Egitto
POPOLAZIONE: 62.110.000
RELIGIONE: islam 94%; cristianesimo copto 6%
Cattolici:
216.506
Vicariato
apostolico di Alessandria d'Egitto - 6.900; Diocesi: Iskanderiya, Alessandria
degli Armeni - 1.580; Le Caire dei Maroniti - 5.000; Le Caire dei Siri -1.776;
Le Caire dei Caldei - 500; Alessandria dei Copti - 87.000; Assiut, Lycopolis
dei Copti - 34.500; Ismayliah dei Copti - 5.000; Luqsor, Tebe dei Copti -
18.000; Minya, Ermopoli Maggiore, Minieh - 37.750; Sohag dei Copti - 12.000;
Esarcato patrarcale di Le Caire dei Greco-Melkiti (Egitto e Sudan) - 6.500
Sebbene
l'articolo 3 della Costituzione egiziana del 1923 proclami l'uguaglianza di
tutti gli egiziani di fronte alla legge, senza distinzione di razza, lingua o
religione, la realtà appare ben diversa.
La
tendenza a islamizzare il sistema giuridico egiziano ha trovato compimento nel
1971 quando venne approvata, per decisione del Tribunale costituzionale
supremo, la disposizione secondo cui "l'islam è la religione di Stato e
qualunque legge contraria all'islam è contraria alla Costituzione".
Quest'ultima,
nonostante le modifiche apportate nel 1980, garantisce formalmente la libertà
di coscienza e il proselitismo non è legalmente perseguito, ma un articolo del
Codice penale, che persegue gli atti suscettibili di attentare all'unità
nazionale o alla pace sociale, è usato contro i musulmani che intendano convertirsi
alla religione cristiana. Si ha diretta testimonianza di diversi arresti di
questo tipo nel 1995, uno nel 1996.
Il
4 gennaio 1998 Muhammad Sallam, un cristiano egiziano convertito e già detenuto
con altri due convertiti per dieci mesi nel 1990, è stato arrestato
all'aeroporto del Cairo e condotto verso una destinazione sconosciuta (MEC, 7
gennaio 1998 e AED info, febbraio 1998).
Lo
scarso o nullo rispetto del diritto alla libertà religiosa colpisce certamente
anche militanti islamisti, come ricorda il Rapporto di Amnesty International
del 1998, che cita i casi di 34 presunti membri dei Fratelli Musulmani
arrestati nell'agosto del 1997, con l'accusa di appartenere a un'organizzazione
religiosa illegale, rilasciati un mese dopo.
Ma
il fenomeno, sempre secondo l'organizzazione internazionale, riguarderebbe
migliaia di casi, compresi gli avvocati che si occupano della difesa dei
detenuti.
Tra le vittime dell'intolleranza, anche
decine di giovani appassionati di musica rock detenuti per un mese perché
accusati di praticare culti satanici.
Numerose leggi e provvedimenti discendenti
da tale norma contravvengono al principio di equità fra cristiani e musulmani
in materia di atti giuridici (successioni, matrimoni, ecc.).
Di
conseguenza la legge impedisce che un cristiano sia nominato tutore di un
bambino musulmano; nelle controversie giuridiche si attribuisce comunemente
maggiore valore alla testimonianza di un musulmano rispetto a quella di un
cristiano; abbandonare la religione musulmana è proibito, ma non vale lo stesso
principio nel caso di conversioni dal cristianesimo all'islam.
Discriminazioni dello stesso tenore valgono
per la legislazione scolastica: un cristiano non può insegnare materie
letterarie, mentre i corsi di storia, di filosofia, di letteratura sono
impregnati di posizioni anticristiane e gli studenti cristiani sono obbligati
ad apprendere tutto ciò.
Nel campo della stampa e dell'editoria
(l'ordinanza 518 del 24 febbraio1970) precisa che i libri e le pubblicazioni
religiose a proposito del cristianesimo debbano passare attraverso il controllo
della censura, mentre è prescritto che sia favorita la distribuzione e la
circolazione di pubblicazioni islamiche nelle scuole e nelle università.
Persecuzioni contro il clero e le Chiese:
Il capo della Chiesa copta ortodossa, Amba
(titolo equivalente a quello di Pontefice) Chenouda III viene arrestato nel
1981 e sottoposto a una detenzione in "residenza sorvegliata" fino al
1985. Si può calcolare che da allora quasi un quarto dell'episcopato copto
abbia subito provvedimenti restrittivi della libertà personale.
