Le
fonti coraniche e la loro dipendenza da Antico e Nuovo Testamento
Così
Maometto parlava di Gesù
Gli
antenati illustri delle 114 sure
Maria è citata ben 34 volte dalla
rivelazione islamica, il Vangelo 12... La spaccatura tra le due fedi avviene
sulla figura di Cristo: Dio infatti "è troppo glorioso per avere un
Figlio".
Le Scritture cristiane sono sottoposte ad
esame critico già da due secoli: per i musulmani sarà una dura lotta.
Sarà certamente un'aspra e lunga battaglia
quella che attende gli esegeti del Corano pronti ad adottare i canoni del
metodo storico-critico. Non a caso fu aspra per quei teologi cristiani che due
secoli fa iniziarono a esaminare la Bibbia anche dal punto di vista
storico-letterario, consapevoli che proprio l'Incarnazione - verità
squisitamente teologica - lo richiedesse.
È
una battaglia non ancora conclusa, se si pensa ai forti rigurgiti
fondamentalisti di alcune sette o gruppi cristiani.
Ora, tra le varie analisi che dovranno
essere condotte sui 6235 versetti delle 114 sure del Corano importante sarà
quella che isolerà le fonti bibliche. Nella sua introduzione a quella che
rimane ancor oggi la migliore traduzione italiana del Corano (ed.
Sansoni-Rizzoli) Alessandro Bausani affermava senza esitazione che "le
fonti principali del Corano sono l'Antico e il Nuovo Testamento, seppur sembra
non direttamente conosciuti da Muhammad".
Idea ribadita da tutti gli islamologi con
accenti diversi ma in sostanziale concordanza: "Il Corano può essere
considerato una rilettura della Bibbia sui generis in cui interviene
decisamente la personalità di Muhammad" (Maurice Borrmans).
Nella
sura 4,163 si ha persino il riconoscimento dell'ispirazione divina della
Rivelazione ebraico-cristiana: "In verità Noi (Dio) ti (Muhammad) abbiamo
dato la Rivelazione come l'abbiamo data a Noè e ai profeti che lo seguirono, e
l'abbiamo data ad Abramo e Ismaele, a Isacco e a Giacobbe, alle tribù, a Gesù,
a Giobbe, a Giona, ad Aronne, a Salomone, e a Davide demmo i Salmi".
Se
volessimo stare solo alle statistiche, Gesù è nominato 25 volte, Maria 34, il
Vangelo 12, i cristiani 14. La trama della vita di Gesù è seguita
dall'annunciazione a Maria fino alla sua glorificazione, anche se sulla croce
si ha il colpo di scena della sostituzione con un sosia: "Non lo uccisero
né lo crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a lui…; Dio lo
innalzò a sé" (4, 157-158), secondo una probabile prospettiva di stampo
gnostico che negava l'Incarnazione in senso stretto.
Basterebbe,
comunque, inseguire la titolatura riservata a Cristo per vederne la venerazione
profonda nutrita da Maometto che nel Corano dichiara in nome di Dio: "Noi
abbiamo rivelato la Torah che contiene retta guida e luce, con la quale
giudicavano i Profeti, e i maestri e i dottori…
A
loro facemmo seguire Gesù, figlio di Maria, a conferma della Torah rivelata
prima di lui e gli demmo il vangelo pieno di retta guida e di luce, confermante
la Torah rivelata prima di esso" (5, 44-46).
È per questo che nel Medio Evo si giunse al
punto di considerare l'islam come un'eresia cristiana.
Non
per nulla Dante in una pagina terribilmente realistica dell'Inferno definisce
Maometto "seminator di scandalo e di scisma", collocandolo appunto
nella IX bolgia dell'VIII cerchio infernale ove si trovano i seminatori di
discordie (28, 22-51).
In
realtà le figure di Gesù e di Maria nel Corano non coincidono in senso stretto
con la tipologia teologica cristiana. Entrambe sono presentate come il modello
del perfetto "musulmano", cioè del fedele totalmente consacrato
all'unico Dio, del quale Gesù è profeta altissimo.
È,
perciò, blasfemo attribuire a Cristo la qualifica di Figlio di Dio: è anche
questa la ragione del "protagonismo" di Maria nel Corano, perché per
tale via si "umanizza" Gesù, riconducendolo alla figura di un figlio
di donna e di servo del Signore.
In
questa linea è scontato comprendere il rilievo che ha la polemica
antitrinitaria che costella il Corano: "O gente del Libro (cristiani), non
esagerate nella vostra religione e dite di Dio solo la verità.
Credete
dunque in Dio e nei suoi messaggeri. E non dite: Tre! Smettetela! Sarà meglio
per voi. Dio non è che un unico Dio.
È
troppo glorioso per avere un figlio" (4, 171).
L'unicità
e la suprema trascendenza divina impediscono quel peccato fondamentale per
l'islam che è l'"associare" (shirk) a Dio qualcosa di umano: "O
gente del Libro, venite a una parola comune tra noi e voi: adoriamo soltanto
Dio, senza associargli nulla!" (3, 64).
Ci
sono, dunque, alcuni punti fermi che, da un lato, raccordano intimamente Bibbia
e Corano ma che, dall'altro, li fanno profondamente divaricare e questi punti
sono di natura cristologica.
In
questa luce si comprende l'andamento sinusoidale del rapporto tra cristiani e
musulmani all'interno della storia, rapporto ora simile a un duetto ora teso
come un duello.
Ovviamente
le connessioni e le divergenze ideologiche sono molto più complesse e già
oggetto di vasti studi e approfondimenti.
Esse
si estendono ad altri settori quali quelli dell'etica, dell'antropologia,
dell'escatologia, della società.
La
stessa fluidità della teologia musulmana - che esalta, ad esempio, la
trascendenza intangibile di Dio ma che conosce anche la mistica della comunione
per cui Dio è a noi più vicino di quanto noi lo siamo a noi stessi - fa sì che
il dialogo rimanga arduo e complesso.