bello. La sala è molto bella, ove mangerebbe molte persone, tutta
dipinta ad oro ed azuro, co molte belle storie, ond'è molto dilettevole a vedere,
ché per tutte le mura e la copertura non si può vedere altro che pinture ad oro.
Non si potrebbe contare la nobeltà di questo palagio, ché v'à 20 sale tutte pare
di grandezza, e sono tamante che bene vi mangerebbe agiatamente 10'000 uomini;
e si à questo palagio bene mille camere. Anche sapiate che 'n questa città à bene
160'000 di tomain di fumanti, cioè di case, e ciascuno tomain è 10 case e fumanti:
la somma si è 1'600'000 di magioni d'abitanti, ne le quali à grandi palagi. E
àvi una chiesa di cristiani nestorini solamente. Sapiate che ciascuno umo de la
villa e de' borghi à scritto in su l'uscio lo nome suo e di sua moglie e de' figliuoli
e fanti e schiavi, e quanti cavalli tiene. E s'alcuno ne mure, fa guastare lo
suo nome, e s'alcuno ne nasce, sí 'l vi fa scrivere, sí che 'l segnore de la villa
sa tutta la gente per novero ch'à ne la villa, e cosí si fa in tutta la provincia
de li Mangi e del Catai. Ancora v'àe un altro costume che gli albergatori scriveno
in su la porta de la casa tutti gli uomini degli osti suoi, e 'l die che vi vegnono;
e quando se ne vanno sí lo spegnono, sí che 'l Grande Kane può sapere chi va e
chi viene. E questa è bella cosa e savia. Or v'ò detto di questo una parte. Or
vi vò' contare de la rendita ch'àe il Grande Kane di questa terra e suo distretto,
ch'è de le nove parti l'una de li Mangi.
149 La rédita del sale.
Or ve conterò de la rédita ch'àe il Grande Kane
di Quisai e delle terre che sono sotto di lei; e prima vi conterò del sale. Lo
sale di questa contrada rende l'anno al Grande Kane 80 tomain d'oro: ciascuno
tomain è 80'000 saggi d'oro, che monta per tutto 6400 di saggi d'oro e
ciascuno saggio d'oro vale piúe d'un fiorino d'oro , e questo è maravigliosa
cosa. Or vi dirò de l'altre cose. In questa contrada nasce e favisi piú zucchero
che in tutto l'altro mondo; e questo è 'ncora grandissima rendita; ma io vi dirò
di tutte spezie insieme. Sapiate che tutte spezierie e tutte mercatantie rendono
tre e terzo per 100; e del vino che fanno di riso ànne ancora grandissima rendita,
e de' carboni e di tutte 12 arti, che sono 12'000 stazzoni, n'à 'ncora grandissima
rendita, ché di tutte cose si paga gabella de la seta si dà 10 per 100.
Sí che io Marco Polo, ch'ò veduto e sono stato a far la ragione, † la rendita
sanza il sale vale ciascun anno 210'000 tomain d'oro; e quest'è il piú smisurato
novero del mondo di moneta, che monta 15'700'000. E questo è de le nove parti
l'una de la provincia. Or lasciamo stare di questa matera, e diròvi d'una città
ch'à nome Tapigni.
150 Della città che si chiama Tapigni.
Quando l'uomo si parte de Quisai, e' va una giornata
per isiloc, tuttavia trovando palagi e giardini molto belli, ove si truova tutte
cose da vivere e asai. Di capo di questa giornata si truova questa città ch'à
nome Tapigni, molto bella e grande; ed è sotto Quisai. E' sono idoli, e fanno
ardere loro corpo; lor moneta è di carte e sono al Grande Kane. Qui non à 'ltro
da dire. Or diremo d'un'altra ch'à nome Nuigiu, ch'è di lungi da quella 3 giornate
per siloc; e sono come que' di sopra. Di qui si va 2 giornate ver' siloc, tuttavia
trovando castella asai e ville, che pare l'uomo vada per una città; e truovane
un'altra, ch'à nome Chegiu, e tutti sono come di sopra. Di qui si va 4 giornate
per isiloc, come di sopra. Qui àe ucelli e bestie asai, come leoni grandissimi
e fieri. Qui no à montoni né berbíci per tutti li Mangi, ma egli ànno buoi, becchi
e capr'e porci assai. Di qui ci partiremo, perché non ci à altro, e andremo 4
giornate e troveremo la città di Ciasia; ed è su uno monte che parte lo fiume,
che l'una metà va in su e l'altra in giuso. Tutte queste città sono de la signoria
di Quisai: tutti sono come que' di sopra. Di capo de le 3 giornate si truova la
città di Cangu e' sono come quelli di sopra ed è la sezzaia città
di Quisai. Or conincia l'altro reame de' Mangi, ch'è chiamato Fughiu.
151 Del reame di Fugiu.
Quando l'uomo si parte di questa sezzaia città de
Quisai, l'uomo entra nel reame di Fughiu. E vassi 6 giornate per isiloc, e trova
città e castella e case assai. E' sono idoli ed al Grande Kane; e sono sotto la
signoria di Fughiu. Vivono di mercatantia e d'arti; d'ogne cosa ànno grande abondanza:
ànno zizibe e galanga oltre misura, ché per 'l viniziano grosso se n'avrebbe ben
80 libbre di zizibe. E v'àe un frutto che par zaferano, ma non è, ma vale ben
altretanto a operare. Elli manucano d'ogne brutta carne e d'uomo che no
sia morto di sua morte molto volentieri, e ànnola per buona carne. Quando
vanno in oste si tondono li capelli molt'alto, e nel volto si dipingono d'azurro
un segno com'un ferro di lancia. E' sono uomini molto crudeli piú del mondo, ché
tutto die vanno ucidendo uomini e bevendo il sangue, e poscia li mangiano tutti;
ed altro non procacciano. Nel mezzo di queste 6 giornate à una città ch'à nome
Quenlafu, ch'è molto grande e nobile. E' sono al Grande Kane. E à tre ponti
li piú belli del mondo di pietra, lunghi un miglio e larghi bene 8 passi,
e sono tutti in colonne di marmo, e sono sí belli che molto tesoro vorebbe a farne
uno. Elli vivono di mercatantia e d'arti; egli ànno seta asai e zizibe e galanga.
E v'à belle donne. E ànno galline che no ànno penne, ma peli come gatte, e tutte
nere; e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare. Qui non à altro.
E in queste 6 giornate ch'è detto di sopra so' molte castella e città, e sono
come quelle di sopra. E fra 15 miglia da l'altre tre giornate è una città ove
si fa tanto zucchero, che sí ne fornisce il Grande Kane e tutta sua corte, che
vale grande tesoro, e à nome Unquen. Qui no à 'ltro. Quando l'uomo si parte di
qui 15 miglia, l'uomo truova la città nobile di Fugiu, ch'è capo di questo reame;
e però ne conteròe quello che noi ne sapemo.
152 Della città chiamata Fugiu.
Or sapiate che questa città di Fugiu è capo del
regno di Conca, ch'è de le 9 parti l'una de li Mangi. In questa città si fa grande
mercatantia ed arti. E' sono idoli e al Grande Kane. E 'l Grande Kane vi tiene
grande oste per le città e castella che spesso vi si rubellano, sí che incontanente
vi corrono e ripíglialle e guàstalle. E per lo mezzo di questa città vae un fiume
largo bene un miglio. Qui si fa molte navi che vanno su per quel fiume. Qui si
fa molto zucchero; qui si fa mercatantia grandi di pietre preziose e di perle,
e portale i mercatanti che vi vengono d'India. E questa terra è presso al porto
di Catun, nel mare Ozeano: molte care cose vi sono recate d'India. Egli ànno bene
da vivere di tutte cose, ed ànno be' giardini co molti frutti, ed è sí bene ordinata
ch'è maraviglia. Perciò no vi ne dirò piú, ma conteròvi d'altre cose.
153 Di Zartom.
Or sapiate che, quando l'uomo si parte di Fugiu
e passa il fiume, e' va 5 giornate per siloc, tuttavia trovando città e castella
assai, dov'à ogne cosa a dovizia grande. E v'à monti e valli e piani, ov'à molti
boschi e molti àlbori che fanno la canfora; e v'à ucelli e bestie assai. E' vivono
di mercatantie e d'arti; e sono idoli come que' di sopra. Di capo di queste 5
giornate si truova una città ch'à nome Zartom, ch'è molto grande e nobile, ed
è porto ove tutte le navi d'India fanno capo, co molta mercatantia di pietre preziose
e d'altre cose, come di perle grosse e buone. E quest'è 'l porto de li mercatanti
de li Mangi, e atorno questo porto à tanti navi di mercatantie ch'è meraviglia;
e di questa città vanno poscia per tutta la provincia de li Mangi. E per una nave
di pepe che viene in Alesandra per venire in cristentà, sí ne va a questa città
100, ché questo è l'uno de li due porti del mondo ove viene piúe mercatantia.
E sapiate che 'l Grande Kane di questo porto trae grande prode, perché d'ogne
cose che vi viene, conviene ch'abbia 10 per 100, cioè de le diece parti l'una
d'ogne cosa. Le navi si togliono per lo' salaro di mercatantie sottile 30 per
100, e del pepe 44 per 100, e del legno aloe e de' sandali e d'altre mercatantie
grosse 40 per 100; sí che li mercatanti danno, tra le navi e al Grande Kane, ben
lo mezzo di tutto. E perciò lo Grande Kane guadagna grande quantità di tesoro
di questa villa. E' sono idoli. La terra à grande abondanza d'ogne cose che a
corpo d'uomo bisogna. E in questa provincia à una città ch'à nome Tinuguise, che
vi si fa le piú belle scodelle di porcelane del mondo; e no se ne fa in altro
luogo del mondo, e quindi si portano da ogne parte. E per uno viniziano se n'arrebbe
tre, le piú belle del mondo e le piú divisate. Ora avemo contato de li 9 reami
de li Mangi li tre, cioè Cangui e Quisai e Fugiu; degli altri reami non conto,
ché sarebbe lunga mena. Ma diròvi de l'India, ov'à cose bellissime da ricordare,
ed io Marco Polo tanto vi stetti, che bene le saprò contare per ordine.
154 Qui conincia tutte le maravigliose cose de l'India.
Poscia ch'abiamo contato di tante province terrene,
com'avete udito, noi conteremo de le meravigliose cose che sono ne l'India. E
coninceròvi a le navi, ove i mercatanti vanno e vegnono.
Sapiate ch'elle sono d'un legno chiamato abeta
e di zapino, ell'ànno una coverta, e 'n su questa coperta, ne le piúe, à ben 40
camere, ove in ciascuna può stare un mercatante agiatamente. E ànno uno timone
e 4 àlbori, e molte volte vi giungono due àlbori che si levano e pognono; le tavole
so' tutte chiavate doppie l'una sull'altra co buoni aguti. E non sono impeciate,
però che no n'ànno, ma sono unte com'io vi dirò, però ch'egli ànno cosa che la
tengono per migliore che pece. E' tolgono caneva trita e calcina e un olio d'àlbori,
e mischiano insieme, e fassi come vesco; e questo vale bene altrettanto come pece.
Queste navi voglion bene 200 marinai, ma elle sono tali che portano bene 5000
sporte di pepe, e di tali 6000. E' vogano co remi; a ciascun remo si vuole 4 marinai,
e ànno queste navi ta' barche, che porta l'una ben 1000 sporte di pepe. E sí vi
dico che questa barca mena ben 40 marinai, e vanno a remi, e molte volte aiuta
a tirare la grande nave. Ancora mena la nave ben 10 battelli per prendere de'
pesci; ancora vi dico che le grandi barche menano battelli. E quando la nave àe
navicato un anno, sí giungono un'altra tavola su quelle due, e cosí vann' insin'a
le 6 tavole. Or v'ò contato de le navi che vanno per l'India. E prima ch'io vi
conti de l'India, sí vi conteròe di molte isole che sono nel mare Ozeano, ove
noi siamo, e sono a levante. E prima diremo d'una ch'à nome Zipangu.
155 Dell'isola di Zipangu.
Zipangu è una isola in levante, ch'è ne l'alto mare
1500 miglia. L'isola è molto grande. Le gente sono bianche, di bella maniera e
elli. La gent'è idola, e no ricevono signoria da niuno se no da lor medesimi.
Qui si truova l'oro, però n'ànno assai; neuno uomo no vi va, però neuno mercatante
non ne leva: però n'ànno cotanto. Lo palagio del signore de l'isola è molto grande,
ed è coperto d'oro come si cuoprono di quae di piombo le chiese. E tutto lo spazzo
de le camere è coperto d'oro grosso ben due dita, e tutte le finestre e mura e
ogne cosa e anche le sale: no si potrebbe dire la sua valuta. Egli ànno perle
assai, e son rosse e tonde e grosse, e so' piú care che le bianche. Ancora v'àe
molte pietre preziose; no si potrebbe contare la ricchezza di questa isola. E
'l Grande Kane che oggi regna, per questa grande ricchezza ch'è in quest'isola,
la volle fare pigliare, e mandòvi due baroni co molte navi e gente assai a piede
ed a cavallo. L'uno di questi baroni avea nome Abatan e l'altro Vonsanicin, ed
erano molti savi e valentri. E' misersi in mare e furono in quest'isola, e pigliaro
del piano e delle casi assai, ma non aveano ancora preso né castel né città; ora
li venne una mala sciagura, com'io vi dirò. Sapiate che tra questi due baroni
avea grande invidia, e l'uno no facea per l'altro. Or avenne un die che 'l vento
a tramontana venne sí forte, ch'elli dissero che, s'elli non si partissono, tutte
le loro navi si romperebbono. Montoro ne le navi e misersi nel mare, e andaro
di lungi di qui 4 miglia a un'altra isola no molto grande: chi poté montare su
quell'isola si campò, l'altre ruppero. E questi fuoro ben 30'000 uomini che scamparo
su questa isola, e questi si tennoro tutti morti, però che vedéno che non poteano
campare, e vedeano l'altre navi, ch'erano campate, se ne andavano verso lor contrade;
e tanto vogaro che tornaro in lor paese. Or lasciamo di que' ch'andaro in lor
contrada, e diciamo di quelli che rimasono in questa isola per morti.
