ISLAM E MODERNITA' Dal n. 4/1995
di AFRICA di Roberto Bellani
L'Egitto passa per essere uno degli stati
arabi a maggioranza musulmana più moderni ed aperti.
Eppure
oggi è confrontato a movimenti di ispirazione integralista, che hanno largo
seguito anche fra le classi dei professionisti, e sono responsabili di frequenti
atti di violenza contro lo stato, la polizia, i musulmani più aperti
(intellettuali, scrittori, personalità politiche) e contro la minoranza
cristiana egiziana, specialmente la comunità di rito copto.
Il radicamento e l'influsso profondo della
religione musulmana in tutti gli strati della società egiziana spiegano in gran
parte questo aspetto per noi sorprendente della realtà egiziana odierna.
Si
dice spesso che l'islam non è solo una religione, ma comporta anche un progetto
socio-politico, per cui tende a dar vita a un tipo ben preciso di famiglia, di
società, di stato, di comunità umana.
L'Egitto,
nella sua storia e nella situazione che sta vivendo oggi, ne è una prova.
Nella
maggioranza musulmana, varia e complessa nella sua vita religiosa, domina la
tendenza, che è comune nell'islam, di attingere alla visione religiosa
ispirazione, direttive e perfino regole pratiche per la vita sociale.
E
poiché l'Egitto, come altri paesi musulmani, sente la necessità di adattare il
paese alle esigenze del mondo moderno, è in modo particolare nei confronti
della modernità, dei principi della libertà e della democrazia, della laicità
dello stato, del pluralismo religioso e dei diritti umani, che l'influenza
dell'islam si manifesta più apertamente.
La
presenza di una forte minoranza cristiana egiziana, particolarmente della
comunità di rito copto che ha sempre avuto un notevole impatto sulla vita
nazionale, rende ancor più acuto il problema.
Un po' di storia
Alla
fine del suo primo secolo di storia l'Islam, coi suoi eserciti, si trovava già
in buona parte dell'Africa del Nord e in molti territori asiatici a est e a
nord della penisola araba. Una delle prime terre a cadere sotto il suo
controllo fu l'Egitto, invaso da armate arabe nel 640, solo 8 anni dopo la morte
di Muhammad, il Profeta.
L'anno
seguente 'Amr Ibn al-'As conquistò Il Cairo (conosciuta allora come Babilonia)
e chiamò la città al-Fustât.
Nel
647, dopo la resa di Alessandria, tutta la nazione era sotto controllo e
comando musulmano.
'Amr,
il primo capo musulmano dell'Egitto, seguì il consiglio del profeta Muhammad
che invitava i musulmani ad essere gentili con gli Egiziani a causa della loro
"parentela" con gli Arabi.
Infatti
secondo la tradizione musulmana, Hagar, madre di Ismaele, era di origine
Egizia.
'Amr
permise ai cristiani copti di scegliere tra la conversione all'Islam o restare
nella loro fede come "protetti" (dhimmî). Muhammad, infatti,
riconobbe uno statuto speciale alla "gente del libro" (Ebrei e
Cristiani) le cui scritture - malgrado la loro incompletezza e stortura agli
occhi del Profeta - diedero contributi notevoli all'Islam.
Ebrei
e Cristiani nei territori musulmani potevano vivere seguendo le loro leggi e
pratiche religiose all'interno delle loro comunità, a condizione che accettassero
la posizione di "protetti" (dhimmî: gente conquistata, tollerata e
protetta).
I
"protetti" dovevano riconoscere l'autorità musulmana, pagare extra
tasse (di protezione e di proprietà terriera), evitare di fare proseliti tra i musulmani,
e rinunciare ad alcuni diritti politici.
Ma
entro il 9 secolo, 250 anni circa dalla nascita dell'Islam, molti Egiziani si
erano già convertiti all'islam.
Nel
969 una dinastia Sciita, quella dei Fatimidi, (attualmente conosciuti come
Ismaeliti con capo l'Aga Khan) conquistò e governò l'Egitto per circa 200 anni.
Malgrado
il loro impegno nella costruzione di moschee, santuari, scuole teologiche, e di
proselitismo, non riuscirono a dare una solida base e diffusione alla loro fede
in territorio egiziano.
Numerosi
conflitti fra le varie sette di Fatimidi Ismaeliti dopo il 1050, portarono al
ritorno della fede ortodossa musulmana sunnita nel 1171 ad opera del sultano
Saladino (Salâh al-Dîn Ibn Ayyûb).
