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 Vidimus Dominus

 

 

Ucraina: si rafforza ipotesi di monastero cimitero di perseguitati dal comunismo

Dopo la scoperta di una fossa comune risalente al tempo della persecuzione il cardinale Husar chiede riabilitazione vittime

Kiev (Ucraina), 6 settembre (VID) –

Il monastero basiliano di Zhovka, in Ucraina, a 30 km dal confine polacco, nei primi anni del comunismo è diventato un luogo di persecuzione e quindi un cimitero.

 

Lo hanno rivelato i religiosi, rendendo nota la scoperta di una fossa comune che contiene i resti di 226 persone, tra cui 83 bambini, uccisi a colpi di arma da fuoco. Secondo le prime indagini svolte dagli stessi religiosi, i resti risalgono non al periodo della Seconda Guerra Mondiale, come si pensava in un primo momento, ma agli anni successivi, caratterizzati dalla persecuzione anticattolica.

 

Nel 1946 infatti, dopo lo scioglimento forzato della Chiesa cattolica, il monastero venne confiscato, diventando una delle basi della polizia segreta. I 35 religiosi che risiedevano nel convento vennero mandati in Siberia.

 

La macabra scoperta riapre il dibattito sulla memoria storica. Nei mesi scorsi, infatti, il cardinale Husar, dei Monaci Studiti Ucraini, è tornato a chiedere al governo, con insistenza, la riabilitazione delle vittime cattoliche della persecuzione sovietica.

 

 

 

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Editoriale - Martiri ucraini, martiri dell'Europa

 

Il 26 e il 27 giugno Giovanni Paolo II beatifica 29 ucraini e un russo. Fra di essi vi sono 10 vescovi, 15 sacerdoti (uno sposato, secondo la tradizione bizantina), 4 suore, un laico sposato e padre di 4 figli. Un vescovo e un prete sono della chiesa latina, e vengono beatificati come confessori della fede; gli altri appartengono alla chiesa greco-cattolica e sono tutti martiri meno una, suor Josaphata Hordashevska, fondatrice di un ordine caritativo.

 

La cerimonia di beatificazione, fatta in due tempi (il 26 per i latini; il 27 per i greco-cattolici) è senz'altro il culmine del viaggio del Papa in Ucraina.

Il Giubileo è stato un ringraziamento per i 2 mila anni di storia del cristianesimo.

 

A questa celebrazione mancava l'espressione di gratitudine verso il ceppo orientale del cristianesimo in Europa che, dal seme di Cirillo e Metodio, si è sviluppato nella Rus', fino ai nostri giorni. Ormai, come i raduni a Kiev e a Lvov hanno dimostrato la chiesa ucraina è viva e presente.

 

La beatificazione dei confessori e martiri ucraini dice che questa chiesa è matura da tempo.

 

Non è una comunità nata solo sulle ceneri del comunismo. La sua santità ha radici molto più antiche e più solide.

 

A leggere la biografia dei beati preparata dalla Congregazione per la Causa dei Santi per la beatificazione, si resta colpiti per la loro modernità e grandezza; il loro eroismo non ha nulla da invidiare a quello dei "colleghi" occidentali.

 

Il vescovo latino di Leopoli Giuseppe Bilczewiski, agli inizi del '900 lanciò un programma di evangelizzazione che comprendeva non solo la formazione del clero e la catechesi, ma anche le attività sociali e i mass media.

 

Suor Josaphata, greco-cattolica, fondatrice dell'ordine delle Ancelle di Maria Immacolata, si è impegnata nell'assistenza ai bambini, ai poveri, lottando contro analfabetismo ed emarginazione.

 

Essi possono essere tranquillamente paragonati a un card. Schuster o a un san Giovanni Bosco.

 

Il nucleo più infuocato di questa santità orientale è certo quello dei martiri. Il Papa ne beatifica ben 27.

 

Fra essi spicca il martirio dei due monaci basiliani Severijan Barankyk e Jakym Senkivskyi. Catturati nel '41 dai servizi segreti sovietici, furono rinchiusi nel carcere di Drohobych e uccisi momenti prima che arrivassero le truppe tedesche.

 

Testimonianze affermano che entrambi vennero messi a bollire e p. Severijan fu addirittura servito come minestra ai suoi compagni di carcere. A sua volta, Zynovij Kovalyk, fu ucciso crocifisso alle pareti della prigione di Lvov.

 

Vi è pure un martire sotto i nazisti: p. Omelian Kovc. Arrestato dai comunisti, viene liberato dai tedeschi.

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In seguito fu arrestato dai tedeschi perché aiutava gli ebrei a fuggire dalla deportazione.

 

Rinchiuso nel campo di Majdanek (vicino a Lublino, Polonia), morì nel 1944.

La vita e la morte di questi martiri e confessori è un commento plastico a quanto il Papa ha affermato nell'incontro coi rappresentanti religiosi a Kiev: "Un monito per tutti!

 

Di quali atrocità è capace l'uomo quando si illude di poter fare a meno di Dio!". Questi martiri servono per un esame di coscienza, soprattutto all'Europa.

 

I nuovi beati hanno infatti un chiaro carattere europeo. Molti di loro hanno studiato e lavorato a Roma, Parigi, Vienna, Cracovia. In vita hanno accolto e protetto ebrei, ucraini, russi, polacchi; la causa della loro morte porta il sigillo del dramma dell'Europa dell'800 e del '900: nazionalismi, totalitarismi, l'Olocausto. Eppure l'Europa li ha dimenticati e la stessa Comunità Europea fa fatica ad accettare che i suoi confini vadano oltre il Muro di Berlino, fino alle rive del Dniepr e oltre.

 

 

E in casa cattolica noi cristiani d'occidente, resi miopi dall'ideologia o dalla cautela, ci siamo per troppo tempo vergognati di un card. Slipyij e di tanti martiri ucraini. Pensavamo fossero soltanto degli "anti-comunisti" e invece essi sono fra il meglio del cristianesimo d'Europa. Questa beatificazione, dopo così tanti anni, rende loro giustizia e ci apre un po' di più alla verità. Bernardo Cervellera  (Fides 26/06/2001)