156
Sapiate che, quando que' 30'000 uomini che camparo
in su l'isola si teneano morti, perciòe che non vedeano via da poter campare,
e' stavano in su questa isola molto isconsolati. Quando gli uomini de la grande
isola videro l'oste cosí barattata e rotta, e videro costoro ch'erano arivati
in su questa isola, n'ebbero grande allegrezza. Quando il mar fue abonacciato,
e' presono molte navi ch'aveano per l'isola, e andaro all'isoletta ove costoro
erano, e smontaro in terra per pigliare costoro ch'erano in su l'isoletta. Quando
questi 30'000 vidono i lor nemici iscesi in terra e vidono che su le navi non
era rimaso gente veruna per guardare, elli, sí come savi, quando li nemici, andaro
per piglialli, egli diero una giravolta tuttavia fuggendo, e vennero verso le
navi e quini montaro tutti incontanente; e qui no fue chi glile contendesse. Quando
costoro fuoro su le navi, levaro i gonfaloni ch'elli vi trovaro suso e andaro
verso l'isola ov'era la mastra villa di quell'isola, perch'egli erano andati;
e que' ch'erano rimasi ne la città, vedendo questi gonfaloni, credieno che fosse
la gente ch'er'ita a pigliare quelli 30'000 ne l'altra isola. Quando costoro fuoro
a la porta de la terra, erano sí forti che cacciaro quelli che vi trovaro di fuori
de la terra, e solo vi tennono le belle femine che v'erano per loro servire. E
in tal modo presero la città la gente del Grande Kane. Quando que' de la città
videno ch'erano cosí beffati, voleano morire di dolore, e vennono con altre navi
a la terra, e cercondalla d'intorno sí che neuno ne potea uscire né 'ntrare. E
cosíe tennoro la terra 6 mesi, e molto s'ingegnaro di mandare novelle di loro
al Grande Kane, ma nol potero fare. Di capo di se' mesi rendero la terra per patti,
salvo le persone e 'l fornimento di potere tornare al Grande Kane; e questo fue
negli anni Domini 1269. Al primo barone che n'andò prima, lo Grande Sire li fece
tagliare lo capo, e l'altro fece morire in carcere. Una cosa avea dimenticata
che, quando questi due baroni andavano a quest'isola, perché uno castello no li
si volle arendere ed elli lo presono poscia a tutti li feceno tagliare
lo capo, salvo ch'a otto che, per vertú di pietre ch'aveano ne le braccia dentro
da la carne, per modo del mondo no si potéo tagliare. E li baroni, vedendo ciòe,
li feciono amazare co mazze, e poscia li feceno cavare queste pietre de le braccia.
Or lasciamo di questa matera, e andremo inanzi.
157 Come sono gl'idoli di questa isola.
Or sapiate che gl'idoli di queste isole e quelle
del Catai sono tutte d'una maniera. E questi di queste isole, e ancora de l'altre
ch'ànno idoli, ta' sono ch'ànno capo di bue, e tal di porco, e cosí di molte fazioni
di bestie, di porci, di montoni e altri; e tali ànno un capo e 4 visi e tali ànno
4 capi e tali 10; e quanti piú n'ànno, magiore speranza e fede ànno in loro. Gli
fatti di quest'idoli son sí diversi e di tante diversità di diavoli, che qui non
si vuole contare. Or vi dirò d'una usanza ch'è in questa isola. Quando alcun di
quest'isola prende alcuno uomo che non si possa ricomperare, convita suoi parenti
e compagni, e fanno 'l cuocere e dàllo a mangiare a costoro; e dicono ch'è la
migliore carne che si mangi. Or lasciamo andare questa matera e torniamo a la
nostra. Or sapiate che questo mare, ov'è quest'isola, si chiama lo mare de Cin,
che vale a dire lo 'mare ch'è contra lo Mangi'; e in questo mare de Cin, secondo
che dicono savi marinari che ben lo sanno, à bene 7448 isole, de le quali le piú
s'abitano. E sí vi dico che in tutte queste isole no nasce niuno àlbore che no
ne vegna olore, come di legno aloe e magiore. E ànno ancora molte care spezie
di piú maniere; e in quest'isole nasce il pepe bianco come neve, e del nero in
grande abondanza. Troppo è di grande valuta ill'oro, e l'altre care cose che vi
sono, ma sono sí di lungi ch'a pena vi si può andare. E le navi di Quinsai e del
Zaiton, quando vi vanno, ne recano grande guadagno, e penanvi ad andare un anno,
ché vanno il verno e tornano la state. Quini non à se non due venti, l'uno che
mena in là e l'altro in qua; e questi due venti l'uno è di verno e l'altro è di
state. Ed è questa contrada molto di lungi d'India, e questo mare è bene del mare
Ozeano, ma chiamasi de Cin, sí come si dice lo mare d'Inghilterra o quel de Rocella;
e 'l mare d'India ancora è del mare Ozeano. Di queste isole non vi conteròe piú,
però che non vi sono stato, e 'l Grande Kane non v'à che fare. Or torneremo al
Zaiton, e quine riconinceremo nostro libro.
158 Della provincia di Ciamba.
Sapiate che, quando l'uomo si parte dal porto di
Zaiton e navica ver' ponente e alcuna cosa ver' garbino 1.500 miglia, sí si truova
una contrada ch'à nome Cianba, ch'è molto ricca terra e grande. E ànno re per
loro, e sono idoli, e fanno trebuto al Grande Kane ciascuno anno 20 leofanti
e no li danno altro li piú belli che vi si può trovare, ché n'ànno assai.
E questo fece conquistare il Grande Kane negli anni Domini 1278; or vi dirò de
l'afare del re e del regno. Sapiate che 'n quel regno non si può maritare neuna
bella donzella che no convegna prima che 'l re la pruovi, e se li piace, sí la
tiene, se no, sí la marita a qualche barone. E sí vi dico che negli anni Domini
1285, secondo ch'io Marco Polo vidi, quel re avea 326 figliuoli, tra maschi e
femine, ché ben n'avea 150 da arme. In quel regno à molti elefanti, e legno aloe
assai; e ànno molto del legno ebano onde si fanno li calamari. Qui non à altro
da ricordare; or ci partimo e 'ndamo ad un'isola ch'à nome Iava.
159 Dell'isola di Iava.
Quando l'uomo si parte di Cianba e va tra mezzodie
e siloc ben 1500 miglia, si viene a una grandissima isola ch'à nome Iava. E dicono
i marinai ch'è la magior isola del mondo, ché gira ben 3000 miglia. E' sono al
grande re; e sono idoli, e non fanno trebuto a uomo del mondo. Ed è di molto grande
richezza: qui à pepe e noci moscade e spigo e galinga e cubebe e gherofani e di
tutte care spezie. A quest'isola viene grande quantità di navi e di mercatantie,
e fannovi grande guadagno; qui à molto tesoro che non si potrebbe contare. Lo
Grande Kane no l'à potuta conquistare per lo pericolo del navicare e de la via,
sí è lunga. E di quest'isola i mercatanti di Zaiton e de li Mangi n'ànno cavato
e cavano grande tesoro. Or andiamo piú 'nanzi.
160 Dell'isole di Sodur e di Codur.
Quando l'uomo si parte de l'isola d'Iava e va tra
mezzodie e garbino 700 miglia, sí truova due isole, l'una grande e l'altra piccola,
che si chiamano Sondur e Condur. E di qui si parte l'uomo e va per siloc da 500
miglia, e quine truva una provincia che si chiama Locac, molto grande e ricca;
ed èvi un grande re. E' sono idoli, e no fanno trebuto a neuno, però che sono
in tal luogo che no vi si può andare per mal fare. In questa provincia nasce berci
dimestico in grande quantità. Egli ànno tant'oro che no si può credere; egli ànno
leofanti, cacciagioni e ucelagioni assai. E di questa provincia si parte tutte
le porcelane onde si fa le monete di quelle contrade. Altro non v'à ch'i' sappia,
perch'è sí mal luogo che poca gente vi va; e 'l re medesimo n'è lieto, perché
non vuole ch'altre sappia lo tesoro ch'egli àe. Or andremo piú oltra, e conterenvi
altre cose.
161 Dell'isola di Petam.
Or sapiate che quando l'uomo si parte di Locac e
va 500 miglia per mezzodie, sí truova un'isola ch'à nome Pentain, che molto è
salvatico luogo. Tutti loro boschi sono di legni olorosi. Or paseremo queste due
isole intorno 60 miglia. E non v'à se non 4 passa d'acqua, e non si porta timone
a le navi per l'acqua piccola, onde si convegnono tirare le navi. Quando l'uomo
à pasato queste 60 miglia, ancora va per siloc 30 miglia. Qui si truova una isola
che v'è un re e si chiama Malavir la città, e l'isola Pentain. La città è grande
e nobile; quine si fae grandi mercatantie d'ogne cosa; di spezie à grande abondanza.
Non v'à altro da ricordare; però ci partiremo, e conteròvi de la piccola Iava.
162 Della piccola isola di Iava.
Quando l'uomo si parte de l'isola di Pentain e l'uomo
va per siloc da 100 miglia, truova l'isola di Iava la minore, ma è sí piccola
che gira 2.000 miglia. E di quest'isola vi conterò tutto 'l vero. Sapiate che
su quest'isola à 8 re coronati. E' sono tutti idoli; e ciascun di questi reami
à lingua per sé. Qui à grande abondanza di tesoro e di tutte care spezie. Or vi
conterò la maniera di tutti questi reami, ciascun per sé, e diròvi una cosa che
parrà meraviglia a ogn'uomo: che quest'isola è tanto verso mezzodie che la tramontana
non si vede, né poco né assai. Or torneremo a la maniera degli uomini, e diròvi
del reame di Ferlet. Sapiate che, perché mercatanti saracini usano in questo reame
co lor navi, ànno convertita questa gente a la legge di Maomet. E questi sono
soli quelli de la città; quelli de le montagne sono come bestie, ch'elli mangiano
carne d'uomo e d'ogn'altra bestia e buona e rea. Elli adorano molte cose, ché
la prima cosa ch'elli veggono la mattina, sí l'adorano. Contato di Ferlet, conteròvi
del reame de Basma. Lo reame de Basman, ch'è a l'uscita del Ferlet, è reame per
sé e ànno loro linguaggio; ma elli no ànno neuna legge, se non come bestie. Elli
si richiamano per lo Grande Kane, ma no li fanno neun trebuto, perché son sí a
la lunga che la gente del Grande Kane non vi potrebbe andare, ma 'lcuna volta
lo presentano d'alcuna strana cosa. Elli ànno leofanti assai salvatichi e unicorni,
che no son guari minori d'elefanti; e' son di pelo bufali, i piedi come di lefanti;
nel mezzo de la fronte ànno un corno grosso e nero. E dicovi che no fanno male
co quel corno, ma co la lingua, che l'ànno spinosa tutta quanta di spine molto
grandi; lo capo ànno come di cinghiaro, la testa porta tuttavia inchinata verso
la terra: sta molto volentieri tra li buoi. Ell'è molto laida bestia, né non è,
come si dice di qua, ch'ella si lasci prendere a la pulcella, ma è 'l contradio.
Egli ànno scimie assai e di diverse fatte; egli ànno falconi neri buoni da ucellare.
E vo'vi fare asapere che quelli che recano li piccoli uomini d'India, si è menzogna,
ché quelli che dicono che sono uomini, e' li fanno in questa isola, e diròvi come.
In quest'isola àe scimmie molto piccole, e ànno viso molto simile a uomo; gli
uomini pelano quelle scimmie, salvo la barba e 'l pettignone, poi le lasciano
secare e pongolle in forma e concialle con zaferano e con altre cose, che pare
che sieno uomini. E questo è una grande buffa, ché mai no fue veduti cosí piccoli
uomini. Or lasciamo questo reame, ché non ci à altro da ricordare; e diròvi de
l'altro ch'à nome Samarra.
163 Del reame di Samarra.
Or sapiate che, quando l'uomo si parte di Basma,
elli truova lo reame di Samarra, ch'è in questa isola medesima. Ed io Marco Polo
vi dimórai 5 mesi per lo mal tempo che mi vi tenea, e ancora la tramontana no
si vedea, né le stelle del maestro. E' sono idoli salvatichi; e ànno re ricco
e grande; anche s'apellano per lo Grande Kane. Noi vi stemmo 5 mesi; noi uscimmo
di nave e facemmo in terra castella di legname, e in quelle castelle stavavamo
per paura di quella mala gente e de le bestie che mangiano gli uomini. Egli ànno
il migliore pesce del mondo, e non ànno grano ma riso; e non ànno vino, se non
com'io vi dirò. Egli ànno àlbori che tagliano li rami, gocciolano, e quell'acqua
che ne cade è vino; ed empiesine tra dí e notte un grande coppo che sta apiccato
al troncone, ed è molto buono. L'àlbore è fatto come piccoli datteri, e ànno quattro
rami; e quando lo troncone non gitta piúe di questo vino, elli gittano de l'acqua
al piede di questo àlbore e, stando un poco, el troncone gitta; ed àvine del bianco
e del vermiglio. Di noci d'India à grande abondanza; elli mangiano tutti carne
e buone e reie. Or lasceremo qui, e conteròvi de Dragroian.
164 Del reame di Dragouain.
Dragroian è un reame per sé, e ànno lor linguaggio.
E' son di quest'isola; la gente è molto salvatica e sono idoli. Ma io vi conterò
un male costume ch'egli ànno, che quando alcuno à male, elli mandano per loro
indevini e incantatori che 'l fanno per arti di diavoli, e domandano se 'l malato
dé guerire o morire. E se 'l malato dé morire, egli mandano per certi ordinati
a ciò, e dicono: «Questo malato è giudicato a morte, fa' quello che de' fare».
Questi li mette alcuna cosa su la bocca ed afogalo; poscia lo cuocono; quand'egli
è cotto, vegnono tutti i parenti del morto e màngiallo. Ancora vi dico ch'elli
mangiano tutte le mirolla dell'osso; e questo fanno perché dicono che no vogliono
che ne rimanga niuna sustanza, perché se ne rimanesse alcuna sustanza, farebbe
vèrmini, e questi vermi morebbono per difalta di mangiare; e de la morte di questi
vermi l'anima del morto n'avrebbe grande peccato, e perciò mangiano tutto. Poscia
piglian l'ossa e pongolle in una archetta, e apíccalle in caverne sotterra ne
le montagne, in luogo ch'altre no le possa tocare, né uomo né bestia. E se possono
pigliare alcuno uomo d' altra contrada che non si possa rimedire, sí 'l mangiano.
Or lasciamo di questo reame, e conteròvi de Lanbri.
165 Del reame di Lambri.
Lanbri è reame per sé e richiamasi per lo Grande
Kane. E' sono idoli. Elli ànno molto berci e canfora e altre care spezie
del seme del berci regai io a Venigia, e non vi nacque per lo freddo luogo. In
questo reame sono uomini ch'ànno coda grande piú d'un palmo, e sono la maggior
parte, e dimorano ne le montagne di lungi da la città; le code son grosse come
di cane. Egli ànno unicorni assai, cacciagioni e ucellagioni assai. Contato di
Lanbri, conteròvi de Fansur.