Il
grande centro teologico di al-Azhar, fondato dai Fatimidi come centro del
sapere teologico sciita divenne presto il bastione dell'ortodossia sunnita.
Attualmente
in Egitto non ci sono praticamente più Ismaeliti, mentre cospicui gruppi si
trovano in India, Pakistan e piccole comunità in Afghanistan, Siria, Iran e
Africa Orientale.
L'Islam
contemporaneo in Egitto
Prima
dell'invasione napoleonica i funzionari religiosi musulmani gestivano quasi
tutto in Egitto: l'educazione, la giustizia, la salute pubblica, l'assistenza
sociale.
Il
governo ottomano aveva rafforzato i ruoli pubblici e politici degli
"ulamâ" ("dotti" teologi musulmani) perché l'islam era la
religione di stato e perché le divisioni politiche nel paese erano basate su
divisioni religiose.
Durante
il 19 e 20 secolo, vari governi fecero grandi sforzi per limitare il ruolo
degli ulamâ nella vita pubblica e per tenere sotto stretto controllo statale le
istituzioni religiose.
La
trasformazione secolare della vita pubblica egiziana dipese dallo sviluppo di
una burocrazia governativa che assorbì piano piano molte cariche
precedentemente tenute dagli ulamâ.
Dopo
la rivoluzione del 1952 il governo si avocò il diritto e la responsabilità di
nominare i capi di moschee e di scuole religiose. Nel 1961 impose
all'università di al-Azhar una riforma radicale ed estesa: vennero scelti capi
facoltà al di fuori dei ranghi degli ulamâ, tradizionalmente sunniti e si
istituì una serie di facoltà moderne, tra cui quelle di medicina, ingegneria,
commercio. I mass media regolarmente attaccavano gli ulamâ come membri obsoleti
e antiquati di una casta "sacerdotale".
Una
realtà complessa
Dal 1990 in poi, l'islam in Egitto si
presenta come una religione composita e complessa. I musulmani pur accettando
le regole fondamentali dell'islam, le applicano alle loro vita quotidiana in
modo differente, a seconda delle classi e dei ceti sociali a cui appartengono.
I teologi, letterati e dotti, di al-Azhar,
come sempre, rifiutano la versione e visione dell'islam popolare, proposta e
fatta praticare da predicatori incolti e da semplici contadini, che sono sì
religiosi ma senza alcuna cultura ed educazione islamica ortodossa. La maggior
parte dei musulmani delle classi medie e alto-borghesi credono che
l'espressione religiosa sia un affare privato di ogni individuo, mentre alcuni
pensano che l'islam debba giocare un ruolo più decisivo e dominante nella vita
pubblica. Movimenti religiosi di rinnovamento dell'islam, presenti sia nelle
città che nelle campagne, attirano l'adesione di elementi delle varie classi
sociali.
Oggigiorno i musulmani devoti credono che
l'islam debba fondare la "relazione" di ciascun credente con Dio, con
gli altri musulmani e con i non-musulmani. Essi credono che non ci possa essere
dicotomia tra il sacro ed il profano. Sono inoltre convinti che i governi
dell'Egitto siano stati decisamente laici e secolarizzati, persino
antireligiosi, fin dagli anni '20. I musulmani che, politicamente inquadrati,
cercano di purgare la nazione dalle sue politiche secolaristiche, sono chiamati
"islamisti".
Gli ulamâ ortodossi si sono trovati in una
posizione difficile durante l'ondata di attivismo politico che scosse l'Egitto
negli anni '70 e '80. Islamisti radicali accusarono gli ulamâ di essere
marionette nelle mani dello status quo... ed essi, per mantenere la loro
influenza nel paese, scelsero posizioni ancora più conservatrici.
Dopo
il 1974, ad esempio, molti ulamâ di al-Azhar che avevano accettato negli anni
'60 la regolazione delle nascite, criticarono apertamente gli sforzi che il
governo stava profondendo per tenere sotto controllo l'esplosione demografica.
Sostennero inoltre mozioni di riforma del codice civile e penale del paese,
affinché ricalcasse maggiormente il codice religioso proposto dall'islam.
Rimasero comunque relativamente moderati: largamente leali al governo,
condannando la violenza dei gruppi islamisti radicali.
