Ven 22 Novembre 2002
S. Cecilia
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Gatta da pelare 1
Autore: Rino Camilleri {BOXPDF}
Curatore: Nerella Buggio
Fonte: (C) Il Giornale 30.10.2001
Gatta
da pelare
I sofisti caserecci, quelli che, a
furia di comparsate televisive e giornalistiche, hanno convinto una non
indifferente percentuale di italiani a "comprendere" le
"ragioni" del terrorismo talebanico, dovrebbero riflettere su
un'antica virtù: il coraggio.
È una virtù da sempre stimata dagli
uomini, ed è una virtù che il cristianesimo fece subito propria fino ad
elogiare quella filosofia pagana che si chiamava stoicismo.
Proprio questo stoicismo popolare e
di massa fu una delle ragioni del clamoroso successo della nuova religione tra
i più avveduti pagani, quelli addolorati per la decadenza di Roma. Roma, un
oscuro villaggio di predoni che le virtù stoiche avevano trasformato nel più
singolare, clamoroso e rimpianto Impero della storia.
Ma i nostri sofisti non sanno
nemmeno di cosa stiamo parlando, abituati come sono a stare dalla parte
"giusta", quella che garantisce visibilità, soldi, salotti e
cattedre.
Se ne avessero una pur minima idea,
guarderebbero meglio le immagini dei morti ammazzati, tutti rigorosamente
vecchi, donne e bambini, sorpresi intenti alla più indifesa delle attività: la
preghiera.
C'è un termine, in tutte le lingue,
per indicare quegli uomini, maschi, adulti e robusti, che, armati fino ai
denti, se la prendono con gli inermi, alle spalle e dopo essersi assicurati che
siano del tutto inoffensivi: vigliacchi.
Il terrorismo islamico ha, ci si
faccia caso, questa caratteristica, una caratteristica che lo differenzia da
ogni altro terrorismo.
Le Brigate Rosse se la prendevano
con uomini di vertice e con le loro scorte, tutti uomini di solito sull'avviso
e armati.
L'Ira addirittura avvertiva
preventivamente Scotland Yard.
Ma, in Algeria come altrove, si
sgozza nottetempo e con efferatezza belluina.
Donne, vecchi e bambini.
Si vorrebbe sentire un grido di
dolore proveniente dal mondo islamico cosiddetto moderato, un grido che,
coralmente, ci faccia sapere che quell'"Allah è grande!" urlato dai
massacratori di vecchi, donne e bambini è una menzogna, che quello non è Allah.
Questo grido di dolore e sdegno
dovrebbe essere non episodico, affidato a qualche dichiarazione di facciata e
individuale magari in occasione di una visita di cancelleria.
Dovrebbe essere proclamato ai
quattro venti, ai più alti livelli e accompagnato da misure concrete (ripeto,
concrete) di presa di distanze.
Invece no.
Qualche deplorazione rituale, e poi
si ricomincia la conta degli ammazzati, in qualche altro posto più o meno
distante dai riflettori dei media.
Così, lentamente ma
inesorabilmente, si scivola lungo una china pericolosissima, quella delle
ritorsioni sporadiche e private: i cristiani in terra musulmana cominciano a
sentirsi in serio pericolo, i musulmani in terra occidentale cominciano a
sentirsi a disagio.
Qualcosa del genere è già accaduto,
nella storia, ma ogni paragone soffre di limiti; la storia non si ripete mai
perfettamente uguale, forse per questo non è maestra di niente.
Il fatto, comunque,
è questo: nel corso del XV secolo i Re cattolici spagnoli a un certo punto
espulsero tutti i musulmani dal regno, accettando un impoverimento economico
che solo con l'espansione oltreoceano poté essere recuperato.
Qualcuno dei sofisti di cui sopra
lamenta l'interruzione di una "felice convivenza" durata secoli.
"Felice", sì, ma solo nei
libri scritti dai suddetti.
Gli spagnoli
sapevano bene che le quinte colonne dei regni islamici africani si annidavano
nei quartieri musulmani e che non facevano mistero della loro volontà di
riprendersi tutto.
Né le autorità potevano sopportare
che, ad ogni notizia di stragi di cristiani in terra africana, si scatenassero
intolleranze in Spagna, in una spirale di odio che rischiava di costare, in
termini di ordine pubblico, molto più di quanto sarebbe costata ed
effettivamente costò una misura politica radicale.
I sofisti di cui
sopra cercano di gabellarci un'immagine storica a senso unico: il fanatismo,
tutto cattolico; la tolleranza e la "felice convivenza", tutte
musulmane.