166 Del reame di Fansur.
Fansur è reame per sé. E' sono idoli e si richiamano
per lo Grande Kane; e sono di questa isola medesima. E qui nasce la miglior canfora
del mondo, che vi si vende a peso con oro. No ànno grano, ma manucano riso; vino
ànno degli àlbori ch'abiamo detto di sopra. Qui à una grande maraviglia, che ci
àn farina d'àlbori, che sono àlbori grossi e ànno la buccia sottile, e sono tutti
pieni dentro di farina; e di quella farina si fa molti mangiar di pasta e buoni,
ed io piú volte ne mangiai. Or abiamo contato di questi reami; degli altri di
quest'isola non contiamo, però che noi non vi fummo, e però vi conterò d'un'altra
isola molto piccola, che si chiama Nenispela.
167 Dell'isola di Neguveran.
Quando l'uomo si parte di Iava e del reame di Lanbri
e va per tramontana 150 miglia, sí truova le due isole: l'una si chiama Neguveran.
E in quest'isola no à re; e sono come bestie, e vanno tutti ignudi e non si cuoprono
nulla. E' sono idoli. E tutti lor boschi sono d'àlbori di grande valuta, cioè
sandoli, noci d'India, gherofali e berci e molti altre buoni àlbori. Altro non
v'à da ricordare; però ci partiremo, e diròvi de l'altra isola ch'à nome Angaman.
168 Dell'isola d'Angaman.
Angaman è un'isola, e no ànno re. E' sono idoli,
e sono come bestie salvatiche. E tutti quelli di quest'isola ànno lo capo come
di cane e denti e naso come di grandi mastini. Egli ànno molte spezie. E' sono
mala gente e mangiano tutti gli uomini che posson pigliare, fuori quelli di quella
contrada. Lor vivande son latte, riso e carne d'ogne fatta; e ànno frutti diversi
da' nostri. Or ci partiremo di qui, e dirén d'un'altr'isola chiamata Seillan.
169 Dell'isola di Seilla.
Quando l'uomo si parte de l'isola de Angaman e va
1000 miglia per ponente e per gherbino, truova l'isola di Seilla, ch'è la migliore
isola del mondo di sua grandezza. E diròvi come ella gira 2400 miglie. E sí vi
dico ch'anticamente ella fue via magiore, ché girava 3600 miglia, secondo che
dice la mapamundi; ma 'l vento a tramontana vi viene sí forte, che una grande
parte à fatto andare sott'acqua. Quest'isola sí à re che si chiama Sedemain. E'
sono idoli e no fanno trebuto a neuno. E' vanno tutti ignudi, salvo lor natura.
No ànno biade, ma riso, e ànno sosimain, onde fanno l'olio, e vivono di riso,
di latt'e di carne; vino fanno degli àlbori ch'ò detto di sopra. Or lasciamo andare
questo, e conteròvi de le piú preziose cose del mondo. Sapiate che 'n quest'isola
nasce li nobili e li buoni rubini, e non nasciono in niuno lugo del mondo piúe;
e qui nasce zafini e topazi e amatisti, e alcune altre buone pietre preziose.
E sí vi dico che 'l re di questa isola àe il piú bello rubino del mondo, né che
mai fue veduto; e diròvi com'è fatto. Egli è lungo presso a un palmo ed è grosso
ben tanto come un braccio d'uomo; egli è la piú sprendiente cosa del mondo; egli
non à neuna tecca, egli è vermiglio come fuoco; egli è di sí grande valuta che
non si potrebbe comperare. E 'l Grande Kane mandò per questo rubino, e volea dare
presso lo valer d'una città, ed elli disse che nol darebbe per cosa del mondo,
però che fue de li suoi antichi. La gente è vile e cattiva, e se li bisogna gente
d'arme, ànno gente d'altra contrada, spezialemente saracini. Qui non à 'ltro da
ricordare; però ci partiremo e conteremo di Maabar.
170 Della provincia di Maabar.
Quando l'uomo si parte de l'isola di Silla e va
ver' ponente da 60 miglia, truova la grande provincia di Maabar, ch'è chiamata
l'India magiore. E questa è la miglior India che sia, ed è de la terra ferma.
E sapiate che questa provincia à cinque re che sono fratelli carnali, ed io dirò
d'alcun per sé. E sapiate che questa è la piú nobile provincia del mondo e la
piú ricca. Sapiate che da questo capo de la provincia regna un di questi re, ch'à
nome Senderban re de Var. In questo regno si truova le perle buone e grosse, ed
io vi dirò com'elle si pigliano le perle. Sapiate ch'egli àe in questo mare un
golfo ch'è tra l'isole e la terra ferma, e non v'à d'acqua piú di 10 passi o 12,
e in tal luogo non piú di due; e in questo golfo si pigliano le perle, e diròvi
come. Gli uomini pigliano le navi grandi e piccole e vanno in questo golfo, del
mese d'aprile insino in mezzo maggio, in un luogo che si chiama Baccalar. E' vanno
nel mare 60 miglia, e quini gittano loro ancore, ed entrano in barche piccole
e pescano com'io vi diròe. E sono molti mercatanti, e fanno compagnia insieme,
e aluogano molti uomini per questi 2 mesi, tanto come la pescheria dura. E' mercatanti
donano al re de le 10 parti l'una di ciò che pigliano; e ancora ne donano a colui
che incanta i pesci, che non facciano male agli uomini che vanno sott'acqua per
trovare le perle: a costui donano de le 20 parti l'una. E questi sono abrinamani
incantatori. E questo incantesimo non vale se no 'l die, sí che di notte neuno
non pesca; e costoro ancora incantano ogne bestia e ucello. Quando questi uomini
alogati vanno sott'acqua, 2 passi o 4 o 6 insino a 12, e' vi stanno tanto quanto
possono, e pigliano cotali pesci che noi chiamiamo areghe: in queste areghe si
pigliano le perle grosse e minute d'ogne fatta. E sapiate che le perle che si
truovano in questo mare si spandono per tutto il mondo, e questo re n'à grande
tesoro. Or v'ò detto come si truovano le perle; e da mezzo maggio inanzi no vi
si ne truova piúe. Ben è vero che, di lungi di qui 300 miglia, si ne truova di
settembre insino ad ottobre. E sí vi dico che tutta questa provincia di Maabar
non li fa bisogno sarto, però che vanno tutti ignudi d'ogne tempo, però ch'egli
ànno d'ogne tempo temperato, cioè né freddo né caldo; però vanno ignudi, salvo
che cuoprono lor natura con un poco di panno. E cosí vae il re come gli altri,
salvo che porta altre cose, com'io vi dirò. E' porta a la natura piú bel panno
che gli altri, e a collo un collaretto tutto pieno di pietre preziose, sí che
quella gorgiera vale bene 2 grandissimi tesori. Ancor li pende da collo una corda
di seta sottile che li va giú dinanzi un passo, e in questa corda àe da 104 tra
perle grosse e rubini, lo quale cordone è di grande valuta. E diròvi perch'elli
porta questo cordone, perché conviene ch'egli dica ogne die 104 orazioni a' suoi
idoli; e cosí vuole lor legge, e cosí fecero gli altri re antichi, e cosí fanno
questi. Ancora porta a le braccia bracciali tutti pieni di queste pietre carissime
e di perle, e ancora tra le gambe in tre luoghi porta di questi bracciali cosí
forniti. Anche vi dico che questo re porta tante pietre adosso che vagliono una
buona città: e questo non è maraviglia, se n'à cotante com'io v'ò contato. E sí
vi dico che neuno può trare neuna pietra né perla fuori di suo reame, che pesi
da un mezzo saggio in su; e 'l re ancora fa bandire per tutto suo reame che chi
à grosse pietre e buone o perle grosse, che le porti a lui, ed elli ne farà dare
due cotanti che no li costano. E quest'è usanza del regno, di donare lo doppio;
e' mercatanti e ogn'uomo, quando n'ànno, volentieri le portano al segnore, perché
sono ben pagati. Or sappiate che questo re à bene 500 femine, cioè moglie, ché,
come vede una bella femina o donzella, incontanente la vòle per sé, e sí ne fa
quello ch'io vi dirò. Incontanente che elli vide una bella moglie al fratello,
sí lile tolse e tennela per sua, e 'l fratello, perch'era savio, lo soferse e
no volle briga co lui. Ancora sappiate che questo re àe molti figliuoli che sono
grandi baroni, che li vanno atorno sempre quando cavalca. E quando lo re è morto,
lo corpo suo s'arde, e tutti questi suoi figliuoli s'ardono, salvo il maggiore
che dé retare; e questo fanno per servirlo ne l'altro mondo. Ancora v'è una cotale
usanza, che del tesoro che lascia il re al figliuolo, mai non ne tocca, ché dice
che no vòle mancare quello che li lasciò il suo padre, anzi il vòle acrescere;
e catuno sí l'acresce, e l'uno il lascia a l'attro, e perciò è questo re cosí
ricco. Ancora vi dico che in questo reame no vi nasce cavalli, e perciò tutta
la rendita loro o la maggiore parte, ogn'anno si cunsuma in cavalli. E diròvi
come: i mercatanti di Quisai e de Dufar e d'Eser e de Adan queste province
ànno molti cavalli e questi mercatanti empiono le navi di questi cavalli,
e pòrtali a questi 5 re che sono fratelli, e vendeno l'uno bene 500 saggi d'oro,
che vagliono bene piú di 100 marchi d'ariento. E questo re n'accatta bene ogn'anno
2.000 o piú, e li fratelli altretanti: di capo de l'anno tutti sono morti, perché
non v'à marescalco veruno, perch'elli no li sanno governare. E questi mercatanti
no vi ne menano veruno, perciò che vogliono che tutti questi cavalli muoiano,
per guadagnare. Ancora v'à cotale usanza: quando alcuno omo à fatto malificio
veruno che debbia perdere persona, e quello cotale uomo dice che si vòle uccidere
elli istesso per amor e per onore di cotale idolo, e 'l re li dice che bene li
piace. Alotta li parenti e li amici di questo cotale malefattore lo pígliaro e
pongolo in su una caretta, e dannoli bene 12 coltella e portalo per tutta la terra,
e vanno dicendo: «.Questo cotale prod'uomo si va ad uccidere elli medesimo per
amore di cotale idolo». E quando sono al luogo ove si dé fare la giustizia, colui
che dé morire piglia uno coltello e grida ad alta boce: «Io muoio per amore di
cotale idolo». Com'à detto questo, elli si fiede del coltello per mezzo il braccio,
e piglia un altro e dassi ne l'altro braccio, e poscia de l'altro per lo corpo;
e tanto si dà ch'elli s'ucide. Quand'è morto, li parenti l'ardono con grande alegrezza.
Ancora v'à un altro costume, che quando neiuno uomo morto s'arde, la moglie si
gitta nel fuoco e arde co lui; e queste femine che fanno questo sono molto lodate
da le genti, e molte donne il fanno.
Questa gente adorano l'idole, e la magiore parte
il bue, ché dicono ch'è buona cosa; e veruno v'à che mangiasse di carne di bue,
né nullo l'ucciderebbe per nulla. Ma e' v'à una generazione d'uomini, ch'ànno
nome gavi, che mangiano i buoi, ma non li usarebbero uccidere; ma se alcuno ne
muore di sua morte, sí 'l mangiano bene. E sí vi dico ch'elli ungono tutta la
casa del grasso del bue. Ancora ci à un altro costume, che li re e baronia e tutta
altra gente non siede mai se no in terra; e dicono che questo fanno perché sono
di terra e a la terra debbono tornare, sí che non la possono troppo inorare. E
questi gavi che mangiano la carne del buoi, sono quelli i cui antichi ucisero
santo Tommaso apostolo anticamente; e veruno di questa generazione no potrebbe
intrare colà ov'è il corpo di santo Tomaso. Ancora vi dico che 20 uomini no vi
ne potrebbero mettere uno, di questa cotale generazione de' gavi, per la virtú
del santo corpo. Qui non à da mangiare altro che riso. Ancora vi dico che se un
grande destriere amontasse una cavalla, non ne nascerebbe se no uno piccolo ronzino
co le gambe torte, che no vale nulla e non si può cavalcare. E questi uomini vanno
in bataglie co scudi e co lance, e vanno ignudi, e non sono prod'uomini, anzi
sono vili e cattivi. Eglino non uciderebbero alcuna bestia, ma quando vogliono
mangiare alcuna carne, sí la fanno ucidere a' saracini ed ad altra gente che no
siano di loro legge.
Ancora ànno un'altra usanza, che maschi e femine
ogne dí si lavano due volte tutto il corpo, la mattina e la sera; né mai no mangerebbero
se questo non avessero fatto, né no berebbero; e chi questo no facesse, è tenuto
come sono tra noi i paterini. Ed in questa provincia sí si fa molto grande giustizia
di quelli che fanno mecidio o che imbolino, e d'ogne maleficio. E chi è bevitore
di vino non è ricevuto a testimonianza per l'ebrietà; ed ancora chi va per mare
dicono ch'è disperato. E sapiate ch'elli no tengono a pecato nulla lussuria. E
v'à sí grande caldo ch'è maraviglia. E' vanno ignudi; e no vi piuove se no tre
mesi dell'anno, giugno e luglio e agosto; e se no fosse questa acqua che renfresca
l'aire, e' vi sarebbe tanto caldo che veruno vi potrebbe campare. Quivi àe molti
savi uomini di fisonomia, cioè di conoscere li costumi de li uomini a la vista.
Elli guatano ad agure piú che uomini del mondo e piú ne sanno, ché molte volte
tornano adietro di loro viaggio per uno istarnuto o per la vista d'uno uccello.
A tutti loro fanciulli, quando nascono, sí scrivono lo punto e la pianeta che
regna allotta, perciò che v'à molti astrolagi e indivini.
E sappiate che per tutta l'India li uccelli loro
sono divisati da' nostri, salvo la quaglia; li pipistrelli vi sono grandi come
astori, e tutti neri come carbone. Elli danno a li cavalli carne cotta co riso
e molte altre cose cotte. Qui àe molti monasteri d' idole, ed àvi molte donzelle
e fanciulli oferti da li ro padri e madri per alcuna cagione. E 'l segnore del
monistero, quando vòle fare alcuno solazzo a li idoli, sí richieggiono questi
oferti; ed elli sono tenuti d'andarvi e quivi ballano e trescano e fanno grande
festa. Queste sono molte donzelle; e piú volte queste donzelle portano da mangiare
a questi idoli, ove sono oferte; e pongono la tavola dinanzi a l'idolo e pongovi
suso vivande, e lasciavile istare suso una grande pezza, e tuttavia le donzelle
cantando e ballando per la casa. Quando ànno fatto questo, dicono che lo spirito
de l'idolo à mangiato tutto il sottile de la vivanda, e ripongolo e vànnosine.
