Maurice Borrmans
Cristiani e Mussulmani negli ultimi dieci anni
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Nella
prima parte dell' articolo, il Padre Borrmans fa una rassegna molto dettagliata
di quanto è stato fatto a detto per favorire il dialogo islamo-cristiano sia in
campo cattolico the in campo ecumenico, sia con iniziative nate dagli stessi
musulmani o in collaborazione fra musulmani e cristiani. Si parla in
particolare:
-
dell'attività del Papa,
-
del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso,
-
del Consiglio Ecumenico delle Chiese,
-
delle Conferenze episcopali di singoli paesi, - della Conferenza Mondiale delle
Religioni per la Pace.
Il fervore di tutte queste attività fa
pensare che un effettivo impulso è venuto anche dal Documento "Dialogo e
annuncio".
Nella seconda parte l'Autore segnala,
invece, il crescere della riflessione sul dialogo, specialmente sul dialogo
islamo-cristiano. "Il documento: "Dialogo e annuncio" senza
dubbio ha spinto alcuni cristiani a proporre uno sguardo rinnovato sulle
tradizioni religiose dell'umanità".
In particolare vengono segnalati lo studio
del Padre Dupuis verso una teologia cristiana del pluralismo religioso e il
documento orientativo della Commissione Teologica Internazionale "ll
Cristianesimo e le religioni", usciti lo stesso anno (1997).
Alcuni teologi si sono anche impegnati ad
applicare le "nuove visioni" specificatamente al dialogo
islamo-cristiano, senza purtroppo aggiungere molto a quanto hanno detto i loro
predecessori in proposito.
Dieci anni fa, il 20 giugno 1991, il
documento Dialogo e annuncio (1), in data 19 maggio, veniva presentato alla stampa
dal cardinale Francis Arinze, presidente del Pontificio Consiglio per il
Dialogo Interreligioso (PCDI), e dal cardinale Josef Tomko, prefetto della
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Tale documento veniva a
conferma dell'Enciclica Redemptoris missio(2) di Giovanni Paolo II, con la data
del 7 dicembre 1990, la quale anticipava o assumeva le idee principali del
documento congiunto dei suddetti due dicasteri romani nei suoi numeri 55, 56 a
57, sotto il titolo: Il dialogo con i fratelli di altre religioni.
In tal modo, il PCDI precisava anche quanto
aveva proposto al termine della sua plenaria del 1984 (dal 27 febbraio al 3
marzo), in un testo intitolato L'atteggiamento della Chiesa di fronte ai
seguaci di altre religioni (3), il quale offriva "riflessioni a
orientamenti su dialogo e missione".
Il documento Dialogo e annuncio aveva
dunque per scopo di suggerire "riflessioni e orientamenti sul Dialogo
interreligioso e l'Annuncio del Vangelo di Gesù Cristo", precisando
appunto quale dovrebbe essere "l'approccio cristiano alle tradizioni
religiose" e come debba essere considerato "il posto del dialogo
interreligioso (dalle molteplici forme) nella missione evangelizzatrice della
Chiesa": quindi il testo elencava "le disposizioni necessarie a tale
dialogo affinché possa dare i suoi frutti. Quanto all'annuncio di Gesú Cristo,
il documento ne ricordava le esigenze e le modalità, in corrispondenza
all'azione dello Spirito Santo, rimanendo Gesù stesso il "modello"
sia del dialogo sia dell' annuncio.
È dunque opportuno porsi la domanda: ha potuto questo documento
arricchire gli sforzi delle comunità cristiane durante gli ultimi dieci anni di
dialogo interreligioso, specialmente nel campo del dialogo interreligioso tra
Cristiani e Musulmani? Si potrebbe dire subito che gli sforzi iniziati dal
Concilio Vaticano II sono fedelmente proseguiti e si sono sviluppati,
nonostante non pochi nuovi ostacoli, a che libri e articoli si sono
moltiplicati per precisare il contenuto dei documenti magisteriali e approfondirne
il significato teologico. Donde le due sezioni della presente sintesi.