All'origine
di questo arresto vi è la determinazione del patriarca Chenouda nel denunciare
le violenze contro i copti. Dopo una lunga serie di violenze ed assassini, il
17 giugno del 1981 un intero quartiere del Cairo, Zawya el-Hamra, dove
cristiani e musulmani coabitavano da tempo, è assaltato e messo a ferro e fuoco
da parte degli integralisti islamici. Benché il numero di morti non sia stato
mai precisato, si può ritenere che non meno di 20 siano state le persone uccise
e più di un centinaio i feriti.
Bambini scaraventati dalle finestre sotto gli occhi inorriditi dei
genitori, incendi di chiese e saccheggi dei negozi e delle abitazioni: i gruppi
di fanatici islamisti hanno imperversato indisturbati per due interi giorni
senza che la polizia osasse intervenire.
La reazione dell'allora presidente Sadat a
tali violenze fu la destituzione, il 5 settembre, del patriarca Chenouda e il
suo "confino coatto" a cui si è accennato. Dopo un mese circa, il 6
ottobre, il presidente Sadat cadrà sotto il fuoco di un commando islamico. Sono
documentati numerosi casi di oltraggi e ingiurie rivolte anche per la strada ai
religiosi cristiani, così come assalti alle chiese e ai luoghi di culto.
Nel
febbraio del 1987 nella cittadina di Sohag (nell'Alto Egitto) in seguito ad un
principio di incendio verificatosi accidentalmente nella locale moschea, due
chiese - una copta ortodossa e una protestante - sono state incendiate e
danneggiate pesantemente da gruppi di integralisti islamici convinti che i
cristiani fossero responsabili dell'incendio della loro moschea.
Altre notizie di azioni violente contro i
cristiani sono giunte dalla città di Beni-Souef (115 km a sud del Cairo).
Il
periodico "Idea spektrum" del 12 gennaio 1995 riportava la notizia
secondo cui nella città egiziana di Giza tre preti copti ortodossi sono stati
arrestati con il sospetto di istigazione alla conversione religiosa.
Sono
stati accusati di aver falsificato la carta di riconoscimento di una donna ex
musulmana sotto un'altra presunta registrazione religiosa. La signora aveva
ricevuto il battesimo nella chiesa di S. Dimyane. Il 19 dicembre il pastore
protestante W. Gayyid è stato assolto dall'accusa di aver attuato conversioni religiose.
Secondo
l'organo di stampa citato, su 55 milioni di egiziani, l'85% è musulmano, il 14%
cristiano.
"Middle
East International", il 7 marzo 1997, informa che il 12 febbraio una
chiesa copta dell'Alto Egitto, presso il villaggio di Fikriya nel governatorato
di Minya, è stata presa d'assalto da uomini armati. L'attacco è avvenuto in
occasione dell'incontro settimanale dei giovani della chiesa ed ha provocato
nove morti.
Il
13 marzo nove copti e quattro musulmani sono stati massacrati da un commando
islamista a Ezbet Daoud; l'attentato ha provocato anche 25 feriti. Da fonti
copte si segnalano numerosi casi di istigazione alla violenza da parte di
gruppi facenti capo a moschee (a Kafr Denyan tali incitamenti hanno condotto ad
azioni violente) e a pratiche di estorsione e minacce contro i cristiani. Nel
settembre del 1997, qualche giorno dopo l'annuncio di un'apparizione mariana
presso la chiesa di Shartana el Hagar, centinaia di islamisti hanno invaso il
villaggio, gridando slogan anticristiani, proferendo minacce e rubando i beni
dei cristiani. (cfr. anche CWR 11/1997; AED info 2/1998).
L'agenzia
di stampa tedesca "KNA", il 14 febbraio 1997, informa che, nella
città egiziana di Abu Qurquas, i militanti musulmani hanno ucciso nove copti e
ferito gravemente altri cinque. Un altro uomo è morto più tardi per le ferite
riportate.
Quando la polizia ha comunicato l'accaduto
nella capitale, uomini armati si sono spinti, tre giorni dopo, di sera, in una
chiesa a 200 km a sud del Cairo, hanno accerchiato il villaggio e sparato agli
uomini con le mitragliatrici.
