[1]Libro della storia di Tobi, figlio di
Tòbiel, figlio di Anàniel, figlio di Aduel, figlio di Gàbael, della discendenza
di A`siel, della tribù di Nèftali.
[2]Al tempo di Salmanàssar, re degli Assiri, egli fu condotto prigioniero da
Tisbe, che sta a sud di Kades di Nèftali, nell'alta Galilea, sopra Casor, verso
occidente, a nord di Sefet.
[3]Io, Tobi, passavo i giorni della mia vita
seguendo le vie della verità e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei
compatrioti, che erano stati condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese
degli Assiri, facevo molte elemosine.
[4]Mi trovavo ancora al mio paese, la terra d'Israele, ed ero ancora giovane,
quando la tribù del mio antenato Nèftali abbandonò la casa di Davide e si
staccò da Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù d'Israele scelta per i
sacrifici. In essa era stato edificato il tempio, dove abita Dio, ed era stato
consacrato per tutte le generazioni future.
[5]Tutti i miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali facevano
sacrifici sui monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re d'Israele aveva
fabbricato in Dan.
[6]Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per
obbedienza ad una legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a
Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con le decime del
bestiame e con la prima lana che tosavo alle mie pecore.
[7]Consegnavo tutto ai sacerdoti, figli di Aronne, per l'altare. Davo anche ai
leviti che allora erano in funzione a Gerusalemme le decime del grano, del
vino, dell'olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri frutti. Per sei anni
consecutivi convertivo in danaro la seconda decima e la spendevo ogni anno a
Gerusalemme.
[8]La terza decima poi era per gli orfani, le vedove e i forestieri che si
trovavano con gli Israeliti. La portavo loro ogni tre anni e la si consumava
insieme, come vuole la legge di Mosè e secondo le raccomandazioni di Debora
moglie di Anàniel, la madre di nostro padre, poiché mio padre, morendo, mi
aveva lasciato orfano.
[9]Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela, e da essa
ebbi un figlio che chiamai Tobia.
[10]Dopo la deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e arrivai
a Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia gente mangiavano i cibi dei
pagani;
[11]ma io mi guardai bene dal farlo.
[12]Poiché restai fedele a Dio con tutto il
cuore,
[13]l'Altissimo mi fece trovare il favore di Salmanàssar, del quale presi a
trattare gli affari.
[14]Venni così nella Media, dove, finché egli visse, conclusi affari per conto suo.
Fu allora che a Rage di Media, presso Gabael, un mio parente figlio di Gabri,
depositai in sacchetti la somma di dieci talenti d'argento.
[15]Quando Salmanàssar morì, gli successe il figlio Sennàcherib. Allora le
strade della Media divennero impraticabili e non potei più tornarvi.
[16]Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l'elemosina a quelli della mia gente;
[17]donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno
dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo
seppellivo.
[18]Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib, quando tornò fuggendo
dalla Giudea, al tempo del castigo mandato dal re del cielo sui bestemmiatori.
Nella sua collera egli ne uccise molti; io sottraevo i loro corpi per la
sepoltura e Sennàcherib invano li cercava.
[19]Ma un cittadino di Ninive andò ad informare il re che io li seppellivo di
nascosto. Quando seppi che il re conosceva il fatto e che mi si cercava per
essere messo a morte, colto da paura, mi diedi alla fuga.
[20]I miei beni furono confiscati e passarono tutti al tesoro del re. Mi restò
solo la moglie Anna con il figlio Tobia.
[21]Neanche quaranta giorni dopo, il re fu ucciso da due suoi figli, i quali
poi fuggirono sui monti dell'Ararat. Gli successe allora il figlio Assarhaddon.
Egli nominò Achikar, figlio di mio fratello A`nael, incaricato della
contabilità del regno ed ebbe la direzione generale degli affari.
[22]Allora Achikar prese a cuore la mia causa e potei così ritornare a Ninive.
Al tempo di Sennàcherib re degli Assiri, Achikar era stato gran coppiere,
ministro della giustizia, amministratore e sovrintendente della contabilità e
Assarhaddon l'aveva mantenuto in carica. Egli era mio nipote e uno della mia
parentela.
[1]Sotto il regno di Assarhaddon ritornai
dunque a casa mia e mi fu restituita la compagnia della moglie Anna e del
figlio Tobia. Per la nostra festa di pentecoste, cioè la festa delle settimane,
avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola:
[2]la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: «Figlio
mio, và, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero,
che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad
aspettare che tu ritorni».
[3]Tobia uscì in cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno disse:
«Padre!». Gli risposi: «Ebbene, figlio mio».
«Padre - riprese - uno della nostra gente è
stato strangolato e gettato nella piazza, dove ancora si trova».
[4]Io allora mi alzai, lasciando intatto il pranzo; tolsi l'uomo dalla piazza e
lo posi in una camera in attesa del tramonto del sole, per poterlo seppellire.
[5]Ritornai e, lavatomi, presi il pasto con tristezza, [6]ricordando le parole
del profeta Amos su Betel:
«Si cambieranno le vostre feste in lutto,
tutti i vostri canti in lamento».
[7]E piansi. Quando poi calò il sole, andai a scavare una fossa e ve lo
seppellii.
[8]I miei vicini mi deridevano dicendo: «Non ha più paura! Proprio per questo
motivo è gia stato ricercato per essere ucciso. E` dovuto fuggire ed ora eccolo
di nuovo a seppellire i morti».
[9]Quella notte, dopo aver seppellito il
morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi addormentai sotto il muro del
cortile. Per il caldo che c'era tenevo la faccia scoperta,
[10]ignorando che sopra di me, nel muro, stavano dei passeri. Caddero sui miei
occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero macchie bianche, e
dovetti andare dai medici per la cura. Più essi però mi applicavano farmachi,
più mi si oscuravano gli occhi per le macchie bianche, finché divenni cieco del
tutto. Per quattro anni fui cieco e ne soffersero tutti i miei fratelli.
Achikar, nei due anni che precedettero la sua partenza per l'Elimaide, provvide
al mio sostentamento.
