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Pietro Leoni

 

Quando lo fecero diventare qualcosa di non essenziale, di storicamente sorpassato, inopportuno.

 

Non serviva a nessuno, infatti, un martire cristiano dell'anticomunismo.

 

Restò quindi incompresa la sua testimonianza a Cristo.

 

Oggi, a distanza di anni, purificato lo sguardo da ogni ombra di passione politica, possiamo cogliere più facilmente il cuore vero del suo slancio missionario, il vero motivo del suo coraggio, o spessore della sua forza d'animo e della sua instancabile testimonianza di fronte al pericolo, al tradimento, alla sofferenza fisica.

 

E' l'amore a Cristo e alla Chiesa!

 

     E' anche grazie al possente richiamo lanciato da Giovanni Paolo II che oggi vediamo nella giusta luce il valore sostanziale della "martyria" come modo di comunicare la presenza di Cristo che continua fra gli uomini; sono i martiri che danno lo slancio per una nuova e feconda evangelizzazione, in un momento cruciale per l'esistenza del cristianesimo:

 

     "Nel nostro secolo sono ritornati i martiri... per quanto è possibile non devono andare perdute le loro testimonianza... occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio"(Giov. Paolo II)

 

     Padre Pietro Leoni nei suoi 10 anni di lager soffrì fino al limite della sopportazione umana e più di una volta credette di essere arrivato al'atto supremo del martirio.

 

Il martirio lo aveva desiderato ardentemente per tutta la vita, arrivando a decidere di non tornare in patria, dopo la liberazione dal lager, nel timore di tradire la propria aspirazione.

 

     Tuttavia, P. Leoni è stato un confessore della fede!

 

Continuò il suo ministero presso gli esuli russi in Canada, con fedeltà e tenacia fino alla fine. 

 

 Nell'Italia del dopoguerra, il caso di padre Pietro Leoni, gesuita forlinese missionario in Russia, suscitò grande scalpore: il suo ritorno dall'URSS nel 1955, dopo 10 anni di lager, fu accompagnato da accoglienze trionfali.

 

Spirito indomito, era andato sul fronte russo nel 1941 come cappellano militare, era poi restato volontariamente in territorio sovietico per fare il parroco, secondo la sua vocazione di missionario di rito bizantino, ed era finito, com'era facile prevedere, ai lavori forzati in un lager.

 

     Di lui si scrisse parecchio sui giornali e sui settimanali dell'epoca come di un eroe della fede si, ma con forti accentuazioni politiche, e naturalmente non mancarono le polemiche da parte dei militanti PCI, che arrivarono ad accusarlo di essere un impostore assoldato dalla Democrazia Cristiana ( Lo avevo accusato di essere un impostore, poichè il vero padre Leoni sarebbe morto in russia nel 1948, e di aver ricevuto 2 milioni dal papa per recitare la commedia.

 

Anche per questo i suoi superiori gli chiesero di scrivere il racconto della sua esperienza).

 

     D'altro canto, quando tramontò la fase storica dell'anticomunismo militante e l'opinione pubblica cominciò a virare verso la parte opposta della "distensione", si finì per accantonare la sua testimonianza di fede come qualcosa di non essenziale, di storicamente sorpassato, inopportuno.

 

     Non serviva a nessuno, infatti, un martire cristiano dell'anticomunismo.

 

     Restò quindi incompresa la sua testimonianza a Cristo.

 

     Oggi, a distanza di anni, purificato lo sguardo da ogni ombra di passione politica, possiamo cogliere più facilmente il cuore vero del suo slancio missionario, il vero motivo del suo coraggio, o spessore della sua forza d'animo e della sua instancabile testimonianza di fronte al pericolo, al tradimento, alla sofferenza fisica.

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E' l'amore a Cristo e alla Chiesa!

 

     E' anche grazie al possente richiamo lanciato da Giovanni Paolo II che oggi vediamo nella giusta luce il valore sostanziale della "martyria" come modo di comunicare la presenza di Cristo che continua fra gli uomini; sono i martiri che danno lo slancio per una nuova e feconda evangelizzazione, in un momento cruciale per l'esistenza del cristianesimo:

 

     "Nel nostro secolo sono ritornati i martiri... per quanto è possibile non devono andare perdute le loro testimonianza... occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio"(Giov. Paolo II)

 

     Padre Pietro Leoni nei suoi 10 anni di lager soffrì fino al limite della sopportazione umana e più di una volta credette di essere arrivato al'atto supremo del martirio.

 

Il martirio lo aveva desiderato ardentemente per tutta la vita, arrivando a decidere di non tornare in patria, dopo la liberazione dal lager, nel timore di tradire la propria aspirazione.

    

     Tuttavia, P.  Leoni è stato un confessore della fede!

 

     Continuò il suo ministero presso gli esuli russi in Canada, con fedeltà e tenacia fino alla fine.