Attualmente
le classi basse, poco educate, sia della città che della campagna, rimangono
completamente devote all'islam, ma mancano di una conoscenza approfondita della
religione. Anche i capi religiosi dei villaggi hanno una rudimentale conoscenza
dell'islam. Il tipico imam di villaggio oppure il capo della preghiera, ha
ricevuto soltanto pochi anni di scolarizzazione e la sua educazione lo limita a
leggere preghiere e sermoni preparati in precedenza da altri, oppure a studiare
a memoria alcuni brani del Corano. E' quello che si chiama "islam
popolare", che include una varietà di riti e credenze non ortodosse come
la venerazione dei santi, l'uso di amuleti e fatture, la credenza nell'influsso
di spiriti del male.
I movimenti politici islamici
La
storia dell'attivismo politico islamico egiziano è lunga e composita. Parecchi
gruppi politici islamici hanno iniziato subito dopo la fine della prima guerra
mondiale.
I Fratelli Musulmani
Il
più noto movimento politico islamico è quello dei "Fratelli
Musulmani" (al-Ihwân al-Muslimûn, conosciuto anche come "I
Fratelli") fondato da Hasan al-Bannâ nel 1929. Dopo la seconda guerra
mondiale i Fratelli Musulmani acquisirono la reputazione di gruppo radicale,
pronto a usare la violenza per raggiungere i suoi scopi e obiettivi religiosi.
Il gruppo fu implicato in parecchi assassinii, compreso l'assassinio del Primo
ministro. I Fratelli Musulmani ebbero contatti con gli "Ufficiali
Liberi" prima della rivoluzione del '52 e sostennero gran parte delle loro
idee iniziali. Molto presto, comunque, si delinearono divergenze ed essi
entrarono in conflitto con Nasser. Il governo li accusò di complicità in un
presunto complotto del '54, teso ad assassinare il Presidente che, per questo,
imprigionò molti capi del movimento.
Negli
anni '70 Anwâr al-Sadât amnistiò i capi ancora in prigione e permise loro di
riprendere le loro attività. Ma a quel momento i Fratelli Musulmani erano divisi
in almeno tre fazioni. La fazione più militante si applicava tenacemente a una
dura opposizione politica al governo. Una seconda fazione si proponeva il
ritiro pacifico dalla società, per dedicarsi alla creazione di una società
ideale, parallela ma separata da quella esistente, basata su leggi e valori
islamici. Infine il gruppo moderato e dominante proponeva una cooperazione con
il regime.
Attivismo politico
La
riemergenza religiosa dei Fratelli Musulmani come forza politica negli anni '70
coincise con la proliferazione di altri gruppi islamici. Alcuni si davano come
scopo il rovesciamento politico del governo, mentre altri proponevano di vivere
una vita devota e una rigorosa osservanza delle pratiche religiose. E'
impossibile fare un elenco di tutti i gruppi islamici che nacquero verso la
fine degli anni '70 perché molti di essi avevano varie e svariate strutture ed
alcuni dei gruppi più militanti erano clandestini.
La
sconfitta dell'Egitto e la perdita di territorio nazionale nella guerra del
giugno '67 fu la causa principale dello svilupparsi di un attivismo politico ad
ispirazione religiosa. I musulmani considerarono l'umiliante esperienza come il
culmine di 150 anni di intrusione straniera e come un affronto alla loro
visione di una vera comunità islamica. La tradizione islamica rifiuta che non
musulmani esercitino l'autorità su una società musulmana. Tale stato di cose
screditò i capi musulmani che le avevano permesse. Incombeva, quindi, sui
credenti il dovere di porre fine alla dominazione non musulmana e restaurare la
vera supremazia dell'islam. Come componente del loro credo sunnita, gran parte
degli attivisti radicali musulmani adottarono il "jihâd" (sforzo di
espansione, o più comunemente "guerra santa", e 6 pilastro della fede
musulmana come praticata dagli Sciiti) e si votarono a combattere miscredenti
ed empi musulmani.
Durante
gli anni '70 e '80, attivisti islamici perpetrarono numerosi atti di violenza,
ivi compreso l'assassinio di Sadat nell'ottobre 1981.
Associazioni studentesche
Cambiamenti
sociali dirompenti e la relativa tolleranza di Sadat verso i partiti politici -
anche quelli di ispirazione religiosa - contribuirono ad una rapida crescita di
gruppi islamici negli anni '70.
