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l'autorità
ha il potere di allargare il campo del pensabile e del dicibile
"
incontro con Gabriela Marsili (2)
Donatella
Questo articolo di Luisa Muraro (su via dogana "Donne dell'altro mondo")
palesa una contradizione per dire "nonostante la politica delle donne,
nonostante tutto questo, le donne non ci sono".
Io non ho capito la soluzione. Lei dice "io ho avversato la politica
dei diritti, delle pari opportunità, ancora non vi aderisco però
forse sono stata troppo radicale". C'è questa incommensurabilità
del desiderio femminile. La soluzione è comunque la relazione di disparità,
consapevoli di questa insanabile contraddizione. Volevamo sapere che cosa
tu ne pensi.
Francesca
Nell'incontro di presentazione dell'ultimo numero di Via Dogana alla libreria
delle donne di Roma ci è sembrato che i tre articoli di cui si è
parlato non fossero sullo stesso piano. In quelli di Luisa Muraro e di Chiara
Zamboni c'era forte il discorso del desiderio. Leggo dall'articolo di Luisa
Muraro:
"la risposta alla contraddizione non è di ridurla ma di acuirla,
non è di accontentarci di quello che c'è ma di registrare quello
che non c'è, non è di insegnare quello che si deve essere o
fare, ma di reggere il di più che non si può essere né
fare
Come? Con la pratica della disparità. La sola (a mia conoscenza)
che non ci faccia mentire sull'incolmabile sproporzione di cui vive il desiderio
che ci fa vivi".
Gabriela
Io trovo che Luisa Muraro di grandemente positivo ha che è una donna
che ha attraversato molte esperienze nella sua vita. Lei viene da questa famiglia
molto numerosa di tradizione cattolica veneta, socialmente non privilegiata,
con delle donne molto forti e intelligenze molto vive. Da questa origine,
che le ha consentito di portarsi dietro un senso della concretezza, della
terra, della vita forti, lei poi è diventata un'intellettuale radicale
e quindi ha attraversato in posizione molto significativa e ruoli organizzativi
di orientamento e magistrali questi anni del femminismo cercando proprio,
credo per bisogno di traducubilità nella pratica del pensiero, delle
formule come "pratica della disparità" "partire da sé"
e altre.
Mentre partire da sé qualunque donna arriva a capirlo in tempi abbastanza
brevi e riesce a radicarlo nella sua vita "pratica della disparità",
secondo me è rimasta una formula perché non ha mai affrontato
il tema del rapporto ineliminabile e molto complesso che c'è tra autorità
e potere.
E' lì che si è fermato tutto e la relazione tra donne è
diventata infelice e improduttiva, perché c'è un non detto e
cioè che esista anche il potere all'interno della relazione.
Io trovo che Luisa Muraro, per amore di chiarezza, per amore di fare ordine,
scontando le sue origini cattoliche da un lato e per quanto riguarda la filosofia,
metafisiche dall'altro (perché lei ha fatto i suoi studi di filosofia
a Milano dove si è laureata con il, prof.
che interpretava uno
studio della filosofia che seguiva il filone metafisico), per questi condizionamenti
lei non è riuscita a sopportare la contaminazione, ha avuto bisogno
della purezza.
E allora ha attribuito alla donna l'autorità, depurandola dal potere
e dandola come positiva e quindi attribuendola al genere femminile che entra
nel mondo con piena soggettività e vuole cambiarlo di segno, e lasciando
il potere, connotato come assolutamente negativo, agli uomini. Questa è
una semplificazione, lei è rimasta schiava di questa semplificazione.
Mi pare di capire che ora comincia ad avere qualche dubbio, e ciò va
molto bene, però non vedo ancora una indicazione di pratica, perché
"pratica della disparità" rimanda ancora una volta alla relazione
di autorità, da cui sarebbe totalmente espunto il potere.
Io l'ho pensato da parecchio tempo; in quel lavoro del '94 sulla reticenza
femminile del potere, ho voluto mettere in relazione queste due parole.
