IL
PROBLEMA DEL MESE
In un libano ancora non del tutto pacificato
Islam e Cristianesimo
di
Amanda Castello
Fin
dagli inizi, oltre un secolo fa,
l'attività
dei gesuiti in Libano è
stata
caratterizzata dall'impegno per
promuovere
il dialogo interconfessionale,
specialmente
tra cristiani e musulmani,
i
due gruppi religiosi più importanti del paese.
E'su
quest'ultimo aspetto che si sofferma
la
nostra intervista, che pubblichiamo in
occasione
della visita del Papa in quel paese.
Seguiranno
altri articoli nei prossimi mesi
sul
lavoro della Compagnia di Gesù nel
"paese
dei cedri".
Padre
Samir Khalil Samir, 59 anni, gesuita libanese, è l'immagine del narratore
arabo. Come nelle Mille e una Notte lo si potrebbe ascoltare all'infinito. I
capelli al vento e il pizzo bianco gli disegnano un viso da hidalgo spagnolo. I
suoi occhi vivaci tradiscono un temperamento forte che si rivela nella passione
delle sue parole. E' senza dubbio un tipo battagliero. E'il fondatore e
direttore del CEDRAC, il Centro di Documentazione e di Ricerca Arabo-Cristiana,
un istituto autonomo che dal novembre 1996 è entrato a far parte
dell'Università Saint Joseph, diretta dai gesuiti a Beyrouth. E' anche il
direttore delle collezioni "Patrimonio Arabo Cristiano" e della
"Biblioteca Araba Cristiana" di Milano, oltre a numerosi altri
incarichi in Libano, a Roma e nel mondo. Ma prima di parlare con P. Samir del
ruolo del CEDRAC nel dialogo islamo-cristiano, facciamo con lui un breve
panorama delle altre istituzioni, ispirate e dirette dai gesuiti, collegate
all'Università, che hanno un rapporto con l'islam. Esse sono principalmente
quattro: l'ILO (Istituto di Lettere Orientali), l'Istituto Islamico-Cristiano,
il CENAM (Centro di Studi del Mondo Arabo Moderno), e il CEDRAC.
Tra
tutte queste, la più importante è l'ILO. Molti studenti del mondo arabo vi
preparano il loro dottorato in lettere orientali, e soprattutto in lettere
arabe. Vi si studia islamismo, la storia islamica, la filosofia e tutte le
scienze arabe e islamiche, filologia compresa.
Il
direttore, o decano dell'ILO, è un professore musulmano.
C'è poi l'Istituto Islamico-Cristiano, il cui direttore è un
gesuita.
Ha
progetti comuni con il Maquraset, cioè l'Istituto Superiore di Studi Islamici,
destinato ai musulmani sunniti.
L'idea
da cui si è partiti è interessante e il metodo originale.
"Su
uno stesso tema concordato - spiega P. Samir - cristiani e musulmani si
ritrovano, ognuno esponendo il proprio punto di vista.
Ogni
anno, un corso è organizzato da due docenti, uno musulmano e uno cristiano. Gli
allievi sono per metà musulmani e per metà cristiani.
I
due professori stanno contemporaneamente insieme agli allievi.
Ad
esempio, un giorno, per un'ora, il docente musulmano spiega al suo pubblico di
allievi musulmani e cristiani, la fede musulmana.
Il
professore cristiano è presente alla lezione.
L'ora
successiva tocca al professore cristiano spiegare la propria davanti agli
stessi allievi e in presenza del collega musulmano.
L'idea,
come può immaginare, è seducente, ma la realizzazione è tecnicamente difficile.
Io
sono il docente cristiano e parlo quindi per esperienza diretta.
In effetti, quando si sceglie un soggetto
comune, ci si sente molto limitati perché siamo obbligati a parlare di temi che
ci accomunano; io, infatti, non posso presentare tutta la fede cristiana se mi
devo limitare agli argomenti che abbiamo in comune.
In
pratica, perciò siamo stati obbligati a fare due corsi paralleli,
contrariamente all'idea iniziale".
Un'altra
attività interessante dell'Istituto Islamico-Cristiano sono i seminari di
ricerca. Si sceglie un tema comune che viene affrontato da due punti di vista.
Lo
scorso anno, ad esempio, sono stati sviluppati tre soggetti, in tre seminari
diversi.
Il
primo sulle condizioni del vivere insieme, la coabitazione tra cristiani e
musulmani; il secondo sulla bioetica; il terzo sulla filosofia etica cristiana
e musulmana del X e XI secolo.