[11]In quel tempo mia moglie Anna lavorava
nelle sue stanze a pagamento,
[12]tessendo la lana che rimandava poi ai padroni e ricevendone la paga. Ora
nel settimo giorno del mese di Distro, quando essa tagliò il pezzo che aveva
tessuto e lo mandò ai padroni, essi, oltre la mercede completa, le fecero dono
di un capretto per il desinare.
[13]Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a belare. Chiamai allora mia
moglie e le dissi: «Da dove viene questo capretto? Non sarà stato rubato?
Restituiscilo ai padroni, poiché non abbiamo il diritto di mangiare cosa alcuna
rubata».
[14]Ella mi disse: «Mi è stato dato in più del salario». Ma io non le credevo e
le ripetevo di restituirlo ai padroni e a causa di ciò arrossivo di lei. Allora
per tutta risposta mi disse: «Dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue
buone opere? Ecco, lo si vede bene dal come sei ridotto!».
[1]Con l'animo affranto dal dolore, sospirai
e piansi. Poi presi a dire questa preghiera di lamento:
[2]«Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è
misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo.
[3]Ora, Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e
per gli errori miei e dei miei padri.
[4]Violando i tuoi comandi, abbiamo peccato davanti a te. Tu hai lasciato che
ci spogliassero dei beni; ci hai abbandonati alla prigionia, alla morte e ad
essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci
hai dispersi.
[5]Ora, nel trattarmi secondo le colpe mie e dei miei padri, veri sono tutti i
tuoi giudizi, perché non abbiamo osservato i tuoi decreti, camminando davanti a
te nella verità.
[6]Agisci pure ora come meglio ti piace; dá ordine che venga presa la mia vita,
in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è
preferibile la morte alla vita. I rimproveri che mi tocca sentire destano in me
grande dolore. Signore, comanda che sia tolto da questa prova; fà che io parta
verso l'eterno soggiorno; Signore, non distogliere da me il volto. Per me
infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande angoscia e così non
sentirmi più insultare!».
[7]Nello stesso giorno capitò a Sara figlia
di Raguele, abitante di Ecbàtana, nella Media, di sentire insulti da parte di
una serva di suo padre.
[8]Bisogna sapere che essa era stata data in moglie a sette uomini e che
Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi
con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: «Sei proprio tu
che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei gia stata data a sette mariti e neppure di
uno hai potuto godere.
[9]Perché vuoi battere noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che
da te non abbiamo mai a vedere né figlio né figlia».
[10]In quel giorno dunque essa soffrì molto, pianse e salì nella stanza del
padre con l'intenzione di impiccarsi. Ma tornando a riflettere pensava: «Che
non abbiano ad insultare mio padre e non gli dicano: La sola figlia che avevi,
a te assai cara, si è impiccata per le sue sventure. Così farei precipitare la
vecchiaia di mio padre con angoscia negli inferi. Farò meglio a non impiccarmi
e a supplicare il Signore che mi sia concesso di morire, in modo da non sentire
più insulti nella mia vita».
[11]In quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: «Benedetto sei tu,
Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte
le tue opere per sempre.
[12]Ora a te alzo la faccia e gli occhi.
[13]Dì che io sia tolta dalla terra, perché non abbia a sentire più insulti.
[14]Tu sai, Signore, che sono pura da ogni disonestà con uomo [15]e che non ho
disonorato il mio nome, né quello di mio padre nella terra dell'esilio. Io sono
l'unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né
un fratello vicino, né un parente, per il quale io possa serbarmi come sposa.
Gia sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io
muoia, guardami con benevolenza: che io non senta più insulti».
[16]In quel medesimo momento la preghiera di
tutti e due fu accolta davanti alla gloria di Dio
[17]e fu mandato Raffaele a guarire i due: a
togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse
la luce di Dio; a dare Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di
Tobi, e a liberarla dal cattivo demonio Asmodeo.
Di diritto, infatti, spettava a Tobia di
sposarla, prima che a tutti gli altri pretendenti. Proprio allora Tobi
rientrava dal cortile in casa e Sara, figlia di Raguele, stava scendendo dalla
camera.
[1]In quel giorno Tobi si ricordò del denaro
che aveva depositato presso Gabael in Rage di Media [2]e pensò: «Ho invocato la
morte. Perché dunque non dovrei chiamare mio figlio Tobia e informarlo, prima
di morire, di questa somma di denaro?».
[3]Chiamò il figlio e gli disse: «Qualora io muoia, dammi una sepoltura
decorosa; onora tua madre e non abbandonarla per tutti i giorni della sua vita;
fà ciò che è di suo gradimento e non procurarle nessun motivo di tristezza.
[4]Ricordati, figlio, che ha corso tanti pericoli per te, quando eri nel suo
seno. Quando morirà, dalle sepoltura presso di me in una medesima tomba.
[5]Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i
suoi comandi. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti
per la strada dell'ingiustizia.
[6]Se agirai con rettitudine, riusciranno le tue azioni, come quelle di
chiunque pratichi la giustizia.
[7]Dei tuoi beni fà elemosina. Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così
non si leverà da te lo sguardo di Dio.
[8]La tua elemosina sia proporzionata ai beni che possiedi: se hai molto, dá
molto; se poco, non esitare a dare secondo quel poco.
[9]Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno,
[10]poiché l'elemosina libera dalla morte e salva dall'andare tra le tenebre.
[11]Per tutti quelli che la compiono, l'elemosina è un dono prezioso davanti
all'Altissimo.
[12]Guardati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione; anzitutto prenditi una
moglie dalla stirpe dei tuoi padri e non una donna straniera, che cioè non sia
della stirpe di tuo padre, perché noi siamo figli di profeti. Ricordati di Noè,
di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri padri fin da principio. Essi
sposarono tutti una donna della loro parentela e furono benedetti nei loro
figli e la loro discendenza avrà in eredità la terra.
[13]Ama, o figlio, i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i
tuoi fratelli, figli e figlie del tuo popolo, e tra di loro scegliti la moglie.