Probabilmente appartenevano al gruppo
militante "Jama islamiya". Dal 1992 sono state uccise circa 1.170 persone
dai fondamentalisti, tra cui numerosi cristiani.
I responsabili dei movimenti integralisti
islamici invitano i musulmani d'Egitto alla discriminazione contro i loro
compatrioti cristiani.
Nell'aprile del 1997 la guida suprema dei
Fratelli Musulmani ha dichiarato che quando l'Egitto diverrà uno Stato islamico
"i cristiani non potranno più servire nell'esercito perché in caso di
conflitto con un Paese cristiano, essi potrebbero cambiare alleanza e diventare
agenti del nemico".
Dal settimanale tedesco "Der
Spiegel" del 14 aprile 1997 si apprende che la confraternita islamica
militante ha cominciato la sua campagna contro i dieci milioni di cristiani
copti. Il suo leader, Mustafa Maschur, ha invitato ad allontanare i copti dagli
apparati statali, dalle forze armate e a escludere dal governo i ministri
cristiani.
Nella corrispondenza di KNA-OKI del 30
settembre 1997 si rende noto che l'invocazione "Dio è immensamente
grande" è diventata, nella terra del Nilo, una dichiarazione di guerra contro
i turisti e contro i cristiani egiziani. Quattro copti, cittadini egiziani,
sono stati assassinati nella provincia di Minya da un commando islamico. Le
vittime, appartenenti a quella minoranza di quattro milioni di cristiani in
Egitto (ma i copti parlano di 9 milioni), erano contadini come i loro vicini
musulmani, e al momento del fatto di sangue sedevano davanti alle loro case nel
villaggio Kafr Ruman, 300 km a sud del Cairo.
La polizia è convinta che si tratti della
organizzazione musulmana integralista Jamaa islamiya. Lo scopo degli
integralisti in questi ultimi anni è quello di lasciar prosciugare le risorse
provenienti dal turismo per indebolire il regime e portare il Paese nel caos.
Così si faciliterebbe l'edificazione di una città islamica di Dio.
La pressione del regime e le forti misure
preventive per gli stranieri hanno portato a una diminuzione degli atti di
terrorismo. Dal 1992 si contano più di mille vittime civili, ivi compresi gli
integralisti e gli agenti di polizia.
Ma è una guerra santa contro i cristiani?
La situazione non è chiara, come non è neanche chiaro il numero esatto dei
cristiani nel Paese, la cifra oscilla dai due ai nove milioni, a seconda della
fonte. Di fatto ogni attività missionaria è proibita, nelle città il 90 per
cento degli abitanti è musulmano e l'integralismo rappresenta una minaccia
giornaliera.
In un'intervista rilasciata nell'ottobre
del 1997 il vescovo copto cattolico di Mynia, mons. Antonios Naguib, ha
dichiarato che negli ultimi cinque anni gli estremisti islamici hanno causato
la morte di circa 1.100 persone, delle quali 220 cristiani nel Medio ed Alto
Egitto (DC, 5 ottobre 1997).
Secondo
un sacerdote copto del Cairo, informa l'agenzia "Fides", le recenti
esplosioni di violenza da parte degli integralisti sono dovute al radicamento
del fondamentalismo nel sistema educativo egiziano. Sono infatti molto
frequenti casi in cui gli studenti appartenenti a minoranze religiose vengono
pesantemente discriminati e maltrattati.
È
accaduto, ad esempio, che sia stato imposto il chador a bambine cristiane delle
elementari e che le scuole cattoliche abbiano subito la forte ingerenza delle
autorità. Non è un caso che dopo la strage di Luxor del 17 novembre 1997 il
ministro dell'Educazione Husein Kamel Bahaedin abbia annunciato di aver
spostato 1.600 insegnanti dall'insegnamento pubblico a servizi amministrativi.
La politica del governo, secondo padre Boulos Garas, direttore nazionale
delle Pontificie Opere Missionarie dell'Egitto, è di ignorare la presenza della
Chiesa, perché i cattolici sono considerati semi-stranieri. I cristiani di
Egitto infatti, ufficialmente, sono i copti ortodossi; i cattolici soffrono
tale situazione che li rende minoranza nella minoranza.
