I martiri del regime nazionalsocialista.
Oggigiorno
la Chiesa considera martiri non soltanto coloro i quali versarono il sangue in
difesa della fede o di qualche altra virtù, ma anche quelli che, senza
spargimento di sangue, hanno ugualmente sacrificato la propria vita, in
circostanze particolari, per coerenza di fede e di militanza cattolica.
All'odierno
concetto di martirio, autentico anche se incruento, si è arrivati in tempi
recenti, con l'evolversi dei sistemi di persecuzione.
Infatti,
mentre in passato il martirio in genere si consumava in tempi brevi se non
addirittura in poche ore, cioè quando i candidati al supremo sacrificio
venivano dati in pasto alle fiere, o bruciati a fuoco lento, oppure passati a
fil di spada o abbattuti a colpi di mitra, oggigiorno di solito si richiedono
tempi più lunghi perché sono cambiati i metodi persecutori.
Ciò,
però, comporta un cumulo di sofferenze fisiche e spesso anche morali ben più
pesanti che in passato: per cui, oggi, chi vi va incontro dando eroica
testimonianza di fedeltà e di coraggio, giustamente viene considerato vero
martire, anche se l'immolazione della sua vita rimane incruenta. Esempi del
genere se ne sono avuti in gran numero nel sec. XX, specialmente nei paesi
dominati dal comunismo ateo e dal nazismo hitleriano.
I
casi di alcuni sacerdoti tedeschi ed austriaci rientrano appunto nell'eletta
schiera dei martiri della raffinata ferocia moderna, che annienta fisicamente
le sue vittime, senza spargimento di sangue ma con metodi e mezzi sicuramente
ancor più diabolici di quelli tradizionali, e certamente non meno brutali di
quelli del passato.
San
Massimiliano Kolbe e santa Edith Stein, nonché i beati Kozal, Brandsma, Callo,
Mayer, Lichtenberg, Leisner, Neururer, Gapp e Kafka sono veri eroi dei nostri
tempi, nobile espressione della resistenza cattolica alle idee neopagane del
nazionalsocialismo e possono essere giustamente additati alla gioventù moderna,
sempre più povera di autentici valori cristiani, come modelli di coerenza e di
fortezza nella difesa della fede, da loro coraggiosamente professata, appunto,
fino all'estremo sacrificio.
Karl
Leisner, sacerdote secolare, morto il 12 agosto 1945 dopo quasi sei anni di
indicibili sofferenze fisiche e morali inflittegli dalle SS, soprattutto nel
campo di sterminio di Dachau, e da lui eroicamente accettate come solenne
testimonianza della sua profonda fede, venne perseguitato perché era uno dei
protagonisti del Movimento cattolico giovanile, che oltre ad orientare i
giovani verso il Cristo, con la Liturgia e la Bibbia, li aiutava ad
approfondire con apertura francescana il rapporto con il mondo, la natura e la
creazione, in un canto di lode al Creatore.
"Mio
Dio, - ripeteva spesso - quanto è bello il tuo mondo!".
Il
23 giugno 1996, nello Stadio Olimpico di Berlino il Papa ha beatificato i due
sacerdoti berlinesi martiri di questo secolo: Lichtenberg e Leisner, e
nell'omelia disse che essi: "In un mondo diventato disumano hanno
testimoniato Cristo Via, Verità e Vita".
Negli
anni della persecuzione nazionalsocialista, i martiri furono testimoni di una
strana ambivalenza: da una parte la traboccante ebbrezza di un potere che
portava di vittoria in vittoria; dall'altra il terrore della gente, che lo
sentiva in preda con tutte le ansietà.
Coloro
che hanno subito tali esperienze potranno valutare, in modo particolare, quanto
erano grandi l'eroismo e la bontà dei martiri. Dai loro compagni di prigionia
sappiamo che non pronunciarono mai una sola parola cattiva riguardo ai suoi tormentatori,
e solo chi ricorda personalmente l'impotente ira contro questa tirannia inumana
saprà valutare la grandezza di questa carità.