Il movimento di urbanizzazione,
I rischi della socializzazione
(Jean_Marie
Aubert, Morale Sociale, CITTADELLA EDITRICE)
Questo libro affronta il ruolo
dell'uomo nella vita economica moderna,
mentre l'uomo ricerca il suo benessere terreno sul piano di quei beni necessari
alla sua sussistenza e al suo sviluppo
inoltre questa ricerca legittima, riveste un carattere sociale e morale.
Ma le cose sono limitate e per questo esiste una tensione tra natura e uomo.
Il circuito economico che deriva non deve divenire un sistema che
distrugge l'uomo, proprio mentre lo vuole affrancare da bisogni naturali gli nega o gli sottrae i bisogni più
autentici dello spirito. Dobbiamo allora sviluppare una antropologia dello
sviluppo, che inglobi l'idea della totalità, perché è l'uomo totale che
non dobbiamo mai perdere di vista, a differenza di tutti gli esseri l'uomo è un essere in sviluppo permanente e
globale. Infatti lo sviluppo dell'uomo non è uno sviluppo puramente biologico,
ma pienamente metafisico. Ma la
tentazione materialista è sempre in agguato, dove la negazione dell'essere si
pone a favore dell'avere. Ma l'uomo
immerso nell'avere finisce per divenire assurdo e mostruoso ai suoi
stessi occhi, si impone la necessità di salvaguardare la gerarchia dei valori, e l'equilibrio e la rettitudine di
questa gerarchia può realizzarsi solo quando ci si apre al trascendente divino. Naturale conclusione di chi non
vuole esaurirsi in un semplicistico e decurtante orizzonte terreno. Ora, sono
proprio le esigenze della socializzazione a spingerci a elaborare quei
contenuti culturali dal profilo spirituale perché sono gli unici che possono definire quegli spazzi umanizzanti in cui l'uomo
rimanga signore e soggetto e non si trasformi in strumento cosificato. La
socializzazione esprime la crescita del mondo Per ben comprendere tutta
l'ampiezza del fenomeno e il suo significato, dobbiamo dire qualcosa sulle sue
cause.
1) Crescita accelerata della
popolazione.
2) Restringimento delle aree di
contatto umano. Un secondo fenomeno amplifica ancor più gli effetti del
primo. Non solo l'umanità aumenta di
numero, ma, ai nostri giorni, nel medesimo spazio gli uomini entrano in
contatto fra di loro assai più facilmente che nel passato. La maggiore velocità
dei mezzi di trasporto rimpicciolisce la terra degli uomini; mentre nel
Medioevo erano necessari otto giorni per andare per esempio da Parigi a Lione,
e ancora tre con la diligenza del secolo passato, oggi per via aerea un'ora è
sufficiente. E anche l'estrema rapidità dei mezzi di comunicazione orale e
visiva (telefono, radio, televisione...) contribuisce ad avvicinare gli uomini,
a metterli in continuo contatto. La diffusione planetaria dei mezzi di cultura,
la volgarizzazione delle grandi opère (i libri tascabili. per esempio, o i
microsolchi, ecc.») tendono a creare una civiltà e una coscienza comuni. Si
tratta, insomma, di un fenomeno di planetizzazione dell'umanità, della sua
«presa in massa» collettiva, a opera di fasci sempre più stretti di relazioni
sociali, fenomeno così ben descritto da Teilhard de Chardin.
3) Infine, lo
straordinario progresso scientifico e tecnico svolge un ruolo determinante in
questo processo. Esso è già alla base dei due fattori precedenti: progresso
della medicina e dell'igiene che ha ridotto la mortalità infantile e allungato la durata
La socializzazione significa anzitutto
organizzazione dai rapporti umani
La moltiplicazione delle relazioni umane obbliga
inevitabilmente a ordinarle, regolarle razionalmente, se non si vuole rischiare di vederle finire nell'anarchia.