All'interno
delle università, ad esempio, Sadat inizialmente accettò la nascita di
Associazioni Islamiche (Jama'ât Islâmiyya) per controbilanciare l'influenza dei
movimenti di sinistra tra gli studenti. Le Associazioni Islamiche si
propagarono molto rapidamente nelle università ed ebbero fino ad un terzo di
sostenitori nelle elezioni generali della Lega degli Studenti. Queste vittorie
crearono una piattaforma da cui le Associazioni Islamiche Studentesche fecero
campagna a favore dell'abbigliamento musulmano, del velo alle donne, della
separazione delle classi a seconda del sesso. Gli amministratori laici delle
università si opposero a questi obiettivi. Nel '79 Sadat cercò di diminuire
l'influenza di queste Associazioni con una legge che trasferiva gran parte
dell'autorità delle Associazioni ai professori ed amministratori delle
università.
Durante
gli anni '80 comunque, gli Islamisti piano piano penetrarono in quasi tutte le
facoltà. L'università di Asyut fu lo scenario di alcuni dei più violenti
scontri tra Islamisti e i loro oppositori, comprese le forze di polizia, i
laici musulmani e i cristiani di rito copto. Il preside ed altri funzionari di
amministrazione, che erano Islamisti, sostennero le richieste delle
Associazioni Islamiste, posero fine alle classi miste e ridussero l'iscrizione
e la partecipazione femminile agli studi nelle università.
Ideali e obiettivi
A
partire dal '89 gli Islamisti precisarono il loro obiettivo di fare dell'Egitto
una comunità di credenti basata sulla loro visione di un ordine sociale
islamico. Essi rifiutano analisi sociali convenzionali e secolariste dei
problemi socio-economici dell'Egitto. Sostengono, ad esempio, che le cause
della povertà non sono da individuare nella sovrappopolazione o nell'acquisto
di armi, ma bensì nelle pecche spirituali della popolazione, nel lassismo
religioso, nel secolarismo, nella corruzione.
La
soluzione consiste nel ritorno alla semplicità, al lavoro duro e
nell'autosufficienza della vita musulmana dei primi tempi. Essi rifiutano il
marxismo e il capitalismo occidentali. I loro maggiori nemici sono il comunismo
ateo, il sionismo ebraico e il cristianesimo occidentale "crociato",
tacciati inoltre di essere responsabili della decadenza che portò al predominio
"straniero" non musulmano sulla patria egiziana e della sconfitta
perpetrata dai Sionisti. Non tollerano insomma alcuno che non condivida la loro
visione del mondo.
Sono
ostili nei confronti degli ulama ortodossi, specialmente i "dotti" di
Azhar, i quali di frequente criticano le interpretazioni religiose estremiste
degli Islamisti. Gli Islamisti pensano che l'ordine stabilito politico e
sociale abbia plagiato gli ulama, divenuti ai loro occhi dei grossi ostacoli
per la instaurazione del nuovo ordine islamico. In più, gli Islamisti
condannano gli ortodossi come "pappagalli da pulpito", dediti a una
pratica formale dell'islam, ma non al suo spirito.
Allargamento della base
Le
origini e l'estrazione sociale degli Islamisti cambia dopo la rivoluzione del
1952. Negli anni '40 e '50 i Fratelli Musulmani fecero leva principalmente
sugli statali, lavoratori e impiegati delle aree urbane. Dopo i primi anni '70
il revival islamico attrasse seguaci da un largo spettro di classi sociali.
Tanti attivisti sono studenti e giovani laureati provenienti dalle università,
immigrati dalla campagna alla città, giovani delle classi medie cittadine,
figli di professionisti o di impiegati statali del ceto medio alto.
I
loro campi di studio medicina, ingegneria, scienze militari, farmacia, sono tra
le più competitive e prestigiose discipline del sistema universitario. La base
dei gruppi islamici proviene dalle classi medie, dalle classi basse e dai ceti
di lavoratori delle aree urbane.
La Sharî'a
I
vari gruppi islamici hanno adottato mezzi diversi per attuare i loro scopi
politici. Tutti gli islamisti comunque sono interessati al ruolo dell'islam
nella complessa e mutevole società egiziana di fine ventesimo secolo.
Uno
scopo comune a tutti i loro sforzi politici è stato di incorporare la Sharî'a
(legge islamica) nel codice legale della nazione. Dietro le loro continue
pressioni e forte influenza il Ministero della Giustizia nel '77 pubblicò un
disegno di legge che dichiara l'apostasia di un musulmano punibile con la pena
capitale, e propone punizioni tradizionali islamiche per certi crimini, come la
lapidazione per l'adulterio femminile e l'amputazione della mano per il furto.
Nell'80 l'Egitto sostenne un referendum che proponeva un emendamento
costituzionale importantissimo: render la Sharî'a l'unica fonte della legge
della nazione.
