Morale sociale 1

Il movimento di urbanizzazione, 2

La marcia verso l'unità umana 2

La socializzazione, 3

I rischi della socializzazione 3

LEGGE NATURALE 4

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Morale sociale

 (Jean_Marie Aubert, Morale Sociale, CITTADELLA EDITRICE)

Questo libro affronta il ruolo dell'uomo nella vita  economica moderna, mentre l'uomo ricerca il suo benessere terreno sul piano di quei beni necessari alla sua sussistenza  e al suo sviluppo inoltre questa ricerca legittima, riveste un carattere sociale e morale. Ma le cose sono limitate e per questo esiste una  tensione tra natura e uomo.  Il circuito economico che deriva non deve divenire un sistema che distrugge l'uomo, proprio mentre lo vuole affrancare  da bisogni naturali gli nega o gli sottrae i bisogni più autentici dello spirito. Dobbiamo allora sviluppare una antropologia  dello  sviluppo, che inglobi l'idea della totalità, perché è l'uomo totale che non dobbiamo mai perdere di vista, a differenza  di tutti gli esseri l'uomo è un essere in sviluppo permanente e globale. Infatti lo sviluppo dell'uomo non è uno sviluppo puramente biologico, ma  pienamente metafisico. Ma la tentazione materialista è sempre in agguato, dove la negazione dell'essere si pone a favore dell'avere. Ma l'uomo  immerso nell'avere finisce per divenire assurdo e mostruoso ai suoi stessi occhi, si impone la necessità di salvaguardare  la gerarchia dei valori, e l'equilibrio e la rettitudine di questa gerarchia può realizzarsi solo quando ci si apre al trascendente  divino. Naturale conclusione di chi non vuole esaurirsi in un semplicistico e decurtante orizzonte terreno. Ora, sono proprio le  esigenze della  socializzazione a spingerci a elaborare quei contenuti culturali dal profilo spirituale perché sono gli unici  che possono definire  quegli spazzi umanizzanti in cui l'uomo rimanga signore e soggetto e non si trasformi in strumento cosificato. La socializzazione esprime la crescita del mondo Per ben comprendere tutta l'ampiezza del fenomeno e il suo significato, dobbiamo dire qualcosa sulle sue cause.

1) Crescita accelerata della popolazione. 

2) Restringimento delle aree di contatto umano. Un secondo fenomeno amplifica ancor più gli effetti del primo.  Non solo l'umanità aumenta di numero, ma, ai nostri giorni, nel medesimo spazio gli uomini entrano in contatto fra di loro assai più facilmente che nel passato. La maggiore velocità dei mezzi di trasporto rimpicciolisce la terra degli uomini; mentre nel Medioevo erano necessari otto giorni per andare per esempio da Parigi a Lione, e ancora tre con la diligenza del secolo passato, oggi per via aerea un'ora è sufficiente. E anche l'estrema rapidità dei mezzi di comunicazione orale e visiva (telefono, radio, televisione...) contribuisce ad avvicinare gli uomini, a metterli in continuo contatto. La diffusione planetaria dei mezzi di cultura, la volgarizzazione delle grandi opère (i libri tascabili. per esempio, o i microsolchi, ecc.») tendono a creare una civiltà e una coscienza comuni. Si tratta, insomma, di un fenomeno di planetizzazione dell'umanità, della sua «presa in massa» collettiva, a opera di fasci sempre più stretti di relazioni sociali, fenomeno così ben descritto da Teilhard de Chardin.

