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Egitto

 

POPOLAZIONE: 62.110.000

RELIGIONE: islam 94%; cristianesimo copto 6%

Cattolici: 216.506

 

Vicariato apostolico di Alessandria d'Egitto - 6.900; Diocesi: Iskanderiya, Alessandria degli Armeni - 1.580; Le Caire dei Maroniti - 5.000; Le Caire dei Siri -1.776; Le Caire dei Caldei - 500; Alessandria dei Copti - 87.000; Assiut, Lycopolis dei Copti - 34.500; Ismayliah dei Copti - 5.000; Luqsor, Tebe dei Copti - 18.000; Minya, Ermopoli Maggiore, Minieh - 37.750; Sohag dei Copti - 12.000; Esarcato patrarcale di Le Caire dei Greco-Melkiti (Egitto e Sudan) - 6.500

 

Sebbene l'articolo 3 della Costituzione egiziana del 1923 proclami l'uguaglianza di tutti gli egiziani di fronte alla legge, senza distinzione di razza, lingua o religione, la realtà appare ben diversa.

 

La tendenza a islamizzare il sistema giuridico egiziano ha trovato compimento nel 1971 quando venne approvata, per decisione del Tribunale costituzionale supremo, la disposizione secondo cui "l'islam è la religione di Stato e qualunque legge contraria all'islam è contraria alla Costituzione".

 

Quest'ultima, nonostante le modifiche apportate nel 1980, garantisce formalmente la libertà di coscienza e il proselitismo non è legalmente perseguito, ma un articolo del Codice penale, che persegue gli atti suscettibili di attentare all'unità nazionale o alla pace sociale, è usato contro i musulmani che intendano convertirsi alla religione cristiana. Si ha diretta testimonianza di diversi arresti di questo tipo nel 1995, uno nel 1996.

 

Il 4 gennaio 1998 Muhammad Sallam, un cristiano egiziano convertito e già detenuto con altri due convertiti per dieci mesi nel 1990, è stato arrestato all'aeroporto del Cairo e condotto verso una destinazione sconosciuta (MEC, 7 gennaio 1998 e AED info, febbraio 1998).

 

Lo scarso o nullo rispetto del diritto alla libertà religiosa colpisce certamente anche militanti islamisti, come ricorda il Rapporto di Amnesty International del 1998, che cita i casi di 34 presunti membri dei Fratelli Musulmani arrestati nell'agosto del 1997, con l'accusa di appartenere a un'organizzazione religiosa illegale, rilasciati un mese dopo.

Ma il fenomeno, sempre secondo l'organizzazione internazionale, riguarderebbe migliaia di casi, compresi gli avvocati che si occupano della difesa dei detenuti.

 

     Tra le vittime dell'intolleranza, anche decine di giovani appassionati di musica rock detenuti per un mese perché accusati di praticare culti satanici.

 

     Numerose leggi e provvedimenti discendenti da tale norma contravvengono al principio di equità fra cristiani e musulmani in materia di atti giuridici (successioni, matrimoni, ecc.).

 

Di conseguenza la legge impedisce che un cristiano sia nominato tutore di un bambino musulmano; nelle controversie giuridiche si attribuisce comunemente maggiore valore alla testimonianza di un musulmano rispetto a quella di un cristiano; abbandonare la religione musulmana è proibito, ma non vale lo stesso principio nel caso di conversioni dal cristianesimo all'islam.

 

     Discriminazioni dello stesso tenore valgono per la legislazione scolastica: un cristiano non può insegnare materie letterarie, mentre i corsi di storia, di filosofia, di letteratura sono impregnati di posizioni anticristiane e gli studenti cristiani sono obbligati ad apprendere tutto ciò.

 

     Nel campo della stampa e dell'editoria (l'ordinanza 518 del 24 febbraio1970) precisa che i libri e le pubblicazioni religiose a proposito del cristianesimo debbano passare attraverso il controllo della censura, mentre è prescritto che sia favorita la distribuzione e la circolazione di pubblicazioni islamiche nelle scuole e nelle università.

