'); //-->
Home page Intervista a Seneca formato pdf |
||
Vita di Seneca Cordova 4 d.c.- Roma 65 d.c. |
Luogo: il centro di una metropoli Epoca: attuale Bruno: Ciao Lucio, come va la vita? -vita si fa per dire: non eri morto da circa duemila anni? Seneca: Sì, è vero, ma, nonostante tutto, mi sento più vivo che mai! Che fai da queste parti? Bruno: Forse questa domanda dovrei fartela io, comunque sto facendo una passeggiata. Seneca: Non preoccuparti, presto conoscerai quello che sono venuto a fare qui. Scusa, permettimi Un'altra domanda: sei solito girovagare lungo questi tortuosi canali lastricati che si immergono in luoghi piuttosto ampi, dove si accumulano persone a persone, dove è tutto un brillare di luci, uno scatenarsi di suoni, un furibondo scorrere di immagini, e?? Bruno: Lucio: una città. Seneca: Ah, c'è una sola parola? Quindi, questa sarebbe una vostra "urbs"? Bruno: Sì, proprio così. Seneca: Capirai, dopo così tanto tempo che non vivo più nell' "orbe". A pensarci bene, però, le vostre città non sono tanto diverse da quelle che ricordo io: una gran confusione anche allora! Ce lo testimonia anche il caro Giovenale: dentro i vicoli, le mandrie producevano un fragore tremendo, e la folla?: ti andava bene se ti precedeva, ma se ti seguiva, allora non te li toglieva nessuno i chiodi che trapassavano i piedi e le travi in testa. Io, essendo ricco, avevo a disposizione la lettiga, ma per gli altri era un bel proble- ma. E poi, un pericolo ad ogni angolo: dalle tegole che precipitavano ai brutti incontri. Bruno: È proprio vero che tutto il mondo è paese? Seneca: Bando alle chiacchiere! Orsù, cammina, andiamo in un luogo più tranquillo, qui c'è troppa confusione. Bruno: Ma dove vuoi andare a piedi?! Non troveremo luoghi tranquilli qui vicino. Seneca: Tu dici? E, pochi passi dopo, non si vedevano più né palazzi, né negozi, né insegne; c?erano un grande prato, alberi, un ruscello: un normale paesaggio di collina. Bruno: Ma come siamo finiti qua? Seneca: Non badare a ciò! Bruno: Senti, Lucio, l'atmosfera è quella giusta: che ne dici di parlare un po'? Però, a dire il vero, non credo di essere degno di accedere alla tua sapienza. Seneca: Bruno, ma allora non capisci? Proprio perché voglio parlare con te, ci siamo incontrati per strada! E poi, devi sapere che qualsiasi bene, se non si ha qualcuno con cui condividerlo, non è per niente piacevole, anzi è sgradito. E questo vale anche per quella che tu chiami "la mia sapienza". Dimmi, piuttosto, come ti sentivi in pieno centro cittadino? Bruno: Mah, credevo di esserci ormai abituato. Ma, ora che me lo chiedi, mi accorgo che il clima della metropoli mi stordisce un po': quante luci, quanti bagliori, quanti rumori, troppa gente che corre e che va di fretta? Seneca: Eh, sì, la confusione è uno dei tanti motivi per i quali bisogna evitare la folla. Comunque, è proprio qua che volevo arrivare. Una situazione di questo genere induce un progressivo, inesorabile disorientamento e, come hai testé detto tu stesso, stordimento. Bruno: Hai ragione, ma non riesco bene a spiegarmene il perché. Seneca: Te lo spiego io. La mente, in una situazione simile, è sottoposta a varie sollecitazioni, che prima stimolano, poi sovraccaricano, quindi ubriacano le facoltà percettive. Mi segui? Bruno: Più o meno. Seneca: Bene, ammettiamo che questi stimoli, i quali si manifestano sotto forme diverse, causano una notevole tensione dell'uomo verso l'esterno, ghermendo l'attenzione di quanti vi sono sottoposti? Bruno: Sì. Seneca: E mi sembra di aver capito che siete abituati a questi stimoli. Bruno: È vero. Seneca: Non mi stupisco. Anche quando io vivevo ? in carne ed ossa ?, la società produceva stimoli di questo