E' vero che l'autorità esiste solo se è riconosciuta, e in questo
senso è molto preziosa, molto fragile e dipende da chi la riconosce
che esista. Però, nel momento in cui esiste, l'autorità ha un
grande potere.
Non è il potere dei carri armati, non è la tirannia e il dominio,
perché allora degenera, ma l'autorità ha il potere di allargare
il campo del pensabile e del dicibile, quindi mette in moto meccanismi che
si traducono in azioni, autorizza moltissimo a fare, e perciò, allarga
il campo di ciò che si può dire, che si può fare, nel
momento in cui autorizza.
Luisa Muraro certe difficoltà le aveva colte da tempo perché
mi ricordo che diceva "quando si usa il potere si ricorre a una scorciatoia
e si sbaglia, l'autorità deve convincere, o deve per lo meno farsi
leggere, usare tempi più lunghi". Però non è semplicemente
così, bisogna occuparsene, bisogna assumere l'esistenza del potere
perché sennò resta questo non detto.
Se il potere viene ancora demonizzato e ideologicamente messo fuori dalla
relazione di autorità come se non avesse nulla a che fare con l'autorità,
allora, proprio perché non assunto, non elaborato, non detto, diventa
facilmente, spesso all'insaputa delle persone stesse e delle loro intenzioni,
tirannia, arbitrio, abuso, molte cose negative.
Donatella
Quando dici autorità-potere ti riferisci, al di là della politica,
alla relazione duale di disparità? La persona a cui è riconosciuta
autorità.. in questo riconoscimento c'è anche il fatto che quella
persona ti autorizza a fare e a pensare
Gabriela
Allarga il tuo campo di potere
Donatella
Ma solo in quel campo lì in cui l'autorità dice, puoi fare,
pensare
?
Gabriela
No. L'autorità viene riconosciuta. Se tu la riconosci ha un grande
potere perché ti autorizza nel momento in cui tu la riconosci valida
e significativa per te.
Ti autorizza, non ti ordina, a fare, a pensare, a dire, non cose precise e
in forma prescrittiva, ti apre dei campi di pensabilità e di dicibilità,
e poi di azione.
Francesca
E' una potenza, libera la tua potenza
Gabriela
Libera la tua potenza, ti consente di fare, a volte anche concretamente. Ti
spiana delle strade, ti indica dei percorsi, ti mette in relazione con altre
persone, può intervenire nel campo della fattualità pratica.
Francesca
Libera probabilmente dentro di te; in questo senso dicevo che è una
potenza, perché libera le tue capacità di pensare, agire, essere
tutta intera e andare avanti.
Gabriela
Crea un poter essere, e quindi un poter dire, un poter fare, facilita.
Francesca
Quando tu parlavi di essere libera, tu rispetto al gruppo A o al gruppo B
nel Virginia Woolf, il fatto che è più difficile porsi ogni
volta invece che dire "io sto qui, io sto là". Questa cosa
per me è possibile in una relazione, forse io da sola io non credo
di poterlo fare.
Gabriela
Ma io non sto da sola, io sto continuamente in relazione però in tante
e diverse relazioni non necessariamente tutte raggruppate in un ambito, ma
sempre in tante relazioni.
Donatella
Sempre riconoscendo disparità autorità a donne le più
varie?
Gabriela
Le più varie in cui io avvisti qualcosa non solo di autentico, di profondo,
di esperito e non solo teorico, ma qualcosa che mi corrisponda che risvegli
in me un'eco, che attivi il mio desiderio, che lo renda traducibile, che mi
indichi anche una strada attraverso cui praticarlo.
Donatella
Sono desideri diversi?
Gabriela
Si sono desideri diversi, certo
Donatella
C'è una cosa che capisco solo a livello teorico.