Nei confronti dei cristiani sono esercitate anche forti pressioni
di tipo sociale ed economico, tanto che molti abbandonano il cristianesimo solo
per vivere in migliori condizioni di vita. Nonostante ciò i cristiani sono per
lo più rispettati, il dialogo interreligioso ha conosciuto dei momenti positivi
e soprattutto la popolazione non mostra ostilità verso i cristiani. (cfr.
"Fides", febbraio 1998).
"Idea
spektrum", il 19 febbraio 1998, riferisce che il Consiglio delle Chiese
Mediorientali ha rivolto un appello ai cristiani egiziani affinché non
abbandonino il Paese, sostenendo che l'emigrazione non è una risposta alla
discriminazione. Ogni anno ne espatriano circa 10mila in Canada o Australia,
mentre secondo il Consiglio essi costituiscono una parte integrante della
società del mondo arabo. Eppure, nelle 26 province egiziane non c'è neanche un
governatore copto. Delle 127 ambasciate all'estero, nessuna è rappresentata da
un ambasciatore cristiano-copto. Inoltre, solo dieci delle 3.600 imprese di
Stato hanno un presidente che appartiene a questa religione.
Il Consiglio delle Chiese Mediorientali afferma di non aver
bisogno di protezione esterna ma di un approfondimento del dialogo a proposito
della discriminazione. Dopo la dichiarazione del Consiglio delle ventisette
Chiese che rappresentano 14 milioni di credenti, la situazione di ortodossi,
cattolici e protestanti rimane comunque critica, così come negli altri 22 paesi
della Lega Araba, la cui popolazione è formata per il 10 per cento da
cristiani.
Versioni
e interpretazioni diverse provengono da "Ecumenical News International -
ENI News Service", del 26 marzo 1998, secondo cui il leader di una
delegazione di pastori americani, Calvin Butts III, presidente del Concilio
delle Chiese di New York City, visitando l'Egitto in marzo, ha dichiarato che
le notizie sulle persecuzioni di massa dei cristiani in una nazione a
maggioranza musulmana sono esagerate.
Secondo
il "World Churches Handbook" - che stima in 61 milioni gli egiziani -
nel Paese vivrebbero 8,7 milioni di cristiani. La Chiesa maggiore è la copto
ortodossa, con 8 milioni di seguaci. Esistono episodi isolati di violenza ma le
relazioni generalmente sono ottime, grazie anche all'appoggio del governo.
Molti
leader delle Chiese del Medio Oriente temono che gli interventi dei governi
stranieri, in particolare di quello statunitense, per un migliore trattamento
dei cristiani, possano creare dei malintesi e dei risentimenti contro gli
stessi religiosi che si erano voluti difendere. Il numero delle uccisioni dei
cristiani non supera quello della popolazione in generale, la volontà dei
terroristi è di destabilizzare il governo e non uccidere i cristiani. Per quel
che riguarda le conversioni forzate all'islam e l'uccisione di musulmani
convertiti, i leader cristiani egiziani hanno affermato che ciò accade assai
raramente. È vero che esistono gravi difficoltà per costruire o restaurare
chiese, ma, ad esempio, non ci sono discriminazioni per i cristiani che
lavorano con il governo. L'uomo più ricco del Paese è un egiziano cristiano.
Contemporaneamente, rappresentanti dell'Unione Copta Americana hanno
organizzato una conferenza stampa per denunciare che gli episodi contro i
cristiani non sono assolutamente fatti isolati, ma accadono regolarmente. Il
governo, a loro avviso, non fornisce una protezione sufficiente e, anzi, agisce
in collaborazione con i terroristi.
Secondo
quanto riportato dall'agenzia di stampa "Catholic News Service" il 3
aprile 1998, il Ministro per gli Affari Esteri egiziano, Amre Moussa, ha
rifiutato l'etichetta di "terrorismo" per l'islam, affermando che
questo tipo di violenza esiste in paesi cristiani ed ebraici allo stesso modo.
Ha parlato di un comitato per il dialogo cristiano-musulmano da concretizzarsi
in maggio, augurandosi un ragionevole e tollerante approccio fra le due
religioni. Secondo il ministro ci sono gruppi che si nascondono dietro la
religione per compiere atti di terrorismo.
