FABRIZIO MICCOLI, SANGUE VIVO
di Ludovica Rampoldi (da sport.it)
Ritmo salentino che pulsa
nelle vene, musica sincopata come quella dei Sud Sound System,
il suo gruppo preferito. Scatti, guizzi, serpentine. Fabrizio
Miccoli, classe 1979, 168 cm di talento e velocità pura, sta
incantando giorno dopo giorno a ritmo di ragamuffin. A Perugia
ormai è un idolo, anche perché grazie ai suoi gol il Perugia
si è guadagnato la prima semifinale di Coppa Italia. A
discapito della Juventus, per giunta, la squadra che lo ha
comprato nel mercato estivo dello scorso anno, e che nel
prossimo giugno lo riprenderà a pieno titolo.
Oltre a essere un giocatore portentoso, Miccoli è un
personaggio. Uno dei tanti in una squadra come il Perugia,
dove ognuno sembra nato dalla penna di Pennac. L’allenatore
sanguigno che porta il nome di un re persiano, l’allegra
brigata di ragazzini giovanissimi provenienti da Sierra Leone,
Iran, Corea, il pingue presidente tiranno che decide i destini
dei suoi uomini a colpi di ritiro anticipato. E poi c’è
Miccoli, appunto, uno che Cosmi definisce così: “Un giovanotto
che non finisce mai di sorprendermi: sto cercando qualche
difetto ma per adesso francamente non sono riuscito a
trovargliene.” Talmente bravo che a Perugia hanno deciso di
comprare anche il fratello, Federico, classe 1984. Attaccante,
ovviamente, come un vizio di famiglia.
Il calcio ama mettere le etichette, e così con la
consacrazione è arrivato per Miccoli anche il primo, scomodo,
paragone: il Romario del Salento, così lo hanno definito. Lui
ovviamente ringrazia, ma ci tiene a specificare che il suo
mito è un altro. Quel Diego Armando Maradona con cui
condivide, con le dovute proporzioni, controllo palla e
genialità. E un tatuaggio vistoso, un Che Guevara impresso sul
polpaccio destro. Una chiara dichiarazione di passione, che
contagia la politica come il calcio, e che fa di Miccoli una
mosca bianca, uno dei pochi che ha il coraggio di dire quello
che pensa in un ambiente sempre più omologato nella banalità
delle dichiarazioni post-partita. La maglia rossa del Perugia
ancora lo permette. Sarà da vedere se, quando il piccolo
fenomeno giocherà nella Babilonia Juventus, non gli verrà
imposto un sottile ed elegante bavaglio. O se gli faranno
togliere la maglietta dei Sud Sound System (che sfodera da
sotto la maglia dopo ogni gol) per una casacca più politically
correct, magari una con lo sponsor di una banca.
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