L'influenza
degli Islamisti scemò temporaneamente dopo l'assassinio di Sadat nell'81, ma
l'elezione di 9 membri dei Fratelli Musulmani nell'Assemblea del Popolo
nell'84, ravvivò le speranze degli Islamisti.
Nell'85
l'Assemblea del Popolo votò l'iniziativa dell'introduzione graduale della
Sharî'a e la sua applicazione, iniziando con un periodo di durata indefinita
per preparare la popolazione ai cambiamenti della legge; il passo successivo
sarebbe quello di cambiare tutte le leggi esistenti ed escludere qualsiasi provvedimento
che venisse a conflitto con la Sharî'a. Iniziative di riforma del codice di
legge ricevettero sostegno da molti musulmani che volevano purificare la
società rifiutando i codici di legge occidentali imposti in Egitto nel 19 e nel
20 secolo.
Situazione attuale
Oggi
i movimenti islamisti, che non si riducono ai soli Fratelli Musulmani, sono
molto vivaci, anche se in questi ultimi tempi sembra alquanto smorzato l'impeto
della campagna lanciata nel 1992. Hanno accumulato un certo successo popolare
grazie alle iniziative con le quali vanno incontro ai bisogni della gente:
cliniche, ambulatori, servizi sociali. Un innegabile successo hanno registrato
anche nelle università, dove sono riusciti ad imporre una certa revisione dei
programmi in senso islamista. Le classi medie e anche la grande massa non
credono più alla politica e alla pianificazione di tipo socialista ereditata
dai tempi di Nasser ed è disgustata dalla corruzione e dalla inetta burocrazia
amministrativa, per cui gli ideali islamisti sono visti con speranza anche da
coloro che non approvano le campagne di violenza.
I
movimenti islamisti non sono riconosciuti e approvati dal governo come partiti,
e non possono partecipare alle elezioni in quanto tali; se potessero
presentarsi agli elettori avrebbero un vasto consenso popolare, qualcuno pensa
fino al 40 - 60% dei voti.
Alla
campagna islamista scatenata nel 1992 il governo ha risposto con dure misure
repressive, utilizzando le leggi di emergenza introdotte già nel 1981, dopo
l'assassinio di Sadat. La polizia ha il potere di arrestare e interrogare per
un tempo indefinito e senza accusa formale; gli accusati di crimini di
terrorismo sono giudicati da tribunali militari istituiti nel 1992 e non hanno
diritto di appello dopo la condanna. Finora si sono avute 62 condanne a morte,
di cui 43 eseguite. Il governo parla di 3.000 prigionieri politici, ma i
movimenti islamisti e anche gli osservatori dei gruppi di diritti umani parlano
di 20-25.000.
Nella
dura repressione non sono risparmiati i Fratelli Musulmani, nonostante che dal
1970 sia prevalso in seno al movimento la tendenza moderata, che faceva mutare
anche l'atteggiamento di Sadat nei loro confronti. Ma per Mubarak essi sono
terroristi, legati alla "Gamaa el Islamiya" e al gruppo
"Jihad", che da tre anni conducono una guerriglia contro le forze
dell'ordine, i turisti stranieri, gli intellettuali liberaleggianti, i
cristiani egiziani... Ma per molti osservatori, i Fratelli Musulmani sono ormai
una forza maggioritaria di peso politico e possono entrare in competizione
sostenendo o anche fornendo candidati membri di un partito approvato ad essi
vicino, come stanno facendo col Partito Laburista. La stessa pressione alla
quale sono sottoposti dal governo rischia di tornare a loro vantaggio e di farne
dei martiri davanti all'opinione pubblica, presso la quale godono di grande
favore. Se non parteciperanno direttamente alle prossime elezioni di ottobre
per l'Assemblea del Popolo, sarà più per una senso di generale apatia che
sembra regnare nel paese, di fronte alla inevitabiità che ancora una volta
l'Assemblea sia dominata dal Partito Democratico Nazionale e il potere rimanga
nelle mani di Mubarak e della stretta cerchia dei suoi collaboratori e
consiglieri.