L'"International
Herald Tribune" del 14 aprile 1998 dà notizia di una proposta di legge
statunitense per la riduzione delle persecuzioni alle minoranze religiose, che
ha fatto esplodere la rabbia in Egitto. La proposta parla di sanzioni
economiche contro i paesi colpevoli di discriminazioni religiose e trova
l'opposizione dei copti egiziani, che rappresentano la più vasta minoranza
cristiana nel mondo arabo. Il provvedimento sembra infatti avvalorare la
domanda di coloro che vogliono eliminare l'aiuto economico americano
all'Egitto, che è stato un pilastro della collaborazione con gli Stati Uniti
fin dall'accordo di Camp David.
Questo
avviene in un momento in cui il mondo arabo sta guardando con sospetto agli
americani che applicano due pesi e due misure di giustizia, uno contro gli
arabi e i musulmani e l'altro sorvolando sulle violazioni degli israeliani sui
diritti dei palestinesi. Ma le discriminazioni esistono, come ad esempio gli
impedimenti per la costruzione o il restauro delle chiese oppure
l'occultamento, nei programmi delle scuole superiori, dell'influenza copta prima
dell'avvento dell'islam.
I
copti sono esclusi per la maggior parte dalla vita politica, dagli incarichi di
governo e dai posti accademici di importanza, tranne rare eccezioni.
"Human
Rights Without Frontiers" dell'8 agosto 1998 parla di "Escalation di persecuzioni
contro i cristiani", rendendo noto che il 27 luglio 1998, senza che nulla
lasciasse presagire una tale iniziativa, le forze di sicurezza egiziane hanno
provveduto alla chiusura forzata di una chiesa copta a Maadi, vicino al Cairo.
Un
gruppo di soldati, guidati da ufficiali superiori, ha preso d'assalto la chiesa
e sigillato tutti gli ingressi, comprese le finestre. Un portavoce delle forze
di sicurezza ha dichiarato che l'azione di forza si era resa necessaria perché
la chiesa non aveva i permessi richiesti.
La
chiesa era stata costruita quattro anni fa su territorio di proprietà della
Chiesa copta nella Diocesi di Maadi.
La
comunità usava la chiesa per il culto domenicale, sebbene non avesse ancora
ottenuto il permesso ufficiale; la realtà dei fatti è che tali permessi possono
giungere anche dopo dieci anni, ma è stata consuetudine, finora, permettere lo
svolgimento del culto domenicale.
Poche
settimane prima di questo incidente tre cristiani copti sono stati uccisi
probabilmente da militanti islamisti in una località 200 miglia a sud del
Cairo.
Tre religiosi copti ortodossi sono stati accusati da un giudice
egiziano, secondo la notizia di "Human Rights Without Frontiers" del
21 ottobre 1998, per aver interferito nelle indagini riguardanti l'assassinio,
risalente alla metà di agosto, di due cristiani in un villaggio dell'Egitto
settentrionale.
Il vescovo copto ortodosso Wissa di Baliana, convocato presso il
procuratore del Governatorato di Sohag, è stato accusato insieme ad altri due
sacerdoti della sua diocesi, di aver infranto cinque articoli del codice penale
egiziano.
I due sacerdoti sono padre Antonious Fouad Hannam e padre
Chenouda.
Il vescovo Wissa aveva contattato i gruppi egiziani per la difesa
dei diritti umani all'inizio di settembre con una documentazione in cui si
sosteneva che almeno 1.000 cristiani del villaggio di El-Kosheh (la cui
popolazione è per l'80 per cento cristiana) erano stati arrestati, interrogati
con metodi vessatori e torturati dalle autorità di polizia che investigavano
sul duplice omicidio.
Pur essendo stati denunciati gli abusi alle autorità locali di
polizia da parte del vescovo, gli arresti sarebbero continuati ancora per
diverse settimane. L'organizzazione egiziana per i diritti umani (EOHR), dopo una
verifica dei fatti, afferma che i cristiani detenuti per mesi durante le fasi
dell'indagine sono 1.200. Secondo l'EOHR, la polizia "parte dal
presupposto che il responsabile sia un cristiano".
La notizia delle accuse è stata confermata dal responsabile del
Dipartimento per i Diritti Umani del Ministero degli Esteri egiziano,
ambasciatore Nayla Gabr, che ha confermato a "Compass" che viene
contestato al vescovo e ai due religiosi di aver "occultato informazioni
rilevanti per le indagini" e di aver "influenzato testimoni affinché
mutassero la propria posizione".
