>> 30.03 Grandi e Miccoli (di Silvia Guerriero da Sport week)

Le mani in tasca, l' aria intimidita, Fabrizio Miccoli alza gli occhi e poi ci guarda di traverso: "Oh, mica vorrete fotografarmi assieme a ste due pertiche! Noooo, non se ne parla nemmeno!". Poi, invece, se ne parla, e basta qualche minuto per convincerlo a mettessi in posa. Lui, il bomber tascabile del Perugia e della nazionale, insieme ai giocatori più alti dei campionati italiani di basket e di Volley: Pavel Podkolzin della Metis Varese, ed Alexei Kazakov della Itas Grunding Trentino. Un grande tra i giganti: "Si, così magari rubo anche qualche centimetro a tutti e due", ride Miccoli. "Quelli buoni però". In effetti i cm sono tanti: 223 per Pavel, 217 per Ale. E Fabrizio li sotto non sembra proprio a suo agio... Ma è un' attimo "Oh, se li guardo in faccia mi viene il torcicollo", dice, "E' il mio destino: anche a perugia c'ho sempre accanto Kalac che è più di due metri. Quello lo fa apposta. Altezza? Un metro e 68... rubato. Diciamo che ci arrivo coi tacchetti". Sul campo di gioco, il gigante adesso è lui. Quasi gli bastasse un pallone per far rimpicciolire tutti gli altri: "Chi va in porta? Se becco la traversa mi pagate il pranzo". E via con una serie di bordate da 30-40 metri, come fa ogni giorno a fine allenamento, quando resta in campo anche da solo a scatenarsi con lanci e punizioni. "Dopo la famiglia, il calcio per me è tutto. E' un lavoro che mi dà tante soddisfazioni, un gioco che mi piace da morire. Mi impegna al massimo, ma non mi pesa: difatti sono sempre l' ultimo ad andare sotto la doccia. Quando gioco mi sento un bambino perchè mi diverto davvero." Un bambino che negli ultimi anni e diventato grande, anzi grandissimo: "Il 2002 è stato decisivo, mi sono detto, o mi faccio vedere adesso, oppure resto un giocatore mediocre. D'altronde nel calcio che conta sono arrivato tardi un po’ per errori miei, perchè quando giocavo poco mi arrabbiavo e poi, facevo peggio un po' per le circostanze."
In questa stagione, però, sembra baciato dalla fortuna: l' esordio in serie A, il debutto in nazionale e la nascita della primogenita Swami. "E la vittoria del Lecce sul Bari nel derby di ritorno: che Gioia!" aggiunge Miccoli da sempre ultrà giallorosso. Infatti: "L' unico rimpianto che ho è quello di non aver vestito la maglia del Lecce. Una volta ci sono andato vicino, ma poi non si trovò l' accordo. Peccato, io ci andrei a giocare anche gratis, anche adesso." A San Donato di Lecce molta gente lo ricorda ancora per il suo motorino: "Lo avevo personalizzato facendogli attaccare una sirena dell' ambulanza e un' autoradio, ma me lo sequestravano regolarmente perchè ne combinavo di tutti i colori". I numeri li faceva anche in piazza, dove la gente si radunava per vederlo palleggiare come un funambolo. "E' sempre stato coì pensavo solo al calcio, stavo sempre con il pallone tra i piedi". Non è cambiato molto in questo, ma adesso ci sono altre priorità: "La famiglia, naturalmente. Se sono maturato lo devo soprattutto a Flaviana, è stata lei a cambiarmi e a darmi serenità e tranquillità. Ho trovato equilibrio e si vede anche in campo: da quando viviamo insieme il mio rendimento è molto migliorato. Sono pure diventato casalingo: la sera al massimo gioco con la Play station! Appena posso scappo a casa perchè so che c'è Flaviana che mi aspetta. E ora c'è anche mia figlia. La paternità è una cosa troppo bella, non ci sono parole per descrivere quello che provo. Altro che serie A o Nazionale, avere un figlio non si può paragonare a niente." La nazionale, però... "Un' esperienza fantastica, che mi ha fatto conoscere grandi campioni e grandi uomini. Se potessi fare io le convocazioni, mi chiamerei sempre, anche come terzo portiere. A genova è stato emozionante, soprattutto quando ho sentito suonare l' inno. Non vedo l' ora di raccontare tutto alla mia bambina." Già: la prima maglia azzurra non si scorda mai. "Io l'ho incorniciata subito, anche perchè ho avuto la fortuna di giocare con il 10, che era libero. Ed era il numero di Maradona, il mio idolo. Oh, se avrò un figlio lo chiamerò come lui. Mia moglie è avvertita: per Swami non dico niente, però il maschio sarà Diego. E un maschio lo devo fare, sennò troppe donne qui mi rovinano." A Perugia intanto è diventato un' idolo, nonostante la sua statura: "Ormai, non me la prendo più, ho dimostrato coi fatti che non me la prendo più" Ma, a Terni cosa dice... "Sono riconoscente a tutta l' Umbria, e non solo: se sto facendo bene, il merito è di tutte quelle persone, che negli ultimi anni, mi hanno aiutato a crescere come calciatore e come uomo. Sono tante, davvero. Ma se tutti mi hanno fatto crescere, mi chiedo, perchè sono ancora... basso un metro e 68?"

 

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