La Chiesa copta
La
presenza di una forte minoranza cristiana lungo la storia e nella situazione
attuale dell'Egitto, rende più evidenti ed acuti i problemi suscitati dal
rapporto fra Islam e società. Una società che si vuole moderna e aperta ai
valori della libertà religiosa, della tolleranza e della uguaglianza di tutti
di fronti allo stato, trova nella presenza di minoranze religiose diverse un
banco di prova e uno stimolo. D'altra parte le minoranze cristiane ed altre,
pongono in maniera concreta nella realtà quotidiana i problemi della modernità,
anche ai vari movimenti islamisti, così vivaci nel mondo egiziano. Essi non
possono pretendere, in uno stato moderno, di confinare ebrei e cristiani nella
situazione giuridica di "dhimmi", in pratica tollerati cittadini di
secondo ordine, prevista per essi dalla Sharî'a! La cristianità egiziana viene
ad assumere, quindi, un ruolo indispensabile nel rapporto Islam-modernità,
ruolo di stimolo, di verifica, di provocazione!
Il passato
I
Copti sono sempre stati una minoranza importante nei periodi medievali e
moderni. Dopo che i Turchi nel XVI secolo incorporarono l'Egitto nell'Impero
Ottomano, organizzarono il governo attorno al sistema dei "millet" o
comunità religiose.
I
Copti erano una di queste comunità. Ogni minoranza religiosa organizzata viveva
secondo la propria legislazione religiosa, sotto la guida di autorità religiose
riconosciute che rappresentavano il millet davanti al mondo esterno e
presiedevano alla vita della comunità.
Questa
organizzazione preservava e sottolineava le differenze religiose fra i vari
gruppi e ha certamente impedito una maggiore integrazione dei non musulmani
nella comunità e nella fede musulmana.
I
Copti, una Chiesa cristiana indigena, costituiscono la più numerosa minoranza religiosa
dell'Egitto. Valutazioni dell'entità del loro numero variano fra i 3 e i 7
milioni. Essi si vantano di discendere dagli antichi egiziani: il termine
"copto" deriva dall'arabo "qubt", che vuol dire appunto
egiziano. L'Egitto fu evangelizzato a partire dal primo secolo, quando era
parte dell'impero romano.
La
Chiesa copta vanta di avere una continua linea di Patriarchi della sede di
Alessandria che risale a S. Marco.
La
cristianità egiziana nei primi secoli sviluppò una propria identità ecclesiale
e nel quinto secolo, rifiutando le definizioni del concilio di Calcedonia,
aderì al monofisismo, la dottrina che attribuisce al Cristo la sola natura
divina.
La
struttura gerarchica della Chiesa copta è costituita da un Patriarca, chiamato
Papa, che regge la Chiesa assistito dal sinodo o concilio di preti seniori, il
quale elegge ed eventualmente dimette il Patriarca stesso. Anche il milione di
Copti che vivono in vari paesi al di fuori del l'Egitto riconosce l'autorità
del Patri arca di Alessandria.
Lungo
la storia i musulmani alternarono tolleranza e persecuzione nei confronti dei
Copti. Nel primi tempi forti tasse imposte ai cristiani incoraggiarono massicce
conversioni all'islam e in due secoli i Copti divennero una minoranza distinta.
Già nel secolo X l'arabo aveva sostituito, come lingua parlata, il copto,
relegato al ruolo di lingua liturgica.
Il
sistema ottomano del millet rinforzò la solidarietà copta e la sua abolizione
nel secolo XIX aprì ai Copti nuove strade e nuove opportunità di carriere diverse.
I governi egiziani musulmani tradizionalmente usavano i membri delle minoranze
come amministratori e inizialmente i Copti furono i maggiori beneficiari
dell'amministrazione pubblica che andava costituendosi. Ma agli inizi del XX
secolo, gli Inglesi eliminarono dalla burocrazia molti Copti, i quali si
risentirono di questo provvedimento, che finì, però, per spingerli ad entrare
nelle carriere professionali.
Nel
XX secolo i Copti sono largamente rappresentati fra i benestanti abitanti delle
città, e preferiscono dedicarsi al commercio e alle professioni liberali,
mentre il tenore di vita dei Copti delle aree rurali non si distingue da quello
dei loro simili musulmani.
I
Copti cittadini sono a loro volta distinti in cittadini residenti da lunga
data, e recenti immigrati dalla campagna, più poveri e ai margini della
tradizionale comunità copta urbana, che comprende molti insegnanti
universitari, avvocati, medici, eminenti pubblici impiegati e un sostanziale
gruppo di lavoratori e impiegati di medio livello.
Di fronte all'islamismo
Il
risorgere dell'attivismo islamico egiziano comportò un certo sentimento
anti-copto. Dal 1972 parecchie chiese copte sono state incendiate, compresa la
storica chiesa Qasriat ar Rihan del Cairo. I gruppi islamisti attaccano
frequentemente e apertamente
i
Copti nelle riunioni di preghiera e con pamphlet; le crescenti tensioni sono
scoppiate inevitabilmente in scontri, nell'Alto Egitto nel 1977, e 1978 e più
tardi nella regione del Delta.