La
questione della bioetica è stata svolta sotto forma di conferenze perché l'argomento
è ancora prematuro per l'Islam.
"L'Università
- continua con evidente soddisfazione P. Samir - ha giudicato particolarmente
interessante questo programma e ne ha approvato un finanziamento per altri due
anni.
Alla
fine di questo periodo contiamo di pubblicare due o tre volumi. Su questo tema
stiamo studiando due opere che portano lo stesso titolo ma sono di autori
diversi.
Un
cristiano ha scritto, nel X secolo, un libro in arabo dal titolo
"L'affinamento dei costumi"; nell'XI secolo, il più famoso teologo
musulmano ha scritto in arabo un'opera dall'identico titolo.
Il
programma prevede uno studio comparato.
Per
il momento riflettiamo sull'autore musulmano.
Passeremo
poi all'autore cristiano, ed infine faremo la sintesi.
E'
un lavoro molto lungo perché analizziamo l'opera parola per parola, frase per
frase.
La
leggiamo insieme, commentiamo, discutiamo, prepariamo l'edizione. Ma è
estremamente interessante perché grazie a questo studio molto dettagliato, ci
si svelano due mondi con le loro reciproche differenze".
Il mondo arabo moderno
Passiamo
ora al CENAM. Questo "Centro di Studi del Mondo Arabo Moderno" è
stato creato da un gesuita americano.
I
gesuiti americani erano a Baghdad.
La
loro università fu nazionalizzata all'inizio degli anni Sessanta.
Alcuni
allora rientrarono negli Stati Uniti, altri andarono in Egitto, altri ancora
scelsero il Libano.
Tra
questi ultimi, il fondatore del CENAM, che è diventato un vero centro di
documentazione e di studio del mondo arabo contemporaneo.
Una
squadra di laici, insieme a due gesuiti, spulcia ed analizza ogni giorno tutti
i quotidiani e i settimanali del mondo arabo.
Il
grosso del lavoro è naturalmente sul Libano.
Ma
qui si trovano anche le riviste egiziane e siriane. Fatta l'analisi e la
sintesi di tutto questo materiale, il CENAM pubblica poi dei libri.
Anima
anche un gruppo di riflessione che si raduna ogni quindici giorni; ogni mese
invece si tengono gli Incontri del CENAM, un'iniziativa riservata ai gesuiti,
che esiste ormai da circa quindici anni.
E'
un lavoro discreto, ma profondo ed estremamente interessante".
Arriviamo
così alla quarta istituzione che si muove nell'ambito delle relazioni tra
cristiani e musulmani, il CEDRAC ("Centro di Documentazione e di Ricerca
Arabo-Cristiana").
Ne
è fondatore e direttore lo stesso Padre Samir.
"Il
pensiero arabo-cristiano - ci dice subito - è impensabile ed incomprensibile
senza l'islam.
Non
esisterebbe se non ci fosse l'islam, ed è per questa ragione che non si può
concepire il CEDRAC senza una relazione islamo-cristiana".
Ma cos'è il pensiero arabo-cristiano?
"Sono
partito dalla constatazione che per la gente « arabo » equivale a « islamico ».
In realtà, c'erano dei cristiani arabi, lo dicono gli storici, ben prima
dell'arrivo dell'islam.
Al
Concilio di Nicea, nel 325, per esempio, c'era un vescovo arabo.
Questi
arabi-cristiani, tuttavia, si manifesteranno e assumeranno importanza solo dopo
l'avvento dell'islam, perché poco a poco quasi tutte le Chiese del Medio
Oriente si sono arabizzate adottando la lingua e la cultura arabe.
Erano
le Chiese dell'Iraq, dell'Egitto, della Siria; quando parlo della Siria intendo
quella dell'epoca, che includeva anche la Palestina e il Libano.
Si
parlavano molte lingue: accanto all'arabo, che era minoritario, c'erano il
greco, il siriaco e il copto.
Queste
ultime erano le tre lingue della regione. Nel VII secolo, tra il 636 e il 640,
tutta questa regione è passata dal dominio bizantino a quello musulmano.
La popolazione era cristiana ma l'amministrazione e la
politica erano musulmane.
I
cristiani hanno continuato ad amministrare il paese ma sotto il controllo del
califfo musulmano. Dopo circa un secolo di dominazione venne imposto l'arabo,
la lingua dell'occupante.