 

Persecuzioni contro il clero e le Chiese:

 

     Il capo della Chiesa copta ortodossa, Amba (titolo equivalente a quello di Pontefice) Chenouda III viene arrestato nel 1981 e sottoposto a una detenzione in "residenza sorvegliata" fino al 1985. Si può calcolare che da allora quasi un quarto dell'episcopato copto abbia subito provvedimenti restrittivi della libertà personale.

 

All'origine di questo arresto vi è la determinazione del patriarca Chenouda nel denunciare le violenze contro i copti. Dopo una lunga serie di violenze ed assassini, il 17 giugno del 1981 un intero quartiere del Cairo, Zawya el-Hamra, dove cristiani e musulmani coabitavano da tempo, è assaltato e messo a ferro e fuoco da parte degli integralisti islamici. Benché il numero di morti non sia stato mai precisato, si può ritenere che non meno di 20 siano state le persone uccise e più di un centinaio i feriti.

 

Bambini scaraventati dalle finestre sotto gli occhi inorriditi dei genitori, incendi di chiese e saccheggi dei negozi e delle abitazioni: i gruppi di fanatici islamisti hanno imperversato indisturbati per due interi giorni senza che la polizia osasse intervenire.

 

     La reazione dell'allora presidente Sadat a tali violenze fu la destituzione, il 5 settembre, del patriarca Chenouda e il suo "confino coatto" a cui si è accennato. Dopo un mese circa, il 6 ottobre, il presidente Sadat cadrà sotto il fuoco di un commando islamico. Sono documentati numerosi casi di oltraggi e ingiurie rivolte anche per la strada ai religiosi cristiani, così come assalti alle chiese e ai luoghi di culto.

 

Nel febbraio del 1987 nella cittadina di Sohag (nell'Alto Egitto) in seguito ad un principio di incendio verificatosi accidentalmente nella locale moschea, due chiese - una copta ortodossa e una protestante - sono state incendiate e danneggiate pesantemente da gruppi di integralisti islamici convinti che i cristiani fossero responsabili dell'incendio della loro moschea.

 

     Altre notizie di azioni violente contro i cristiani sono giunte dalla città di Beni-Souef (115 km a sud del Cairo).

 

Il periodico "Idea spektrum" del 12 gennaio 1995 riportava la notizia secondo cui nella città egiziana di Giza tre preti copti ortodossi sono stati arrestati con il sospetto di istigazione alla conversione religiosa.

 

Sono stati accusati di aver falsificato la carta di riconoscimento di una donna ex musulmana sotto un'altra presunta registrazione religiosa. La signora aveva ricevuto il battesimo nella chiesa di S. Dimyane. Il 19 dicembre il pastore protestante W. Gayyid è stato assolto dall'accusa di aver attuato conversioni religiose.

 

Secondo l'organo di stampa citato, su 55 milioni di egiziani, l'85% è musulmano, il 14% cristiano.

"Middle East International", il 7 marzo 1997, informa che il 12 febbraio una chiesa copta dell'Alto Egitto, presso il villaggio di Fikriya nel governatorato di Minya, è stata presa d'assalto da uomini armati. L'attacco è avvenuto in occasione dell'incontro settimanale dei giovani della chiesa ed ha provocato nove morti.

 

Il 13 marzo nove copti e quattro musulmani sono stati massacrati da un commando islamista a Ezbet Daoud; l'attentato ha provocato anche 25 feriti. Da fonti copte si segnalano numerosi casi di istigazione alla violenza da parte di gruppi facenti capo a moschee (a Kafr Denyan tali incitamenti hanno condotto ad azioni violente) e a pratiche di estorsione e minacce contro i cristiani. Nel settembre del 1997, qualche giorno dopo l'annuncio di un'apparizione mariana presso la chiesa di Shartana el Hagar, centinaia di islamisti hanno invaso il villaggio, gridando slogan anticristiani, proferendo minacce e rubando i beni dei cristiani. (cfr. anche CWR 11/1997; AED info 2/1998).

L'agenzia di stampa tedesca "KNA", il 14 febbraio 1997, informa che, nella città egiziana di Abu Qurquas, i militanti musulmani hanno ucciso nove copti e ferito gravemente altri cinque. Un altro uomo è morto più tardi per le ferite riportate.

     Quando la polizia ha comunicato l'accaduto nella capitale, uomini armati si sono spinti, tre giorni dopo, di sera, in una chiesa a 200 km a sud del Cairo, hanno accerchiato il villaggio e sparato agli uomini con le mitragliatrici.

