18
giugno 2002 CULTURA Pagina 35
Pecore tra i
lupi destino di cristiani
«Il
Novecento è stato il secolo più sanguinario in assoluto per i Cristiani, senza
alcun paragone possibile.
I
dati che ho preso da statistiche laiche, di studiosi inglesi di sociologia
della religione, parlano di 45 milioni di martiri cristiani nel Novecento, e al
momento sono 160 mila le persone che ogni anno perdono la vita per la loro
appartenenza alla fede cristiana.
Mai
come oggi quella della Chiesa è la dimensione del martirio. D’altronde è stato
il Papa stesso a sottolinearlo in più documenti, anche ufficiali, nelle
celebrazioni per l’Anno santo».
Antonio
Socci, giornalista e scrittore, autore di I nuovi perseguitati (Piemme, pag
157, eu 8,90), parla dell’intolleranza anticristiana nel nuovo secolo del
martirio, con una nota di sgomento nella voce.
L’indagine,
che mette in luce massacri ignobili e ferocie tremende, conferisce al saggio la
forza di un documento, di una testimonianza diretta degli orrori cui i
cristiani sono sottoposti nel terzo Millennio in molte parti della terra.
Socci,
ma perché l’ostracismo contro il cristianesimo non accenna mai a diminuire?
«In
ogni episodio di persecuzione ci sono delle cause contingenti, delle
motivazioni storiche che possono essere studiate e spiegate.
Dalla guerra di Spagna alla persecuzione
sotto il regime bolscevico, ai martiri dei nazisti, oppure alle situazioni dei
paesi islamici, ai macelli del Sudan, di Timor, delle Molucche e del Libano
(anche se di queste tragedie recentissime, pochissime sono state le
segnalazioni alla "Commissione nuovi martiri"), quello che colpisce
è, soprattutto nel Novecento, la diversità delle ideologie dei regimi che si
sono trovati uniti nella persecuzione alla Chiesa.
Questo
fa pensare che, complessivamente, il cristianesimo sia avvertito come un
pericolo dai regimi illiberali.
I
vari despota danno l’impressione di percepire nelle comunità cristiane qualcosa
d’incontrollabile, di non manipolabile.
Sembra
che abbiano paura anche delle piccole comunità inermi e dei pochi missionari,
che sono tutto fuorché una minaccia».
Ma il cristianesimo
è una minaccia?
«Certamente
no. Spesso si attribuisce al cristianesimo e ai cristiani, una forza superiore
a quella degli apparati di polizia e degli eserciti. D’altra parte, il
Novecento è stato il secolo dell’ideologia strutturalmente nemica dell’uomo che
vuol costruirsi con le proprie mani un regno di Dio in terra. Perciò non può
che essere nemica anche del fatto cristiano che demitizza ogni mito politico,
ogni pretesa linea del potere sin dai tempi dell’impero romano. Se vogliamo
andare oltre, basta ricordare che, nel Vangelo, Gesù stesso avverte: hanno
perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Vi mando come pecore in mezzo ai
lupi.
Questa
è l’immagine che si legge nella vicenda cristiana del Novecento: pecore in
mezzo ai lupi».
L’Islam,
in che misura ostacola il cristianesimo?
«L’aggressività
dell’Islam contro il cristianesimo inizia con la nascita stessa dell’Islam.
C’è
una lunga storia conflittuale: 1400 anni d’ostilità, di scontro.
L’islam
assume dal cristianesimo la volontà universalista e proselitista, mettendola
insieme con elementi dei culti della penisola arabica, e con un ebraismo
semplificato da cui è stato espunto il tema dell’elezione del popolo d’Israele.
L’Islam
è molto intriso di politica e d’immanenza di codici di comportamento; come si
evince dai testi dei passi coranici, è affidato all’azione, al proselitismo
anche molto energico e violento».
Su quali basi si è sviluppato il
fondamentalismo islamico?
«Sono
portato a pensare che la deriva fondamentalista intrapresa negli ultimi
venti-trent’anni nei paesi arabi sia il risultato del fallimento politico e
sociale dei dirigenti laici, obiettivamente incapaci di instaurare regimi
veramente liberali e di diffondere il benessere.
