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L’Unità
nella Trinità e la Trinità nell’Unità
1.1.
Una stessa unità nell’infinita differenza.
I Tre possiedono ognuno il proprio mistero.
Sono uniti e differenti. Una stessa unità nell’infinita differenza.
Il
Padre è donazione, colui che si dà, soggetto e azione unificati (il Padre è la
Paternità, ma è vero anche che la Paternità è il Padre).
Il
Figlio è Parola di risposta nella sua donazione al Padre e così, nel suo essere
risposta, partecipa con il Padre a questa possibilità di essere
intratrinitariamente sorgente (in un certo senso diverso dall’esserlo
“principaliter”come il Padre).
Il Figlio, comunque, insieme al Padre può far scaturire lo
Spirito d’Amore, la libertà sovrana, la gratuità totale verso il Padre e il
Figlio.
1.2.
L’Unità dell’Amore
Ciò che unisce è quindi l’Amore. Un testo di
riferimento emblematico è in Origene, Commento alla lettera ai Romani 4, 9.
Possiamo amare Dio perché siamo amati da
Dio.... Paolo parla dello Spirito d’Amore (Rom 15, 30). Dio è detto Amore (1 Gv
4) e Cristo stesso è detto “Figlio d’Amore” (Col 1, 13). Ma se Spirito è Amore,
Figlio è Amore, Dio è Amore, allora è ovvio che da una fonte di divinità
paterna conosciamo il Figlio e lo Spirito, dall’abbondanza del quale si
diffonde l’Amore dei santi... (cfr. 2 Pt 1, 4). Mediante questo dono dello
Spirito Santo, si compie la Parola del Signore (che siano una cosa sola)...
fatti partecipi della natura divina mediante l’abbondanza dell’Amore per opera
dello Spirito Santo.
Siamo di fronte a due dimensioni unite
intrinsecamente: ciò che unisce Dio in se
stesso e ciò che ci unisce a Dio, è lo stesso. Nella stessa preghiera
sacerdotale contenuta nel Vangelo di Giovanni, possiamo considerare
implicitamente contenuta l’immagine dello Spirito. Esiste un collegamento
profondissimo fra economia e immanenza sotto il lemma “Amore”.
Amore è il Figlio e Amore è lo Spirito,
perché ambedue provengono dall’Amore sorgivo del Padre.
1.3.
L’Unità è l’Unità dei Tre: l’aspetto personale e il vocabolario dell’essenza
Dio, allo stesso tempo Uno e Trino, nelle
relazioni personali mutue, ha nel Padre l’origine e la fonte di ogni divinità,
sempre restando Dio Padre persona non assoluta.
L’Assoluto è la Tri-Unità.
La difficoltà del ragionamento classico a
partire dall’essenza, è già stata messa in evidenza. In Dio, infatti, tutto è
personale. Le osservazioni di Barth e di Rahner non erano completamente fuori
luogo, specie nel loro insistere sull’assenza di “neutralità” in Dio: nulla in
Dio è impersonale. (Più difficile, seguendo il loro ragionamento, è pensare
l’Uno personalmente, in quanto si renderebbe meno la comunione e quindi la
dimensione personale dei soggetti, come abbiamo già mostrato precedentemente).
D’altra parte, però, rinunciare al concetto stesso
di essenza, come in alcuni momenti sembra proporre Moltmann, significa rendere
l’Unità originaria un’Unificazione escatologica.
Dio nella sua Unità non è previo nella nostra conoscenza a Dio nella sua Trinità.
L’unica Unità è quella di Padre Figlio Spirito.
Ma non è nostra intenzione addentrarci nel
problema della priorità fra Unità e Trinità; diciamo solo che ambedue sono
egualmente originali e che non ha senso riflettere sull’Unità prescindendo
dall’Unità dei Tre.
L’Unità dell’essenza è per molti teologi,
Unità dell’Amore.
In Dio, come dicevamo, tutto è personale,
nulla è neutro, “prima” del personale. Il problema, tra Rahner, Barth e
Moltmann, è quello di mettere in risalto l’aspetto relazionale della
personalità divina. Il “tre volte io” è sufficiente a spiegare questo?
E’ necessario rinunciare al vocabolario
dell’essenza?
Le nostre risposte sono ovviamente negative.
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1.4.
Dio Comunione di persone
In Dio nulla è pre-personale e
contemporaneamente questo essere personale implica la relazione, la comunicazione.
Dio è comunione di persone. Dio non può essere isolamento. (Questi elementi di
Verità sono rintracciabili nella Rivelazione, anzi: trovano nella Rivelazione
il punto di partenza per la nostra apprensione). La persona esiste
nell’autocomunicazione. La persona è in parte simile a Sé e in parte altro di
fronte all’altro da Sé.