Nel
1981 tre giorni di scontri al Cairo fecero almeno 17 morti tra Copti e
Musulmani e un centinaio di feriti.
Il
Patriarca copto, Papa Shenuda III, eletto nel 1971, condannò il silenzio del
governo come fautore delle violenze e denunciò azioni ufficiali governative,
che a suo giudizio potevano incoraggiare sentimenti anti-copti. Nel 1977 invitò
tutta la sua comunità a digiunare per cinque giorni, per protestare contro una
proposta di legge del ministro della Giustizia che voleva applicare le
punizioni legali previste dalla Sharî'a a chiunque si convertisse dall'islam ad
un'altra fede.
Di
fronte al continuare delle vessazioni contro i Copti, Shenuda III nel 1980
cancellò la celebrazione della Pasqua e si ritirò coi suoi vescovi in un
monastero nel deserto, entrando in contrasto con Sadat che lo accusò di
fomentare la lotta islamo-copta e lo relegò ad un esilio interno, nominando un
comitato di cinque vescovi per amministrare la Chiesa copta.
L'anno
seguente il governo invitò il sinodo a eleggere un altro Papa, ma il clero
respinse l'intervento statale. Nel 1985 Mubarak rilasciò Shenuda dall'esilio e
gli permise di riprendere le sue funzioni.
Conclusione
L'Egitto
attuale, musulmano e moderno, è oggi confrontato con le esigenze della
modernità e per questo sta attraversando una fase delicata della sua storia,
come a modo loro, molti paesi a maggioranza musulmana, specialmente dell'area
araba.
In
Egitto il confronto è particolarmente vivace a motivo dell'attivismo dei
movimenti islamisti.
Ci
sono tuttavia nella società egiziana altre componenti: una classe intellettuale
illuminata, erede dei grandi movimenti di rinnovamento islamico dell'inizio del
secolo, aperta al moderno senza rinunciare ai valori religiosi e morali
dell'islam; c'è una comunità cristiana rilevante, che nonostante le innegabili
tensioni, è animata da volontà di dialogo e collaborazione e può essere
testimone della fecondità di un sano incontro con la modernità intesa come
valore di laicità e di libertà, che alla fine risulta in una più chiara
esaltazione degli stessi valori spirituali.
Questi
fattori possono far sperare che il confronto prosegua pacificamente e risulti
alla fine positivo per il paese.
Per una autentica società islamica
Nell'agosto
1936 la Guida Suprema dei Fratelli Musulmani, Hasan el-Banna, indirizzava un
appello "ai re e ai principi dell'Islam, ai capi di governo islamici, ai
membri delle organizzazioni legislative e delle società islamiche e alle
persone che posseggono il giudizio e il senso dell'onore nel mondo
musulmano".
L'appello
terminava con cinquanta richieste.
Presentiamo le più significative, dalla traduzione francese di A.
Ferré.
-
Condannare le divisioni partigiane e orientare le forze politiche della nazione
verso la costituzione di un fronte unico.
-
Riformare la legge in modo che sia in accordo con la legislazione islamica,
particolarmente nel campo criminale e quello delle pene legali.
-
Rafforzare l'esercito, moltiplicare le sezioni di giovani e infiammarli per il
jihâd islamico.
-
Rinsaldare i legami fra tutti i paesi musulmani e in particolare i paesi arabi,
al fine di preparare una riflessione seria e pratica sul Califfato scomparso.
-
Sorvegliare la condotta personale dei funzionari, vegliare che non ci sia
dicotomia tra il loro modo di agire privato e quello pubblico.
-
Anticipare gli orari di lavoro negli uffici, in estate e in inverno, per
facilitare l'osservanza dei precetti religiosi e impedire veglie e feste
notturne troppo frequenti.
-
Condannare la corruzione e il favoritismo, per ricorrere solo alla competenza e
ai favori conformi alla legge.
-
Far sì che il governo agisca secondo le norme e gli insegnamenti dell'Islam:
che l'organizzazione delle prigioni e degli ospedali non contravvengano a
questi insegnamenti; che i turni di servizio siano ripartiti in modo da non
entrare in conflitto con le ore della Preghiera, salvo casi di necessità; che
le celebrazioni ufficiali abbiano un carattere islamico.