L'orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inq
ietudine. Nella pigrizia vi è povertà e
miseria, perché l'ignavia è madre della fame.
[14]Non rimandare la paga di chi lavora per te, ma a lui consegnala subito; se
così avrai servito Dio, ti sarà data la ricompensa. Poni attenzione, o figlio,
in quanto fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento.
[15]Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Non bere vino fino all'ebbrezza
e non avere per compagna del tuo viaggio l'ubriachezza.
[16]Dá il tuo pane a chi ha fame e fà parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Dá in
elemosina quanto ti sopravanza e il tuo occhio non guardi con malevolenza,
quando fai l'elemosina.
[17]Versa il tuo vino e deponi il tuo pane sulla tomba dei giusti, non darne
invece ai peccatori.
[18]Chiedi il parere ad ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun
buon consiglio.
[19]In ogni circostanza benedici il Signore e
domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri
giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la saggezza, ma è il
Signore che elargisce ogni bene. Il Signore esalta o umilia chi vuole fino
nella regione sotterranea. Infine, o figlio, conserva nella mente questi
comandamenti, non lasciare che si cancellino dal tuo cuore.
[20]Ora, figlio, ti faccio sapere che ho
depositato dieci talenti d'argento presso Gabael figlio di Gabri, a Rage di
Media.
[21]Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se
avrai il timor di Dio, se rifuggirai da ogni peccato e farai ciò che piace al
Signore Dio tuo».
[1]Allora Tobia rispose al padre: «Quanto mi
hai comandato io farò, o padre.
[2]Ma come potrò riprendere la somma, dal momento che lui non conosce me, né io
conosco lui? Che segno posso dargli, perché mi riconosca, mi creda e mi
consegni il denaro? Inoltre non sono pratico delle strade della Media per
andarvi».
[3]Rispose Tobi al figlio: «Mi ha dato un documento autografo e anch'io gli ho
consegnato un documento scritto; lo divisi in due parti e ne prendemmo ciascuno
una parte; l'altra parte la lasciai presso di lui con il denaro. Sono ora
vent'anni da quando ho depositato quella somma. Cercati dunque, o figlio, un
uomo di fiducia che ti faccia da guida. Lo pagheremo per tutto il tempo fino al
tuo ritorno. Và dunque da Gabael a ritirare il denaro».
[4]Uscì Tobia in cerca di uno pratico della
strada che lo accompagnasse nella Media. Uscì e si trovò davanti l'angelo
Raffaele, non sospettando minimamente che fosse un angelo di Dio.
[5]Gli disse: «Di dove sei, o giovane?». Rispose: «Sono uno dei tuoi fratelli
Israeliti, venuto a cercare lavoro».
Riprese Tobia: «Conosci la strada per andare
nella Media?».
[6]Gli disse: «Certo, parecchie volte sono stato là e conosco bene tutte le strade.
Spesso mi recai nella Media e alloggiai presso Gabael, un nostro fratello che
abita a Rage di Media. Ci sono due giorni di cammino da Ecbàtana a Rage. Rage è
sulle montagne ed Ecbàtana è nella pianura».
[7]E Tobia a lui: «Aspetta, o giovane, che vada ad avvertire mio padre. Ho
bisogno che tu venga con me e ti pagherò il tuo salario».
[8]Gli rispose: «Ecco, ti attendo; soltanto non tardare».
[9]Tobia andò ad informare suo padre Tobi dicendogli: «Ecco, ho trovato un uomo
tra i nostri fratelli Israeliti».
Gli rispose: «Chiamalo, perché io sappia di
che famiglia e di che tribù è e se è persona fidata per venire con te, o
figlio».
[10]Tobia uscì a chiamarlo: «Quel giovane, mio padre ti chiama». Entrò da lui.
Tobi lo salutò per primo e l'altro gli disse:
«Possa tu avere molta gioia!». Tobi rispose:
«Che gioia posso ancora avere? Sono un uomo
cieco; non vedo la luce del cielo; mi trovo nella oscurità come i morti che non
contemplano più la luce. Anche se vivo, dimoro con i morti; sento la voce degli
uomini, ma non li vedo».
Gli rispose: «Fatti coraggio, Dio non tarderà
a guarirti, coraggio!». E Tobi: «Mio figlio Tobia vuole andare nella Media.
Non potresti accompagnarlo? Io ti pagherò,
fratello!». Rispose: «Sì, posso accompagnarlo; conosco tutte le strade.
Mi sono recato spesso nella Media. Ho
attraversato tutte le sue pianure e i suoi monti e ne conosco tutte le strade».
[11]Tobi a lui: «Fratello, di che famiglia e di che tribù sei? Indicamelo,
fratello».
[12]Ed egli: «Che ti serve la famiglia e la tribù?
Cerchi una famiglia e una tribù o un
mercenario che accompagni tuo figlio nel viaggio?». L'altro gli disse: «Voglio
sapere con verità di chi tu sei figlio e il tuo vero nome».
[13]Rispose: «Sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli».
[14]Gli disse allora: «Sii benvenuto e in buona salute, o fratello! Non
avertene a male, fratello, se ho voluto sapere la verità sulla tua famiglia. Tu
dunque sei mio parente, di bella e buona discendenza! Conoscevo Anania e Natan,
i due figli di Semeia il grande. Venivano con me a Gerusalemme e là facevano
adorazione insieme con me; non hanno abbandonato la retta via. I tuoi fratelli
sono brava gente; tu sei di buona radice: sii benvenuto!».
[15]Continuò: «Ti dò una dramma al giorno, oltre quello che occorre a te e a
mio figlio insieme. Fà dunque il viaggio con mio figlio e poi ti darò ancora di
più».
[16]Gli disse: «Farò il viaggio con lui.
Non temere; partiremo sani e sani
ritorneremo, perché la strada è sicura».
[17]Tobi gli disse: «Sia con te la
benedizione, o fratello!».
Si rivolse poi al figlio e gli disse:
«Figlio, prepara quanto occorre per il viaggio e parti con questo tuo fratello.
Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi restituisca a me sani e
salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua protezione, o figliuolo!».
[18]Tobia si preparò per il viaggio e, uscito
per mettersi in cammino, baciò il padre e la madre. E Tobi gli disse:
«Fà buon viaggio!».
[19]Allora la madre si mise a piangere e disse a Tobi: «Perché hai voluto che
mio figlio partisse? Non è lui il bastone della nostra mano, lui, la guida dei
nostri passi? Si lasci perdere il denaro e vada in cambio di nostro figlio.
[20]Quel genere di vita che ci è stato dato dal Signore è abbastanza per noi».
[21]Le disse: «Non stare in pensiero: nostro figlio farà buon viaggio e tornerà
in buona salute da noi.
I tuoi occhi lo vedranno il giorno in cui
tornerà sano e salvo da te.
[22]Non stare in pensiero, non temere per loro, o sorella. Un buon angelo
infatti lo accompagnerà, riuscirà bene il suo viaggio e tornerà sano e salvo».
[23]Essa cessò di piangere.
[1]Il giovane partì insieme con l'angelo e
anche il cane li seguì e s'avviò con loro. Camminarono insieme finché li
sorprese la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri.
[2]Il giovane scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand'ecco un grosso pesce
balzò dall'acqua e tentò di divorare il piede del ragazzo, che si mise a
gridare.
[3]Ma l'angelo gli disse: «Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire». Il
ragazzo riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva.
[4]Gli disse allora l'angelo: «Aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato;
mettili in disparte e getta via invece gli intestini. Il fiele, il cuore e il
fegato possono essere utili medicamenti».
[5]Il ragazzo squartò il pesce, ne tolse il fiele, il cuore e il fegato;
arrostì una porzione del pesce e la mangiò; l'altra parte la mise in serbo dopo
averla salata.
[6]Poi tutti e due insieme ripresero il viaggio, finché non furono vicini alla
Media.
[7]Allora il ragazzo rivolse all'angelo questa domanda: «Azaria, fratello, che
rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?».
[8]Gli rispose: «Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in
presenza di una persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito
cattivo e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna.
[9]Il fiele invece serve per spalmarlo sugli occhi di uno affetto da albugine;
si soffia su quelle macchie e gli occhi guariscono».
[10]Erano entrati nella Media e gia erano
vicini a Ecbàtana,
[11]quando Raffaele disse al ragazzo: «Fratello Tobia!». Gli rispose: «Eccomi».
Riprese: «Questa notte dobbiamo alloggiare presso Raguele, che è tuo parente.
Egli ha una figlia chiamata Sara
[12]e all'infuori di Sara nessun altro figlio
o figlia.
Tu, come il parente più stretto, hai diritto
di sposarla più di qualunque altro uomo e di avere in eredità i beni di suo
padre.
E` una ragazza seria, coraggiosa, molto
graziosa e suo padre è una brava persona».
[13]E aggiunse: «Tu hai il diritto di sposarla. Ascoltami, fratello; io parlerò
della fanciulla al padre questa sera, perché la serbi come tua fidanzata.
Quando torneremo da Rage, faremo il matrimonio. So che Raguele non potrà
rifiutarla a te o prometterla ad altri; egli incorrerebbe nella morte secondo
la prescrizione della legge di Mosè, poiché egli sa che prima di ogni altro
spetta a te avere sua figlia. Ascoltami, dunque, fratello. Questa sera
parleremo della fanciulla e ne domanderemo la mano.
Al nostro ritorno da Rage la prenderemo e la
condurremo con noi a casa tua».
[14]Allora Tobia rispose a Raffaele: «Fratello Azaria, ho sentito dire che essa
è gia stata data in moglie a sette uomini ed essi sono morti nella stanza
nuziale la notte stessa in cui dovevano unirsi a lei.
Ho sentito inoltre dire che un demonio le
uccide i mariti.
[15]Per questo ho paura: il demonio è geloso di lei, a lei non fa del male, ma
se qualcuno le si vuole accostare, egli lo uccide. Io sono l'unico figlio di
mio padre. Ho paura di morire e di condurre così alla tomba la vita di mio
padre e di mia madre per l'angoscia della mia perdita. Non hanno un altro
figlio che li possa seppellire».
[16]Ma quello gli disse: «Hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che ti
ha raccomandato di prendere in moglie una donna del tuo casato? Ascoltami,
dunque, o fratello: non preoccuparti di questo demonio e sposala. Sono certo
che questa sera ti verrà data in moglie. [17]Quando però entri nella camera
nuziale, prendi il cuore e il fegato
del pesce e mettine un poco sulla brace degli
incensi. L'odore si spanderà, il demonio lo dovrà annusare e fuggirà e non
comparirà più intorno a lei.
[18]Poi, prima di unirti con essa, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate
il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza.
Non temere: essa ti è stata destinata fin dall'eternità.
Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che
da lei avrai figli che saranno per te come fratelli.
Non stare in pensiero».
[19]Quando Tobia sentì le parole di Raffaele e seppe che Sara era sua
consanguinea della stirpe della famiglia di suo padre, l'amò al punto da non
saper più distogliere il cuore da lei.
[1]Quando fu entrato in Ecbàtana, Tobia
disse: «Fratello Azaria, conducimi diritto da nostro fratello Raguele».
Egli lo condusse alla casa di Raguele, che
trovarono seduto presso la porta del cortile.
Lo salutarono per primi ed egli rispose: «Salute
fratelli, siate i benvenuti!». Li fece entrare in casa.
[2]Disse alla moglie Edna: «Quanto somiglia questo giovane a mio fratello
Tobi!».
[3]Edna domandò loro: «Di dove siete, fratelli?», ed essi risposero: «Siamo dei
figli di Nèftali, deportati a Ninive».
[4]Disse allora: «Conoscete nostro fratello Tobi?». Le dissero: «Lo
conosciamo». Riprese: «Come sta?».
[5]Risposero: «Vive e sta bene». E Tobia aggiunse: «E` mio padre».
[6]Raguele allora balzò in piedi, l'abbracciò e pianse. Poi gli disse: «Sii
benedetto, figliolo!