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     Probabilmente appartenevano al gruppo militante "Jama islamiya". Dal 1992 sono state uccise circa 1.170 persone dai fondamentalisti, tra cui numerosi cristiani.

 

 

     I responsabili dei movimenti integralisti islamici invitano i musulmani d'Egitto alla discriminazione contro i loro compatrioti cristiani.

 

     Nell'aprile del 1997 la guida suprema dei Fratelli Musulmani ha dichiarato che quando l'Egitto diverrà uno Stato islamico "i cristiani non potranno più servire nell'esercito perché in caso di conflitto con un Paese cristiano, essi potrebbero cambiare alleanza e diventare agenti del nemico".

 

     Dal settimanale tedesco "Der Spiegel" del 14 aprile 1997 si apprende che la confraternita islamica militante ha cominciato la sua campagna contro i dieci milioni di cristiani copti. Il suo leader, Mustafa Maschur, ha invitato ad allontanare i copti dagli apparati statali, dalle forze armate e a escludere dal governo i ministri cristiani.

 

     Nella corrispondenza di KNA-OKI del 30 settembre 1997 si rende noto che l'invocazione "Dio è immensamente grande" è diventata, nella terra del Nilo, una dichiarazione di guerra contro i turisti e contro i cristiani egiziani. Quattro copti, cittadini egiziani, sono stati assassinati nella provincia di Minya da un commando islamico. Le vittime, appartenenti a quella minoranza di quattro milioni di cristiani in Egitto (ma i copti parlano di 9 milioni), erano contadini come i loro vicini musulmani, e al momento del fatto di sangue sedevano davanti alle loro case nel villaggio Kafr Ruman, 300 km a sud del Cairo.

 

     La polizia è convinta che si tratti della organizzazione musulmana integralista Jamaa islamiya. Lo scopo degli integralisti in questi ultimi anni è quello di lasciar prosciugare le risorse provenienti dal turismo per indebolire il regime e portare il Paese nel caos. Così si faciliterebbe l'edificazione di una città islamica di Dio.

 

     La pressione del regime e le forti misure preventive per gli stranieri hanno portato a una diminuzione degli atti di terrorismo. Dal 1992 si contano più di mille vittime civili, ivi compresi gli integralisti e gli agenti di polizia.

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     Ma è una guerra santa contro i cristiani? La situazione non è chiara, come non è neanche chiaro il numero esatto dei cristiani nel Paese, la cifra oscilla dai due ai nove milioni, a seconda della fonte. Di fatto ogni attività missionaria è proibita, nelle città il 90 per cento degli abitanti è musulmano e l'integralismo rappresenta una minaccia giornaliera.

 

     In un'intervista rilasciata nell'ottobre del 1997 il vescovo copto cattolico di Mynia, mons. Antonios Naguib, ha dichiarato che negli ultimi cinque anni gli estremisti islamici hanno causato la morte di circa 1.100 persone, delle quali 220 cristiani nel Medio ed Alto Egitto (DC, 5 ottobre 1997).

Secondo un sacerdote copto del Cairo, informa l'agenzia "Fides", le recenti esplosioni di violenza da parte degli integralisti sono dovute al radicamento del fondamentalismo nel sistema educativo egiziano. Sono infatti molto frequenti casi in cui gli studenti appartenenti a minoranze religiose vengono pesantemente discriminati e maltrattati.

 

È accaduto, ad esempio, che sia stato imposto il chador a bambine cristiane delle elementari e che le scuole cattoliche abbiano subito la forte ingerenza delle autorità. Non è un caso che dopo la strage di Luxor del 17 novembre 1997 il ministro dell'Educazione Husein Kamel Bahaedin abbia annunciato di aver spostato 1.600 insegnanti dall'insegnamento pubblico a servizi amministrativi.

 

La politica del governo, secondo padre Boulos Garas, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie dell'Egitto, è di ignorare la presenza della Chiesa, perché i cattolici sono considerati semi-stranieri. I cristiani di Egitto infatti, ufficialmente, sono i copti ortodossi; i cattolici soffrono tale situazione che li rende minoranza nella minoranza.