Parte prima: Continua il dialogo islamo-cristiano
Da
quando il documento conciliare Nostra aetate (1965) ha proposto nuovi
orientamenti all'atteggiamento cristiano nei confronti delle religioni non
cristiane, non sono mancate le iniziative da parte cattolica, e anche da parte
ecumenica. Basta consultare alcuni testi fondamentali in materia (4). Ma, dopo
il suddetto testo Dialogo ed annuncio, queste iniziative si sono moltiplicate
in vari settori delle collaborazioni possibili tra Cristiani e Mussulmani.(5)
Il Santo Padre, nel corso dei suoi viaggi pastorali (6) e soprattutto nel dare
le sue esortazioni apostoliche, dopo le sedute sinodali, nei vari continenti
(7), ha sempre insistito sull'incontro a il dialogo con i responsabili delle
comunità religiose non cristiane. Questo si è particolarmente verificato
durante il suo pellegrinaggio giubilare in Egitto, al monte Sinai (24-26
febbraio 2000), e poi in Terra Santa (Giordania, Israele a Palestina, 20-26
marzo 2000) (8). Altrettante occasioni, per lui, di trasmettere to stesso
messaggio di dialogo e di pace a commento dei documenti di cui si è parlato
prima.
D'altronde
Giovanni Paolo II non manca di dimostrare la stessa apertura al dialogo e di
dare la stessa testimonianza di fede cristiana nei suoi messaggi del primo
gennaio (Giornata della pace), nei suoi incontri sia con il corpo diplomatico
accreditato presso la Santa Sede sia con i nuovi ambasciatori dei paesi
islamici quando, in Vaticano, gli presentano le loro credenziali. Egli l'ha
fatto in modo quasi solenne alla fine delle giornate romane di "preghiera
delle religioni per la pace" (25-28 ottobre 1999), ricordando l'incontro
di Assisi del 27 ottobre 19869.
Così non esita, nelle sue omelie e nelle sue udienze, a
intervenire a favore della pace nella giustizia in Medio Oriente, nei Balcani,
in Indonesia e in tanti altri paesi dove il pluralismo religioso rimane una
sfida per tutti.
Il
PCDI, dal canto suo, ha moltiplicato incontri a pubblicazioni.(10) Ad esempio,
basti ricordare i suoi colloqui successivi con l'Accademia Reale di Giordania
per il dialogo (11), con l'Associazione libica per la da'wa, (12) con il
Comitato dell'Agenzia islamica per la da'wa a l'assistenza (13), con un
Comitato d'al-Azhar (Cairo) per il dialogo (l4), senza parlare della sua
partecipazione a tanti congressi interculturali e interreligiosi organizzati in
molti paesi non cristiani come il Marocco, l'Egitto, l'Indonesia, la Malaysia,
ecc., e soprattutto l'Iran a la Turchia, i quali hanno recentemente dimostrato
un'apertura decisiva in materia di dialogo interreligioso.(l5)
Non si deve neanche dimenticare l'attività del Consiglio Ecumenico
delle Chiese (WCC) a favore del dialogo interreligioso (l6): incontri,
pubblicazioni a visite sul posto come quelle dell'arcivescovo di Canterbury,
George Carey.(17)
In
molti paesi, i vescovi cattolici, spesso con i responsabili delle altre
comunità cristiane (Gerusalemme e Medio-Oriente soprattutto), e talvolta con i
leader delle comunità musulmane, non hanno mancato di ricordare a tutti i
credenti le esigenze della convivenza pacifica, della giustizia sociale e del
dialogo interreligioso.(18) Alcuni tra di loro hanno sigillato la loro
testimonianza con una morte drammatica, come il pakistano John Joseph (19) e
l'algerino Pierre Claveriez.(20)
Altri hanno pensato opportuno pubblicare documenti importanti in
materia di dialogo, in forma collettiva come i patriarchi arabi (21) o i
vescovi francesi (22), oppure in forma individuale come mons. Pierre Raffin
(23), in Francia, o il cardinal Biffi (24), in Italia. Molte associazioni
nazionali (25) o istituti romani (26) hanno mantenuto il loro sforzo dialogico,
nonostante le nuove difficoltà dell'ora.
