Dalle origini ai giorni nostri
Pistoia fu
municipio romano e nel II secolo a. C. doveva essere una città fortificata, oppidum,
destinata all'approvvigionamento delle milizie. Il suo stesso nome Pistoria,
Pistoriae o Pistorium, allude forse a questo suo ruolo, perché,
in latino, pistoria indica il forno per il pane. Non sono tuttavia da
escludere precedenti insediamenti di popolazioni diverse, quali gli Etruschi, come
lasciano presupporre alcuni reperti archeologici ritrovati in prossimità
dell'attuale piazza del Duomo. L'unico episodio di notevole importanza che la
riguardò in epoca romana fu la sconfitta di Catilina e dei suoi seguaci
avvenuta nel gennaio del 62 a. C. in una località imprecisata dell'ager
pistoriensis.
Nel V° secolo Pistoia divenne
sede vescovile. Nello stesso secolo subì il brutale saccheggio dei Goti. Nel VI°
sec. fu poi occupata dai Longobardi. La dominazione longobarda fu importante per
la città che divenne sede di un gastaldato direttamente dipendente dal
sovrano. La città, a riprova della sua importanza, fu autorizzata a coniare una
moneta aurea: il tremisse pistoiese. Scarse
notizie rimangono della dominazione franca, che seguì quella
longobarda.Durante l'VIII secolo lo sviluppo urbano e la vita politica si
organizzarono attorno alla corte vescovile. La città subì le sorti del mondo
occidentale caratterizzandosi per un'economia di carattere chiuso e per un
sistema politico di impronta feudale. I conti Guidi e Cadolingi contendevano al
vescovo il controllo sulla città.
Con il nuovo millennio
mutarono le istituzioni politiche. Nell’XI sec. la città divenne libero
comune; nel 1105 a Pistoia
governavano i consoli, la più antica magistratura di istituzione democratica e
nel 1158 il podestà arginò il potere del vescovo, il cui palazzo fortificato
sorgeva presso la cattedrale. Nel 1177 la città ebbe il suo primo statuto, uno
dei più antichi d'Italia. Nel XII° sec. la città vide un notevole sviluppo
economico ed un ampliamento dei propri territori, ma la vita civile fu turbata
dagli scontri che opponevano le opposte fazioni Guelfa e Ghibellina prima,
Bianca e Nera poi.
Il XIII° secolo fu per la città un momento di grave crisi politica. Ci furono
gravi scontri con le potenti città di Firenze e Lucca. All'inizio del
quattordicesimo secolo la loro alleanza procurò a Pistoia una delle pagine più
dolorose della sua storia: l'assedio del 1306.
Nel corso del secolo Pistoia cercò più volte di risollevarsi, ma fu sottoposta
prima alle signorie di Uguccione della Faggiola, di Vinceguerra Panciatichi e di
Roberto d'Angiò, poi, con Castruccio Castracani, al potere di Lucca. Intorno
alla metà del secolo Pistoia entrò nell'orbita fiorentina, dopo aver subito
gravi perdite, sia sotto l’aspetto demografico che economico, in conseguenza
delle disastrose pestilenze del 1348 e 1400. Nel 1401 Pistoia perse
definitivamente la propria indipendenza e divenne parte integrante dei domini
fiorentini. Firenze impose un Podestà di sua nomina e sottrasse a Pistoia il
controllo su gran parte del contado. Anche la diocesi fu sottomessa a quella
fiorentina. Per tutta l'età medicea, i secoli XVI° e XVII°, Pistoia non ha
avuto una propria storia anche se è stata protagonista di alcuni episodi di
rilievo.
Il continuo riaccendersi durante la prima metà del Cinquecento delle lotte tra
le fazioni cittadine, capeggiate dalle famiglie dei Cancellieri e dei
Panciatichi, per aggiudicarsi le poche cariche di rilievo disponibili, costrinse
Firenze ad accrescere il potere su Pistoia esautorando così ogni parvenza di
autonomia locale. Negli anni successivi la città fu prospera come testimoniano
ancora oggi i numerosi palazzi gentilizi di quell’epoca, e visse in pace fin
quando le truppe papaline nel 1643 non la cinsero d'assedio, al quale, però, i
cittadini seppero resistere con grande coraggio. In questo stesso secolo Pistoia
vide salire al soglio pontificio con il nome di Clemente IX un rappresentante
dell'aristocrazia cittadina: il Cardinale Giulio Rospigliosi.