Ogni attività umana tende a diventare pianificata, organizzata e
distribuita razionalmente. Viene così attuandosi
il passaggio da un mondo spontaneo, in cui l'iniziativa individuale agiva incontrollata, a un mondo « fabbricato » e
modellato dall'uomo, con gli inconvenienti e anche i rischi che può comportare
una sempre più crescente burocrazia e un più spinto dirigismo. Quelli cui tutto
ciò può forse non piacere, rimpiangendo il bel tempo andato dei nostri padri,
dimenticano una cosa, e cioè che il passato era luminoso solo per una ristretta
minoranza di privilegiati, mentre gettava ombre cupe su tutta un'immensa folla
di piccoli e deboli costretti a una fatica e a condizioni di vita più o meno
disumane. Del resto, l'esistenza attuale del Terzo Mondo è li per rammentarci
che il processo di socializzazione deve ancora estendersi a una vastissima
porzione della terra fatto che comporta delle gravi responsabilità per i paesi
ricchi . Per questa sua tendenza all'organizzazione, la socializzazione si
manifesta cosi come un progressivo passaggio dall'individuale al sociale. Basti
pensare alla presa in carica da parte della comunità di numerosi servizi un
tempo lasciati all'iniziativa individuale, ma cui ormai essa non è più in grado
di far fronte: educazione dei figli facilitata dagli assegni familiari,
gratuità della scuola, assistenza medica e chirurgica garantita dalle mutue, la
moderna struttura ospedaliera, ecc.»
con la
creazione di grandiosi complessi di abitazione, di centri amministrativi, offre
un esempio spettacolare di una razionalizzazione di bisogni sempre più
complessi e vari Un altro aspetto del fenomeno è la diversificazione dei
compiti, la specializzazione sempre più spinta che la grande complessità degli
scambi umani e dei legami sociali impone. Di qui, la moltiplicazione di
istituzioni specializzate.
Chi dice organizzazione e
razionalizzazione di elementi complessi dice anche instaurazione di una più
grande unità fra essi. Ed è questo, appunto, l'aspetto più profondo e
significativo della socializzazione: l'unità ch'essa tende a instaurare fra gli
uomini; ed è ancora esso uno dei principali motivi che spinge la Chiesa a
interessarsi di questo processo.
Un tale cammino verso l'unità si manifesta anzi
tutto nella presa di coscienza di una più grande solidarietà fra gli uomini. I
contatti continui, la specializzazione dei compiti cui abbiamo accennato
comportano inevitabilmente una solidarietà di fatto, in cui ognuno si trova a
dover sempre più dipendere, nella sua esistenza, dal contributo degli altri
uomini: ogni manufatto unisce l'utente a un numero immenso di altri uomini che
ne hanno reso possibile l'esistenza. L'intensificazione dei contatti
all'interno dell'umanità porta a una specie di presa in massa di soli-darietà
generale, che comporta effetti immensi di risonanza all'avvenimento politico
anche minimo: se qual-cosa accade, foss'anche nell'angolo più remoto della
terra, esso interessa ogni uomo, di cui compromette la si-curezza o
l'avvenire... A esempio di questa interdipendenza basterà citare alcuni recenti
avvenimenti: quando, nel 1956, il colonnello Nasser bloccò a Suez il trasporto
del petrolio, anche il più sperduto contadino d'Europa ebbe delle serie
difficoltà a spostarsi con la sua automobile per la penuria di carburante che
ne era derivata; il minimo incidente (a Cuba, nel Congo, nell'estremo Oriente,
ecc...) interessa armai ogni uomo, mentre ancora soltanto pochi decenni or sono
i suoi effetti si limitavano a un piano locale. Una tale solidarietà e
interdipendenza è creatrice di fatto di unità; ogni sforzo, ogni impresa, ogni
lotta si svolge ormai in funzione di un insieme umano. Le relazioni sempre più intense
fra gli uomini fanno loro prendere coscienza della loro « totalità », del fatto
cioè di essere un tutto coerente; gli scioperi, per esempio, sempre più spesso
diventano rivendicazioni nei confronti della società nel suo insieme (opinione
pubblica o governo che sia): da professionali, essi diventano politici. Che
l'attuale politicizzazione dei problemi si generalizza, esprimendo
l'interdipendenza delle parti verso il tutto, controllato dalla politica. Di
qui, l'amplificazione del ruolo dello Stato, che interviene in un numero sempre
più grande di settori: ciò farà correre il grave rischio dello statalismo, da
cui la Chiesa vuole preservare riaffermando il principio di sussidiarietà e
l'importanza dei corpi intermedi. Infine, questo movimento di unificazione si
manifesta nel primato attribuito ai valori universali, nelle progressiva
scomparsa delle barriere' sociali (il desiderio della promozione sociale, per
esempio, l'estensione di una medesima cultura, dei medesimi gusti, suscitati
dalla pubblicità pressoché identica in ogni luogo...). La formazione di una
coscienza comune, che si estende a insiemi umani sempre più vasti", è
l'avvenimento più caratteristico e notevole del nostro tempo. Non possiamo qui
dilungarci; ma è necessario comprendere che proprio esso è la finalità più
profonda del fenomeno attuale della socializzazione...
possibilità a rischio per l'uomo
Ci troviamo, infatti, nel cuore del problema. La
socializzazione appare come la manifestazione, resa possibile dalla crescita
del mondo, di una tendenza profondamente umana, la tendenza alla vita sociale.