Nei confronti dei cristiani sono esercitate anche forti pressioni di tipo sociale ed economico, tanto che molti abbandonano il cristianesimo solo per vivere in migliori condizioni di vita. Nonostante ciò i cristiani sono per lo più rispettati, il dialogo interreligioso ha conosciuto dei momenti positivi e soprattutto la popolazione non mostra ostilità verso i cristiani. (cfr. "Fides", febbraio 1998).

 

"Idea spektrum", il 19 febbraio 1998, riferisce che il Consiglio delle Chiese Mediorientali ha rivolto un appello ai cristiani egiziani affinché non abbandonino il Paese, sostenendo che l'emigrazione non è una risposta alla discriminazione. Ogni anno ne espatriano circa 10mila in Canada o Australia, mentre secondo il Consiglio essi costituiscono una parte integrante della società del mondo arabo. Eppure, nelle 26 province egiziane non c'è neanche un governatore copto. Delle 127 ambasciate all'estero, nessuna è rappresentata da un ambasciatore cristiano-copto. Inoltre, solo dieci delle 3.600 imprese di Stato hanno un presidente che appartiene a questa religione.

 

Il Consiglio delle Chiese Mediorientali afferma di non aver bisogno di protezione esterna ma di un approfondimento del dialogo a proposito della discriminazione. Dopo la dichiarazione del Consiglio delle ventisette Chiese che rappresentano 14 milioni di credenti, la situazione di ortodossi, cattolici e protestanti rimane comunque critica, così come negli altri 22 paesi della Lega Araba, la cui popolazione è formata per il 10 per cento da cristiani.

Versioni e interpretazioni diverse provengono da "Ecumenical News International - ENI News Service", del 26 marzo 1998, secondo cui il leader di una delegazione di pastori americani, Calvin Butts III, presidente del Concilio delle Chiese di New York City, visitando l'Egitto in marzo, ha dichiarato che le notizie sulle persecuzioni di massa dei cristiani in una nazione a maggioranza musulmana sono esagerate.

Secondo il "World Churches Handbook" - che stima in 61 milioni gli egiziani - nel Paese vivrebbero 8,7 milioni di cristiani. La Chiesa maggiore è la copto ortodossa, con 8 milioni di seguaci. Esistono episodi isolati di violenza ma le relazioni generalmente sono ottime, grazie anche all'appoggio del governo.

Molti leader delle Chiese del Medio Oriente temono che gli interventi dei governi stranieri, in particolare di quello statunitense, per un migliore trattamento dei cristiani, possano creare dei malintesi e dei risentimenti contro gli stessi religiosi che si erano voluti difendere. Il numero delle uccisioni dei cristiani non supera quello della popolazione in generale, la volontà dei terroristi è di destabilizzare il governo e non uccidere i cristiani. Per quel che riguarda le conversioni forzate all'islam e l'uccisione di musulmani convertiti, i leader cristiani egiziani hanno affermato che ciò accade assai raramente. È vero che esistono gravi difficoltà per costruire o restaurare chiese, ma, ad esempio, non ci sono discriminazioni per i cristiani che lavorano con il governo. L'uomo più ricco del Paese è un egiziano cristiano. Contemporaneamente, rappresentanti dell'Unione Copta Americana hanno organizzato una conferenza stampa per denunciare che gli episodi contro i cristiani non sono assolutamente fatti isolati, ma accadono regolarmente. Il governo, a loro avviso, non fornisce una protezione sufficiente e, anzi, agisce in collaborazione con i terroristi.

Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa "Catholic News Service" il 3 aprile 1998, il Ministro per gli Affari Esteri egiziano, Amre Moussa, ha rifiutato l'etichetta di "terrorismo" per l'islam, affermando che questo tipo di violenza esiste in paesi cristiani ed ebraici allo stesso modo. Ha parlato di un comitato per il dialogo cristiano-musulmano da concretizzarsi in maggio, augurandosi un ragionevole e tollerante approccio fra le due religioni. Secondo il ministro ci sono gruppi che si nascondono dietro la religione per compiere atti di terrorismo.