Inoltre,
progressivamente, un numero sempre più grande di abitanti si era convertito
all'islam".
Si può dire che i cristiani hanno perso così l'uso della loro
lingua originale a vantaggio della lingua araba?
"Non
esattamente. L'arabo diventerà, nell'VIII secolo, la lingua abituale dei
cristiani.
In
molti casi essi sono bilingui, o siriaci-arabi o copti-arabi. Era abbastanza
raro, in quell'epoca, che qualcuno conoscesse solo il siriaco o il copto senza
conoscere l'arabo. Le donne, forse, perché per il loro tipo di vita che le
portava ad avere meno contatti con l'esterno, non avevano la necessità di usare
la lingua araba.
In
generale, però, sia nell'amministrazione pubblica come nella cultura, l'arabo
divenne la lingua ufficiale.
Da
allora i cristiani cominciarono a scrivere e a pensare in arabo. Possediamo
tutta una letteratura profana e religiosa scritta da cristiani in lingua araba.
Per chiarire, dobbiamo distinguere due piani: quello culturale e quello
religioso.
Sul
piano religioso, che è il più semplice, i cristiani si mettono a scrivere di
teologia, liturgia, spiritualità, diritto, morale, esegesi, ecc., sempre di più
in lingua araba.
Nei secoli IX e X traducono i Padri della
Chiesa dal greco o dal siriaco in arabo, oppure dal copto in arabo.
Ma
a poco a poco si compone anche direttamente in arabo. Questa letteratura è
particolarmente interessante nel suo rapporto con l'islam, perché tenta di
presentare la fede cristiana ai musulmani, scrivendola in arabo.
Ciò
presuppone uno sforzo colossale di riflessione teologica e nello stesso tempo
una conoscenza dell'islam, del Corano e delle altre fonti islamiche per poter
parlare lo stesso linguaggio.
Quella
che oggi si definisce inculturazione, è stata realizzata qui su larga scala già
dall'VIII secolo.
Tutta
la letteratura teologica araba-cristiana è fatta e pensata in funzione
dell'islam. Per quanto mi riguarda, anche oggi, quando faccio una predica, gran
parte di essa è influenzata dall'islam, cioè utile per rispondere alle domande
o alle obiezioni dei musulmani.
Non
si può spiegare l'Incarnazione, la Risurrezione, la festa di Natale o qualsiasi
altro mistero senza tener presente l'islam.
E
l'ispirazione la trovo spesso nei testi antichi dell'VIII, IX e X secolo: i
nostri predecessori erano molto più vicini al pensiero patristico e nello
stesso tempo al pensiero musulmano.
E
sono convinto che è precisamente questo il grande contributo dei cristiani
dell'epoca, purtroppo assolutamente sconosciuto al pensiero cristiano mondiale.
Sono
stati loro i primi ad avere ripensato la fede in funzione dell'islam e, in un
certo senso, sono stati forse i primi cristiani in assoluto ad avere ripensato
la fede cristiana in funzione di un'altra religione.
Uno
sforzo in questo senso c'era stato tra i Padri della Chiesa dal II al IV secolo
per presentare la fede cristiana ai pagani greci, ma esso termina una volta che
tutti sono diventati cristiani".
Passiamo
ora al piano culturale. "Anche in questo campo il contributo dei cristiani
arabi è estremamente importante. Non dimentichiamo che i cristiani erano imbevuti
della cultura ellenica.
In
tutti i monasteri si insegnava Aristotele, Platone, Plotino, e tutto quanto si
intende per filosofia nell'accezione più ampia del termine.
Si
insegnava anche la medicina, con i due grandi autori Ippocrate e Galeno. Quasi tutto
è stato tradotto dal greco in siriaco.
I
monasteri erano centri teologici, scuole di catechesi, ma anche di medicina.
Spesso, collegato al monastero, c'era anche un piccolo ospedale".
Un panorama di Beyrouth: la ex Piazza dei
Martiri vista dalla residenza dei gesuiti
La reazione
Ma quale fu la reazione degli arabi musulmani venuti in contatto con
il pensiero cristiano?
"Quando
gli arabi hanno conquistato la regione, hanno scoperto questa superiorità
culturale dei cristiani e i califfi musulmani hanno avuto la saggezza di
chiedere ai cristiani di trasmettere loro la propria scienza.
Quindi
a partire dall'VIII secolo, i cristiani hanno cominciato a tradurre dal greco o
dal siriaco in arabo Aristotele, Platone, Ippocrate, Galeno, i matematici, gli
astronomi, tutta la scienza greca.