3) Infine, lo straordinario progresso scientifico e tecnico svolge un ruolo determinante in questo processo. Esso è già alla base dei due fattori precedenti: progresso della medicina e dell'igiene che ha ridotto la mortalità infantile e  allungato la durata media della vita; progresso della tecnica che ha permesso una maggiore velocità dei mezzi di spostamento e di comunicazione. Ma soprattutto ha modellato il nuovo volto del mondo, portando gli uomini a raggrupparsi, rendendoli più solidali e partecipi di una stessa civiltà; basti pensare alla rivoluzione industriale che ne è il frutto e fa del lavoro umano, a tutti i livelli, un'opera collettiva. L'aumento della produttività a causa della scoperta di nuove energie e nuove tecniche fa comunicare gli uomini nel consumo degli stessi prodotti. Di più, un tale progresso scientifico e tecnico è possibile solo attraverso una collaborazione internazionale che permette all'uomo di dominare e sfruttare il suo spazio vitale. Non possiamo qui fermarci ad analizzare, neppure brevemente, i diversi aspetti di questo processo, che dobbiamo ora passare alle conseguenze umane, cioè alla socializzazione in se stessa.

La socializzazione significa anzitutto organizzazione dai rapporti umani.

La moltiplicazione delle relazioni umane obbliga inevitabilmente a ordinarle, regolarle razionalmente, se non si vuole  rischiare di vederle finire nell'anarchia. Ogni attività umana tende a diventare pianificata, organizzata e distribuita  razionalmente. Viene così attuandosi il passaggio da un mondo spontaneo, in cui l'iniziativa individuale agiva  incontrollata, a un mondo « fabbricato » e modellato dall'uomo, con gli inconvenienti e anche i rischi che può comportare una sempre più crescente burocrazia e un più spinto dirigismo. Quelli cui tutto ciò può forse non piacere, rimpiangendo il bel tempo andato dei nostri padri, dimenticano una cosa, e cioè che il passato era luminoso solo per una ristretta minoranza di privilegiati, mentre gettava ombre cupe su tutta un'immensa folla di piccoli e deboli costretti a una fatica e a condizioni di vita più o meno disumane. Del resto, l'esistenza attuale del Terzo Mondo è li per rammentarci che il processo di socializzazione deve ancora estendersi a una vastissima porzione della terra fatto che comporta delle gravi responsabilità per i paesi ricchi . Per questa sua tendenza all'organizzazione, la socializzazione si manifesta cosi come un progressivo passaggio dall'individuale al sociale. Basti pensare alla presa in carica da parte della comunità di numerosi servizi un tempo lasciati all'iniziativa individuale, ma cui ormai essa non è più in grado di far fronte: educazione dei figli facilitata dagli assegni familiari, gratuità della scuola, assistenza medica e chirurgica garantita dalle mutue, la moderna struttura  ospedaliera, ecc.»

Il movimento di urbanizzazione,

 con la creazione di grandiosi complessi di abitazione, di centri amministrativi, offre un esempio spettacolare di una razionalizzazione di bisogni sempre più complessi e vari Un altro aspetto del fenomeno è la diversificazione dei compiti, la specializzazione sempre più spinta che la grande complessità degli scambi umani e dei legami sociali impone. Di qui, la moltiplicazione di istituzioni specializzate.

 

La marcia verso l'unità umana

Chi dice organizzazione e razionalizzazione di elementi complessi dice anche instaurazione di una più grande unità fra essi. Ed è questo, appunto, l'aspetto più profondo e significativo della socializzazione: l'unità ch'essa tende a instaurare fra gli uomini; ed è ancora esso uno dei principali motivi che spinge la Chiesa a interessarsi di questo processo.