-
Abituare il popolo al rispetto dei costumi pubblici, stabilire delle direttive
precise per salvaguardare la legge in questo campo e aggravare le sanzioni
contro gli attentati ai buoni costumi.
-
Trovare una soluzione al problema della donna che salvaguardi la sua promozione
e la sua protezione, in accordo con gli insegnamenti dell'Islam. Questa
questione, che è la più importante delle questioni sociali, non deve essere
lasciata in balia a scrittori tendenziosi e a opinioni stravaganti di gente
guidata da interessi personali.
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Condannare la prostituzione sotto le sue forme clandestine e pubbliche e
considerare la fornicazione, qualsiasi siano le circostanze, come un crimine
abietto, il cui autore deve essere castigato.
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Condannare il gioco d'azzardo sotto tutte le sue forme: giochi, lotterie,
corse, ecc...
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Condannare l'uso del vino, come quello delle droghe; interdirne il consumo e
sbarazzare la nazione di tutti i loro misfatti.
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Lottare contro le mode provocanti e il libertinaggio, guidare le donne verso
ciò che è conveniente e insistervi. Questo vale specialmente per le insegnanti,
le alunne, le dottoresse, le studentesse e quelle che hanno uno statuto simile.
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Impedire la promiscuità fra studenti e studentesse. Considerare che ogni
rapporto fra un uomo e una donna è un delitto che deve essere punito.
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Incoraggiare il matrimonio e la procreazione con tutti i mezzi appropriati ed
elaborare una legislazione per proteggere ed incoraggiare la famiglia e
regolare i problemi coniugali.
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Chiudere le sale da ballo, i dancing, proibire la danza.
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Regolamentare le ore di chiusura e di apertura dei locali pubblici,
sorvegilarne il personale e i clienti, orientarli verso quello che è loro utile
e non permettere che queste istituzioni restino aperte così a lungo.
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Utilizzare i locali pubblici per apprendere agli analfabeti a leggere e a
scrivere. Dei giovanotti energici, presi dalle file degli insegnanti e anche
fra gli studenti, li aiuteranno in questo campo.
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Proibire il prestito ad interesse e organizzare le banche in modo da
raggiungere questo obiettivo. Il governo darà l'esempio su questo punto,
rinunciando agli interessi nelle imprese che dipendono da lui: banche di
credito, prestito industriale, ecc.
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Incoraggiare le imprese economiche, moltiplicarle, procurare il lavoro ai
disoccupati, togliere agli stranieri le parti che posseggono, per farne delle
imprese puramente nazionali.
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Proteggere il pubblico dalla tirannia delle compagnie, reclamare sanzioni
contro di esse e cercare di procurare al pubblico tutto il profitto possibile.
Hasan al-Banna
Hasan
al-Bannâ nacque nel 1906. Già durante gli anni di formazione all'insegnamento
dimostrò la grande passione della sua vita: la riforma dei costumi. Nel 1927 è
nominato insegnante a Ismâ'îliyya e nel 1929 vi fonda il movimento dei
"Fratelli Musulmani", che si dedicano alla predicazione in tutta la
zona del Canale.
Nel
1932, trasferito al Cairo vi trasporta anche la sede del Movimento, che si
organizza, si diffonde e definisce i suoi grandi orientamenti nei vari campi
della vita pubblica e della politica dell'Egitto e del mondo arabo.
Già
dal 1936 i Fratelli sostennero la causa della Palestina araba. Durante la
guerra al-Banna condusse una campagna nazionalista contro la presenza della
Gran Bretagna nella Valle del Nilo, che gli valse un trasferimento punitivo e
un mese di prigione.
Dopo
la guerra i Fratelli chiedevano la revisione degli accordi anglo-egiziani e
invocavano l'unità della "Valle del Nilo" (Sudan e Egitto), mentre
continuava il loro impegno per la Palestina araba e molti di loro si
arruolavano come volontari nella guerra del 1948 contro Israele.
Terminati i combattimenti il governo egiziano
nell'intento di riportare la calma all'interno dell'Egitto, scosso da continue
violenze, l'8 dicembre 1948 sciolse il Movimento dei Fratelli Musulmani.
Da
allora gli avvenimenti precipitarono. Il 28 dicembre un giovane dei Fratelli assassinava
il capo del governo, Mahmûd Fahmî al-Nuqrâshî. Hasan el-Banna condannò
apertamente gli atti di violenza e cercò invano un'intesa col nuovo capo del
governo. Il 12 febbraio 1949 cadeva egli stesso ucciso in uno scontro con la
polizia.