L'"International Herald Tribune" del 14 aprile 1998 dà notizia di una proposta di legge statunitense per la riduzione delle persecuzioni alle minoranze religiose, che ha fatto esplodere la rabbia in Egitto. La proposta parla di sanzioni economiche contro i paesi colpevoli di discriminazioni religiose e trova l'opposizione dei copti egiziani, che rappresentano la più vasta minoranza cristiana nel mondo arabo. Il provvedimento sembra infatti avvalorare la domanda di coloro che vogliono eliminare l'aiuto economico americano all'Egitto, che è stato un pilastro della collaborazione con gli Stati Uniti fin dall'accordo di Camp David.

 

Questo avviene in un momento in cui il mondo arabo sta guardando con sospetto agli americani che applicano due pesi e due misure di giustizia, uno contro gli arabi e i musulmani e l'altro sorvolando sulle violazioni degli israeliani sui diritti dei palestinesi. Ma le discriminazioni esistono, come ad esempio gli impedimenti per la costruzione o il restauro delle chiese oppure l'occultamento, nei programmi delle scuole superiori, dell'influenza copta prima dell'avvento dell'islam.

 

I copti sono esclusi per la maggior parte dalla vita politica, dagli incarichi di governo e dai posti accademici di importanza, tranne rare eccezioni.

"Human Rights Without Frontiers" dell'8 agosto 1998 parla di "Escalation di persecuzioni contro i cristiani", rendendo noto che il 27 luglio 1998, senza che nulla lasciasse presagire una tale iniziativa, le forze di sicurezza egiziane hanno provveduto alla chiusura forzata di una chiesa copta a Maadi, vicino al Cairo.

 

Un gruppo di soldati, guidati da ufficiali superiori, ha preso d'assalto la chiesa e sigillato tutti gli ingressi, comprese le finestre. Un portavoce delle forze di sicurezza ha dichiarato che l'azione di forza si era resa necessaria perché la chiesa non aveva i permessi richiesti.

 

La chiesa era stata costruita quattro anni fa su territorio di proprietà della Chiesa copta nella Diocesi di Maadi.

 

La comunità usava la chiesa per il culto domenicale, sebbene non avesse ancora ottenuto il permesso ufficiale; la realtà dei fatti è che tali permessi possono giungere anche dopo dieci anni, ma è stata consuetudine, finora, permettere lo svolgimento del culto domenicale.

 

Poche settimane prima di questo incidente tre cristiani copti sono stati uccisi probabilmente da militanti islamisti in una località 200 miglia a sud del Cairo.

 

Tre religiosi copti ortodossi sono stati accusati da un giudice egiziano, secondo la notizia di "Human Rights Without Frontiers" del 21 ottobre 1998, per aver interferito nelle indagini riguardanti l'assassinio, risalente alla metà di agosto, di due cristiani in un villaggio dell'Egitto settentrionale.

 

Il vescovo copto ortodosso Wissa di Baliana, convocato presso il procuratore del Governatorato di Sohag, è stato accusato insieme ad altri due sacerdoti della sua diocesi, di aver infranto cinque articoli del codice penale egiziano.

 

I due sacerdoti sono padre Antonious Fouad Hannam e padre Chenouda.

 

Il vescovo Wissa aveva contattato i gruppi egiziani per la difesa dei diritti umani all'inizio di settembre con una documentazione in cui si sosteneva che almeno 1.000 cristiani del villaggio di El-Kosheh (la cui popolazione è per l'80 per cento cristiana) erano stati arrestati, interrogati con metodi vessatori e torturati dalle autorità di polizia che investigavano sul duplice omicidio.

 

Pur essendo stati denunciati gli abusi alle autorità locali di polizia da parte del vescovo, gli arresti sarebbero continuati ancora per diverse settimane. L'organizzazione egiziana per i diritti umani (EOHR), dopo una verifica dei fatti, afferma che i cristiani detenuti per mesi durante le fasi dell'indagine sono 1.200. Secondo l'EOHR, la polizia "parte dal presupposto che il responsabile sia un cristiano".

 

La notizia delle accuse è stata confermata dal responsabile del Dipartimento per i Diritti Umani del Ministero degli Esteri egiziano, ambasciatore Nayla Gabr, che ha confermato a "Compass" che viene contestato al vescovo e ai due religiosi di aver "occultato informazioni rilevanti per le indagini" e di aver "influenzato testimoni affinché mutassero la propria posizione".