Quando durante la prima metà del Settecento il granduca Giangastone, ultimo
discendente dei Medici, morì e la Toscana divenne dominio dei Lorena la città,
soprattutto con l'illuminato Pietro Leopoldo, conobbe anni floridi e poté
assistere alla modernizzazione della viabilità transappenninica che, con la via
modenese, le restituì quella centralità negli scambi con il Settentrione che
ne era stata la principale e più remota caratteristica. Alla fine del secolo
XVIII° l'attenzione dell'intera Europa si rivolse a Pistoia per il Sinodo
diocesano convocato dal vescovo Scipione de' Ricci, in accordo con il granduca,
divenuto celebre per le tesi gianseniste che proponevano una radicale riforma
della chiesa. I pistoiesi, come del resto il papa Pio VI, non seppero cogliere
le idee innovative dell'alto presule che pochi anni dopo fu costretto a lasciare
la città.
Alla fine del secolo Pistoia fu occupata dalle truppe francesi con a capo il
giovane generale Napoleone Bonaparte; l'anno dopo l'intera Toscana era governata
dalla Francia. Durante il dominio napoleonico Pistoia fu inclusa nel
dipartimento dell'Arno e divenne una municipalità governata da un Maire.
Con il Congresso di Vienna e la restaurazione in Toscana rientrarono i Lorena
che ripresero l'opera di riforma iniziata da Pietro Leopoldo. Nel 1851 la ferrovia
Maria Antonia da Firenze arrivò a Pistoia e più tardi, nel 1864, già dopo
l'unità d'Italia, fu realizzata la ferrovia Porrettana. Al Risorgimento
Pistoia ha contribuito non soltanto con il sangue di Attilio Frosini, Sergio
Sacconi e Torello Biagioni uccisi dagli austriaci e di quanti altri avevano
combattuto nelle guerre d'indipendenza ma anche con la filantropia e il
mecenatismo di Niccolò Puccini.
Nel 1848 Pistoia fu nominata dal granduca capoluogo di compartimento e fu dotata
di una prefettura; appena tre anni dopo fu degradata, si dice per punirla delle
sue idee unitarie, a sottoprefettura. Dal 1849 al 1855 subì una dura
occupazione delle truppe austriache chiamate in aiuto dai Lorena. Nel 1860 aderì
con un plebiscito al Regno d'Italia.
Tra l'Ottocento e il
Novecento Pistoia cominciò a dotarsi di un aspetto più moderno. Si avviò
un processo di industrializzazione (la San Giorgio di Genova vi costruì uno
stabilimento per la nascente industria automobilistica) e di rinnovamento
urbanistico. Con l'abolizione della cinta daziaria nel 1909 le mura persero ogni
loro significato e fu iniziata la loro parziale demolizione. Successivamente
vennero demoliti interi quartieri medioevali e gran parte della città cambiò
aspetto.
Durante il periodo fascista Pistoia fu promossa a capoluogo di provincia.
Durante il secondo conflitto mondiale fu centro di vivace reazione antitedesca e
specialmente nelle campagne si fecero sentire le conseguenze delle durissime
rappresaglie. L'8 settembre del 1944 la città fu liberata.
Con la ricostruzione Pistoia si è trasformata in un importante centro
commerciale e industriale che si lega all'area metropolitana fiorentina e si
caratterizza, fra l'altro, per una particolare vocazione orto-vivaistica.
Pistoia
nell'arte e nella letteratura
Se di Pistoia storicamente si
hanno notizie a partire dal II sec. a.c., nella letteratura è citata persino da
Dante Alighieri, , precisamente nei canti XXIV° e XXV° Divina Commedia. Il pretesto non è proprio lusinghiero,
perché
riguarda il ladro Vanni Fucci, ma del resto non meglio sono trattate altre
città della Toscana, a cominciare dalla sua Firenze, per non dire di
Pisa.
INFERNO
Canto XXIV°
«Io piovvi di
Toscana,
poco tempo è,
in questa gola fiera.
Vita bestial mi
piacque e non umana,
sì come a mul
ch'i' fui; son Vanni Fucci
bestia, e
Pistoia mi fu degna tana».
Canto XXV°
"Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
d'incenerarti sì che più
non duri,
poi che 'n mal fare il seme
tuo avanzi?
Nel canto XXV°, se il pretesto è ancora Vanni Fucci, si ritiene altresì
che Dante
supponesse che i rimasugli dell'esercito di Catilina, sfuggiti a Marco Petreo,
fossero riparati a Pistoia, appena un villaggio, facendone poi la città più
rissosa del suo tempo.
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