Il
rischio dell'idolatria
(di
Angelo Bertani)
Sembra
che siano due milioni e settecentomila i cittadini italiani che hanno chiesto
di poter sottoscrivere azione e-Biscom, una nuova società che si affaccia in
borsa ed appare protesa a fare affari nel campo dell'informatica.
Forse molti dei sottoscrittori non sanno
neppure che cosa si proponga realmente di produrre tale azienda, ma certo si
sentono attirati dalla prospettiva di un guadagno facile e rapido.
Non
è un caso isolato.
I risparmiatori, anche le famiglie
"modeste" hanno scoperto il fascino della Borsa e della speculazione.
La parola Internet e le prospettive di
sviluppo di tutto il mondo telematico (la new economy) hanno acquistato una
straordinaria capacità di seduzione.
Nessuno
può negare che le nuove tecnologie e specialmente Internet aprano prospettive
nuove e interessanti.
Permettono d'intraprendere attività con
poche infrastrutture materiali dando spazio alla creatività e alla genialità
delle persone.
Ciò comporta anche in molti casi una
moltiplicazione delle occasioni e delle risorse e, in sostanza, occasioni o
attese di arricchimento.
Non
mancano casi di straordinarie fortune nate e cresciute all'ombra della new
economy.
È tuttavia necessario ricordare che nella
maggior parte dei casi si tratta di ricchezze virtuali, non sempre facili da
realizzare.
Le azioni "tecnologiche" che
recentemente hanno moltiplicato il loro valore al di là di ogni attesa si
riferiscono a società che per ora non producono neppure piccoli utili.
Il fatto che molti nuovi investitori
abbiano imparato ad operare col computer e molte azioni vengano comprate e
vendute da casa, col semplice clik del mouse, rende ancor più instabile il
sistema.
Fin che si tratta di guadagnare tutto bene,
ma i titoli non sono tutti destinati a salire in eterno; e il panico potrebbe
essere in agguato.
Ma la rumorosa esplosione d'interesse per i
profitti di borsa e la nuova economia si presta anche a considerazioni più
ampie e meno direttamente legate all'aspetto economico.
Da qualche mese le pagine più lette dei
giornali sono quelle finanziarie; i telegiornali si aprono con le quotazioni di
Borsa; i siti più frequentati su Internet sono quelli che aggiornano sugli
acquisti e vendite di azioni.
Quando si annuncia una privatizzazione o
una "matricola" in Borsa milioni di "risparmiatori" si
precipitano a prenotare il loro tesoretto.
Al di là della convenienza delle operazioni
colpisce il mutamento di mentalità:
il danaro sta diventando sempre più
importante nella vita quotidiana; sta in cima ai pensieri.
E non è danaro guadagnato col lavoro o
risparmiato pazientemente per garantirsi una risorsa per i tempi difficili.
È il danaro vinto ad una sorta di lotteria,
slegato spesso da qualsiasi meccanismo che comporti la produzione di una
ricchezza reale. Non si tratta di fare moralismi, naturalmente.
Niente di male se, in un Paese tutto
sommato ricco, i cittadini imparano a usare anche il capitale di rischio,
indirizzandolo verso gli impieghi più produttivi e innovativi.
Ma tutto ciò va utilizzato come uno
strumento; le leggi dell'economia vanno conosciute, ma usate per delle finalità
umane.
Il
rischio è l'idolatria.
Se qualcuno smettesse di lavorare perché riesce
a guadagnare ad esempio giocando col trading on line (compravendita di azioni
via computer) la società ne sarebbe impoverita, non arricchita.
Guai a noi se i nuovi, formidabili
strumenti di comunicazione che i computer e Internet ci offrono servissero solo
per fare affari anziché comunicare idee e valori. È noto l'allarme di molti
sociologi: le nuove tecnologie rischiano di creare una nuova divisione di
classe, tra quelli che hanno accesso a questi strumenti e quelli che per
ragione di anni, di danaro o mentalità ne sono esclusi.
Ma c'è anche il rischio che le novità
d'oggi diano origine ad un'ulteriore divisione, tra quelli che vivono nel mondo
reale e quelli che abitano quello virtuale.
Con le conseguenze d'incomunicabilità e di
conflitto che si possono immaginare; e il rischio che qualcuno si svegli
spaesato, in un mondo reale diverso da quello in cui credeva di vivere.
Anche perciò ci sembra del tutto
intelligente e condivisibile l'idea (che sembra esser stata fatta propria dal
ministro Berlinguer) di introdurre l'insegnamento della filosofia in tutte le
scuole superiori e, se possibile, anche alle medie.
Pensare
e sapere di pensare e domandarsi la ragione profonda delle cose è il più
concreto e salutare degli esercizi di sopravvivenza in un mondo nuovo e
affascinante.