Bisogna, infine, riconoscere che la Conferenza Mondiale delle
Religioni per la Pace si è fatta sempre più attiva nel campo interreligioso
(27) e che il Comitato misto del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa
(CCEE) e delle Conferenze delle Chiese d'Europa (KEK) ha proposto molti testi
alla riflessione dei suoi membri in materia di dialogo islamo-cristiano.(28)
Riflessioni teologiche e pastorali sul dialogo
islamo-cristiano
Quanto
è stato detto di tutte queste attività di dialogo, che vanno
dall'interculturale all'interreligioso, lascia supporre che non sono anche
mancate le pubblicazioni in cui teologi e pastori hanno tentato di analizzare
le situazioni concrete in cui si impegnano le comunità ecclesiali e di
suggerire prospettive approfondite nel campo teologico stesso.
Manca
lo spazio per entrare nei dettagli dei molti documenti proposti all'attenzione
dei Cristiani durante questo periodo. Un'insegnamento del magistero della
Chiesa in materia, anche se si presenta soprattutto in chiave e in forma
contestuale, rimane fondamentale ed è stato pubblicato in varie lingue.(29) Vi
si ritrovano le esortazioni apostoliche post-sinodali e i vari discorsi di
Giovanni Paolo II. Senza citare tutti i documenti disponibili in materia, è
possibile ritenere alcuni di loro come rappresentativi degli sforzi compiuti
nelle due direzioni, quella pastorale e quella dottrinale.
Un
primo insieme di testi si riferisce a queste due direzioni senza distinzione.
Alcuni trattano del dialogo interreligioso in generale, come il libro del
cardinal Arinze, presidente del PCDI (30), e le pubblicazioni del suo
dicastero(31), tra le quali è in evidenza la rivista "Pro Dialogo".
In alcuni paesi, riviste simili tendono a trattare lo stesso argomento, come
"Chemins de dialogue"(32), in Francia, dove, nel 1994, la Conferenza
episcopale aveva tentato un bilancio della situazione.(33) Da parte
protestante, si deve elogiare il lavoro del pastore Jean-Claude Basset, la cui
tesi è intitolata Le dialogue interreligieux (histoire et avenir) (34).
Ma
è proprio a proposito del dialogo islamo-cristiano che i testi si sono
susseguiti in Europa e nel Medio-Oriente. In quest'ultima area, i Patriarchi
cattolici, a Natale 1994, hanno tentato un bilancio storico e un approccio
dottrinale, e delineato impegni comuni per i Cristiani e i Musulmani dei loro
paesi.(35) A Rabat, il 15 ottobre 1995, il cardinal Arinze ha fatto lo stesso,
dieci anni dopo la visita del papa e il suo discorso ai giovani marocchini(36),
mentre, due anni prima, a Metz (Francia), mons. Pierre Raffin aveva precisato
ai suoi diocesani quali sono i valori comuni e le divergenze di fondo tra
Cristiani e Musulmani, prima di incoraggiarli a collaborare insieme.(37) Non
sono mancate, in tutti i paesi europei, le pubblicazioni cattoliche in materia
di informazione scientifica sull'Islam e di presentazione delle varie forme di
dialogo con i suoi seguaci: al posto di una semplice presentazione descrittiva
della fede, del culto, dell'etica e della politica dei Musulmani, si è visto
uno sforzo crescente nel tentarne una valutazione critica, per meglio
sottolineare la specificità della visione cristiana di Dio, dell'uomo a della
storia.