Hanno
così dato spazio alla crescita del fondamentalismo, segno d’enorme debolezza,
da parte del mondo islamico, di fronte a ciò che l’Occidente rappresenta.
Non
credo che l’Occidente sia il bene, ha mille difetti, ma è portatore di una
serie di valori ereditati dalla religione cristiana: la libertà, il progresso,
la pace, il lavoro, che possono essere avvertiti, da sistemi chiusi e
illiberali, come minacce; anche per il fascino che esercitano sulle persone,
perché tutti gli esseri umani, in qualunque latitudine, vogliono vivere liberi
e dignitosamente».
Valori
questi che il cristianesimo diffonde e protegge...
«Sono
convinto che il cristianesimo, che è una presenza assolutamente inerme nel
mondo, abbia una capacità di contagio che mette in crisi tutte le forme
religiose precedenti. Così ha sempre fatto.
Tutto
questo, con un’altra serie di motivazioni storiche contingenti, ha provocato il
fenomeno fondamentalista nel sistema giuridico di tanti paesi arabi islamici, e
dei violenti che sono veramente una minaccia per chi ama la libertà e la pace.
Tutto
ciò, ovviamente, non va generalizzato. Il discorso che facciamo
complessivamente sul mondo islamico non comporta una demonizzazione degli
esseri umani. Credo che la Chiesa abbia ragione nel distinguere e considerare
le persone solo come tali, indipendentemente dall’appartenenza etnica e
religiosa».
Secondo lei, è
in atto un’occulta islamizzazione del mondo?
«L’idea
dell’islamizzazione del mondo non è un piano occulto: è una delle carte
d’identità esplicite del mondo islamico, e uno dei connotati di quella religione.
L’Arabia Saudita finanzia apertamente la costruzione di moschee e scuole
coraniche in tutto il mondo.
Di per sè, se fosse semplicemente una
prospettiva di proselitismo, sarebbe del tutto legittima; ma i metodi e il tipo
di valori indotti dal settore civile e sociale che veicola rendono l’Islam,
anche secondo alcuni studiosi laici come Giovanni Sartori, inconciliabile con
la nostra cultura e mentalità».
Come si può arginare
la violenza islamica?
«Il
problema è stato centrato in maniera molto evidente dal Papa nella riunione del
24 gennaio scorso ad Assisi, quando ha chiesto a tutte le religioni di
delegittimare teologicamente la violenza. Quell’incontro, che da qualcuno è
stato letto come un incontro ecumenico sincretista, in realtà, con lo stile della
Chiesa (che non è quello della sfida, ma dell’abbraccio fraterno, del dialogo),
pone un problema colossale che, se risolto, cambierebbe completamente volto
all’Islam. Ad Assisi è stato fatto un piccolo pronunciamento, ma il grande
problema che Islam deve risolvere è questo.
Importanti intellettuali e teologi pongono
seriamente tale necessità.
Un’autorità
religiosa islamica del Sud della Francia, quando in Algeria erano massacrate
centinaia di persone, sgozzate dai fondamentalisti quasi quotidianamente, pose
il problema dicendo che non si poteva continuare a condannare quei crimini
senza risolvere la questione teologica che c’è al fondo».
Accertato che è ancora tempo di martiri,
qual è il Nerone del momento?
«Secondo
me, nel Novecento abbiamo visto qualcuno che non aveva nulla da invidiare a
Nerone in quanto a ferocia.
Il
problema vero è che il meccanismo dell’ideologia che si è scatenato nel
Novecento è un moltiplicatore spaventoso del delitto.
Nel
XX secolo abbiamo visto in atto un apparato incredibile, con carnefici che si
autoconvincono di agire per il bene dell’umanità massacrando milioni di
persone. È una forma d’auto-innocentizzazione, un alibi che assolve. Una cosa
mostruosa, diabolica.
Da
questo punto di vista è un elemento più perverso del perverso Nerone».
Francesco Mannoni
http://www.unionesarda.it/unione/2002/18-06-02/CULTURA/CLT01/A01.html