acs - aiuto alla chiesa che soffre
la
libertà religiosa nei paesi a maggioranza islamica - rapporto 1998 a cura di
Andrea Morigi
Intervista a Padre Samir Khalil Samir p.136
Nei paesi musulmani c'è un'immedata
identificazione fra religione e politica, che legittima lo stato di inferiorità
giuridica di chi non è di religione islamica.
Nei paesi islamici sono due gli scopi di
chi ha responsabilità di governo: in primo luogo di proteggere la religione
musulmana con tutti i mezzi disponibili; in secondo luogo quello di estendere
l'Islam a tutto il mondo.
Questa è la teoria classica dei giuristi
musulmani, non è una novià; L'islam è religione e società.
Sotto questo aspetto si comprende come sia
fatto ogni sforzo, economico, culturale, politico, per estendere l'islam.
L'altra
caratteristica del mondo islamico è il prevalere della comunità sull'individuo,
il che significa che a nozione di libertà di coscienza o di diritti dell'uomo,
solo in minima parte sono stati accolti dalla cultura musulmana.
Il fondamento giuridico delle attuali
discriminazioni, fu elaborato tra il I e IV sec. dell'era islamica e così quasi
inalterata è giunta fino ai nostri giorni.
Bisogna anche dire che all'inizio del XX
secolo la cultura islamica fu pervasa da un vasto movimento liberale, suscitato
anche dall'influsso dell'Occidente, che a tale movimento appariva come un
modello auspicabile di società.
Vi sono stati grandi giuristi che
nell'Egitto degli anni trenta del nostro secolo hanno prodotto una positiva
integrazione tra codice napoleonico e legislazione tradizionale islamica.
Tutto questo è stato rimesso in discussione
con la guerra del 1973, la crisi del petrolio, ecc.
QUESTO
ISLAM LIBERALE HA PERSO OGNI INFLUENZA DI POTER INCIDERE NELLA REALTà POLITICA
E SOCIALE