Parallelamente hanno scritto anche i propri
libri di medicina, di astronomia, di matematica. Tra l'VIII e l'XI secolo
questo lavoro era completato. Ed è solo a partire dal X secolo che i musulmani
cominciano ad entrare in questo mondo. Tutti i loro professori sono cristiani.
L'esempio più tipico è quello della filosofia.
Il
famoso Al Farabi, che in arabo significa "il secondo maestro" (il
primo rimane indiscusso Aristotele), ha avuto successivamente tre professori di
filosofia, tutti e tre cristiani. A partire dall'XI secolo gli arabi prendono
il sopravvento, ma tutta quella civiltà araba che ha tanto abbagliato
l'Occidente, è fondata sui cristiani arabi. Questo in Europa non si sa".
Ma tutto ciò è servito a sviluppare una migliore intesa e conoscenza
reciproca fra le due religioni?
"Quello
che è comune ai due gruppi è l'ignoranza reciproca totale. L'ignoranza dei
cristiani di oggi, prima di tutto. Essi non conoscono la tradizione musulmana e
nemmeno la propria.
Non
è un'accusa che faccio, ma una constatazione. Lo scopo del CEDRAC è far
conoscere questo pensiero arabo dei cristiani a un duplice livello.
Da
un lato, rinnovare il pensiero cristiano arabo; dall'altro, approfondire il
dialogo con l'islam. Sul piano culturale si vuole mettere in evidenza la base
comune della civiltà araba.
Le
spiego questi due concetti e ciò che vi sta dietro. Sul piano teologico, ciò
che si insegna oggi nelle facoltà di teologia del Medio Oriente, nei seminari e
in altre istituzioni, è un sotto-prodotto della teologia occidentale moderna.
La
ragione è semplice: se ho studiato a Roma, prendo gli insegnamenti che ho
ricevuto alla Pontificia Università Gregoriana, li semplifico e li ripropongo
in arabo.
Sono
un sotto-prodotto perché così non produco niente di nuovo. Non solo, ma quello
che ho studiato data già da venti, trenta o quarant'anni!
Lo
stesso: se sono ortodosso e ho studiato ad Atene o a Tessalonica, darò un sotto
prodotto dei teologi ortodossi che ho studiato.
Ne
risulta quindi una totale perdita d'identità dell'Oriente cristiano. Pubblico
quindi dei testi teologici arabi-cristiani medievali antichi. Faccio così in
tutti i campi.
Ho
appena pubblicato due libri, poca roba. Una raccolta di diritto canonico arabo
del XII secolo e un testo dell'inizio dell'XI secolo.
Ma allora, Padre Samir, dobbiamo concludere, se capisco bene, che tutto
già esiste negli antichi testi manoscritti dei cristiani arabi e che basterebbe
andarli a cercare ed elaborarli?
"Certamente,
elaborarli, ripensarli in funzione della nostra epoca. Non posso oggi pensare
la mia fede cristiana, con tutto ciò che essa comporta: liturgia, storia, ecc.,
senza un ritorno indispensabile alle fonti, ma con lo sforzo di rielaborare il
tutto.
Ma
il ritorno alle origini non è possibile se non si pubblicano le fonti. Ecco
allora il senso del mio progetto e della mia collana di tredici volumi azzurri
che ho chiamato Patrimonio arabo-cristiano, in lingua araba con un'introduzione
in francese.
Ogni
volume si presenta sempre con un titolo in francese ma è essenzialmente in
arabo.
Tratta
di tutte le Chiese perché una delle dimensioni fondamentali della cultura-araba
cristiana è di essere ecumenica.
Tutte
le Chiese qui, senza eccezione, in un'epoca o l'altra della loro storia, si
sono espresse in arabo.
Questo
rinnovamento ha lo scopo di ritrovare un'identità propria e allo stesso tempo
di proporre un'azione per l'oggi.
Insisto
sempre su questi due concetti. Non si tratta di fare un lavoro da museo ma
nemmeno di agire come se non possedessimo una storia!
Al
contrario, la nostra storia è vecchia di venti secoli! Finché non si lavora con
questa metodologia seria, non si può pretendere di ottenere delle giuste
riforme all'interno della Chiesa, nel campo teologico, liturgico, spirituale,
etico.... a tutti i livelli, insomma".
http://www.peacelink.it/users/popoli/maggio/m2.htm