E questo fanno le pulcelle tanto che si maritano. Or ci partimo di questo regno,
e diròvi d'un altro ch'à nome Multifili.
171 Del regno di Multifili.
Multifili è un reame che l'uomo truova quando si
parte da Maabar e va per tramontana bene 1000 miglia. Questo regno è d'una reina
molto savia, che rimase vedova bene 40 anni, e volea sí grande bene a suo segnore
che giamai no volle pigliare altro marito. E costei à tenuto questo regno in grande
istato, ed è piú amata che mai fosse re o reina. In questo reame si truovano i
diamanti, e diròvi come. Questo reame àe grandi montagne, e quando piove, l'acqua
viene ruvinando giú per queste montagne, e li uomini vanno cercando per la via
dove l'acqua è ita, e truovane assai. La state, che no vi piuove, sí si ne truovano
su per queste montagne; ma e' v'à sí grande caldo ch'a pena vi si può soferire.
E su per quelle montagne à tanti serpenti e sí grandi, che li uomini vi vanno
a grande dottanza e' sono molto velenosi e non sono arditi d'andare
presso a le caverne di quelli serpenti. Ancora li òmini ànno li diamanti per un
altro modo: ch'elli v'ànno sí grandi fossati e sí perfondi che veruno vi puote
andare; ed elli sí vi gíttaro entro cotali pezzi di carne, e gittala in questi
fossati. La carne cade in su questi diamanti; e' ficcansi ne la carne. E su queste
montagne istanno aguglie bianche, che stanno per questi serpenti; quando l'aguglie
sentono questa carne in questi fossati, si vanno colà giú e recala in su la ripa
di questo fossato. E questi vanno a l'aguglie, e l'aguglie fuggono, e li uomini
truovano in questa carne questi diamanti. Ed ancora ne truovano: ché l'aguglie
sí ne beccano di questi diamanti co la carne, e li uomini vanno la matina al nido
de l'aguglie e truovane co l'uscita loro di questi diamanti. Cosí si truovano
i diamanti in questi tre modi, né in luogo del mondo non si ne truova se non in
questo reame. E no crediate che i buoni diamanti si rechino qua tra li cristiani,
ma portansi al Grande Kane ed agli altri re e baroni di quelle contrade ch'ànno
lo grande tesoro. E sappiate che in questa contrada si fa il migliore bucherame
e 'l piú sottile del mondo e 'l piú caro. Egli ànno bestie assai, ed ànno i magiori
montoni del mondo; ed ànno grande abondanza d'ogni cosa da vivere. Or udirete
del corpo di messer santo Tomaso apostolo e dov'egli è.
172 Di santo Tomaso l'apostolo.
Lo corpo di santo Tomaso apostolo è nella provincia
di Mabar in una picciola terra che non v'à molti uomini, né mercatanti non vi
vengono, perché non v'à mercatantia e perché 'l luogo è molto divisato. Ma vèngovi
molti cristiani e molti saracini in pellegrinaggio, ché li saracini di quelle
contrade ànno grande fede in lui, e dicono ch'elli fue saracino, e dicono ch'è
grande profeta, e chiàmallo varria, cioè «santo uomo». Or sapiate che v'à costale
maraviglia, che li cristiani che vi vegnono in pellegrinaggio tolgono della terra
del luogo ove fue morto san Tomaso e dannone un poco a bere a quelli ch'ànno la
febra quartana o terzana: incontanente sono guariti. E quella terra si è rossa.
Ancora vi dirò una maraviglia che venne ne li anni Domini 1288. Uno barone era
in quella terra, ch'avea fatto empiere tutte le case della chiesa di riso, sicché
veruno pellegrino vi potea albergare. I cristiani che guardavano la chiesa, sí
n'avevano grande ira; e non giovava di pregare, tanto che questo barone le facesse
isgombrare. Sicché una notte aparve a questo barone santo Tomaso con una forca
in mano, e misegliele in bocca e disseli: «Se tosto non fai isgombrare la mia
casa, io ti farò morire di mala morte». E con questa forca si gli strinse sí la
gola, ch'à colui fue grande pena; e 'l santo corpo si partío. La mattina vegnente
il barone fece insgombrare le case de la chiesa e disse ciò che gli era intervenuto,
e' cristiani n'ebbero grande allegrezza, e grande reverenza ne rendero a santo
Tomaso. E sapiate ch'egli guarisce tutti i cristiani che sono lebrosi. Or vi conterò
come fu morto, secondo ch'io intesi. Messer santo Tomaso si stava in uno romitoro
in uno bosco e dicea sue orazioni, e d'intorno a lui si avea molti paoni, ché
in quella contrada n'à piú che in lugo del mondo. E quando san Tomaso orava, e
uno idolatore della schiatta dei gavi andava ucellaldo a' paoni, e saettando a
uno paone, sí diede a santo Tomaso per le costi, ché nol vedea; ed issendo cosí
fedito, sí orò dolcemente e cosí orando morío. E inanzi che venisse in questo
romitoro, molta gente convertío alla fede per l'India. Or lasciamo di san Tomaso
e diròvi delle cose del paese. Sapiate che fanciugli e fanciulle nascono neri,
ma non cosí neri com'eglino sono poscia, ché continuamente ogni settimana s'ungono
con olio di sosima, acciò che diventino bene neri, ché in quella contrada quello
ch'è più nero è più pregiato. Ancora vi dico che questa gente fanno dipigner tutti
i loro idoli neri, e i dimoni bianchi come neve, ché dicono che il loro idio e
i loro santi sono neri. E sí vi dico che tanta è la speranza e la fede ch'egli
ànno nel bue, che quando vanno in oste, il cavaliere porta del pelo del bue al
freno del cavallo, e 'l pedone ne porta a lo scudo; e tali se ne fanno legare
a' capegli. E questo fanno per campare d'ogni pericolo che puòne incontrare nell'oste.
Per questa cagione il pelo del bue v'è molto caro, ché veruno si tiene sicuro
se non n'à adosso. Partiamoci quinci ed andamone in una provincia che si chiamano
i bregomanni.
173 Della provincia di Lar.
Lar è una provincia verso ponente, quando l'uomo
si parte dal luogo ov'è il corpo di san Tomaso. E di questa provincia sono nati
tutti li bregomanni e di là vennero primamente. E sí vi dico che questi bregomanni
sono i migliori mercatanti e' piú leali del mondo, ché giamai non direbbero bugia
per veruna cosa del mondo, né non mangiano carne né non beono vino. E' stanno
in molta grande onestade, e non tocherebboro altra femina che loro moglie, né
none ucciderebboro veruno animale, né non farebboro cosa onde credessoro avere
peccato. Tutti li bregomanni sono conosciuti per uno filo di bambagia ch'egli
portano sotto la spalla manca, e sí 'l si legano sopra la spalla ritta, sicché
li viene il filo atraverso il petto e le spalle. E sí vi dico ch'egli ànno re
ricco e potente, e compera volontieri perle e priete preziose, e conviene ch'abbia
tutte le perle che recano li mercatanti delli bregomanni da Mabar, ch'è la migliore
provincia ch'abbia l'India. Questi sono idolatri e vivono ad agura d'uccelli e
di bestie piú ch'altra gente. Ed àvi uno cotale costume: quando alcuno mercatante
fa alcuna mercatantia, elli si pone mente a l'ombra sua; e se l'ombra è tamanta
come dee essere, sí compie la mercatantia, e s'ella non fosse tale come dé essere
in quello die, non la compie per cosa del mondo; e questo fanno sempre. Ancora
fanno un'altra cosa: che quando elli sono in alcuna bottega per comperare alcuna
mercatantia, e se vi viene alcuna tarantola che ve n'à molte , sí
guata da quale parte ella viene; e puote venire da tale parte ch'e' compie il
mercato, e da tale che che per cosa del mondo nol compierebbe. Ancora, quando
escono di casa, ed egli oda alcuno starnuto che no gli piaccia, imantenente ritorna
in casa e none anderebbe piú inanzi. Questi bregomanni vivono piú che gente che
sia al mondo, perché mangiano poco e fanno magiore astinenza; li denti ànno bonissimi
per una erba ch'egli usano a mangiare. E v'à uomini regolati che vivono piú ch'altra
gente, e vivono bene 150 anni o 'nfino 200 anni, e tutti sono prosperosi a servire
loro idoli; e tutto questo è per la grande astinenza ch'e' fanno. E questi regalati
si chiamano congiugati. E' mangiano sempre buone vivande, cioè, lo piú, riso e
latte; e questi congiugati pigliano ogne mese uno cotale beveraggio: che tòlgoro
ariento vivo e solfo, e míschiallo insieme coll'acqua e béollo; e dicono che questo
tiene sano e 'lunga gioventudine, e tutti quelli che l'usano vivono piú delli
altri. Elli sono idoli, ed ànno tanta isperanza nel bue, che l'adorano; e li piú
di loro pòrtaro uno bue di cuoio o d'ottone inorato nella fronte. E' vanno tutti
ignudi sanza coprire loro natura alcuno di questi regolati; e questo fanno per
grande penitenzia. Ancora vi dico ch'elli ardono l'ossa del bue e fannone polvere,
e di quella polvere s'ungono in molte parti del loro corpo con grande reverenzia,
altressí come fanno i cristiani dell'acqua santa. E' non mangiano né in taglieri
né in iscodelle, ma in su foglie di certi àlbori, larghe, secche e non verdi,
ché dicono che le verdi ànno anima, sicché sarebbe peccato. Ed elli si guardano
di non fare cosa ond'ellino credesser avere peccato, enanzi si lascerebboro morire.
E quando sono domandati: «Perché andate voi ignudi?», e quelli dicono, perché
in questo mondo non ne recaro nulla e nulla vogliono di questo mondo: «Noi non
abiamo nulla vergogna di mostare nostre nature, perciò che noi non facciàno con
esse veruno peccato, e perciò noi non abiamo vergogna piú d'un vembro che d'altro.
Ma voi, che li portate coperti, e perciò che voi li aoperate in peccati, e perciò
avete voi vergogna». Ed ancora vi dico che questi none ucciderebbero niuno animale
di mondo, né pulci né pidocchi né mosca né veruno altro, perché dicono ch'elli
ànno anima, onde sarebbe peccato. Ancora no mangiano niuna cosa verde, né erba
né frutti infino tanto che non sono secchi, perché dicono anche ch'ànno anima.
Elli dormono ignudi in sulla terra né non tengono nulla né sotto né adosso; e
tutto l'anno digiunano e no mangiano altro che pane ed acqua. Ancora vi dico ch'elli
ànno loro aregolati, che guardano l'idoli. Ora li vogliono provare s'egli sono
bene onesti, e mandano per le pulcelle che sono oferte all'idoli, e fannoli toccare
a loro in piú parte del corpo ed istare con loro in sollazzi; e se 'l loro vembro
si rizza o si muta, sí 'l mandano via e dicono che non è onesto, e non vogliono
tenere uomo lusorioso; e se 'l vembro non si muta, sí 'l tengono a servire l'idoli
nel munistero. Questi ardono li corpi morti, perché dicono che se e' non s'ardessero,
e' se ne farebbe vèrmini, e quelli vèrmini si morrebbero quando non avessero piú
che mangiare, sicch'egli sarebbero cagioni della morte di quelli vermi; perciò
che dicono che li vermi ànno anima, onde l'anima di quello cotale corpo n'averebbe
pena nell'altro mondo. E perciò ardono i corpi, perch'e' no meni vèrmini. Avemovi
contato de' costumi di questi idolatri; diròvi una novella ch'avavamo dimenticato
de l'isola di Seila.
174 Dell'isola di Seila.
Seila è una grande isola: è grande com'io v'ò contato
in adrieto. Or è vero che in questa isola àe una grande montagna, ed è sí diruvinata
che persona non vi puote suso andare se no per uno modo: che a questa montagna
pendono catene di ferro sí ordinate che li uomini vi possono montare suso. E dicono
che in quella montagna si è il monumento d'Adam nostro padre; e questo dicono
li saracini, ma l'idolatori dicono che v'è il munimento di Sergamon Borgani. E
questo Sergamon fue il primo uomo a cui nome fue fatto idole, ché, secondo loro
usansa, questi fue il migliore uomo che fosse mai tra loro, e 'l primo ch'eglino
avessero per santo. Questo Sergamon fue figliuolo d'uno grande re ricco e possente,
e fue sí buono che mai non volle atendere a veruna cosa mondana. Quando il re
vide che 'l figliuolo tenea questa via e che non volea succedere al reame, ébbene
grande ira, e mandò per lui, e promiseli molte cose, e disseli che lo volea fare
re e sé volea disporre; né 'l figliuolo non ne volle intendere nulla. Quando il
re vide questo, sí n'ebbe sí grande ira ch'a pena che no morío, perché non avea
piú figliuoli che costui, né a cui egli lasciasse il reame. Anco il padre si puose
in cuore pure di fare tornare questo suo figliuolo a cose mondane. Ora lo fece
mettere in uno bello palagio, e misevi co lui 300 pulcelle molto belle che lo
servissero; e queste donzelle il servivano a tavola ed in camera, sempre ballando
e cantando in grandi zolazzi, sí come il re avea loro comandato. Costui istava
fermo, né per questo non si mutava a veruna cosa di peccato, e molto face' buona
vita secondo loro usansa. Ora era tanto tempo istato in casa ch'egli non avea
mai veduto veruno morto né alcuno malato; il padre si vollé uno dí cavalcare per
la terra con questo suo figliuolo. E cavalcando loro, il figliuolo si ebbe veduto
uno uomo morto che si portava a sotterare ed avea molta gente dietro. E 'l giovane
disse al padre: «Che fatto è questo?». E 'l re disse: «Figliuolo, è uno uomo morto».