Sei il figlio di un ottimo padre. Che
sventura per un uomo giusto e largo di elemosine essere diventato cieco!».
Si gettò al collo del parente Tobia e pianse.
[7]Pianse anche la moglie Edna e pianse anche la loro figlia Sara.
[8]Poi egli macellò un montone del gregge e fece loro una calorosa accoglienza.
[9]Si lavarono, fecero le abluzioni e, quando si furono messi a tavola, Tobia
disse a Raffaele: «Fratello Azaria, domanda a Raguele che mi dia in moglie mia
cugina Sara».
[10]Raguele udì queste parole e disse al giovane: «Mangia, bevi e stá allegro
per questa sera, poiché nessuno all'infuori di te, mio parente, ha il diritto
di prendere mia figlia Sara, come del resto neppure io ho la facoltà di darla
ad un altro uomo all'infuori di te, poiché tu sei il mio parente più stretto.
Però, figlio, vogliono dirti con franchezza la verità.
[11]L'ho data a sette mariti, scelti tra i nostri fratelli, e tutti sono morti
la notte stessa delle nozze. Ora mangia e bevi, figliolo; il Signore
provvederà».
[12]Ma Tobia disse: «Non mangerò affatto né berrò, prima che tu abbia preso una
decisione a mio riguardo». Rispose Raguele:
«Lo farò! Essa ti viene data secondo il
decreto del libro di Mosè e come dal cielo è stato stabilito che ti sia data.
Prendi dunque tua cugina,
'ora in poi tu sei suo fratello e lei tua
sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre.
Il Signore del cielo vi assista questa notte,
figlio mio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace».
[13]Raguele chiamò la figlia Sara e quando
essa venne la prese per mano e l'affidò a Tobia con queste parole:
«Prendila; secondo la legge e il decreto
scritto nel libro di Mosè ti viene concessa in moglie.
Tienila e sana e salva conducila da tuo
padre.
Il Dio del cielo vi assista con la sua pace».
[14]Chiamò poi la madre di lei e le disse di portare un foglio e stese il
documento di matrimonio, secondo il quale concedeva in moglie a Tobia la
propria figlia, in base al decreto della legge di Mosè. Dopo di ciò
cominciarono a mangiare e a bere.
[15]Poi Raguele chiamò la moglie Edna e le disse: «Sorella mia, prepara l'altra
camera e conducila dentro».
[16]Essa andò a preparare il letto della camera, come le aveva ordinato, e vi
condusse la figlia.
Pianse per lei, poi si asciugò le lacrime e
disse:
[17]«Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore.
Coraggio, figlia!». E uscì.
[1]Quando ebbero finito di mangiare e di
bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero
nella camera da letto.
[2]Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il
fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell'incenso.
[3]L'odore del pesce respinse il demonio, che fuggì nelle regioni dell'alto
Egitto. Raffaele vi si recò all'istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise
in ceppi.
[4]Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia
si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al
Signore che ci dia grazia e salvezza».
[5]Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la
salvezza, dicendo:
«Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e
benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome!
Ti benedicano i cieli e tutte le creature per
tutti i secoli!
[6]Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e
di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa
buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui.
[7]Ora non per lussuria io prendo questa mia
parente, ma con rettitudine d'intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e
di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia».
[8]E dissero insieme: «Amen, amen!».
[9]Poi dormirono per tutta la notte.
[10]Ma Raguele si alzò; chiamò i servi e andò
con loro a scavare una fossa. Diceva infatti:
«Caso mai sia morto, non abbiamo a diventare
oggetto di scherno e di ribrezzo».
[11]Quando ebbero terminato di scavare la tomba, Raguele tornò in casa; chiamò
la moglie [12]e le disse:
«Manda in camera una delle serve a vedere se
è vivo; così, se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia».
[13]Mandarono avanti la serva, accesero la lampada e aprirono la porta; essa
entrò e li trovò che dormivano insieme, immersi in un sonno profondo.
[14]La serva uscì e riferì loro che era vivo e che non era successo nulla di
male.
[15]Benedissero allora il Dio del cielo: «Tu sei benedetto, o Dio, con ogni
pura benedizione. Ti benedicano per tutti i secoli!
[16]Tu sei benedetto, perché mi hai rallegrato e non è avvenuto ciò che temevo,
ma ci hai trattato secondo la tua grande misericordia.
[17]Tu sei benedetto, perché hai avuto compassione dei due figli unici.
Concedi loro, Signore, grazia e salvezza e
falli giungere fino al termine della loro vita in mezzo alla gioia e alla
grazia».
[18]Allora ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse giorno.
[19]Raguele ordinò alla moglie di fare il
pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro
montoni; li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto.
[20]Poi chiamò Tobia e sotto giuramento gli
disse: «Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da me a
mangiare e a bere e così allieterai l'anima gia tanto afflitta di mia figlia.
[21]Di quanto possiedo prenditi la metà e
torna sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche
l'altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio!
Io sono tuo padre ed Edna è tua madre; noi
apparteniamo a te come a questa tua sorella da ora per sempre. Coraggio,
figlio!».
[1]Allora Tobia chiamò Raffaele e gli disse:
[2]«Fratello Azaria, prendi con te quattro servi e due cammelli e mettiti in
viaggio per Rage.
[3]Và da Gabael, consegnagli il documento, riporta il denaro e conduci anche
lui con te alle feste nuziali.
[4]Tu sai infatti che mio padre starà a contare i giorni e, se tarderò anche di
un solo giorno, lo farò soffrire troppo. Vedi bene che cosa ha giurato Raguele
e io non posso trasgredire il suo giuramento».
[5]Partì dunque Raffaele per Rage di Media con quattro servi e due cammelli.
Alloggiarono da Gabael.
Raffaele gli presentò il documento e insieme
lo informò che Tobia, figlio di Tobi, aveva preso moglie e lo invitava alle
nozze.