Se quindi diciamo che l’essenza di Dio è
Amore di Padre Figlio Spirito, ne consegue che: mentre negli uomini, l’amore
forma comunità, ma non “identità” di essenza o di sostanza, in Dio, poiché è
piena autopossessione e essere perfettamente semplice, le tre persone sono
Unità in quanto comunione di persone (pura relazionalità), quindi Unità
d’essenza. [Da specificare meglio...]
1.5.
Dio è piena autopossessione, in semplicità
Dio è piena autopossessione in vista di una
piena autocomunicazione o autodonazione. Facciamo un po’ di storia di questa
categoria:
Origene è l’autore di un testo che ebbe molta
fortuna tra i Padri: parlando di Dio, afferma che Egli tutto vede, tutto pensa,
tutto capisce, tutto ascolta, perché tutto in Dio è semplice, è unico, è
personale; in Dio non c’è distinzione, ma tutto si dà in perfetta semplicità,
il che implica perfetta autopossessione.
Plinio: non è un Padre della Chiesa, ma uno
scrittore latino; parlando di Dio, dice che “...in ogni parte tutto è senso,
tutto è visione, tutto è animo...” ;tutto, cioè, è autotrasparenza.
Queste idee (talora di matrice puramente
filosofica), sono entrate nella dottrina dei Padri fecondate dalle
determinazioni bibliche di Dio (Spirito, Luce, Vita...). Dio, dicevano quindi i
Padri, è autopossessione pura, è piena identità con se stesso, piena
personalità...
1.6.
Il senso dell’autopossessione divina è la perfetta autodonazione (l’Amore)
Cfr. 1 Gv 4: Dio è Amore. Ecco spiegato nel
NT il senso di questa piena autopossessione e totale semplicità (= dominio di
Sé).
Una piena autopossessione si può dire in due
modi: nella chiusura (isolamento) o nell’apertura (comunione). “Dio è Amore” dà
il senso profondo e ultimo di questi elementi.
Solo chi si possiede pienamente, infatti, può
donarsi pienamente; solo chi è pienamente padrone di sé, può donarsi in misura
piena. La piena autopossessione divina è piena autodonazione; la capacità
totale di autodonazione è Amore, è l’essenza divina.
Un Amore che è già in Dio stesso, che di per
Sé non dipende dalla creatura, ma che è fonte di uno straripamento d’Amore
divino che comunica ciò che E’ agli altri. L’affermazione “Dio è Amore”, dà il
più profondo senso e significato al vocabolario dell’essenza divina; se
vogliamo, mostra l’Esse Subsistens, la capacità infinita (e realizzata) di
autodonazione.
L’AMORE
COME ESSENZA DI DIO
2.1.
Cosa significa “Amore”?
Ci muoviamo sempre nell’ambito dell’analogia
umana. Il fondamento, comunque, si trova nella stessa 1 Gv: “chi ama conosce
Dio”.
L’Amore è gratuità, è uscita da Sé. Se
l’Amore raggiunge i livelli massimi, l’uomo non vuole autopossedersi, ma vuole
aversi nell’altro donandosi completamente e in questo darsi vuole avere se
stesso nella risposta dell’altro. Chi ama esce da sé, si rivolge all’altro. Chi
ama, inoltre, non ha altro scopo che l’Amore stesso; l’Amore non è uno
strumento per raggiungere altri fini; l’Amore esaurisce in Sé la propria
finalità.
Nell’Amore ci si allontana da sé e si scopre
una vicinanza dell’altro, ma pure una vicinanza a sé.
L’Amore, infatti, crea un nuovo essere
nell’abbandono dell’altro più grande di quanto io possa essere vicino a me
stesso; si potrebbe dire che viene dall’altro amato la propria identità; “nasce”
un’identità nuova nella distinzione, un’unione nuova e aperta in quanto fondata
sulla donazione.
Sta qui la fecondità dell’Amore, intrinseca
all’Amore stesso, che si impone da sé in modo unico; la forza dell’Amore,
infatti, si trova nell’impotenza radicale, nel rifiuto di tutto ciò che va
contro la massima libertà.
Sempre ricordando che l’Amore divino è
infinitamente più grande di quanto possiamo pensare, diciamo che “Dio è Amore”
per aiutarci a comprendere l’essenza divina. Che Dio è Amore, inoltre, lo possiamo
dire perché Dio “ha inviato il suo Figlio”.
E’ chiaro che la persona umana non può dirsi
costituita nel rapporto. ma la persona divina non è al di fuori delle sue
relazioni.
2.2.
Alcune riflessioni sulla “praticità” delffla teologia trinitaria
Spesso in teologi trinitaria, si suole fare
applicazioni alla vita pratica. Ladaria non ha intenzione di farlo, per il
semplice motivo che spesso questi discorsi assumono contorni banali. Ci
permettiamo una sola riflessione.
2.2.1.