E quegli isbigotío tutto, e disse al padre: «Or muoiono tutti li uomini?». E 'l
padre disse: «Figliuolo, sí». E 'l giovane non disse piú nulla, ma rimase molto
pensoso. Andando uno poco piú inanzi, e que' trovarono uno vecchio che non potea
andare, ed era sí vecchio ch'avea perduti i denti. E questo donzello si ritornò
al palagio, e disse che non volea piú istare in questo malvagio mondo, da che
li convenía morire o divenire sí vecchio che li bisognasse l'aiuto altrui; ma
disse che volea cercare Quello che mai no moría né invecchiava, e Colui che l'avea
criato e fatto, ed a lui servire. Ed incontanente si partío da questo palagio,
e andossine in su questa alta montagna, ch'è molto divisata dall'altre, e quivi
dimorò poscia tutta la vita sua molto onestamente; che per certo, s'egli fosse
istato cristiano battezzato, egli sarebbe istato un grande santo appo Dio. A poco
tempo costui si morío, e fue recato dinanzi al padre. Lo re, quando il vide, fue
lo piú tristo uomo del mondo; e imantanente sí fece fare una statua tutta d'oro
a sua similitudine, ornata di pietre preziose, e mandò per tutte le genti del
paes' e del suo reame, e fecelo adorare come fosse idio. E disse che questo suo
figliuolo era morto 84 volte, e disse che quando moríe la prima volta diventò
bue, e poscia morío e diventò cane. E cosí dicono che morío 84 volt'e tuttavia
diventava qualche animale, o cavallo od uccello od altra bestia; ma in capo dell'ottantaquattro
volte dicono che morío e diventò idio. E costui ànno l'idolatri per lo migliore
idio che egli abbiano. E sappiate che questi fue il primo idolo che fosse fatto,
e da costui sono discesi tutti l'idoli. E questo fue nell'isola di Seila in India.
E sí vi dico che gl'idolatori dalle piú lontane parte vi vengono in pelligrinaggio,
siccome vanno i cristiani a San Iacopo in Galizia. Ma i saracini che vi vengo
in peligrinaggio, dicono ch'è pure il munimento d'Adamo; ma, secondo che dice
la Santa Iscrittura, il munimento d'Adamo si è in altra parte. Ora fu detto al
Grande Kane che in su questa montagna era lo corpo d'Adamo, e li denti suoi e
la scodella dov'elli mangiava. Pensò d'avere li denti e la scodella: fece ambasciadori
e mandògli al re dell'isola di Seila a dimandare queste cose. E il re di Seila
le donò loro: la scodella era d'un proferito bianco e vermiglio. Gli ambasciadori
tornarono e recarono al Grande Kane la scodella e due denti mascellari, i quali
erano molti grandi. Quando il Grande Kane seppe che questi ambasciadori erano
presso a la terra ov'egli dimorava e che veníano con queste cose, fece mettere
bando che ogni uomo e tutti gli aregolati andassero incontro a quelle reliquie,
ché credea che veracemente fossero d'Adamo; e questo fue nel 1284. E fue ricevuta
questa cosa in Ganbalu con grande reverenzia; e trovossi iscritto che quella iscodella
avea cotale vertú, che mettendovi entro vivanda per uno uomo solo, n'aveano assai
cinque uomini; e 'l Grande Kane il provò, e trovò ch'era vero. Ora udirete della
città di Caver.
175 Della città di Caver.
Caver è una città nobile e grande; ed è d'Asciar,
del primo fratello de li 5 re. E sapiate che a questa città fanno porto tutte
le navi che vegnono verso ponente, cioè di Curimasa e di Quisai e d'Arden e di
tutta l'Arabia, cariche di mercatantia e di cavalli; e fanno qui capo perch'è
buono porto. E questo re è molto ricco di tesoro, e suo tesoro si è molte ricche
pietre preziose. Suo regno tiene bene, e spezialment' e' mercatanti che vengono
d'altra parte; e perciò vi vanno piú volontieri. E quando questi 5 fratelli re
pigliano briga insieme e vogliono combattere, la madre, ch'è ancora viva, sí si
mette in mezzo e pacíficagli; quando ella non puote, sí piglia uno coltello e
dice che s'ucciderà, e taglierassi le poppe del petto «dond'i' vi diedi lo mio
latte». Alora i figliuoli, per la pietà che fa la madre loro, e' proveggono ch'è
il meglio: sí fanno pace. E questo è divenuto per piú volte; ma, morta la madre,
non fallirà che non àbiaro briga insieme. Partimoci di qui, ed andamo nel reame
di Coilun.
176 Del reame di Coilun.
Coilun si è uno grande reame verso garbino, quando
l'uomo si parte di Mabar e va 500 miglie. E tutti sono idolatri, e sí v'à di cristiani
e giudei; e ànno loro linguaggio. Qui nasce i merobolani embraci e pepe in grande
abondanza, che tutte le campagne e i boschi ne sono pieni; e tagliansi di maggio
e di giugno e di luglio. E gli àlbori che fanno il pepe sono dimestichi, e piantansi
ed inàcquarsi. Qui à sí grande caldo ch'a pena vi si puote soferire, che se toglieste
uno uovo e metesselo in alcuno fiume, non andresti quasi niente che sarebbe cotto.
Molti mercatanti ci vengono di Mangi e d'Arabia e di levante, e recano e portano
mercatantia co loro navi. Qui si à bestie divisate dall'altre, ch'egli ànno lioni
tutti neri e papagalli di piú fatte, che vi n'à di bianchi, ed ànno i piedi e
'l becco rosso, e sono molto begli a vedere; e sí v'à paoni e galline piú belli
e piú grandi de' nostri. E tutte cose ànno divisate dalle nostre, e non ànno niuno
frutto che s'assomigli a' nostri. Egli fanno vino di zucchero molto buono. Egli
ànno grande mercato d'ogni cosa, salvo che non ànno grano né biada, ma ànno molto
riso. E sí v'à molti savi astrolagi. Questa gente sono tutti neri, maschi e femmine,
e vanno tutti ignudi, se no se tanto che si ricuopre loro natura con uno bianco
panno. Costoro non ànno per peccato veruna lussuria, e tolgono per moglie la gugina
e la matrigna, quando il loro padre si muore, e la moglie del fratello: cotale
è il loro costume, come avete inteso. Partimoci quinci, ed andamo nelle parti
d'India, in una contrada che si chiama Comacci.
177 Della contrada di Comacci.
Comacci si è in India, da la quale contrada si può
vedere alcuna cosa della tramontana. Questo luogo non è molto dimestico, ma sente
del salvatico. Qui si à molte bestie salvatiche di diverse fatte e fiere. Partimoci
di qui, ed entramo nel reame d'Eli.
178 Del reame di Eli.
Eli si è uno reame verso ponente, ed è di lungi
da Comacci 300 miglie. Qui si à re e sono gente idolatri; e' non fanno trebuto
a veruna altra persona. Questo reame non à porto, salvo ch'àe uno grande fiume,
il quale àe buone foci. Qui si nasce pepe e gengiove e molti ispezierie. Lo re
si è ricco di tesoro, ma no di genti. L'entrata del reame è sí forte ch'a pena
vi si puote intrare per fare male. E se alcuna nave capitasse a queste foci, s'ella
non venisse prima a la terra, sí la pigliano e tolgogli ogni cosa e dicono: «Dio
ti ci mandò perché tu fossi nostra»; né non ne credono avere peccato. E cosí aviene
per tutte le province de l'India. E se alcuna nave vi capita per fortuna, sí è
presa e tolto ogne cosa, salvo a quelle che capitano ad alcuna terra primamente.
E sappiate che le navi di Mangi vi vengoro la state, e quelle d'altra parte, e
si caricano in 3 o 4 dí o infino in 8 dí, e vannosene il piú tosto che possono,
perciò che non à buono porto, ed èvi molto pauroso lo stare per le piagge che
vi sono e per lo sabione. Vero è che le navi di Mangi non temono tanto per le
buone ancore de legno, ch'a tutte le fortune tengono bene loro navi. Egli ànno
leoni ed altre bestie assai, cacciagioni e uccellagioni assai. Partimoci di qui,
e diròvi di Melibar.
179 Del reame di Melibar.
Melibar è uno grandissimo reame, ed ànno re e loro
linguaggio. No rendono trebuto a niuna persona, e sono idolatri. Di questo paese
si vede piú la tramontana. † E d'un altro paese che v'è allato, ch'à nome Gofurat,
ed esce bene ogni die ben 100 navi di corsali, che vanno rubando tutto il mare;
e menano co loro le mogli e i fanciulli, e tutta la state vi stanno in corso e
fanno grande danno a' mercatanti. E' partonsi, e sono tanti che pigliano ben 100
miglie e piú del mare, e fannosi insegne di fuoco, sicché veruna nave non può
passare per quello mare che non sia presa. Li mercatanti, che 'l sanno, vanno
molti insieme e bene armati, sí che non ànno paura di loro, e danno loro malaventura
piú volte, ma no per tanto che pure si ne pígliaro. Ma non fanno altrui male,
se non ch'elli rubano e tolgono altrui tutto l'avere, e dicono: «Andate a procacciare
dell'altro». Qui si à pepe e gengiove e canella e turbitti e noci d'India e molte
ispezie, e bucherame del piú bello del mondo. Li mercatanti recano qui rame, drappi
di seta e d'oro e d'ariento, garofani e spigo, perch'elli non n'ànno; qui si vengono
i mercatanti di Mangi e portansi queste mercatantie per molti parti. A dirvi di
tutte le contrade del paese sarebbe troppo lunga mena; diròvi del reame di Gufurat,
e di loro maniera e costumi.
180 Del reame di Gufurat.
Gufurat è uno grande reame, ed ànno re e linguaggio
per loro. E' sono gente idolatri, e non fanno trebuto a veruno segnore di mondo.
E sono li peggiori corsari che vadano per mare e' i piú maliziosi, ché quando
e' pigliaro alcuno mercatante, sí li danno a bere i tamerindi co l'acqua salsa
per farli andare a sella, e poscia sí cercano l'uscita, se lo mercatante avesse
mangiato perle od altre care cose, per ritrovarle. Ora vedete se questa è bene
grande malizia: ché dicono che li mercatanti sí le trangugiano quando sono presi,
perché no siano trovate da' corsari. In questo paese si à pepe e gengiove asai
e bambagia, ch'egli ànno àlbori che fanno la bambagia molto grandi, che sono alti
bene 6 passi ed ànno bene 20 anni. Ma quando sono cosí vecchi, non fanno buona
bambagia da filare, ma fassine altre cose; da 12 anni infino in 20 si chiamano
vecchi. Qui si conciano molte cuoia di becco e di bue e d'unicorni e d'altre bestie,
e fassine grandi mercatantie e forniscosene molte contrade. Partimoci di qui,
andamone in una contrada che si chiama Tana.
181 Del reame della Tana.
Tana è anche uno grande reame, e sono simiglianti
a questi di sopra, ed ànno anche loro re. Qui non à spezie, àcci incenso, ma non
è bianco, anzi è bruno, e fassine grande mercatantia. Qui si à bucherame e bambagia
assai. Li mercatanti recano qui oro e ariento, rame e di quelle cose di che vi
bisogna, e portane delle loro. Ancora escono di qui molti corsari per mare, e
fanno grande danno a' mercatanti; e questo è per la volontà del loro segnore.
E fa il re questo patto con loro, che li corsari li danno tutti li cavalli che
pigliano, ché molti vi ne passano, perciò che in India si ne fa grande mercatantia,
sicché poche navi vanno per l'India che no menino cavagli; e tutte l'altre cose
sono de li corsali. Or ci partiamo di qui, ed andiamo in una contrada che si chiama
Canbaet.
182 Del reame di Canbaet.
Canbaet si è ancora un altro grande reame, ed è
simile a questo di sopra, salvo che non ci à corsali né male genti. Vivono di
mercatantia e d'arti, e sono buona gente. Ed è verso il ponente, e vedesi meglio
la tramontana. Altro non ci è che ci sia da ricordare. Diròvi d'un reame ch'à
nome Chesmancora.
183 Dello reame di Chesmancora.
Chesmancora è uno reame ch'ànno loro re e divisato
linguaggio; ed anche sono idolatri; ed è reame di molte mercatantie. E' vivono
di riso e di carne e di latte. Questo reame è d'India. E sapiate che da Mabar
infino a qui è de la magiore India e de la migliore; e le terre e' reami che noi
v'abiamo contato sono pure quelle di lungo il mare, ché a contare quelle della
terra ferma sarebbe troppo lunga mena. Vo'vi dire d'alquante isole che sono per
l'India.
184 D'alquante isole che sono per l'India.
L' isola che si chiama Malle è nell'alto mare bene
500 miglia verso mezzodie, partendosi da Chesmancora. Questi sono cristiani battezzati
e tengono legge del Vecchio Testamento, che mai non tocherebbero femina pregna
e, poscia ch'à partorito, a 40 dí. E dicovi che in questa isola no stae veruna
femina, ma istanno in un'altra isola che si chiama Femele, che v'è di lungi 30
miglia. E li uomini vanno a questa isola ove stanno queste femine, e istanno co
loro 3 mesi dell'anno, ed in capo di 3 mesi tornano a l'isola loro, e quivi si
fanno loro uttulità 9 mesi. In questa isola nasce l'ambra molta fina e bella.
Questi vivono di riso e di carne e di latte. E' sono buoni pescatori, e seccano
molti pesci, sicché tutto l'anno n'ànno assai. Qui non à signore, salvo ch'ànno
uno vescovo ch'è sotto l'arcivescovo di Scara. E perciò no stanno tutto l'anno
colle loro donne, perché non avrebbero da vivere. Li loro figliuoli istanno co
le madri 14 anni, e poscia il maschio si ne va col padr'e la femina sta colla
madre. Qui non trovamo altro da ricordare; partimoci ed andamone a l'isola di
Scara.
185 Dell'isola di Scara.
Quando l'uomo si parte da queste due isole, sí va
per mezzodí 500 miglia e trovasi l'isola di Scara. Questa gente sono anche cristiani
battezzati, ed ànno arcivescovo. Qui si à molta ambra. Elli ànno drappi di bambagia
buoni e altre mercatantia; e sí ànno molti pesci salati e buoni. Egli vivono di
riso e di carne e di latte, e vanno tutti ignudi. Qui vanno molte navi di mercatantia.
Questo arcivescovo non à che fare col papa di Roma, ma è sottoposto a l'arcivescovo
che sta a Baldac. Questo arcivescovo che sta a Baldac manda piú vescovi ed arcivescovi
per molte contrade, come fa il papa di qua; e tutti questi cherici e parlati ubidiscono
questo arcivescovo come papa. Qui vengono molti corsari a vendere loro prede,
e vendolle bene; costoro le comperano anche bene, perciò che sanno che questi
corsari no rúbaro se non saracini e idolatri, e non cristiani. E quando questo
arcivescovo di Scara muore, conviene che ci vegna di Baldac. Questi sono buoni
incantatori, ma l'arcivescovo molto li contrada, ché dice ch'è peccato, ma costoro
dicono che li loro antichi l'ànno fatto, e perciò lo vogliono eglino anche fare.