Un tale cammino verso l'unità si manifesta anzi tutto nella presa di coscienza di una più grande solidarietà fra gli uomini. I contatti continui, la specializzazione dei compiti cui abbiamo accennato comportano inevitabilmente una solidarietà di fatto, in cui ognuno si trova a dover sempre più dipendere, nella sua esistenza, dal contributo degli altri uomini: ogni manufatto unisce l'utente a un numero immenso di altri uomini che ne hanno reso possibile l'esistenza. L'intensificazione dei contatti all'interno dell'umanità porta a una specie di presa in massa di soli-darietà generale, che comporta effetti immensi di risonanza all'avvenimento politico anche minimo: se qual-cosa accade, foss'anche nell'angolo più remoto della terra, esso interessa ogni uomo, di cui compromette la si-curezza o l'avvenire... A esempio di questa interdipendenza basterà citare alcuni recenti avvenimenti: quando, nel 1956, il colonnello Nasser bloccò a Suez il trasporto del petrolio, anche il più sperduto contadino d'Europa ebbe delle serie difficoltà a spostarsi con la sua automobile per la penuria di carburante che ne era derivata; il minimo incidente (a Cuba, nel Congo, nell'estremo Oriente, ecc...) interessa armai ogni uomo, mentre ancora soltanto pochi decenni or sono i suoi effetti si limitavano a un piano locale. Una tale solidarietà e interdipendenza è creatrice di fatto di unità; ogni sforzo, ogni impresa, ogni lotta si svolge ormai in funzione di un insieme umano. Le relazioni sempre più intense fra gli uomini fanno loro prendere coscienza della loro « totalità », del fatto cioè di essere un tutto coerente; gli scioperi, per esempio, sempre più spesso diventano rivendicazioni nei confronti della società nel suo insieme (opinione pubblica o governo che sia): da professionali, essi diventano politici. Che l'attuale politicizzazione dei problemi si generalizza, esprimendo l'interdipendenza delle parti verso il tutto, controllato dalla politica. Di qui, l'amplificazione del ruolo dello Stato, che interviene in un numero sempre più grande di settori: ciò farà correre il grave rischio dello statalismo, da cui la Chiesa vuole preservare riaffermando il principio di sussidiarietà e l'importanza dei corpi intermedi. Infine, questo movimento di unificazione si manifesta nel primato attribuito ai valori universali, nelle progressiva scomparsa delle barriere' sociali (il desiderio della promozione sociale, per esempio, l'estensione di una medesima cultura, dei medesimi gusti, suscitati dalla pubblicità pressoché identica in ogni luogo...). La formazione di una coscienza comune, che si estende a insiemi umani sempre più vasti", è l'avvenimento più caratteristico e notevole del nostro tempo. Non possiamo qui dilungarci; ma è necessario comprendere che proprio esso è la finalità più profonda del fenomeno attuale della socializzazione...

La socializzazione,

possibilità a rischio per l'uomo.

Ci troviamo, infatti, nel cuore del problema. La socializzazione appare come la manifestazione, resa possibile dalla crescita del mondo, di una tendenza profondamente umana, la tendenza alla vita sociale. Il carattere sociale della natura umana è all'origine di tutti i raggruppamenti umani e dell'ascesa della storia (per esempio, nel passato, l'impero romano, la cristianità medioevale, ecc.).

Ma ai nostri giorni questa tendenza ha delle possibilità di realizzazione veramente planetarie.

È la natura umana, nelle sue esigenze più fondamentali, che vi si scopre all'opera, volendo esprimere la sua unità e farla prorompere al di là di tutti i particolarismi. Ma allora, la sodalizzazione  diverrà comprensibile soltanto vedendola alla luce della vera natura dell'uomo, cioè della dignità della persona umana.

In verità, c'è l'uomo al centro stesso del problema; ma allora, sarà la concezione che ognuno ha dell'uomo ciò che darà il tono al suo giudizio sulla socializzazione. Nella prospettiva di una antropologia puramente naturalistica , o addirittura materialistica, la socializzazione apparirà come un fenomeno autosufficiente, sottoposto a un puro determinismo. E un pericolo sul quale Giovanni XXIII ha decisamente attirato l'attenzione e che è importante sottolineare.

