Il Regno Unito ha ragione di essere
orgoglioso dei propri risultati, dovuti in non piccola misura all'opera di una minuscola
organizzazione di monitoraggio, INFORM, che ha sede presso la London School of
Economics.
Da undici anni, essa fornisce informazioni
oggettive al governo, alla polizia, alle Chiese e alle famiglie angosciate.
Ma i finanziamenti elargiti a INFORM dal
ministero degli Interni e dalle Chiese non sono sufficienti; in questo momento,
l'organizzazione sta avanzando claudicante verso il nuovo anno.
In
una cultura secolarizzata, dove il rispetto verso la fede in ogni sua forma
diminuisce sempre più, non si tratta forse di una questione troppo eccitante.
Ma
non è possibile scegliere quale diritto umano difendere e quale no senza minare
la legittimità di tutti.
ACNews 001-99
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La religione è un diritto per cui si deve lottare.
Testo
dell'editoriale di Natale del quotidiano The Guardian di Londra, comparso il 24
dicembre 1998
Londra,
24-12-1998. Nella consueta febbrile fretta prenatalizia per acquistare
tacchini, alberi e regali che caratterizza questa settimana, diminuiscono le
probabilità che ci si soffermi a considerare il significato religioso del
periodo.
Ancora meno probabile è che si rifletta
sulla libertà goduta in Europa Occidentale quanto alla scelta di ciò in cui
credere o adorare.
Se si sceglie di assistere a un concerto
natalizio o di partecipare a una funzione religiosa, non si perde il posto di
lavoro, non si viene banditi da un partito politico, né si viene colpiti da
un'imposizione fiscale che riduce sul lastrico.
L'idea
è, ovviamente, del tutto assurda. O no?
Che
alcuni diritti umani siano più alla moda di altri non è un tema che sia emerso
nelle celebrazioni per il 50° anniversario della Dichiarazione dei Diritti
Umani delle Nazioni Unite, svoltesi all'inizio di questo mese.
Nella Dichiarazione, la libertà di culto è
seconda solo alla libertà di parola, ma, nell'Occidente secolarizzato, chi
professa fedi minoritarie - soprattutto i musulmani - sostiene con veemenza che
è proprio in quest'area del mondo che il progressismo occidentale rivela la
propria cieca intolleranza.
Quanti esperti di diritti umani sono stati
disposti ad appoggiare la lotta intrapresa dagli Scientologi in Germania, un
paese dove sono discriminati sui posti di lavoro, nell'affitto di sale
pubbliche e nella gestione dei propri affari, nonché banditi dai partiti
politici?
Ciò che per una persona è una setta, per
un'altra è la pacifica ricerca di un'utopia.
Nel clima di panico isterico che ha
investito l'Europa francofona sulla scia degli avvenimenti che hanno coinvolto
il Tempio Solare nel 1994, in diverse democrazie liberali la libertà di culto è
stata una comoda vittima sacrificale.
Non mancano gruppi
anti-sette lieti di fornirne motivazioni.
Quando
gli uomini politici colgono l'opportunità di ottenere qualche merito a buon
mercato, una serie di notizie fuorvianti e di atti vessatori generano
immediatamente complessi di persecuzione che possono trasformare un movimento
in una setta paranoica.