Diròvi di loro incantesimi. Se una nave andasse a vela, forte, eglino farebbero
venire vento in contradio, e farebberla tornare adrietro; e sí fanno venire tempesta
nel mare quand'e' vogliono, e fanno venire quale vento vogliono; e sí fanno altre
cose maravigliose che non è buono a ricordare. Altro non ci à ch'io voglia ricordare;
partimoci quinci ed andamo nell'isola di Madegascar.
186 Dell'isola di Madegascar.
Mandegascar si è una isola verso mezzodí, di lungi
da Scara intorno da 1.000 miglia. Questi sono saracini ch'adorano Malcometo; questi
ànno 4 vescovi cioè 4 vecchi uomini , ch'ànno la signoria di tutta
l'isola. E sapiate che questa è la migliore isola e la magiore di tutto il mondo,
ché si dice ch'ella gira 4000 miglia. E' vivono di mercatantia e d'arti. Qui nasce
piú leofanti che in parte del mondo; e per tutto l'altro mondo non si vende né
compera tanti denti di leofanti quanto in questa isola ed in quella di Zaghibar.
E sapiate che in questa isola non si mangia altra carne che di camelli, e mangiavisene
tanti che non si potrebbe credere; e dicono che questa carne di camelli è la piú
sana carne e la migliore che sia al mondo. Qui si à grandissimi àlbori di sandali
rossi, ed ànnone grandi boschi. Qui si à ambra assai, perciò che in quello mare
àe assai balene e capodoglie; e perché pigliano assai di queste balene e di queste
capodoglie si ànno ambre assai. Elli ànno leoni e tutte bestie da prendere in
caccia, e uccelli molti divisati da' nostri. Qui vengono molti navi, e recano
e portano molta mercatantia. E sí vi dico che le navi non possono andare piú verso
mezzodie che infino a questa isola ed a Zanghibar, perciò che 'l mare corre sí
forte verso il mezzodí, ch'a pena si ne potrebbe tornare. E sí vi dico che le
navi che vengono da Mabar a questa isola, vengono in 20 dí, e quando elle retornano
a Mabar, penano a ritornare 3 mesi; e questo è per lo mare che corre cosí forte
verso il mezzodí. Ancora sappiate che quelle isole che sono cotanto verso il mezzodí,
le navi non vi vanno voluntieri per l'acqua che corre cosí forte. Dicomi certi
mercatanti che vi sono iti, che v'à uccelli grifoni, e questi uccelli apaiono
certa parte dell'anno, ma non sono cosí fatti come si dice di qua, cioè mezzo
uccello e mezzo lione, ma sono fatti come aguglie, e sono grandi com'io vi dirò.
Egli pigliano l'alifante e pòrtallo su in aire, e poscia il lasciano cadere, e
quelli si disfa tutto, poscia si pasce sopra lui. Ancora dicono quelli che l'ànno
veduti, che l'alie sue sono sí grandi che cuoprono 20 passi, e le penne sono lunghe
12 passi, e sono grosse come si conviene a quella lunghezza. Quello ch'io n'ò
veduto di questi uccelli, io il vi dirò in altro luogo. Lo Grande Kane vi mandò
messaggi per sapere di quele cose di quell'isola, e preserne uno, sicché vi rimandò
ancora messaggi per fare lasciare quello. Questi messaggi recarono al Grande Kane
uno dente di porco salvatico che pesòe 14 libbre. Elli ànno sí divisate bestie
e uccelli ch'è una maraviglia. Quelli di quella isola sí chiamano quello uccello
ruc, ma per la grandezza sua noi crediamo che sia grifone. Or ci partiamo di questa
isola, ed andamo in Zaghimbar.
187 Dell'isola di Zachibar.
Zaghibar è una isola grande e bella, e gira bene
2000 miglia; e tutti sono idolatri, ed ànno lor re e loro linguaggio. La gente
è grande e grossa, ma dovrebbero essere piú lunghi, a la grossezza che elli ànno,
ché sono sí grossi e sí vembruti che paiono gioganti, e sono sí forti che porta
l'uno carico per 4 uomini; e questo non è maraviglia, ché mangia l'uno bene per
5 uomini. E' sono tutti neri e vanno ignudi, se no che si ricuoprono loro natura;
e sono li capegli tutti ricciuti. Elli ànno grande bocca e 'l naso rabuffato in
suso, e le labre e li anare grosse ch'è maraviglia, che chi li vedessi in altri
paesi parebbero diavoli. Elli ànno molti leofánti e fanno grande mercatantia di
loro denti; elli ànno leoni assai d'altra fatta che li altri, e sí v'à lonze e
leopardi assai. Or vi dico ch'elli ànno tutte bestie divisate da tutte quelle
del mondo; ed ànno montoni e berbíce d'una fatta e d'uno colore, che sono tutti
bianchi e la testa è nera; ed in tutta questa isola non si troverebbero d'altro
colore. E sí ànno giraffe molte belle, e sono fatte com'io vi dirò. Elle ànno
corta coda, e son alquante basse dirieto, ché le gambe di drieto sono piccole,
e le gambe dinanzi e 'l collo si è molto alto e grande: alt'è da terra bene 3
passi. E la testa è piccola, e non fanno niuno male; ell'è di colore rosso e bianco
a cerchi, ed è molta bella a vedere. Lo leofante giace colla leofantessa siccome
fa l'uomo co 'la femina, cioè che stae rovescio, perché àe la natura nel corpo.
Qui si à le piú sozze femine del mondo, ch'elle ànno la bocca grande e 'l naso
grosso e corto, le mani grosse 4 cotante che l'altre. Vivono di riso e di carne
e di latte e di datteri; non ànno vino di vigne, ma fannolo di riso e di zucchero
e di spezie. Qui si fa molte mercatantie, e molti mercatanti vi recano e portane.
Ancora ànno ambra assai, perché pigliano molte balene. Li uomini di questa isola
sono buoni combattitori e forti, e non temono la morte. E' non ànno cavagli, ma
combattono in su i camelli e in su' leofanti; e fanno le castella in su' leofanti,
e istannovi su da 12 uomini a 20, e combattono co lance e con ispade e con pietre,
e sono molto crudele battaglie le loro. E quando vogliono menare i leofanti a
battaglie, sí danno loro a bere molto vino, e vannovi piú voluntieri, e sono piú
orgogliosi e piú fieri. Qui sí no v'à altro da dire. Diròvi ancora alcuna cosa
de l'India, ché sappiate ch'io non v'ò detto de l'India se non l'isole maggiori
e le piú nobile e le migliori, ché a contarle tutte non si potrebbe fare, ché
troppo sarebbe grande mena. Ché, secondo che dicon li savi marinari che vanno
per l'India e secondo che si truova iscritto, l'isole de l'India, tra l'abitate
e le no abitate, sono 12'700. Ora lasciamo de l'India maggiore, ch'è da Mabar
infino a Chesmancora, che sono 13 reami grandissimi, dei quali v'abiamo contati
di 9. E sappiate che l'India minore si è da Cianba infino a Montifi, che v'à 8
grandi reami. E sappiate ch'io non v'ò ditto di quelli de l'isole, che sono ancora
grandi quantità di reami. Udirete de la mezzana India, la quale è chiamata Anabascie.
188 Della mezzana India chiamata Nabasce.
Nabascie si è una grandissima provincia, e questa
si è la mezzana India. E sappiate che 'l maggiore re di questa provincia si è
cristiano, e tutti li altri re de la provincia si sono sottoposti a lui i quali
sono 6 re: 3 cristiani e 3 saracini. Li cristiani di questa provincia si ànno
tre segnali nel volto: l'uno si è da la fronte infino a mezzo il naso, e uno da
catuna gota. E questi segni si fanno con ferro caldo: che, poscia che sono battezzati
ne l'acqua, sí fanno questi cotali segni; e fannolo per grande gentilezza, e dicono
ch'è compimento di batesimo. I saracini si ànno pure uno segnale, il quale si
è da la fronte infino a mezzo il naso. Il re maggiore si dimora nel mezzo de la
provincia; i saracini si dimorano verso Aden, ne la quale contrada messer santo
Tommaso convertío molta gente; poscia si ne partío ed andonne a Mabar, colà ove
fue morto. E sappiate che in questa provincia d'Abascie si à molti cavalieri e
molta gente da arme; e di ciò fa bene bisogno, imperciò ch'egli si ànno grande
guerra col soldano d'Aden e con quelli di Nubia e co molta altra gente. Or io
sí vi voglio contare una novella ch'avenne al re d'Abascie quando egli volle andare
in pellegrinaggio.
189 D'una novella del re d'Abasce.
Lo re d'Abascie si ebbe voglia d'andare in pellegrinaggio
al santo sepolcro di Cristo. Ora li convenía passare per la provincia d'Aden,
che sono suoi nemici, sí che fue consigliato che vi mandasse uno vescovo in suo
luogo, sí ch'egli si vi mandò uno santo vescovo e di buona vita. Ora venne questo
vescovo al Santo Sipolcro come pellegrino, molto orevolemente co molta bella compagnia.
Fatta la reverenza al Santo Sipolcro che si convenía e fatta l'oferta, sí si misero
a ritornare a loro paese. E quando furo giunti a' Aden e 'l soldano l'ebbe saputo
chi questo vescovo era, e per dispetto del suo segnore sí l'ebbe fatto pigliare,
e disseli che volea ch'egli divenisse saracino. Questo vescovo, sí come santo
uomo, disse che no ne farebbe nulla. Alora il soldano sí comandò che per forza
si li fosse fatto uno segnale nel volto come si fanno a' saracini, e fatto che
fue, lasciollo andare. Quando questo vescovo fue guarito sí ch'elli potéo cavalcare,
sí si mosse a venire e tornò al suo re. Quando lo re lo vide tornato, sí ne fue
molto alegro e domandò del Santo Sipolcro e di tutte le cose; e quando egli seppe
come per suo dispetto il soldano l'avea cosí concio, si volle morire di dolore,
e disse che questa onta vendicherebbe egli bene. Alora si fece il re bandire grandissima
oste sopra la provincia d'Aden. Fatto l'aparecchiamento, sí si mosse il re co
tutta la gente, e sí fece grandissimo danno al soldano e ucisero molti saracini.
Quando lo re ebbe fatto tutto il danno che fare potea e che piú no potea fare
loro danno, né andare no si potea piú inanzi per le troppe male vie che v'erano,
sí si misero a ritornare in loro paese. E sappiate che li cristiani sono asai
megliore gente per arme che no sono i saracini; e questo si fue ne li anni Domini
1288. Da che v'abiamo detta questa novella, diròvvi de la vita di quegli d'Abascie.
La vita loro si è di riso e di latte e di carne; e sí ànno leofanti: non ch'egli
vi nascaro, ma vengonvi d'altre paesi. Nasconvi molte giraffe e molte altre bestie,
e sí ànno molte bellissime galline, e sí ànno istruzzoli grandi quasi come asini;
e sí ànno molte altre cose, ch'a volerle tutte contare sarebbe troppo lunga mena.
Cacciagione e uccellagioni si ànno assai, e sí ànno pappagalli bellissimi e di
piú fatte, e sí ànno gatti mamoni e iscimmie asai. Avete inteso d'Abascie; vo'vi
dire de la parte d'Aden.
190 Della provincia d'Aden.
La provincia d'Aden si à uno signore ch'è chiamato
soldano. E' sono tutti saracini, i quali adorano Malcometto, e sono grandi nemici
de' cristiani. In questa provincia si à molte cittadi e molte castella, ed è porto
ove tutte le navi d'India capitano co loro mercatantie, che sono molte. Ed in
questo porto caricano li mercatanti loro mercatantie e mettole in barche piccole,
e passano giú per uno fiume 7 giornate; e poscia le traggoro de le barche e càricalle
in su camelli, e vanno 30 giornate per terra. E poscia truovano lo mare d'Alexandra,
e per quello mare ne vanno le genti infino in Allexandra, e per questo modo e
via si ànno li saracini d'Allesandra lo pepe ed altre ispezierie di verso Aden;
e dal porto d'Aden si partono le navi, e ritornasi cariche d'altre mercatantie
e riportale per l'isole d'India. E sí recano li mercatanti da questo porto medesimo
molti belli destrieri e menali per l'isole d'India; e sappiate che uno buono e
un bello cavallo si vende bene in India 100 marchi d'ariento. E sappiate che lo
soldano d'Aden si à una grandissima rendita de le gabelle ch'elli si à di queste
navi e de le mercatantie; e per questa rendita ch'elli si à cosí grande, si è
egli uno ricchissimo segnore dei grandi del mondo. E sappiate che, quando il soldano
di Babilona venne sopra ad Acri ad oste, lo soldano d'Aden li fece aiuto 30'000
cavalieri e 40'000 camegli. E sappiate che questo aiuto no fece egli per bene
ch'egli li volesse, ma solo per lo grande male che egli vòle a' cristiani, ché
al soldano di Babilonia no volle egli anche bene. Ora vi lascerò a dire d'Aden,
e diròvvi d'una grandissima cità, la quale si è chiamata Escier, ne la quale si
à uno picciolo re.
191 Della città d'Escier.
Escier si è una grande città, ed è di lungi dal
porto d'Aden 400 miglia. Ed è sottoposta ad uno conte, lo quale si è sotto il
soldano d'Aden; e si à molte castella sotto sé, e sí mantiene bene ragione e giustizia.
E' sono saracini, i quali adorano Malcometto. E sí ci à porto molto buono, al
quale si capitano molte navi, le quali vengono de l'Indiaco molte mercatantie,
e portane di buoni cavalli da due selle. Qui si à molti datteri; riso ànno poco,
biada vi viene d'altronde assai. E sí ànno pesci assai, ma si ànno tonni molti,
che per uno viniziano si averebbe 2 grandi tonni. Vino si fanno di riso e di zucchero
e di datteri. E sí vi dico ch'elli si ànno montoni che non ànno orecchi né foro,
ma colà dove debboro essere li orecchi si ànno due cornetti; e sono bestie piccole
e belli. E sappiate che danno a' buoi ed a' camegli ed a' montoni ed a' ronzini
piccoli a mangiare pesci; e questa si è la vivanda che danno a le loro bestie.