 

I rischi della socializzazione

Il rischio immanente della socializzazione, in forza della sua stessa dialettica, è di vederla sfruttata in funzione di una esagerazione del ruolo dello Stato; per il fatto di implicare un passaggio. di accentuazione dall'individuale al sociale, essa potrebbe sfociare, al limite, in un totale assorbimento del primo nel secondo, L'esempio tipico di questo rischio è dato dagli Stati totalitari in cui il potere, che è onnipotente, ha davanti a se soltanto più una massa amorfa e uniforme di individui senza volto sociale; di più, in questi casi si opera come una vera e propria disintegrazione della società, per « atomizzazione » dei suoi membri, venendo a mancare tutti i legami reali e umani fra essi e l'autorità, e anche quando non cadesse in tali eccessi, una socializzazione mal compresa potrebbe sempre sfociare: in una degradazione della dignità della persona, che verrebbe spogliata dei suoi diritti essenziali e sottoposta a delle costrizioni psicologiche: o giuridiche incompatibili con la sua libertà; oppure un assorbimento da parte dello Stato di un numero troppo grande di settori privati, potrebbe far bloccare l’iniziativa dei cittadini, abituati a ricevere tutto passivamente.

Solidarietà e interdipendenza sono creatrici di unita; ogni sforzo intrapreso, ogni lotta, si svolge ormai in funzione di un insieme umano. Le relazioni sempre più intense fra gli uomini fanno loro prendere coscienza della loro « totalità », del fatto cioè di essere un tutto coerente; gli scioperi, per esempio, sempre più spesso diventano rivendicazioni nei confronti della società nel suo insieme (opinione pubblica o governo che sia): da professionali, essi diventano politici. Che l'attuale politicizzazione dei problemi si generalizza, esprimendo l'interdipendenza delle parti verso il tutto, controllato dalla politica. Di qui, l'amplificazione del ruolo dello Stato, che interviene in un numero sempre più grande di settori: ciò farà correre il grave rischio dello statalismo, da cui la Chiesa vuole preservare riaffermando il principio di sussidiarietà e l'importanza dei corpi intermedi. Infine, questo movimento di unificazione si manifesta nel primato dei valori universali, nella progressiva scomparsa delle barriere sociali (il desiderio della promozione sociale, per esempio. L'estensione di una medesima cultura, dei medesimi gusti suscitati dalla pubblicità pressoché identica in ogni luogo... La formazione di una coscienza comune, che si estende a insiemi umani sempre più vasti", l'avvenimento più caratteristico e notevole del nostro tempo. Non possiamo qui dilungarci; ma è necessario comprendere che proprio esso è la finalità più profonda del fenomeno attuale della socializzazione...

La socializzazione, possibilità o rischio per l’uomo?

Ci troviamo, infatti, nel cuore del problema. La socializzazione appare come la manifestazione resa possibile dalla crescita del mondo, di una tendenza profondamente umana, la tendenza alla vita sociale. Il carattere sociale della natura umana è all'origine di tutti i raggruppamenti umani e dell’ascesa della storia (per esempio, nel passato, l’impero romano, la cristianità medioevale ecc.}. Ma ai nostri giorni questa tendenza ha delle possibilità di esplosione veramente planetarie. È la natura umana nelle sue esigenze più fondamentali, che si scopre all'opera, volendo esprimere la sua unità e farla prorompere al di là di tutti i particolarismi. Ma allora, la socializzazione diverrà comprensibile soltanto vedendola alla luce della vera natura dell'uomo, cioè della dignità della persona umana.

 

In verità, c'è l'uomo al centro stesso del problema; ma allora, sarà la concezione che ognuno ha dell'uomo ciò che darà il tono al suo giudizio sulla socializzazione.

 

Nella prospettiva di una antropologia puramente naturalistica, o addirittura materialistica, la socializzazione apparirà come un fenomeno autosufficiente, sottoposto a un puro determinismo.