Questa cosa dell'autorità e potere in una relazione di disparità,
la capisco perché l'ho provata, però forse questa cosa che tu
dici del non detto, o forse io ho trovato una cosa sul conflitto (nel tuo
seminario su autorità e potere), per cui a un certo punto nella relazione
di disparità io non so se perché non riconosci più autorità
o succede qualcosa, c'è un conflitto insanabile perlomeno io lo vivo.
O te ne vai perché sennò distruggi
.
Gabriela
Molto bisogna sapersi ritrarre, e acconsentire che l'altra sia perché
i tempi sono lunghi. Non è detto che poi nei tempi desiderati avvengano
certe modificazioni, vengano fatti certi percorsi, perché poi c'è
la singolarità che bisogna tener presente sempre e ogni singolarità
ha il suo ventaglio di relazioni.
Ce ne sarà una privilegiata, in una fase non è che è
fissa, e anche quando è privilegiata in quella fase non è pensabile
che sia l'unica e allora nel gioco dei tempi e delle priorità non bisogna
farsi prendere dall'impazienza e voler vedere realizzato tutto.
Mi capita anche con i miei studenti magari vengono dopo che non sono più
miei studenti, alcuni subito, alcuni durante il tempo che vivono con me, altri
dopo, ma dopo anni
possono essere vari anni; vengono a dirmi "adesso
io ho capito, adesso io so fare quella cosa là, adesso faccio".
Donatella
Però tu lì parli da dispari; quando ritrarsi è proprio
sottrarsi a una relazione e quando
.
Gabriela
La relazione si fa conflitto non produttivo distruttivo quando non si parla
di ciò che sta a cuore, di ciò che domanda di vivere, del desiderio
che vuole essere sostenuto, che vuole trovare le strade per realizzarsi, ma
quando si passa da ciò che quella persona dice, rappresenta, vive a
ciò che quella persona è; quando diventa distruttivo, quando
cioè sparisce la distanza e si va al corpo a corpo all'arma bianca
e allora lì non passa più pensiero, non passa più autorità.
Voi lo sapete quanto ho sempre insistito sulla distanza in ogni relazione
anche la più intima, ovviamente la più intima prevede la compenetrazione
dei corpi; ciononostante io mi allarmo sempre quando leggo o mi sento dire
che nei momenti della fusionalità la mente tace.
Secondo me non tace mai la mente, la mente gode dell'abbandono, del piacere
ma non è che taccia se siamo onesti fino in fondo, non deve tacere
perché sempre si resta persone distinte. Che non è un tradimento
che la mente non taccia, che la mente sia attraversata da altri ricordi o
dalla presenza di altre persone; questo da Freud in poi è diventata
una banalità. La mente è un teatrino molto affollato.
Il 900 e la crisi del soggetto compatto maschile ci ha offerto un dono che
è quello di riconoscere che siamo stratificati, insorgono dei flashback
o la memoria involontaria, o hanno potenza su di noi sensazioni o suoni e
odori che non abbiamo né previsto né organizzato né per
certi aspetti possiamo controllare.
Tutto questo invece che confusione, incoerenza e ambiguità è
ricchezza, articolazione, complessità. Credo che come donne dobbiamo
avere questa maturità.
Io non credo che noi dobbiamo, e nei casi in cui questo avvenga la considero
forse una necessità perché non sappiamo fare di meglio e dobbiamo
avere i nostri tempi, ma vorrei che non avvenisse l'uguale e il contrario,
cioè il percorso di dire "il soggetto (maschile) è in frantumi
noi siamo il soggetto femminile compatto". Oppure "gli uomini hanno
la confusione nella testa noi abbiamo le idee chiare" secondo non si
sa quale criterio di chiarezza.