E questo è per cagioni che in loro contrada sí non à erba, perciò ch'ella si è
la piú secca contrada che sia al mondo. E li pesci di che si pascono queste bestie,
sí si pigliano di marzo e d'aprile e di maggio in sí grande quantità ch'è una
maraviglia. E seccagli e ripongogli per tutto l'anno, e cosí li danno a loro bestie;
veritade si è che le bestie loro vi sono sí avezze che, cosí vivi com'egli escono
dell'acqua, sí li mangiano. Ancora vi dico ch'egli si ànno di molti buoni pesci,
e fannone biscotto; ch'elli tolgono questi pesci e tagliali a pezzuoli quasi d'una
libbra il pezzo, e poscia sí li apiccano e fannoli seccare al sole; e quando sono
secchi sí li ripongono, e cosí li si mangiano tutto l'anno come biscotto. Qui
si nasce lo 'ncenso in grande quantità e fassine molto grande mercatantia. Altro
non ci à da ricordare; partimoci di questa cità ed andamo verso la cità Dufar.
192 Della città Dufar.
Dufar si è una grande e bella città, ed è di lungi
da Escer 500 miglia, ed è verso maestro. E' sono saracini ed ànno per segnore
uno conte, e sono sotto il reame d'Aden. Ed ànno anche porto, e sono quasi al
modo di questa di sopra di mercatantie. Diròvvi in che modo si fa lo 'ncenso.
Sappiate che sono certi àlbori, ne' quali àlbori sí si fa certe intaccature, e
per quelle tacche si esce gocciole, le quali s'asodano; e questo si è lo 'ncenso.
Ancora per lo molto grande caldo che v'è, si nasce in questi cotali àlbori certe
galle di gomme, lo quale si è anche incenso. Di questo incenso e di cavagli che
vengono d'Arabbia e vanno in India, sí si fa grandissima mercatantia. Ora vi voglio
contare del golfo di Calatu, e come istà e che cittade ella si è.
193 Della città di Calatu.
Calatu si è una grande cità, ed è dentro dal golfo
che si chiama Calatu, ed è di lungi da Dufar 600 miglia verso maestro. Ed è una
nobile cità sopra il mare; e tutti sono saracini ch'adorano Malcometto. Qui non
à biada, ma per lo buono porto che àe, sí vi capitano molte navi, le quali vi
ne recano asai de la biada e de l'altre cose. La cità si è posta in su la bocca
del golfo di Calatu, sí che vi dico che veruna nave non vi puote né passare né
uscire sansa la volontà di questa città. Partimoci di qui ed andamo ad una città
la quale si chiama Curmos, di lungi da Calatu 300 miglia, tra maestro e tramontano.
Ma chi si partisse da Calatu e tenesse tra maestro e ponente, anderebbe 500 miglia,
e poi troverebbe la cità d'Aquixi. Udirete de la cità di Curmos, ove noi arivamo.
194 Della città di Curmos.
Qurmos si è una grande città, la quale si è posta
in sul mare, ed è fatta quasi come quella di sopra. In questa città si à grandissimo
caldo, ch'a pena vi si puote campare, se non ch'egli si ànno ordinate ventiere,
le quali recano lo vento a le loro case, né altrimente no vi camperebbono. No
vi voglio dire di questa cità piú nulla, però che ci converà tornare qui, ed a
la ritornata vi diremo tutti i fatti che noi lasciamo. Diròvi de la Grande Turchia,
ove noi intramo.
195 De la Grande Turchia.
Turchia si à uno re ch'à nome Caidu, lo quale si
è nepote del Grande Kane, ché fue figliuolo d'uno suo fratello cugino. Questi
sono Tarteri, uomini valentri d'arme, perché sempre mai istanno in guerra ed in
brighe. Questa Grande Turchia si è verso maestro, quando l'uomo si parte da Qurmos
e passa per lo fiume di Gion, e dura di verso tramontano infino a le terre del
Grande Kane. Sapiate che tra Caidu e lo Grande Kane si à grandissima guerra, perché
Caidu si vorebbe conquistare parte de le terre del Catai e de' Mangi, ma lo Grande
Kane si vuole che lo seguiti, sí come fanno li altri che tengono terra da lui;
questi sí nol vuole fare, perché non si fida, e perciò sono istate tra loro molte
battaglie. E sí fa questo re Caidu bene 100'000 cavalieri, e piú volte àe isconfitto
li cavalieri e li baroni del Grande Kane, perciò che questo re Caidu si è molto
prode de l'arme, egli e sua gente. Ora sappiate che questo re Caidu si avea una
sua figliuola, la quale si era chiamata in tarteresco Aigiarne, cioè viene a dire
in latino 'lucente luna'. Questa donzella si era sí forte che non si trovava persona
che vincere la potesse di veruna pruova. Lo re suo padre sí la volle maritare;
quella disse che mai non si mariterebbe s'ella non trovasse alcuno gentile uomo
che la vincesse di forza o' d'altra pruova. Lo re sí l'avea brivelleggiata che
ella si potesse maritare a la sua voluntade. Quando la donzella ebbe questo dal
re, sí ne fue molto alegra; ed allora si mandò dicendo per tutte le contrade che,
se alcuno gentile uomo fosse che si volesse provare co la figliuola de lo re Caidu,
si andasse là a sua corte, sappiendo che, quale fosse quegli che la vincesse,
la donzella si lo torrebbe per suo marito. Quando la novella fue saputa per ogne
parte, ed èccoti venire molti gentili uomini a la corte del re. Ora fue ordinata
la pruova in questo modo. Ne la mastra sala del palagio si era lo re e la reina
co molti cavalieri e co molte donne e co molte donzelle, ed ecco venire la donzella
tutta sola, vestita d'una cotta di zendado molto acconcia: la donzella si era
molto bella e bene fatta di tutte le bellezze. Ora convenía che si levasse il
donzello, lo quale si volesse provare co lei a questi patti com'io vi dirò: che
se 'l donzello la vincesse, la donzella lo dovea prendere e tòrrelo per suo marito,
ed egli dovea avere lei per sua moglie; e se cosa fosse che la donzella vincesse
l'uomo, si convenía che l'uomo desse a lei 100 cavagli. Ed in questo modo si avea
la donna già guadagnati ben 10'000 cavagli. E sappiate che questo non era maraviglia,
ché questa donzella era sí bene fatta e sí informata ch'ella parea pure una giogantessa.
Ora v'era venuto uno donzello, lo quale era figliuolo del re di Pumar, per provarsi
con questa donzella; e menò seco molto bella e nobole compagnia e sí menò 1000
cavagli, per mettere a la pruova; ma il cuore li stava molto franco di vincere,
e di ciò li parea essere troppo bene sicuro. E questo fue nel tempo del 1280.
Quando lo re Caidu vide questo donzello, sí ne fue molto allegro, e molto disiderava
in suo cuore che questo donzello la vincesse, perciò ch'egli si era un bello giovane
e figliuolo d'uno grande re. Ed allora sí fece pregare la figliuola ch'ella si
dovesse lasciare vincere a costui. Ed ella sí rispuose e disse: «Sappiate, padre,
che per veruna cosa di mondo non farei altro che diritto e ragione». Or èccoti
la donzella intrata ne la sala a la pruova: tutta la gente che istava a vedere
pregavano che desse a perdere a la donzella, acciò che cosí bella coppia fossero
acompagnati insieme. E sappiate che questo donzello si era forte e prode, e non
trovava uomo che lo vincesse, né che si potesse co lui ch'egli no lo vincesse
d'ogne pruova. Ora si vennero la donzella e 'l donzello a le prese, e furonsi
presi insieme a le braccia e fecero una molto bella incominciata; ma poco durò,
che 'l donzello si convenne pure che perdesse la pruova. Alora si levò in su la
sala lo maggiore duolo del mondo perché questo donzello avea cosí perduto, ch'era
uno dei piú belli uomini che vi fosse anche venuto o che mai fosse veduto. Ed
alotta si ebbe la donzella questi 1000 cavagli; questo donzello si partío ed andossine
molto vergognoso in sua contrada. E vo' che sappiate che lo re Caidu si menò questa
sua figliuola in piú battaglie. E quando ella era a le battaglie, ella si gittava
tra li nimici sí fieramente che non era cavaliere sí ardito né sí forte ch'ella
nol pigliasse per forsa; e menavalo via, e facea molte prodesse d'arme. Or lasciamo
di questa matera, e udirete d'una battaglia, la quale si fue fra lo re Caidu ed
Argo, figliuolo de lo re Abaga, segnore del Levante.
196 D'una battaglia.
Sappiate che lo re Abaga, segnore del Levante, si
tiene molte terre e molte province, e confina le terre sue con quelle de lo re
Caidu: cioè da la parte dell'Albero Solo, lo quale noi chiamamo l'Albero Secco.
Lo re Abaga, per cagioni che lo re Caidu non facesse danno a le terre sue, si
mandò lo suo figliuolo Argo con grande gente a cavallo ed a piede ne le contrade
dell'Albero Solo infino al fiume de Ion, perch'egli guardasse quelle terre che
sono a le confini. Ora avenne che lo re Caidu si mandò uno suo fratello, molto
valentre cavaliere, lo quale aveva nome Barac, co molta gente, per fare danno
a le terre ov'era questo Argo. Quando Argo seppe che costoro viniero, sí fece
asembiare sua gente e venne incontro a' nemici; e quando furo asembiati l'una
parte e l'altra, li naccari cominciarono a sonare da l'una parte e da l'altra.
Alora si fue cominciata la piú crudele battaglia che mai fosse veduta al mondo.
Ma pure a la fine Barac e sua gente si non potéo durare, sicché Argo l'isconfisse
a cacciògli di là dal fiume. Da che v'abbiamo cominciato a dire d'Argo, diròvvi
com'egli si fue preso e com'egli segnoreggiò poscia, dopo la morte del suo padre.
197
Quando Argo ebbe vinta questa battaglia, una novella
sí li venne, sí come lo padre era passato di questa vita. Quando intese questa
novella, si ne fue molto cruccioso, e mossesi per venirsene per pigliare la segnoria;
ma egli si era di lungi bene 40 giornate. Or avenne che lo fratello che fue d'Abaga,
lo quale si era soldano ed era fatto saracino, sí vi giunse prima che giugnesse
Argo, ed incontanente si intrò in su la segnoria e riformò la terra per sé. E
sí vi trovò sí grandissimo tesoro ch'a pena si poterebbe credere; e sí ne donò
sí largamente a li baroni ed a' cavalieri de la terra, che costoro dissero che
non voleano mai altro segnore. Questo soldano si facea a tutta gente apiacere.
Quando lo soldano seppe che Argo venía co molta gente, sí si aparecchiò co la
sua gente e fece tutto suo isforzo in una settimana. E questa gente per amore
del soldano andavano molto voluntieri incontro ad Argo per pigliarlo e per uciderlo
a tutto loro podere.
198
Quando lo soldano ebbe fatto tutto suo isforzo,
sí si mossero ed andaro incontro ad Argo. E quando fue presso a lui, sí si atendò
in uno molto bello piano, e disse a la sua gente: «Segnori, e' ci conviene essere
prodi uomini, perciò che noi sí difendiamo la ragione, ché questo regno si fue
del mio padre. Il mio fratello Abaga si l'à tenuto tutto quanto a tutta sua vita,
ed io sí dovea avere lo mezzo, ma per cortezia sí lile lasciai. Ora, da ch'è morto,
si è ragione ch'io l'abbia tutto; ma io sí vi dico ch'io no voglio altro che l'onore
de la segnoria, e vostro sia tutto il frutto». Questo soldano avea bene 40'000
di cavalieri e grande quantità di pedoni. La gente rispuose e dissero tutti ch'anderebbero
co lui infin' a la morte.
199
Argo, quando seppe che lo soldano era atendato
presso di lui, si ebbe sua gente, e disse cosí: «Segnori e frategli ed amici miei,
voi sapete bene che 'l mio padre, infino che e' visse, vi tenne tutti per fratelli
e per figliuoli; e sí sapete bene come voi e i vostri padri siete istati co lui
in molte battaglie e a conquistare molte terre; e sí sapete bene com'io sono suo
figliuolo, e com'egli v'amò assai, ed io ancora sí v'amo tanto quanto il mio cuore.
Dunque ben è ragione che voi sí m'aiutiate riconquistare quello che fue del mio
padre e vostro, ch'è contra colui che viene contra ragione, e voleci diretare
de le nostre terre e cacciare via tutte le nostre famiglie. Ed anche sapete bene
ch'egli sí non è di nostra legge, ma è saracino e adora Malcometto; ancora vedete
come sarebbe degna cosa che li saracini avessero segnoria sopra li cristiani!
Da che voi vedete bene ch'è cosí, ben dovete essere prodi e valentri, sí come
buoni fratelli, in aiutare e in difendere lo nostro, ed io abbo isperanza in Dio
che noi lo metteremo a la morte, sí com'egli è degno. Perciò sí priego catuno
che faccia piú che suo potere non porta, sí che noi vinciamo la battaglia».
200
Li baroni e' cavalieri d'Argo, quando ebbero inteso
e udito lo parlamento ch'avea fatto Argo, tutti rispuosero, e dissero ch'avea
ditto bene e saviamente, e fermaro tutti comunemente che voleano anzi morire co
lui che vivere sansa lui o che neiuno li venisse meno. Alora si levò un barone
e disse ad Argo: «Messer, ciò che voi avete ditto, tutto si è verità, ma sí voglio
dire questo: ch'a me sí parebbe che si mandasse ambasciadori al soldano per sapere
la cagione di quello che fae e per sapere quello che vòle». E sí fue fermo di
fare. Quando ebbero cosí fermato, ed eglino sí fecero due ambasciadori ch'andassero
al soldano ad isporregli queste cose, come tra loro non dovea essere battaglia,
perciò ch'erano una cosa, e che 'l soldano si dovesse lasciare la terra e renderla
ad Argo. Lo soldano rispuose a li ambasciadori, e disse: «Andate ad Argo, e sí
li dite ch'io lo voglio tenere per nepote e per figliuolo, sí com'io debbo», e
che li volea dare segnoria che si convenisse, e che stesse sotto lui; ma non volea
ch'egli fosse segnore: «e se cosí non vòle fare, sí li dite che s'aparecchi de
la battaglia».
201
Argo, quando ebbe intesa questa novella, si ebbe grande ira, e disse: «Non ci
è da dire piú nulla». Allora si mosse con sua gente, e fue giunto al campo dove
la battaglia dovea essere. E quando furono aparecchiati l'una parte e l'altra,
e li naccari cominciaro a sonare da catuna parte, alora si cominciò la battaglia
molto forte e molto crudele da catuna parte. Argo fece lo dí grandissima prodezza,
egli e sua gente, ma no gli valse; tanto fue la disaventura che Argo si fue preso
e perdéo alora la battaglia. Lo soldano si era uomo molto lusorioso, sí che si
pensò di ritornare a la terra e di pigliare molte belle donne che v'erano. Alora
si partío, e lasciò uno suo vicaro ne l'oste, ch'avea nome Melichi, che dovesse
guardare bene Argo; e cosí se n'andò a la terra, e Milichi rimase.