Il carattere sociale della natura umana è all'origine di tutti i raggruppamenti
umani e dell'ascesa della storia (per esempio, nel passato,
l'impero romano, la cristianità medioevale, ecc.).
Ma ai nostri giorni questa
tendenza ha delle possibilità di realizzazione veramente planetarie.
È la natura umana, nelle sue
esigenze più fondamentali, che vi si scopre all'opera, volendo esprimere la sua
unità e farla prorompere al di là di tutti i particolarismi. Ma allora, la
sodalizzazione diverrà comprensibile
soltanto vedendola alla luce della vera natura dell'uomo, cioè della dignità
della persona umana.
In verità, c'è l'uomo al centro
stesso del problema; ma allora, sarà la concezione che ognuno ha dell'uomo ciò
che darà il tono al suo giudizio sulla socializzazione. Nella prospettiva di
una antropologia puramente naturalistica , o addirittura materialistica, la
socializzazione apparirà come un fenomeno autosufficiente, sottoposto a un puro
determinismo. E un pericolo sul quale Giovanni XXIII ha decisamente attirato
l'attenzione e che è importante sottolineare.
Il rischio immanente della
socializzazione, in forza della sua stessa dialettica, è di vederla sfruttata
in funzione di una esagerazione del ruolo dello Stato; per il fatto di
implicare un passaggio. di accentuazione dall'individuale al sociale, essa
potrebbe sfociare, al limite, in un totale assorbimento del primo nel secondo,
L'esempio tipico di questo rischio è dato dagli Stati totalitari in cui il
potere, che è onnipotente, ha davanti a se soltanto più una massa amorfa e
uniforme di individui senza volto sociale; di più, in questi casi si opera come
una vera e propria disintegrazione della società, per « atomizzazione » dei
suoi membri, venendo a mancare tutti i legami reali e umani fra essi e
l'autorità,
Solidarietà e interdipendenza sono
creatrici di unita; ogni sforzo intrapreso, ogni lotta, si svolge ormai in
funzione di un insieme umano. Le relazioni sempre più intense fra gli uomini
fanno loro prendere coscienza della loro « totalità », del fatto cioè di essere
un tutto coerente; gli scioperi, per esempio, sempre più spesso diventano
rivendicazioni nei confronti della società nel suo insieme (opinione pubblica o
governo che sia): da professionali, essi diventano politici. Che l'attuale
politicizzazione dei problemi si generalizza, esprimendo l'interdipendenza
delle parti verso il tutto, controllato dalla politica. Di qui,
l'amplificazione del ruolo dello Stato, che interviene in un numero sempre più
grande di settori: ciò farà correre il grave rischio dello statalismo, da cui
la Chiesa vuole preservare riaffermando il principio di sussidiarietà e
l'importanza dei corpi intermedi. Infine, questo movimento di unificazione si
manifesta nel primato dei valori universali, nella progressiva scomparsa delle
barriere sociali (il desiderio della promozione sociale, per esempio.
L'estensione di una medesima cultura, dei medesimi gusti suscitati dalla pubblicità
pressoché identica in ogni luogo... La formazione di una coscienza comune, che
si estende a insiemi umani sempre più vasti", l'avvenimento più
caratteristico e notevole del nostro tempo. Non possiamo qui dilungarci; ma è
necessario comprendere che proprio esso è la finalità più profonda del fenomeno
attuale della socializzazione...
La socializzazione, possibilità o rischio per
l’uomo
Ci troviamo, infatti, nel
cuore del problema. La socializzazione appare come la manifestazione resa
possibile dalla crescita del mondo, di una tendenza profondamente umana, la
tendenza alla vita sociale. Il carattere sociale della natura umana è
all'origine di tutti i raggruppamenti umani e dell’ascesa della storia (per
esempio, nel passato, l’impero romano, la cristianità medioevale ecc.}. Ma ai
nostri giorni questa tendenza ha delle possibilità di esplosione veramente
planetarie. È la natura umana nelle sue esigenze più fondamentali, che si
scopre all'opera,
In verità, c'è l'uomo al centro stesso del
problema; ma allora, sarà la concezione che ognuno ha dell'uomo ciò che darà il
tono al suo giudizio sulla socializzazione.