Gabael andò subito a prendere i sacchetti,
ancora con i loro sigilli e li contò in sua presenza; poi li caricarono sui
cammelli. [6]Partirono insieme di buon mattino per andare alle nozze. Giunti da
Raguele, trovarono Tobia adagiato a tavola.
Egli saltò in piedi a salutarlo e Gabael
pianse e lo benedisse: «Figlio ottimo di un uomo ottimo, giusto e largo di
elemosine, conceda il Signore la benedizione del cielo a te, a tua moglie, al
padre e alla madre di tua moglie.
Benedetto Dio, poiché ho visto mio cugino
Tobi, vedendo te che tanto gli somigli!».
[1]Ogni giorno intanto Tobi contava le
giornate, quante erano necessarie all'andata e quante al ritorno. Quando poi i
giorni furono al termine e il figlio non era ancora tornato,
[2]pensò: «Forse sarà stato trattenuto là? O sarà morto Gabael e nessuno gli
darà il denaro?».
[3]Cominciò così a rattristarsi.
[4]La moglie Anna diceva: «Mio figlio è perito e non è più tra i vivi, perché
troppo è il ritardo».
[5]E cominciò a piangere e a lamentarsi sul proprio figlio dicendo: «Ahimè,
figlio, perché ho lasciato partire te che eri la luce dei miei occhi!».
[6]Le rispondeva Tobi: «Taci, non stare in pensiero, sorella; egli sta bene.
Certo li trattiene là qualche fatto imprevisto. Del resto l'uomo che lo
accompagnava è sicuro ed è uno dei nostri fratelli. Non affliggerti per lui,
sorella; tra poco sarà qui».
[7]Ma essa replicava: «Lasciami stare e non ingannarmi! Mio figlio è perito».
E subito usciva e osservava la strada per la
quale era partito il figlio; così faceva ogni giorno senza lasciarsi persuadere
da nessuno. Quando il sole era tramontato, rientrava a piangere e a lamentarsi
per tutta la notte e non prendeva sonno.
[8]Compiutisi i quattordici giorni delle
feste nuziali, che Raguele con giuramento aveva stabilito di fare per la
propria figlia, Tobia andò da lui e gli disse: «Lasciami partire.
Sono certo che mio padre e mia madre non
hanno più speranza di rivedermi.
Ti prego dunque, o padre, di volermi
congedare: possa così tornare da mio padre.
Gia ti ho spiegato in quale condizione l'ho
lasciato».
[9]Rispose Raguele a Tobia: «Resta figlio, resta con me. Manderò messaggeri a
tuo padre Tobi, perché lo informino sul tuo conto». Ma quegli disse: «No, ti
prego di lasciarmi andare da mio padre».
[10]Allora Raguele, alzatosi, consegnò a Tobia la sposa Sara con metà dei suoi
beni, servi e serve, buoi e pecore, asini e cammelli, vesti, denaro e
masserizie.
[11]Li congedò in buona salute. A lui poi rivolse questo saluto: «Stá sano, o
figlio, e fà buon viaggio!
Il Signore del cielo assista te e Sara tua
moglie e possa io vedere i vostri figli prima di morire».
[12]Poi abbracciò Sara sua figlia e disse: «Onora tuo suocero e tua suocera,
poiché da questo momento essi sono i tuoi genitori, come coloro che ti hanno
dato la vita. Và in pace, figlia, e possa sentire buone notizie a tuo riguardo,
finché sarò in vita». Dopo averli salutati, li congedò.
[13]Da parte sua Edna disse a Tobia: «Figlio e fratello carissimo, il Signore
ti riconduca a casa e possa io vedere i figli tuoi e di Sara mia figlia prima
di morire, per gioire davanti al Signore. Ti affido mia figlia in custodia.
Non farla soffrire in nessun giorno della tua
vita. Figlio, và in pace.
D'ora in avanti io sono tua madre e Sara è
tua sorella. Possiamo tutti insieme avere buona fortuna per tutti i giorni
della nostra vita».
Li baciò tutti e due e li congedò in buona
salute. [14]Allora Tobia partì da Raguele in buona salute e lieto, benedicendo
il Signore del cielo e della terra, il re dell'universo, perché aveva dato buon
esito al suo viaggio.
Benedisse Raguele ed Edna sua moglie con
quest'augurio: «Possa io avere la fortuna di onorarvi tutti i giorni della
vostra vita».
[1]Quando furono nei pressi di Kaserin, di
fronte a Ninive, disse Raffaele:
[2]«Tu sai in quale condizione abbiamo lasciato tuo padre.
[3]Corriamo avanti, prima di tua moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri
vengono».
[4]Allora s'incamminarono tutti e due insieme. Poi Raffaele gli disse: «Prendi
in mano il fiele». Il cane li seguiva.
[5]Anna intanto sedeva a scrutare la strada per la quale era partito il figlio.
[6]Le parve di vederlo venire e disse al padre di lui: «Ecco viene tuo figlio
con l'uomo che l'accompagnava».
[7]Raffaele disse a Tobia prima di avvicinarsi al padre: «Io so che i suoi
occhi si apriranno.
[8]Spalma il fiele del pesce sui suoi occhi; il farmaco intaccherà e asporterà
come scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo padre riavrà la vista
e vedrà la luce».
[9]Anna corse avanti e si gettò al collo del figlio dicendogli: «Ti rivedo, o
figlio. Ora posso morire!». E pianse.
[10]Tobi si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile.
[11]Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele del pesce. Soffiò sui
suoi occhi e lo trasse vicino, dicendo: «Coraggio, padre!». Spalmò il farmaco
che operò come un morso,
[12]poi distaccò con le mani le scaglie bianche dai margini degli occhi.
[13]Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: «Ti vedo, figlio, luce dei
miei occhi!».
[14]E aggiunse: «Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i
suoi angeli santi! Benedetto il suo grande nome su di noi e benedetti i suoi
angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito ma poi ha avuto pietà ed
ecco, ora io contemplo mio figlio Tobia».