In seguito alla rivelazione delle notizie degli abusi, la polizia
ha affermato di aver identificato il responsabile, un cristiano cugino di una
delle vittime. Il procuratore di Dar al-Salaam avrebbe formalmente accusato il
sospetto il 22 settembre.
Tuttavia, due testimoni dell'indagine, entrambi cristiani, che si
erano rivolti al procuratore il 7 ottobre per dichiarare che la loro
deposizione era stata estorta con le torture e quindi falsa, sarebbero stati
messi agli arresti per falsa testimonianza due giorni prima della convocazione
dei tre religiosi.
Altre accuse contro esponenti della Chiesa copta ortodossa
riguardano attentati all'unità nazionale e alla pace sociale, l'utilizzo della
religione per incitare alla rivolta e l'aver mosso critiche alla condotta del
governo durante riunioni religiose.
In
una lettera al Presidente egiziano Hosni Mubarak, Lord David Alton, membro
della Camera dei Lord, accusa il governo egiziano di compiere "tentativi
di intimidazione del clero cristiano" tramite capi d'imputazione penali
invece di punire "gli ufficiali di polizia responsabili di questi gravi
abusi contro i diritti umani".
I nomi degli ufficiali di polizia coinvolti nel caso sono stati
forniti dall'avvocato copto Morris Sadek, in un elenco che comprende i nomi del
governatore di Sohag, Mohammed Abdul Aziz Bakar e del capo della polizia di
Sohag, Khalil Makhlouf, chiamati in causa come "diretti responsabili"
degli abusi contro i cristiani di El-Kosheh.
"Se il meglio che le autorità egiziane sanno fare è accusare
questi religiosi con capi d'imputazione penali", scrive Lord Alton nella
sua lettera, "è una chiara indicazione che il governo egiziano è esso
stesso coinvolto nella persecuzione contro i cristiani del suo Paese".
Dopo essere stati interrogati dal procuratore, i tre religiosi sono stati
rilasciati in attesa di giudizio, senza che sia stata fissata una data, dietro
una cauzione di 100 lire egiziane, l'equivalente di 50000 lire italiane, per
ciascuno.
Le
persecuzioni nei confronti dei copti, peraltro, sembrano assumere le forme più
classiche del martirio dei cristiani, stando alla corrispondenza di Christina Lamb,
pubblicata sul quotidiano inglese "The Telegraph" il 25 ottobre 1998,
in cui si parla di rapimenti seguiti da crocifissioni compiute dalle forze di
sicurezza egiziane.
Durante le incursioni nel villaggio copto di El-Kosheh, nelle
vicinanze di Luxor, alcune adolescenti sarebbero state rapite e all'interno dei
posti di polizia sarebbero stati picchiati selvaggiamente con bastoni lattanti
dell'età di tre mesi, alla presenza delle madri.
Le notizie che si sono diffuse nonostante il terrore che impedisce
alla gente di parlare, sono giunte fino al Congresso degli Stati Uniti, dove 29
parlamentari hanno sottoscritto un appello al presidente Mubarak chiedendogli
di porre fine alle torture.
Le crocifissioni sarebbero avvenute per gruppi di cinquanta
persone, letteralmente inchiodate a croci oppure ammanettate a porte, con le
gambe legate gli uni con gli altri e poi picchiati e torturati con l'uso della
corrente elettrica nelle zone genitali, dalla polizia che li accusava di essere
"infedeli".
Romani Boctor, undicenne, è stato appeso con un cavo elettrico al
soffitto e torturato in quella posizione.
Sulla vicenda ha preso posizione anche un parlamentare italiano,
l'on. Marco Zacchera, membro della Commissione esteri della Camera, che ha
scritto il 10 novembre 1998 una lettera al Presidente egiziano Mubarak, in cui
chiede di intervenire "per garantire agli egiziani di poter vivere
liberamente la propria fede, garantendo da parte dei Governatori, le forze di
Polizia, i responsabili locali, un atteggiamento giusto ed equilibrato, che
concili lo sviluppo economico, sociale, politico dell'Egitto con il
riconoscimento della libertà religiosa".
L'on. Zacchera ha inoltre rivolto un'interrogazione al Ministro
degli Esteri Dini, per chiedere al Governo italiano "di porre questo
problema all'attenzione di tutte le nostre autorità diplomatiche".