202
Ora avenne che uno barone tartaro, lo quale era aguale sotto il soldano, vide
lo suo segnore Argo, lo quale dovea essere di ragione. Venneli un grande pensiero
al cuore, e l'animo li cominciò molto a enfiare, e dicea fra se istesso che male
li parea che suo segnore fosse preso; e pensò di fare suo podere sí ch'egli fosse
lasciato. Ed alora cominciò a parlare con altri baroni de l'oste; e catuno parea
che fosse in buono animo di volersi pentere di ciò ch'aveano fatto. E quando furono
bene acordati, uno barone ch'avea nome Boga si fue cominciatore; e levaronsi suso
tutti a romore, ed andarono a la pregione dove Argo era preso, e dissergli come
s'erano riconosciuti, e ch'aveano fatto male, e che voleano ritornare a la misericordia
e fare e dire bene, e lui tenere per segnore. E cosí s'acordaro, ed Argo perdonò
loro tutto ciò ch'eglino aveano fatto contra di lui. Ed incontanente si mossero
tutti questi baroni, ed andarono al padiglione dov'era Milichi, lo vicaro del
soldano, ed ebborlo morto. Ed alora tutti quelli de l'oste sí confermaro Argo
per loro diritto segnore.
203
Di presente giunse la novella al soldano come lo
fatto era istato e come Milichi suo vicaro era morto. Alora, com'ebbe inteso questo,
si ebbe grande paura, e pensossi di fuggire in Babbilona, e misesi a partire con
quella gente ch'avea. Uno barone, lo quale era grande amico d'Argo, si istava
ad uno passo, e quando lo soldano passava, e questo barone sí l'ebbe conosciuto,
ed imantenente li fue dinanzi in sul passo ed ebbelo preso per forza; e menollo
dinanzi ad Argo a la cità, che v'era giunto già di tre giorni. Argo, quando lo
vide, sí ne fue molto alegro, ed imantenente si comandò che gli fosse data la
morte sí come traditore. Quando fue cosí fatto, e Argo si mandò uno suo figliuolo
a guardare le terre da l'Albero Solo, e mandò co lui 30'000 di cavalieri. A questo
tempo che Argo intrò ne la segnoria, corea anni Domini 1285, e regnò segnore 6
anni; ed in capo di questi 6 anni si fue avelenato, e cosí morío. Morto che egli
si fue Argo, uno suo zio si entrò su la segnoria, per cagione che lo figliuolo
d'Argo si era molto da la lunga. E' tenne la segnoria 2 anni, ed in capo de li
due anni si fue anche morto di beveraggio. Ora vi lascio qui, ché non ci à altro
da dire, e diròvvi uno poco de le parti di verso tramontana.
204 Delle parti di verso tramontana.
In tramontana si à uno re ch'è chiamato lo re Conci.
E' sono Tartari; questi sono genti molto bestiali. Costoro si ànno uno loro dominedio,
ed è fatto di feltro, e chiamalo Nattigai, e fannogli anche la moglie, e dicono
che sono i dominedii terreni che guardano tutti i loro beni terreni. E cosí li
danno da mangiare, e fanno a questo cotale iddio secondo che fanno li altri Tarteri,
li quali v'abbiamo contato adietro. Questo re Conci è de la schiatta di Cinghi
Kane ed è parente del Grande Kane. Questa gente non ànno né cità né castella,
ma sempre istanno in piani od in montagne. E' sono grande gente de le persone,
e vivono di latt'e di bestie e di carne; biada non ànno. E non sono gente che
mai facciano guerra ad altrui, anzi istanno tutti in grande pace. Eglino si ànno
molte bestie, ed ànno orsi che sono tutti bianchi e sono lunghi 20 palmi, ed ànno
volpi che sono tutte nere, e sí ànno asini salvatichi assai. Ancora si ànno giambelline,
cioè quelle donde si fanno le care pegli, che una pelle da uomo vale bene 1000
bisanti; vai ànno assai. Questo re si è di quella contrada ove i cavagli non possoro
andare, perciò che v'à grandi laghi e molte fontane, e sonvi ghiacci sí grandi
che non vi si puote menare cavallo. E dura questa mala contrada 13 giornate; ed
in capo di catuna giornata si à una posta, dove albergano li messi che passano
e che vengono; ed a catuna di queste poste si istanno 40 cani, li quali istanno
per portare li messaggi da l'una posta a l'altra, sí come io vi dirò. Sappiate
che queste 13 giornate si sono tra due montagne, e tra queste due montagne si
à una valle, ed in questa valle à sí grande lo fango e lo ghiaccio che cavallo
non vi potrebbe andare. Eglino sí ànno ordinate tregge sanza ruote, ché le ruote
non vi potrebbero andare, perciò ch'elle si ficherebbero tutte nel fango, e per
lo ghiaccio corerebbero troppo. In su questa treggia si pongono uno cuoio d'orsa,
e vannovi suso questi cotali messaggi; e questa treggia si menano 6 di questi
cani, e questi cani sí sanno bene la via, e vanno infino a l'altra posta. E cosí
vanno di posta in posta tutte queste 13 giornate di questa mala via; e quelli
che guarda la posta sí monta su un'altra treggia e ménali per la migliore via.
E sí vi dico che gli uomini che stanno su per queste montagne sono buoni cacciatori
e pigliano di molte buone bestiuole, e si ne fanno molto grande guadagno, sí come
sono giambellini e vai ed ermellini e coccolini e volpi nere ed altre bestie assai,
donde si fanno le care pegli. E pigliale in questo modo, che fanno loro reti che
no vi ne puote campare veruna. Qui si à grandissima freddura. Andamo piú inanzi,
e udirete quello che noi sí trovamo, ciò fue la valle iscura.
205 La valle iscura.
Andando piú inanzi per tramontana, sí trovamo una
contrada ch'è chiamata Iscurità. E certo ella sí à lo nome bene a ragione, ch'ella
si è sempre mai iscura: qui si non apare mai sole né luna né stella; sempre mai
v'è notte. La gente che v'è vi vive come bestie. E' non ànno segnore, se non che
li Tartari sí vi mandano talvolta com'io vi dirò: che li uomini che vi vanno si
tolgono giomente ch'abbiano poledri dietro, e lasciano li poledri di fuori da
la scurità, e poscia si vanno rubando ciò ch'e' possono trovare; e poscia le giomente
si ritornano a' loro poledri di fuori da la scurità. Ed in questo modo riede la
gente che vi si mette ad andare. Questa gente si ànno molte pelli di quelle care
ed altre cose assai, perciò ch'egli sono maravigliosi cacciatore, ed amassano
molte di quelle care pegli ch'avemo contato di sopra. La gente che vi dimora ad
abitare sono gente pallida e di male colore. Partimoci di qui, ed andamo a la
provincia di Rossia.
206 Della provincia di Rossia.
Rossia si è una grandissima provincia verso tramontana.
E' sono cristiani e tengono maniera di greci; ed àvvi molti re, ed ànno loro linguaggio.
E no rendono trebuto se non ad uno re dei Tarteri e quello è poco. La contrada
si à fortissimi passi a entrarvi. Costoro non sono mercatanti, ma sí ànno asai
de le pelli ch'avemo ditto di sopra. La gente si è molto bella, i maschi e le
femine, e sono bianchi e biondi, e sono semprice gente. In questa contrada si
à molte argentiere, e càvane molto argento. In questo paese non à altro da dire.
Diròvvi de la provincia la quale à nome Lacca, perché confina co la provincia
di Rossia.
207 Della provincia di Lacca.
Quando noi ci partimo da Rossia, sí 'ntramo ne la
provincia di Lacca. Quivi si trovano gente che sono cristiani e gente che sono
saracini. Non ci à quasi altra novità che abbia. † da quelle di sopra, ma vogliovi
dire d'una cosa che m'era dimenticata de la provincia di Rossia. In quella provincia
si à grandissimo freddo, ch'à pena vi si puote iscampare; e dura infino al mare
Oziano. Ancora vi dico che v'à isole ove nascono molti girfalchi e molti falconi
pellegrini, i quali si pòrtaro per piú parti del mondo. E sappiate che da Rossia
ad Orbeche si no v'à grande via ma, per lo grande freddo che v'è, sí non si puote
bene andare. Or vi lascio a dire di questa provincia, ché non ci à altro da dire;
e vògliovi dire un poco dei Tarteri di Ponente e di loro signore e quanti signori
ànno avuti.
208 De' signori de' Tarteri del Ponente.
Lo primo signore ch'ebbono gli Tarteri del Ponente
si fu uno ch'ebbe nome Frai. Questo Frai fu uomo molto possente e conquistò molte
province e molte terre, ch'egli conquistò Rossia e Comania e Alanai e Lacca e
Megia e Ziziri e Scozia e Gazarie. Queste furono tutte prese per cagione che non
si tenevano insieme, ché s'elle fossero istate tutte bene insieme, non sarebbono
istate prese. Ora, dopo la morte di Frai fu signore Patu, dopo Patu si fu Bergo;
dopo Bergo Mogletenr; poscia fu Catomacu; dopo costui fu il re ch'è oggi, lo quale
à nome lo re Toccai. Ora avete inteso dei signori che sono istati delli Tarteri
del Ponente. Vogliovi dire d'una battaglia che fu molto grande tra lo re Alau,
signore del Levante, e lo re Bergo, signore del Ponente.
209 D'una gran battaglia.
Al tempo degli anni Domini 1261 sí si cominciò una
grande discordia tra gli Tarteri del Ponente e quegli del Levante. E questo si
fu per una provincia, ché l'uno signore e l'altro la voleva, sicché ciascuno fece
suo isforzo e suo apparecchiamento in sei mesi. Quando venne in capo degli sei
mesi, e ciascuno síe uscíe fuori a campo; e ciascuno avea bene in sul campo bene
300'000 cavalieri bene apparecchiati d'ogni cosa da battaglia, secondo loro usanza.
Sappiate che lo re Barga avea bene 350'000 di cavalieri. Or si puose a campo a
10 miglia presso l'uno all'altro; e voglio che voi sappiate che questi campi erano
i piú ricchi campi che mai fossono veduti di padiglioni e di trabacche, tutti
forniti di sciamiti e d'oro e d'ariento. E cosí istettoro tre dí. Quando venne
la sera che la battaglia dovea essere la mattina vegnente, ciascuno confortò bene
sua gente ed amonío siccome si conveniva. Quando venne la mattina, e ciascuno
signore fu in sul campo, e' feciono loro ischiere bene e ordinatamente. Lo re
Barga fece 35 ischiere, lo re Alau ne fece pure 30, perché avea meno di gente;
e ogni ischiera era da 10'000 uomeni a cavallo. Lo campo era molto bello e grande,
e bene faceva bisogno ché giammai non si ricorda che tanta gente s'asembiasse
in sun un campo; e sappiate che ciascuna gente erano prodi ed arditi. Questi due
signori furono amendue discesi della ischiatta di Cinghy Kane, ma poi sono divisi,
ché l'uno è signore del Levante e l'altro del Ponente. Quando furono aconci l'una
parte e l'altra e gli naccheri incominciarono a sonare da ciascuna parte, allora
fu cominciata la battaglia colle saette. Le saette cominciarono ad andare per
l'aria tante che tutta l'aria era piena di saette, e tante ne saettarono che piú
non n'avevano: tutto il campo era pieno d'uomeni morti e di fediti. Poi missoro
mano alle ispade: quella era tale tagliata di teste e di braccia e di mani di
cavalieri, che giammai tale non fu veduta né udita, e tanti cavalieri a terra
ch'era una maraviglia a vedere da ciascuna parte, né giammai non morí tanta gente
in un campo, che niuno non potea andare per terra, se no su per gli uomeni morti
e fediti. Tutto il mondo pareva sangue, ché gli cavagli andavano nel sangue insino
a mezza gamba; lo romore e 'l pianto era sí grande dei fediti ch'erano in terra,
ch'era una maraviglia a udire lo dolore che facevano. E lo re Alau fece sí grande
maraviglia di sua persona che non pareva uomo, anzi pareva una tempesta, sicché
il re Barga non poté durare, anzi gli convenne alla perfine lasciare il campo;
e missesi a fuggire, e lo re Alau gli seguí dietro con sua gente, tuttavia uccidendo
quantunque ne giugnevano. Quando lo re Barga fu isconfitto con tutta sua gente,
e il re Alau si ritornò in sul campo, e comandò che tutti gli morti fossono arsi,
cosí gli nemici come gli amici, però ch'era loro usanza d'ardere i morti. E fatto
ch'ebbono questo, sí si partirono e ritornarono in loro terre.
Avete inteso tutti i fatti dei Tarteri e dei saracini,
quanto se ne può dire, e di loro costumi, e degli altri paesi che sono per lo
mondo, quanto se ne puote cercare e sapere, salvo che del Mar Maggiore non vi
abiamo parlato né detto nulla, né delle province che gli sono d'intorno, avegna
che noi il cercamo ben tutto. Perciò il lascio a dire, ché mi pare che sia fatica
a dire quello che non sia bisogno né utile, né quello ch'altri fa tutto dí, ché
tanti sono coloro che 'l cercano e 'l navicano ogni dí che bene si sa, siccome
sono Viniziani e Genovesi e Pisani e molta altra gente che fanno quel viaggio
ispesso, che catuno sa ciò che v'è; e perciò mi taccio e non ve ne parlo nulla
di ciò. Della nostra partita, come noi ci partimmo dal Grande Kane, avete inteso
nel cominciamento del libro, in uno capitolo ove parla della briga e fatica ch'ebbe
messer Matteo e messer Niccolò e messer Marco in domandare commiato dal Gran Kane;
e in quello capitolo conta l'aventura ch'avemmo nella nostra partita. E sappiate,
se quella aventura non fosse istata, a gran fatica e con molta pena saremmo mai
partiti, sicché a pena saremmo mai tornati in nostro paese. Ma credo che fosse
piacere di Dio nostra tornata, acciò che si potessoro sapere le cose che sono
per lo mondo, ché, secondo ch'avemo contato in capo del libro nel titolo primaio,
e' non fu mai uomo, né cristiano né saracino né tartero né pagano, che mai cercasse
tanto nel mondo quanto fece messer Marco, figliuolo di messer Niccolò Polo, nobile
e grande cittadino della città di Vinegia.