genere. Orbene, ammettiamo che una caratteristica di questi stimoli è di agire sulla superficie della persona, non sulla sua essenza, quindi solo sulla sfera sensoriale di un individuo? Bruno: Comincio a capire quello che intendi: vuoi dire che gli stimoli di cui stiamo parlando, e sono tanti, allontanano chi vi è sottoposto da se stesso? Seneca: Esattamente. La via che queste sollecitazioni ci propongono è certamente attraente: essa suggerisce l'abbandono a ogni tipo di piacere, il soddisfacimento di ogni desiderio, di ogni voglia. Ma questa è solo una piccola parte di ciò che implica la via del piacere. Il resto è sofferenza, è schiavitù, dipendenza dai propri capricci infantili, inconsapevolezza. Bruno: Sono d'accordo. Seneca: E ora, se è vero che queste sollecitazioni implicano una tensione verso l'esterno e non verso l'anima, non verso il cuore, non è vero anche che, seguendo queste sollecitazioni, ci allontaneremo da noi stessi e, quindi, non ci conosceremo più? Bruno: Mi sembra un ragionamento logico. E, del resto, non ti nascondo che queste parole mi la- sciano un po' turbato, proprio perché comincio a rendermi conto di quante volte io sia sta- to schiavo, dipendente, inconsapevole. Seneca: Non devi abbatterti: io stesso ho commesso tanti errori di questo genere. La perfezione non è nella natura umana: l'importante è rendersi conto dell'errore, come hai fatto tu, alzarsi e ricominciare. La consapevolezza dell'errore è l'inizio della salvezza. Bruno: Come darti torto? È vero: è impossibile, per l'uomo, non sbagliare mai. Seneca: Ma ritorniamo al discorso di prima. Questa "ignoratio sui" ci accomuna alle creature non pensanti e ci rende non umani, incapaci di felicità: come può essere felice un individuo che non sa per che cosa sia nato, che cosa debba fare, chi sia? Bruno: Quindi bisogna impegnarsi. Seneca: Esatto, senza dimenticare, però, che la filosofia esige la frugalità, non la sofferenza, e sen- za certo trascurare le qualità fisiche e le inclinazioni naturali: esse sono una ricchezza se usate con cura e serenità e, soprattutto, come qualcosa che abbia il compito di servire, non di comandare; esse devono contribuire alla felicità, ma non sono la felicità, perché sono ef- fimere. Bruno: Sono meravigliato dalla bellezza di queste parole. Seneca: Queste parole sono belle, ma non devono rimanere "belle parole": la filosofia non è nelle parole, ma nelle cose, così come insegna Socrate, il quale chiama somma sapienza il di- stinguere il bene dal male. Se la filosofia non potesse operare nella realtà, ma fosse solo un passatempo per persone colte, sarebbe proprio inutile. Essa, invece, si può e si deve appli- care nella realtà. Soprattutto, la filosofia deve aiutarti a ragionare con la tua testa: come è triste vedere persone che non fanno altro che citare frasi e pensieri di uomini illustri, senza però formulare un proprio pensiero. È necessario, invece, che tutti formino una propria coscienza critica, in modo da contribuire al miglioramento della società. Bruno: La filosofia, quindi, ci aiuta a diventare persone con i piedi ben piantati a terra. Seneca: Certo. Per questo bisogna che rientriamo in noi stessi: così la nostra volontà sarà forte e noi stessi saremo persone mature, la cui felicità non dipende dall'avere o dall'essere in funzione di, ma dal semplice essere. La felicità è l'armonia interiore, giacché le virtù si trovano nell'accordo e nell'unità: dove questi mancano, non ci sono che vizi. Bruno: ? Seneca: Il primo passo verso la felicità è cercare la Verità sull'uomo. Scomparve. Mi trovavo di nuovo in città. Speravo che quelle parole si fossero radicate nella mia anima. |
|
Opere di Seneca | ||
webmaster | Ezio Sgrò |