Il XXI secolo ha scoperto i martiri tecnologici
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Gad Lerner
Avvenire,
4 Dicembre 2001
Caro Franco, smettila con le tue illusioni,
ormai viviamo nell'epoca degli uomini bomba. Determinati a usare il proprio
corpo come detonatore - la più oscena delle armi improprie, la più inquietante
delle manipolazioni genetiche -, con i martiri tecnologici dell'Islam ci stanno
trascinando dentro a un nuovo Medioevo contemporaneo.
Altro
che Uomo Nuovo, sono mutanti.
I
martiri islamici provano indifferenza nei confronti del nemico da eliminare
(ebrei/cristiani; militari/civili; maschi/femmine; adulti/bambini) perché
provano indifferenza nei confronti di se medesimi.
Qui
si misura il divario fra noi e loro, decisivo, anche se altre circostanze mi
impediscono di sentirli del tutto estranei.
Il
loro corpo già probabilmente addestrato a respingere le tentazioni del sesso e
dell'alcol viene plasmato come arma temibile, istruito alla guida di congegni
sofisticati, ma non per garantirne la salvaguardia nella difesa e nell'offesa,
bensì per propiziarne la disintegrazione.
Attraverso questo passaggio il terrorismo
religioso consolida e oltrepassa il terrorismo politico. Fornisce visione
globale e logica di potenza a un odio generato dalla frustrazione, da un atavico
sentimento di inferiorità, ben prima che dalla disperazione sociale.
È
evidente ormai che alle spalle degli uomini bomba non si trova solo una piccola
setta isolata nel mare magnum dell'Islam, ma un movimento vasto e diffuso. Un
nemico vero, caro Franco.
Un
nemico che però - come ti accennavo - non riesco a sentire estraneo fino in
fondo, e ciò naturalmente aumenta il mio disagio.
Guardo
sui giornali le foto segnaletiche e avverto intensamente una familiarità con
questi corpi trasformati in ordigni.
Gli stessi occhi scuri, lo stesso colorito
olivastro, la stessa terra d'origine, le stesse h aspirate o gutturali delle
lingue semitiche, lo stesso gusto per i cibi speziati e la sensualità
orientale.
Gli
piaccia o meno, faccio parte del loro paesaggio e del loro immaginario fin da
prima della nascita del Profeta.
Con
alcuni dei terroristi probabilmente, ho in comune anche la città natale,
sebbene ormai la Beirut che ho lasciato bambino quarantacinque anni fa sia
diventata l'ultimo posto in cui consiglierei a un ebreo di vivere.
Al cambio di millennio ci ritroviamo in una
moltitudine con l'anima ormai divisa in due fra la sponda nord e la sponda sud
del Mediterraneo.
Ma
proprio la contiguità, l'essere destinato a convivere, esaspera la distanza.
Il ventunesimo secolo è stato inaugurato
dai martiri assassini. Per questo ti propongo di avviare il nostro dialogo
dalla nozione di martirio, che già aveva assunto una terribile ambiguità nel
ventesimo secolo.
Martiri
gli ebrei sterminati ad Auschwitz? I preti spagnoli e i monaci russi
perseguitati dall'ateismo? Gli sciiti iraniani che si battevano a mano nude
contro l'esercito dello shah?
Ti
ricorderai forse di quando, nel settembre del 2000, il rabbino integralista
Ovadia Yossef, capo spirituale del partito Shas che rappresenta in Israele gli
ultraortodossi orientali, interpretò lo sterminio nazista come punizione divina
per gli ebrei europei inclini alla laicità.
Una
follia non dissimile da quella dei telepredicatori americani Jerry Falwell e
Pat Robertson che dopo la strage delle Twin Towers e del Pentagono hanno
arringato via etere un popolo in lutto: «Ce lo siamo meritato, è il frutto dei
nostri peccati!»
Le interpretazioni provvidenziali del
martirio come olocausto, sacrificio al Signore, rischiano sempre più di
bestemmiare il loro Destinatario, alimentando inammissibili teorie speculari e
attribuendo al Male una funzione salvifica proprio come nel caso dei martiri assassini
sospinti al suicidio da al Qaeda, Hamas, Jihad, Hezbollah.
http://www.clonline.org/rssgnstmp/glavve4d.htm