La Trinità esprime il senso dell’Essere
L’Amore di Dio è l’espressione dell’essere di
Dio. Esso si mostra in Gesù di Nazareth (o se si vuole, particolarmente nel
crocifisso risorto). Cosa ci può suggerire (con prudenza) questa considerazione
a partire da Gesù sulla Trinità immanente? Che se veramente Gesù ci rivela chi
è Dio, questo Amore radicale non è un accidente, non è un evento storico
incidentale, ma è ciò che ci mostra le più intime profondità di Dio. E se Dio è
la fonte dell’Essere (in linguaggio cristiano si potrebbe dire “Creatore”),
Colui che fa partecipi tutte le cose del suo Essere, allora Gesù non è solo un
puro esempio, ma la Rivelazione del senso profondo della realtà, di cosa
significhi Essere: capacità di dare, anzi di darsi. La Trinità esprime il senso
profondo dell’essere, della realtà, di ciò che è Essere.
2.2.2.
Il senso dell’Essere è la gratuità della piena autodonazione (in fatti e
parole)
Kasper, nella sua teologia, dice: il senso
dell’essere è la gratuità dell’Amore; arriviamo a questo osservando la vita del
Dio Trino, il fondamento ultimo della vita di Gesù di Nazareth, colui che
realizza nella storia ciò che è l’Essere della storia. Sottolineiamo quel
“realizza”, pensando soprattutto alle preziose precisazioni del Vaticano II (DV
dice “in fatti e parole”).
La Rivelazione e la Salvezza non sono realtà
distinte, ma sono l’unica realtà, fondata su ciò che Gesù ha fatto e detto.
Nella vita di Gesù, abbiamo la Rivelazione
storica di ciò che è la vita intratrinitaria, la Rivelazione del senso
dell’essere e del nostro essere.
Il discorso sociale a partire dalla Trinità,
fluisce in questo modo direttamente, ma non con parole banali. Ricordiamo la
critica di Kant? Potremmo addirittura rovesciarne i termini: la Trinità è il
principio di ogni azione e di ogni atto morale. A partire dalla Trinità cambia
radicalmente il senso dell’agire umano. La Trinità non offre forse la soluzione
immediata di problemi pratici, ma è sicuramente qualcosa di evidentemente
pratico, che riguarda intrinsecamente il senso dell’agire umano.
2.3. La Gloria di Dio: “che siano una cosa
sola...”
Kasper offre anche un interessante commento
della preghiera sacerdotale contenuta nel vangelo di Giovanni sul senso
dell’Unità divina, in sé e nella imensione soteriologica. In questo passo, egli
rintraccia la mutua glorificazione di Gesù e del Padre. La Gloria è la
manifestazione ultima dell’essere divino, secondo le categorie
veterotestamentarie; è Dio che si fa presente.
Nella gloria di Gesù appare chiaro chi sia il
Padre; nella Risurrezione il Padre glorifica il Figlio, viene manifestata
pienamente l’identità di Gesù, Figlio di Dio. La comunione nella Gloria è la comunione profonda
dell’essere divino. Gesù nella sua vita manifesta pienamente chi è il Padre. Il
Padre, nella Risurrezione, mostra chiaramente chi è il Figlio.
Ad un certo punto del testo giovanneo,
troviamo anche l’invocazione che ci coinvolge: “...perché siano anch’essi una
cosa sola...” L’unione degli uomini con Dio e degli uomini fra di loro dipende
radicalmente dall’Unione Padre-Figlio .
Non c’è nel testo evangelico una menzione
diretta dello Spirito, ma la Tradizione patristica ha visto un rapporto intimo
fra “Gloria” e “Spirito”, fra l’Unità Padre-Figlio e l’unità uomini-Gloria di
Gesù. Gregorio di Nissa, al proposito, affermò che la Gloria donata dal Cristo
è lo Spirito Santo; si tratta di un’idea che affonda le proprie radici già in
Giustino e in Ilario.
Cfr. 2 Cor 3, 7-8; 1 Pt 4, 14.
L’Unità di Dio, dunque, fondata su questa
comunione d’Amore è tale che gli uomini possono essere inseriti in essa. Questo
non significa né panteismo né pancristismo; anche nella vita eterna, infatti,
continueremo ad essere creature. Ma è innegabile che l’Unità di Dio è tale che
permette la partecipazione dell’uomo alla sua vita.
Questa perfetta comunione mostra che ognuno
dei tre possiede l’essenza divina in un modo proprio. Ogni persona è il suo
Amore (cfr. Riccardo di san Vittore).
L’idea dell’Amore che si vede prima di tutto
nel Padre che ama il Figlio e nello Spirito amore dei due, può in un certo senso
aiutare a far vedere come l’essenza non è previa, ma viene dal Padre, origine
di questo Amore (registriamo una possibile profonda convergenza tra teologia
occidentale e orientale su queste affermazioni), il quale Padre è sempre nella
relazione con il Figlio e lo Spirito.