[15]Tobia entrò in casa lieto, benedicendo Dio con quanta voce aveva. Poi Tobia
informò suo padre del viaggio che aveva compiuto felicemente, del denaro che
aveva riportato, di Sara figlia di Raguele, che aveva presa in moglie e che
stava venendo e che si trovava ormai vicina, alla porta di Ninive.
[16]Allora Tobi uscì verso la porta di Ninive incontro alla sposa di lui, lieto
e benedicendo Dio.
Quando la gente di Ninive lo vide passare e
amminare con tutto il vigore di un tempo,
senza che alcuno lo conducesse per mano, fu presa da meraviglia;
Tobi proclamava davanti a loro che Dio aveva
avuto pietà di lui e che gli aveva aperto gli occhi.
[17]Tobi si avvicinò poi a Sara, la sposa di suo figlio Tobia, e la benedisse:
«Sii la benvenuta, figlia! Benedetto sia il
tuo Dio, perché ti ha condotta da noi, figlia! Benedetto sia tuo padre,
benedetto mio figlio Tobia e benedetta tu, o figlia! Entra nella casa che è tua
in buona salute e benedizione e gioia; entra, o figlia!».
[18]In quel giorno ci fu una grande festa per tutti i Giudei di Ninive
[19]e Achikar e Nadab suoi cugini vennero a
congratularsi con Tobi.
[20]E si festeggiarono le nozze di Tobia con gioia per sette giorni.
[1]Quando furon terminate le feste nuziali,
Tobi chiamò il figlio Tobia e gli disse: «Figlio mio, pensa a dare la
ricompensa dovuta a colui che ti ha accompagnato e ad aggiungere qualcosa
d'altro alla somma pattuita».
[2]Gli disse Tobia: «Padre, quanto potrò dargli come salario? Anche se gli
lasciassi la metà dei beni che egli ha portati con me, io non ci perderei.
[3]Egli mi ha condotto sano e salvo, mi ha guarito la moglie, è andato a
prendere per me il denaro e infine ha guarito te! Quanto posso ancora dargli
come salario?».
[4]Tobi rispose: «E` giusto ch'egli riceva la metà di tutti i beni che ha
riportati».
[5]Fece dunque venire l'angelo e gli disse: «Prendi come tuo salario la metà di
tutti i beni che tu hai portati e và in pace».
[6]Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: «Benedite
Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia
benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere
di Dio, come è giusto, e non trascurate di ringraziarlo.
[7]E` bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e
manifestare le opere di Dio. Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male.
[8]Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l'elemosina con la giustizia.
Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è
praticare l'elemosina che mettere da parte oro.
[9]L'elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno
l'elemosina godranno lunga vita.
[10]Coloro che commettono il peccato e l'ingiustizia sono nemici della propria
vita.
[11]Io vi voglio manifestare tutta la verità, senza nulla nascondervi: vi ho
gia insegnato che è bene nascondere il segreto del re, mentre è cosa gloriosa
rivelare le opere di Dio.
[12]Sappiate dunque che, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo
l'attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche
quando tu seppellivi i morti.
[13]Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e
sei andato a curar
la sepoltura di quel morto, allora io sono
stato inviato per provare la tua fede,
[14]ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire te e Sara tua nuora.
[15]Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare
alla presenza della maestà del Signore».
[16]Allora furono riempiti di terrore tutti e due; si prostrarono con la faccia
a terra ed ebbero una grande paura.
[17]Ma l'angelo disse loro: «Non temete; la pace sia con voi. Benedite Dio per
tutti i secoli.
[18]Quando ero con voi, io non stavo con voi per mia iniziativa, ma per la
volontà di Dio: lui dovete benedire sempre, a lui cantate inni.
[19]A voi sembrava di vedermi mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò che
vedevate era solo apparenza.
[20]Ora benedite il Signore sulla terra e
rendete grazie a Dio.
Io ritorno a colui che mi ha mandato.
Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute». E salì in alto.
[21]Essi si rialzarono, ma non poterono più vederlo.
[22]Allora andavano benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per queste
grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di Dio.
[1]Allora Tobi scrisse questa preghiera di
esultanza e disse:
«[2]Benedetto Dio che vive in eterno
il suo regno dura per tutti i secoli;
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra,
fa risalire dalla Grande Perdizione
e nulla sfugge alla sua mano.
[3]Lodatelo, figli d'Israele, davanti alle
genti;
Egli vi ha disperso in mezzo ad esse
[4]per proclamare la sua grandezza.
Esaltatelo davanti ad ogni vivente;
è lui il Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, il Dio per tutti i
secoli.
[5]Vi castiga per le vostre ingiustizie,
ma userà misericordia a tutti voi.
Vi raduna da tutte le genti,
fra le quali siete stati dispersi.
[6]Convertitevi a lui con tutto il cuore e
con tutta l'anima,
per fare la giustizia davanti a Lui,
allora Egli si convertirà a voi
e non vi nasconderà il suo volto.
[7]Ora contemplate ciò che ha operato con voi
e ringraziatelo con tutta la voce;
benedite il Signore della giustizia
ed esaltate il re dei secoli.
[8]Io gli do lode nel paese del mio esilio
e manifesto la sua forza e grandezza a un
popolo di peccatori.
Convertitevi, o peccatori, e operate la
giustizia davanti a lui;
chi sa che non torni ad amarvi e vi usi
misericordia?
[9]Io esalto il mio Dio e celebro il re del
cielo
ed esulto per la sua grandezza.
[10]Tutti ne parlino
e diano lode a lui in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa,
ti ha castigata per le opere dei tuoi figli,
e avrà ancora pietà per i figli dei giusti.
[11]Dá lode degnamente al Signore
e benedici il re dei secoli;
egli ricostruirà in te il suo tempio con
gioia,
[12]per allietare in te tutti i deportati,
per far contenti in te tutti gli sventurati,
per tutte le generazioni dei secoli.
[13]Come luce splendida brillerai sino ai
confini della terra;
nazioni numerose verranno a te da lontano;
gli abitanti di tutti i confini della terra
verranno verso la dimora del tuo santo nome,
portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni esprimeranno in te
l'esultanza
e il nome della città eletta durerà nei
secoli.