In seguito alla rivelazione delle notizie degli abusi, la polizia ha affermato di aver identificato il responsabile, un cristiano cugino di una delle vittime. Il procuratore di Dar al-Salaam avrebbe formalmente accusato il sospetto il 22 settembre.

Tuttavia, due testimoni dell'indagine, entrambi cristiani, che si erano rivolti al procuratore il 7 ottobre per dichiarare che la loro deposizione era stata estorta con le torture e quindi falsa, sarebbero stati messi agli arresti per falsa testimonianza due giorni prima della convocazione dei tre religiosi.

 

Altre accuse contro esponenti della Chiesa copta ortodossa riguardano attentati all'unità nazionale e alla pace sociale, l'utilizzo della religione per incitare alla rivolta e l'aver mosso critiche alla condotta del governo durante riunioni religiose.

In una lettera al Presidente egiziano Hosni Mubarak, Lord David Alton, membro della Camera dei Lord, accusa il governo egiziano di compiere "tentativi di intimidazione del clero cristiano" tramite capi d'imputazione penali invece di punire "gli ufficiali di polizia responsabili di questi gravi abusi contro i diritti umani".

 

I nomi degli ufficiali di polizia coinvolti nel caso sono stati forniti dall'avvocato copto Morris Sadek, in un elenco che comprende i nomi del governatore di Sohag, Mohammed Abdul Aziz Bakar e del capo della polizia di Sohag, Khalil Makhlouf, chiamati in causa come "diretti responsabili" degli abusi contro i cristiani di El-Kosheh.

 

"Se il meglio che le autorità egiziane sanno fare è accusare questi religiosi con capi d'imputazione penali", scrive Lord Alton nella sua lettera, "è una chiara indicazione che il governo egiziano è esso stesso coinvolto nella persecuzione contro i cristiani del suo Paese". Dopo essere stati interrogati dal procuratore, i tre religiosi sono stati rilasciati in attesa di giudizio, senza che sia stata fissata una data, dietro una cauzione di 100 lire egiziane, l'equivalente di 50000 lire italiane, per ciascuno.

Le persecuzioni nei confronti dei copti, peraltro, sembrano assumere le forme più classiche del martirio dei cristiani, stando alla corrispondenza di Christina Lamb, pubblicata sul quotidiano inglese "The Telegraph" il 25 ottobre 1998, in cui si parla di rapimenti seguiti da crocifissioni compiute dalle forze di sicurezza egiziane.

 

Durante le incursioni nel villaggio copto di El-Kosheh, nelle vicinanze di Luxor, alcune adolescenti sarebbero state rapite e all'interno dei posti di polizia sarebbero stati picchiati selvaggiamente con bastoni lattanti dell'età di tre mesi, alla presenza delle madri.

 

Le notizie che si sono diffuse nonostante il terrore che impedisce alla gente di parlare, sono giunte fino al Congresso degli Stati Uniti, dove 29 parlamentari hanno sottoscritto un appello al presidente Mubarak chiedendogli di porre fine alle torture.

 

Le crocifissioni sarebbero avvenute per gruppi di cinquanta persone, letteralmente inchiodate a croci oppure ammanettate a porte, con le gambe legate gli uni con gli altri e poi picchiati e torturati con l'uso della corrente elettrica nelle zone genitali, dalla polizia che li accusava di essere "infedeli".

Romani Boctor, undicenne, è stato appeso con un cavo elettrico al soffitto e torturato in quella posizione.

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Sulla vicenda ha preso posizione anche un parlamentare italiano, l'on. Marco Zacchera, membro della Commissione esteri della Camera, che ha scritto il 10 novembre 1998 una lettera al Presidente egiziano Mubarak, in cui chiede di intervenire "per garantire agli egiziani di poter vivere liberamente la propria fede, garantendo da parte dei Governatori, le forze di Polizia, i responsabili locali, un atteggiamento giusto ed equilibrato, che concili lo sviluppo economico, sociale, politico dell'Egitto con il riconoscimento della libertà religiosa".

L'on. Zacchera ha inoltre rivolto un'interrogazione al Ministro degli Esteri Dini, per chiedere al Governo italiano "di porre questo problema all'attenzione di tutte le nostre autorità diplomatiche".