Io credo che proprio in quanto dotate di un corpo che ha potenzialità
generativa noi sappiamo, poiché siamo mente e corpo di donna, quanto
possano vivere in noi altre vite. Noi lo dobbiamo sapere più degli
uomini, senza dimenticarci che sono "altre". Possono addirittura
vivere dentro di noi, svilupparsi dentro di noi, muoversi, sognare, sentire
dentro di noi. Come facciamo a non sapere questo. Questo va portato sul piano
della dicibilità, della pensabilità, questa è ricchezza
straordinaria. Quindi perché mai noi dovremmo andare nel mondo con
una attrezzatura rozza. Per noi stesse prima di tutto e per il mondo siamo
portatrici di una ricchezza straordinaria. Di questa ricchezza fa parte la
sapienza nell'uso del tempo e dello spazio, quindi la distanza, che è
una dimensione mentale ma anche una dimensione fisica che non ha una misura
fissa.
Donatella
Ma non rompe la relazione la distanza?
Gabriela
Non la rompe mai, anzi la mantiene in vita, purché sia elastica. Qui
ci vuole quello che le donne hanno sempre avuto, nel quale siamo maestre,
l'attenzione, l'auscultazione, la sensibilità al bisogno e al desiderio
dell'altro, dell'altra.
E quindi capire il momento in cui anche allo sconosciuto devi tenere la mano,
e il momento in cui alla persona più intima e con la quale vivi devi
lasciare lo spazio fisico perché sia e si esperisca, perché
attraversa una fase diversa. Perché non si procede negli stessi tempi,
negli stessi modi, per le stesse vie parallele.
I tempi di comprensione e di crescita e di conoscenza di sé sono i
più vari. Ci sono delle accelerazioni straordinarie, ci sono delle
illuminazioni profonde, ci sono delle emozioni che hanno il dono della sintesi
dell'intensità e poi ci sono i tempi pacati in cui goccia a goccia
quello che ci sta nutrendo va ad alimentare ogni filo d'erba del nostro prato
interiore; quelli sono tempi lunghi.
Bisogna amare molto tutte le cose vive, a partire dalle proprie, o partire
dalle piante e dagli animali e poi arrivare alle proprie. Certe volte le proprie
sono le più difficili da amare perché sono anch'esse inestricabilmente
intrecciate con cose che non amiamo, sempre di noi stesse, che magari quelle
vogliamo tenerle a bada, anzi è bene che le teniamo a bada, che non
le lasciamo esplodere in forma distruttiva. Però non sempre si possono
sradicare; certe volte se sradichi quelle viene via qualcosa di così
vitale di tuo, che poi ti impoverisci come persona. Sarai diventata una persona
mediamente più avvicinabile e però forse più povera.
Francesca
Forse puoi imparare a dosarle.
Gabriela
Dosarle, sempre. Modulare, io uso molto questo termine. Modulare la distanza,
dosare le quantità, sapere che i tempi sono flessibili.
Questi sono gli schemi della cultura tradizionale, l'essere o il divenire.
Tutto ciò prima che poi Platone e Aristotele rendessero tutto ciò
fisso.
Certamente abbiamo un bisogno d'essere, ma questo essere in forme, appunto,
assolute, essenzialistiche non è umanamente conquistabile in forma
definitiva, quindi lo possiamo creare nel nostro immaginario, lo possiamo
chiamare con tanti nomi con i quali abbiamo chiamato l'assoluto, il più
comune è il nome di Dio.
Però l'essere, che per altro ci appartiene profondamente come esigenza
perché essendo noi una singolarità sappiamo che c'è un
nucleo di essere in noi; però questo nucleo invece che atrofizzarsi
può esistere e avere anche quelli che Virginia Woolf chiamava i "momenti
d'essere", e cioè in cui era intenso, luminoso e fresco questo
nostro percepirci essere. Tutto questo può vivere se sappiamo gestire
il divenire, perché la dimensione che ci appartiene quotidianamente
è il divenire. Anche questi due elementi non sono alternativi, è
la logica binaria che ci ha distrutto
Francesca
Camminano insieme
Gabriela
Camminano insieme. E del divenire fa parte la gestione del tempo e dello spazio,
la distanza e la modulazione, la flessibilità e l'attenzione. La porosità,
la permeabilità, la vibrazione, tutto questo è divenire.