Una riflessione approfondita sugli aspetti
dottrinali del dialogo interreligioso necessario si è rivelata sempre più
necessaria, davanti alle difficoltà dei fatti approfondimento recenti di
cronaca a agli interrogativi dei Cristiani stessi. I Protestanti dottrinale ...
francesi la tentarono, da parte loro, nel gennaio del 1995, ricordando anche
l’obbligo della testimonianza a dell' annuncio di Gesù". L' Assemblea dei
vescovi francesi, a Lourdes, il 6 novembre 1998, elaborò un documento
particolarmente preciso(39) in cui prendendo atto di una situazione nuova,
chiedono "una Chiesa the ascolta" a propongono un "dialogo di
credenti", put esigendo la dovuta ricerca della giustizia a della verità,
in un clima di "libertà religiosa" a di "dialogo a
testimonianza".
D'altronde
i problemi posti alla società civile per quanto riguarda l'integrazione degli
immigranti musulmani (40) in Europa occidentale, hanno anche spinto molti
responsabili a interrogarsi sulle convergenze a divergenze tra fedi, morali a
culti, altrettante manifestazioni di un pluralismo culturale in cui il pluralismo
religioso deve essere valutato teologicamente. Donde le domande rivolte ai
teologi o ai pensatori: qual è dunque l'atteggiamento cristiano davanti al
"risveglio" delle grandi religioni storiche, a specialmente davanti a
quella che viene ormai considerata come "la sfida dell'Islam"?
Il documento Dialogo e annuncio, senza dubbio, ha spinto alcuni
cristiani a proporre uno sguardo rinnovato sulle tradizioni religiose
dell'umanità. II libro di p. Jacques Dupuis, Verso una teologia cristiana del
pluralismo religioso, rappresenta un sforzo generoso a coraggioso in tale
direzione.(41)
È stato pubblicato nell'anno in cui
la Commissione Teologica Internazionale (cattolica) (42) proponeva la sua
analisi della situazione con il suo Il Cristianesimo e le religioni.
Questo
documento, dopo aver fatto "lo status questionis della teologia delle
religioni" e ricordato quali sono "i presupposti teologici
fondamentali", precisava appunto "alcune conseguenze per una teologia
cristiana delle religioni": ecclesiocentrismo, cristocentrismo,
teocentrismo, sarebbero forse delle formulazioni separate, distinte o congiunte
della storia della salvezza? Il suddetto documento elencava, infine, le domande
che il dialogo interreligioso, davanti al mistero della salvezza, è chiamato a
porre alle religioni: che cosa dite di Dio e poi dell'uomo, della sua persona e
della sua morte?
È proprio in tale prospettiva the Padre J. Dupuis ha tentato di
elaborare una visione teologica del pluralismo religioso: non gli sono mancate
le approvazioni e le critiche, ma il suo libro avrà avuto il merito di spingere
tutti quanti ad affrettare la riflessione sul "significato delle religioni
non cristiane" nella storia della salvezza.
Senza essere "mezzi di salvezza" o "vie di
salvezza", de iure, esse sono certamente dei "luoghi di
salvezza", perché non sono sprovviste di "elementi di grazia"
che lo Spirito Santo è capace di inserire nel segreto della risposta onesta del
credente sincero, nonostante gli elementi negativi che esse contengono e
trasmettono.
La documentata recensione della "Revue Thomiste" di
Tolosa (Francia) (43) del libro di Padre Dupuis ha voluto sottolineare tutto
l'aspetto positivo delle sue ricerche e, criticandolo in alcuni punti
essenziali, proporre una "visione aperta" alla
"sacramentalità", limitata ma reale, delle religioni non cristiane:
queste sarebbero forse nuove piste da percorrere a favore di una teologia
"aperta" in armonia con tutta la tradizione.(44)
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