I "sinistri" del pallone
di Matteo Grandi da Libero.it
In principio
fu Paolo Sollier, pugno alzato e
militanza politica nell'estrema sinistra. Oggi è
Fabrizio Miccoli, maglia dei Sud Sound
System (gruppo ragamuffin salentino) nascosta
sotto la divisa, ma ostentata con orgoglio dopo ogni gol, e
tatuaggio di Che Guevara sul polpaccio destro.
In mezzo il Perugia, destinato a
essere unito nell'immaginario collettivo oltre che dalle urla
di Serse Cosmi, dai ritiri punitivi di
Luciano Gaucci anche da questo sottile
filo rosso. E mai colore fu più azzeccato. Rosso come la
maglia dei grifoni, ma soprattutto come l'anima dei
cuori di sinistra che negli anni hanno
scandito la storia del calcio perugino. Curiose trame del
destino e coincidenze figlie del caso, ma la rossa Perugia si
è rivelata comunque un fertile humus
per le radici dei suoi protagonisti.
Come non citare per esempio quel "rossaccio" di
Renzo Ulivieri che proprio sulla panchina del
Perugia ha vissuto una delle sue prime esperienze da
allenatore, o il ribelle bomber Cristiano
Lucarelli (oggi al Torino), salito qualche anno fa
agli onori delle cronache per aver esibito l'icona del "Che"
dopo un gol e svezzatosi, guarda caso, proprio nella
primavera del Perugia?
E in un mondo come quello del pallone in cui è già rarissimo
trovare qualcuno che non si esprima per luoghi
comuni, è quasi impossibile imbattersi in chi
sventola senza tabù la propria fede politica. Il che rende
ancora più singolare la coincidenza di Perugia e della sua
squadra, culla perfetta, si direbbe, per questi "guevaristi"
del pallone.
Con qualche differenza fra ieri e oggi. Ai tempi di Sollier ,
cuore di giocatore e cuore di curva
erano un tutt'uno. Dietro la porta campeggiava lo striscione
dell'unico gruppo di tifosi del tempo, l'Armata
Rossa, con tanto di (indovinate un po'?) Che
Guevara dipinto nel mezzo. Oggi la realtà è diversa e anche la
curva del Perugia, come quasi tutte le curve d'Italia, si è
frammentata e divisa in gruppi diversi
spesso generati da una differente matrice politica.
Il che forse, rispetto a Sollier, rende Fabrizio Miccoli un
po' più solo.
L'unico personaggio, dall'avvento della seconda
repubblica a oggi, a essere riuscito nell'impresa
di unire una curva, uno stadio e una città nel suo modo
anarchico di vedere la vita e il calcio è
stato un uomo capace di sfuggire a tutte le
etichette (e forse per questo anche alla grande
carriera che avrebbe meritato): il suo nome?
Giovanni Galeone. A Perugia, città di sinistra,
lo chiamavano il Profeta. Come a
Pescara, città di destra.
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