[14]Maledetti coloro che ti malediranno,
maledetti saranno quanti ti distruggono,
demoliscono le tue mura,
rovinano le tue torri
e incendiano le tue abitazioni!
Ma benedetti sempre quelli che ti
ricostruiranno.
[15]Sorgi ed esulta per i figli dei giusti,
tutti presso di te si raduneranno
e benediranno il Signore dei secoli.
Beati coloro che ti amano
beati coloro che gioiscono per la tua pace.
[16]Beati coloro che avranno pianto per le
tue sventure:
gioiranno per te e vedranno tutta la tua
gioia per sempre.
Anima mia, benedici il Signore, il gran re,
[17]Gerusalemme sarà ricostruita
come città della sua residenza per sempre.
Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia
discendenza
per vedere la tua gloria e dar lode al re del
cielo.
Le porte di Gerusalemme
saranno ricostruite di zaffiro e di smeraldo
e tutte le sue mura di pietre preziose.
Le torri di Gerusalemme si costruiranno con
l'oro
e i loro baluardi con oro finissimo.
Le strade di Gerusalemme saranno lastricate
con turchese e pietra di Ofir.
[18]Le porte di Gerusalemme risuoneranno di
canti di esultanza,
e in tutte le sue case canteranno: «Alleluia!
Benedetto il Dio d'Israele
e benedetti coloro che benedicono il suo
santo nome
per sempre e nei secoli!».
[1]Qui finirono le parole del canto di Tobi.
[2]Tobi morì in pace all'età di centododici
anni e fu sepolto con onore a Ninive. Egli aveva sessantadue anni quando
divenne cieco; dopo la sua guarigione visse nella felicità, praticò l'elemosina
e continuò sempre a benedire Dio e a celebrare la sua grandezza.
[3]Quando stava per morire, fece venire il figlio Tobia e gli diede queste
istruzioni:
[4]«Figlio, porta via i tuoi figli e
rifugiati in Media, perché io credo alla parola di Dio, che Nahum ha
pronunziato su Ninive. Tutto dovrà accadere, tutto si realizzerà sull'Assiria e
su Ninive, come hanno predetto i profeti d'Israele, che Dio ha inviati; non una
delle loro parole cadrà. Ogni cosa capiterà a suo tempo.
Vi sarà maggior sicurezza in Media che in
Assiria o in Babilonia.
Perché io so e credo che quanto Dio ha detto si
compirà e avverrà e non cadrà una sola parola delle profezie.
I nostri fratelli che abitano il paese
d'Israele saranno tutti dispersi e deportati lontano dal loro bel paese e tutto
il paese d'Israele sarà ridotto a un deserto.
Anche Samaria e Gerusalemme diventeranno un
deserto e il tempio di Dio sarà nell'afflizione e resterà bruciato fino ad un
certo tempo.
[5]Poi di nuovo Dio avrà pietà di loro e li ricondurrà nel paese d'Israele.
Essi ricostruiranno il tempio, ma non uguale
al primo, finché sarà completo il computo dei tempi. Dopo, torneranno tutti
dall'esilio e ricostruiranno Gerusalemme nella sua magnificenza e il tempio di
Dio sarà ricostruito, come hanno preannunziato i profeti di Israele.
[6]Tutte le genti che si trovano su tutta la terra si convertiranno e temeranno
Dio nella verità. Tutti abbandoneranno i loro idoli, che li hanno fatti errare
nella menzogna, e benediranno il Dio dei secoli nella giustizia.
[7]Tutti gli Israeliti che saranno scampati in quei giorni e si ricorderanno di
Dio con sincerità, si raduneranno e verranno a Gerusalemme e per sempre
abiteranno tranquilli il paese di Abramo, che sarà dato in loro possesso.
Coloro che amano Dio nella verità gioiranno;
coloro invece che commettono il peccato e l'ingiustizia spa
iranno da tutta la terra.
[8]Ora, figli, vi comando: servite Dio nella verità e fate ciò che a lui piace.
Anche ai vostri figli insegnate l'obbligo di fare la giustizia e l'elemosina,
di ricordarsi di Dio, di benedire il suo nome sempre, nella verità e con tutte
le forze.
[9]Tu dunque, figlio, parti da Ninive, non restare più qui.
Dopo aver sepolto tua madre presso di me,
quel giorno stesso non devi più restare entro i confini di Ninive. Vedo infatti
trionfare in essa molta ingiustizia e grande perfidia e neppure se ne
vergognano.
[10]Vedi, figlio, quanto ha fatto Nadab al padre adottivo Achikar.
Non è stato egli costretto a scendere vivente
sotto terra?
Ma Dio ha rigettato l'infamia in faccia al
colpevole:
Achikar ritornò alla luce mentre invece Nadab
entrò nelle tenebre eterne, perché aveva cercato di far morire Achikar.
Per aver praticato l'elemosina, Achikar
sfuggì al laccio mortale che gli aveva teso Nadab, Nadab invece cadde in quel
laccio, che lo fece perire.
[11]Così, figli miei, vedete dove conduce l'elemosina e dove conduce
l'iniquità: essa conduce alla morte.
Ma ecco, mi sfugge il respiro!». Essi lo
distesero sul letto; morì e fu sepolto con onore.
[12]Quando morì la madre, Tobia la seppellì
vicino al padre, poi partì per la Media con la moglie e i figli.
Abitò in Ecbàtana, presso Raguele suo
suocero.
[13]Curò con onore i suoceri nella loro vecchiaia e li seppellì a Ecbàtana in
Media.
[14]Tobia ereditò il patrimonio di Raguele come ereditò quello del padre Tobi.
Morì da tutti stimato all'età di centodiciassette anni.
[15]Prima di morire sentì parlare della rovina di Ninive e vide i prigionieri
che venivano deportati in Media per opera di Achiacar re della Media. Benedisse
allora Dio per quanto aveva fatto nei confronti degli abitanti di Ninive e
dell'Assiria.
Prima di morire potè dunque gioire della
sorte di Ninive e benedisse il Signore Dio nei secoli dei secoli.