Ma, come disse qualcuno, chi non
conosce il passato è condannato a ripeterlo.
Figuratevi cosa succede quando il
passato addirittura lo si distorce deliberatamente.
Naturalmente, l'esempio storico su
riportato calza solo nella parte riguardante il problema, non in quella della
soluzione.
Ma la gatta da
pelare rimane, ed è tutta a carico dell'Occidente.
Frank Palombo era un pompiere di 46
anni. È morto sotto il crollo delle Torri gemelle. Aveva 10 figli.
Frequentava la parrocchia cattolica di San Colombano e faceva
parte della comunità neocatecumenale. Nel 1982 aveva sposato Jean, che oggi ha
41 anni. Il loro primo figlio ha 15 anni.
L'ultima bimba, Margaret, un anno.
Jean, raccontaci
quella mattina...
La mattina dell'11 settembre mi
sono svegliata ed ero stravolta perché pensavo di essere incinta. Ho detto a
Frank: "Non posso di nuovo, così presto, diventerò pazza". Frank ha
replicato: "Non devi pensare a questo…come chiameremo il bambino?".
Mi è venuto da ridere; lui sapeva
sempre come farmi ridere.
Poi mi ha aiutato a preparare i
bambini per la scuola.
Quando la macchina era pronta, ho
detto: "È così facile quando mi aiuti in questo modo".
E lui ha risposto: "È
semplice, posso aiutarti così ogni giorno".
È andato al lavoro, come sempre.
Dopo aver portato i bambini a scuola, ho sentito quello che sembrava un tuono e
subito qualcuno mi ha detto qualcosa sul primo aereo, poi sono tornata a casa e
i vicini mi hanno detto del secondo aereo.
Ho imparato presto,
nel mio matrimonio, che la moglie di un pompiere non deve mai guardare il
notiziario se suo marito sta lavorando durante una sciagura, e così non lo
feci. Alla sera ho capito che qualcosa non era andato bene perché non aveva
chiamato e nessuno sapeva dove fosse la sua squadra.
A mezzanotte siamo
venuti a sapere che erano dispersi.
Alcuni giorni dopo,
ho saputo di non essere incinta.
Il 2 ottobre sono
andata al "Ground Zero" (la zona delle Torri Gemelle) con i miei
catechisti e allora sono stata capace di tornare a casa e dire ai miei figli
che il padre era morto.
Cosa ha significato
per te incontrare Cristo?
Diciassette anni fa avevo lasciato
la Chiesa, non volevo figli e il mio matrimonio si stava frantumando pian
piano.
Frank mi invitò un giorno ad
ascoltare alcune catechesi.
Gli dissi: "Questa è l'ultima
cosa che farò nella Chiesa cattolica".
Quella sera ho visto il
cristianesimo in quella coppia itinerante che aspettava il quarto figlio.
Avevano lasciato tutto, casa,
carriera, il loro Paese, per annunciare il Vangelo.
Ho pensato: "Dio mi ama così
tanto da aver suscitato in qualcuno questo desiderio cosicché io potessi
ascoltare la Buona Notizia". Ho visto l'amore e subito ho capito che non
avevo questo amore, nemmeno per mio marito.
Subito dopo, in una catechesi, ho
sentito Giuseppe (il catechista) dire:
"Credi forse che Dio sia un
mostro che non vuoi lasciargli fare la sua volontà nella tua vita…".
Mi aprii alla vita e oggi con 10
figli posso dire che Dio ha conosciuto i desideri del mio cuore.
Come stai vivendo
ora questa tragedia?
Il Signore ha dato, il Signore ha
tolto. Benedetto sia il Signore.
Credo che Dio lavora per il bene di
coloro che lo amano. Questo evento è stato un grande male.
Tuttavia l'amore di Dio ha
sorpassato questo male.
Per i terroristi posso solo
pensare: "Padre, perdonali, perché non hanno idea di quello che hanno
fatto".
Come vedi oggi il
tuo futuro e quello della tua famiglia?
Frank mi manca terribilmente e
piango molto, ma so che continuerà ad aiutarci dal Cielo.
Sto chiedendo una più profonda
intimità con Cristo, che sono sicura porterà frutti così belli come quelli che
sono venuti dall'intimità fra me e Frank. Frank ha trasmesso la fede ai bambini
e loro spesso mi consolano con una parola.
I bambini sono felici per il loro
papà, ma gli manca il giocare con lui, il pregare con lui, l'imparare con lui,
lo stare con lui.
Io ho paura, ma mi aggrappo al
Signore.
Adesso continueremo, nella Chiesa,
a fare la volontà di Dio.
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