Nella
prospettiva di una antropologia puramente naturalistica, o addirittura
materialistica, la socializzazione apparirà come un fenomeno autosufficiente,
sottoposto a un puro determinismo.
E’ un pericolo sul quale Giovanni
XXIII ha decisamente attirato l’attenzione e che è importante sottolineare…
Questo senso è stato molto importante per i Padri
della Chiesa (per un sant'Agostino, per esempio). Il diritto che discende
da questa natura, legge naturale
primordiale, era allora sinonimo di diritto originale, quello di una umanità in
stato di integrità paradisiaca, relegata dunque nel fondo delle età, simbolo di un'età dell'oro, ma
non spiegava affatto la natura reale e decaduta dell'uomo: e, in verità, i
Padri non scorgevano in essa che l'idea originale del piano divino, un ideale
da realizzare nella forma dei consigli evangelici (per questo vi associavano la
comunità dei beni; in questo senso di natura, la proprietà privata non era di diritto naturale}.
Nonostante tutto, questo senso conserva ancora un certo interesse, in quanto
ideale verso cui la storia umana deve tendere (restaurazione della giustizia
originale): vi si tratta di un ideale,
di una aspirazione verso cui deve tendere il diritto naturale inteso in senso
metafisico (quelle di san Tommaso e della Chiesa); ne vedremo più avanti un
esempio a proposito del diritto di proprietà.
2) oppure la intendono in un senso astratto e
irreale. La natura veniva cosi concepita nella forma di un'idea platonica,
irreale e aprioristica. Tale concezione era stata diffusa dalla celebre «
Scuola del diritto naturale » del XVIII secolo (Grozio, Pufendorf); ma il
pensiero storico moderno, diffidente verso ogni costruzione aprioristica, l’ha
rifiutata. Questa concezione di un diritto naturale astratto ha dato origine a
vari sistemi giuridici che hanno costituito
come l'intelaiatura di un gran numero di codificazioni quanto mai
particolareggiate che pretendevano di rifarsi al diritto naturale, codificando
tutto fin nei minimi particolari, secondo un razionalismo deduttivo dimentico
delle reali condizioni dell'esistenza umana e del progresso storico. E, in
realtà, quei sistemi non furono che dei tentativi volti a giustificare, in
nome: di un diritto naturale astratto, certe istituzioni giuridiche che si
erano venute formando. Ma dimenticavano una cosa, e cioè che la vera natura
dell’uomo, nelle sue esigenze reali e concrete, si deve scoprire esplorando con
l'aiuto della ragione le diverse tendenze e inclinazioni umane.
3) o ancora, e più spesso, la intendono nel senso
moderno e cartesiano di realtà intuitiva, dato corporale in opposizione al
pensiero e alla libertà; ma intesa in questo senso, la natura indica nell’uomo
ciò che in lui è meno specifico, ciò che egli ha in comune con tutto il mondo
extra-umano, il mondo dei corpi.
Questa
concezione è completamente inadeguata per caratterizzare l'uomo nella sua
originalità, in ciò che fa di lui un essere morale, soltanto perché dotato di
pensiero razionale, spirituale e di libertà.
Questa concezione della natura, assai tipica dei
tempi moderni, ai nostri giorni è talmente diffusa che non si può trascurare:
per i nostri contemporanei.
L’uso di questo termine è dunque assai ambiguo;
voler designare con esso l'uomo totale, nella sua dignità di essere spirituale
e libero, soprattutto nell'espressione di « diritto naturale » come fonte: di
moralità rischia di provocare dei gravi malintesi.
E’ allora molto importante mettersi d'accordo sul
senso delle parole, e quando si parla di natura o di diritto naturale precisare
molto bene il contenuto che si immette in quelle espressioni.
A questo riguardo, è un vero peccato che certi autori cattolici, pensando forse di difendere — assai maldestramente, però — la dottrina tradizionale circa il diritto naturale, diano al termine di natura il senso cartesiano di dato biologico, in opposizione con la libertà e la responsabilità. Il mantenimento di tali venerandi vocaboli è cosi giustificabile solamente quando ci si fa premura di sottrarli prima all'ambivalenza cui possono dar luogo: a tal fine, la cosa migliore è avere ben presente allo spirito l'unico senso appropriato alla funzione che gli si vuole far assolvere e che è il senso loro dato da san Tommaso.