 

E’ un pericolo sul quale Giovanni XXIII ha decisamente attirato l’attenzione e che è importante sottolineare…

 

LEGGE NATURALE

Questo senso è stato molto importante per i Padri della Chiesa (per un sant'Agostino, per esempio). Il diritto che discende da  questa natura, legge naturale primordiale, era allora sinonimo di diritto originale, quello di una umanità in stato di integrità paradisiaca, relegata dunque nel fondo  delle età, simbolo di un'età dell'oro, ma non spiegava affatto la natura reale e decaduta dell'uomo: e, in verità, i Padri non scorgevano in essa che l'idea originale del piano divino, un ideale da realizzare nella forma dei consigli evangelici (per questo vi associavano la comunità dei beni; in questo senso di natura, la proprietà  privata non era di diritto naturale}. Nonostante tutto, questo senso conserva ancora un certo interesse, in quanto ideale verso cui la storia umana deve tendere (restaurazione della giustizia originale):  vi si tratta di un ideale, di una aspirazione verso cui deve tendere il diritto naturale inteso in senso metafisico (quelle di san Tommaso e della Chiesa); ne vedremo più avanti un esempio a proposito del diritto di proprietà.

2) oppure la intendono in un senso astratto e irreale. La natura veniva cosi concepita nella forma di un'idea platonica, irreale e aprioristica. Tale concezione era stata diffusa dalla celebre « Scuola del diritto naturale » del XVIII secolo (Grozio, Pufendorf); ma il pensiero storico moderno, diffidente verso ogni costruzione aprioristica, l’ha rifiutata. Questa concezione di un diritto naturale astratto ha dato origine a vari sistemi giuridici che hanno costituito come l'intelaiatura di un gran numero di codificazioni quanto mai particolareggiate che pretendevano di rifarsi al diritto naturale, codificando tutto fin nei minimi particolari, secondo un razionalismo deduttivo dimentico delle reali condizioni dell'esistenza umana e del progresso storico. E, in realtà, quei sistemi non furono che dei tentativi volti a giustificare, in nome: di un diritto naturale astratto, certe istituzioni giuridiche che si erano venute formando. Ma dimenticavano una cosa, e cioè che la vera natura dell’uomo, nelle sue esigenze reali e concrete, si deve scoprire esplorando con l'aiuto della ragione le diverse tendenze e inclinazioni umane.

3) o ancora, e più spesso, la intendono nel senso moderno e cartesiano di realtà intuitiva, dato corporale in opposizione al pensiero e alla libertà; ma intesa in questo senso, la natura indica nell’uomo ciò che in lui è meno specifico, ciò che egli ha in comune con tutto il mondo extra-umano, il mondo dei corpi.

 Questa concezione è completamente inadeguata per caratterizzare l'uomo nella sua originalità, in ciò che fa di lui un essere morale, soltanto perché dotato di pensiero razionale, spirituale e di libertà.

 

Questa concezione della natura, assai tipica dei tempi moderni, ai nostri giorni è talmente diffusa che non si può trascurare: per i nostri contemporanei.

L’uso di questo termine è dunque assai ambiguo; voler designare con esso l'uomo totale, nella sua dignità di essere spirituale e libero, soprattutto nell'espressione di « diritto naturale » come fonte: di moralità rischia di provocare dei gravi malintesi.

E’ allora molto importante mettersi d'accordo sul senso delle parole, e quando si parla di natura o di diritto naturale precisare molto bene il contenuto che si immette in quelle espressioni.

A questo riguardo, è un vero peccato che certi autori cattolici, pensando forse di difendere — assai maldestramente, però — la dottrina tradizionale circa il diritto naturale, diano al termine di natura il senso cartesiano di dato biologico, in opposizione con la libertà e la responsabilità. Il mantenimento di tali venerandi vocaboli è cosi giustificabile solamente quando ci si fa premura di sottrarli prima all'ambivalenza cui possono dar luogo: a tal fine, la cosa migliore è avere ben presente allo spirito l'unico senso appropriato alla funzione che gli si vuole far assolvere e che è il senso loro dato da san Tommaso.