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IL RAPPORTO ANNUALE SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA NEL MONDO (da FAMIGLIA CRISTIANA)

 

            DOVE SI RISCHIA LA VITA IN NOME DELLA FEDE

 

      La pubblicazione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo è diventato ormai un appuntamento fisso, ogni anno, per discutere sulle condizioni di vita dei credenti nei vari Paesi del mondo, frutto di una ricerca analitica su ogni Paese.

 

      Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS) è nato dopo la seconda guerra mondiale con lo scopo di aiutare i cristiani perseguitati dai regimi comunisti dell'Est.

     

      Oggi lavora in tutto il mondo e segue circa 6.000 progetti ogni anno.

 

      Il Rapporto mette in luce come la libertà religiosa sia ancora un grave problema in tante regioni del mondo.

     

            Lo è in India, dove una legge limita i diritti delle minoranze e dove vari Stati discriminano i cristiani. Il fondamentalismo indiano, che trova ascolto negli ambienti di Governo, fa sentire la sua forte pressione. La conversione ad altra religione è ostacolata. Da Avvenire 10 aprile 2001

- LA DENUNCIA Dai dati '99

- un quadro drammatico,

- fra oppressione di Stato e violenze estremiste

- Un pianeta di martiri

- 160 mila le vittime annuali

- più di 300 milioni i cristiani ostaggio dell'islam e del comunismo:

rapporto sui cristiani perseguitati!

Il dossier, stilato da cattolici e protestanti francesi, punta il dito contro le situazioni in Cina, Vietnam, India, Pakistan, Iran, Sudan e Nigeria.

Simona Serafini

 

                        PARIGI.

Minoranze cristiane minacciate è il titolo di un documento pubblicato in Francia dalla Commissione cattolica Justice e Paix, dalla Federazione protestante e dall'Acat, il movimento interconfessionale di lotta contro la tortura.

     

     

      Situazione drammatica in Iran per chi non abbraccia la religione di Stato. Ogni attività verso l'esterno è bollata come proselitismo e severamente punita.

 

            Nel nord della Nigeria si tenta con la forza di introdurre la legge islamica. Il drammatico corollario: chiese bruciate, rappresaglie, morti a migliaia e cristiani in fuga verso il sud. Simona Serafini

 

 L'INTERVISTA Parla Jean-Etienne de Linares (Acat-France)

L'accusa:

«Persecuzioni, l'Occidente chiude gli occhi»

«L'opinione pubblica può influenzare i governi»

PARIGI. (S.Ser.)

      L'Acat (Actions des Chrétiens pour l'abolition de la torture) si batte da anni per essere «voce di chi non ha voce».

      Per una società civile attiva e informata, capace di opporsi alle persecuzioni e alla tortura.

      Jean-Francois Bernard, presidente di Acat-France, spiega sul Courrier di marzo i loro metodi di lavoro.

      «L'Acat si è data una regola fondamentale: prima di ogni nuova azione stabilisce un contatto con associazioni locali di fiducia. Una precauzione contro eventuali errori di giudizio da parte nostra.

      E un mezzo per essere efficaci a lungo». Il sostegno alla società civile è fondamentale nella lotta per il rispetto dei diritti dell'uomo.

      Il documento Minoranze cristiane minacciate risponde a questi criteri: informazione raccolta «in loco», sostegno alle popolazioni perseguitate, mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale, come spiega Jean-Etienne de Linares, delegato generale di Acat-France.

      La persecuzione delle minoranze cristiane è un fatto nuovo?

No, affatto.

Eppure non si fa nulla.

      I diritti delle comunità cristiane vengono regolarmente violati, ma queste violazioni non trovano eco nelle nostre società.

      Il documento nasce dunque dalla necessità di mobilitare l'opinione pubblica, di informare e sensibilizzare: un lavoro che dovrà continuare a lungo. La solidarietà si dimostra in modi concreti.

      In primo luogo bisogna che i cristiani per primi sappiano che le persecuzioni possono giungere a forme estreme come l'omicidio, ma che sono praticate anche forme meno brutali come la discriminazione «mediata» dalla burocrazia, che colpisce soprattutto le minoranze e le donne.

      Cosa possiamo fare sul piano giuridico e politico?

            Se l'opinione pubblica è informata, finisce per esercitare una notevole pressione sul governo del suo stesso Paese, e di conseguenza sulle relazioni diplomatiche e commerciali con i Paesi teatro delle persecuzioni.

 

      Nei Paesi in cui avvengono persecuzioni anticristiane, la Chiesa viene accusata - in particolare - di proselitismo.

 

      Cosa si può rispondere?

 

      Per sua natura il cristianesimo non è «passivo».

      Ogni religione ha diritto di proselitismo.

Credere in Dio comporta l'annuncio del Vangelo, una pratica pubblica e una presa di posizione nei confronti della gestione del potere.

      Il cristiano crede in una verità che a volte si oppone a quella del potere.

Come accade nei regimi comunisti.

Cosa si aspetta da questa campagna di sensibilizzazione?

 

      Vorremmo fosse evidente a tutti che il diritto alla libertà religiosa fa parte integrante dei diritti dell'uomo.

      Se si lotta contro il razzismo o contro la barbarie verso le donne, si lotta anche contro la discriminazione religiosa: tutte queste cose sono così intimamente legate che non si può impegnarsi in una direzione escludendo le altre.

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Il Martirologio degli ultimi 20 anni (1980/2000)

 

      Roma (Fides) - Secondo i dati in possesso di Fides, nel decennio 1980-1989 hanno perso la vita in modo violento 115 missionari. Tale cifra però è senza dubbio in difetto poiché si riferisce solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia.

 

      Il quadro riassuntivo che pubblichiamo di seguito, relativo agli anni 1990-2000, presenta un totale di 604 missionari uccisi, sempre secondo le informazioni di Fides.

 

Il numero è sensibilmente più elevato rispetto al decennio precedente, tuttavia devono essere anche considerati i seguenti fattori: il genocidio del Rwanda (1994) che ha provocato almeno 248 vittime tra il personale ecclesiastico; la maggiore velocità dei mass media nel diffondere le notizie anche dai luoghi più sperduti; il conteggio che non riguarda più solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutto il personale ecclesiastico ucciso in modo violento o che ha sacrificato la vita consapevole del rischio che correva, pur di non abbandonare le persone che gli erano affidate (i "martiri della carità" secondo l’espressione di Giovanni Paolo II).