Ciò di cui si occupa la comunicazione sono i valori immateriali dei prodotti.
Cos’è il valore immateriale di un prodotto?
La comunicazione che da ora chiameremo pubblicità prende un paio di ruvidi pantaloni blu indossati da operai, perché resistenti, e li fa diventare jeans, segno che contraddistingue libertà, giovinezza, e soprattutto un gruppo al quale appartenere.
Dopo un primo periodo, tutti i jeans, comunicano lo stesso sogno (segno), e succede allora, che la pubblicità si mette al lavoro diversificando il suo jeans da tutte le altre marche. Quindi avremo quello sexy, quello romantico, quello avventuroso. E molti altri.
La pubblicità non si occupa di prodotti ma della loro anima.
Bill Bernbach (pubblicitario americano), diceva che bisognava cercare nel prodotto lo spunto per la sua pubblicità “the magic is in the product”.
La pubblicità moderna inizia, invece, proprio là dove finiscono le qualità materiali delle merci.
Pensiamo alla Coca Cola ed a quello che sarebbe senza la sua anima, senza la sua immagine, un beverone nero gassato ed estremamente digestivo. O il perché compro Nike. Non per indossare quel tipo di scarpetta, ma compro quella scarpetta per essere Nike, per appartenere a quella categoria che la pubblicità mi fa immaginare.
E come me lo fa immaginare? Quali i mezzi per convincermi ad essere o ad appartenere a quel gruppo?
Fino agli anni 70, prima dell’avvento della grande distribuzione ci si affidava al commesso di fiducia che ci consigliava di prendere quel tipo di salame perché buono, nutriente, naturale, lo tagliava al momento, lo adagiava su un foglio di carta velina trasparente e infine lo avvolgeva con in uno di carta marrone.
Oggi il commesso è stato cancellato anche dalle liste di collocamento, non esiste più, è stato soppiantato dal packaging (questo argomento lo affronterò nel prossimo approfondimento n°3), ma ancor di più dal grande involucro che circonda il prodotto che stiamo per comprare.
A questo involucro è stato dato il nome di FLAG–SHIP–STORE : un punto di incontro ideato più per comunicare che per vendere.
Il flag-ship-store si fonda su elementi tangibili come la location, la dimensione e l’allestimento, ma trae risorse da elementi immateriali quali l’atmosfera, l’appeal e l’espressività. Cosi pensato il flag-ship-store, al pari di un museo, diventa meta di “turisti” e frequentatori che vanno in quel luogo per aderire all’idea e non solo per acquistare.
La conseguenza sul piano della comunicazione è che i slag-ship-store, al pari di uno spettacolo, diventano luoghi ideali per manifestazioni esclusive dei marchi con l’obbiettivo di identificarli con stili di vita e valori, trasformando ogni prodotto in un oggetto d’acquisto emotivo.
Gli esempi più autorevoli di questo nuovo filone culturale sono il Nike Tower di New York aperto nel 1998 in uno spazio a 4 piani di 6200mq. (mi scuso di non poter inserire informazioni fotografiche, ma non era possibile fare foto nel negozio), il PRADA Store (Interni n°519, marzo 2002, pag. 118-123) sempre a New York all’angolo tra Price street e la Broadway, progettato da Rem Koolhass “una realizzazione complessa che esalta il cambiamento nella configurazione stessa del negozio reinventato come vero e proprio spazio palcoscenico, in cui prodotti e clienti fanno parte di un’unica rappresentazione: lo “shopping”. Rem Koolhass dice “un negozio che funziona come una vetrina concettuale per trasmettere future direzioni”. Altri Prada Store verranno aperti, con lo stesso concetto, a Los Angeles, San Francisco e Tokio, quest’ultimo, commissionato agli svizzeri Herzog de Meuron.
Anche in Italia meritevoli esempi possono essere fatti : il nuovo spazio di B&B Italia, nel settore dell’arredamento, progettato da Antonio Citterio and Parteners in via Durini, 14 a Milano in uno spazio di 1700mq., TAD a Roma in via del Babbuino, in cui la vendita dei complementi d’arredo è accompagnata dalla presenza, all’interno del negozio, di settori merceologici completamente diversi, (parrucchiere, ristorante, libreria), il tutto in un edificio in cui il ruolo importante è attribuito ai colori ed ai profumi che comunicano emozioni sempre diverse. La luce è stata scelta in funzione della più efficace presentazione del prodotto, ma anche per gestire le diverse parti che compongono il “punto vendita” (spazio emozionale).
Altro grande esempio sarà il nuovo spazio di EDRA a Milano, (presto metterò delle fotografie), che inaugurerà il giorno 8 aprile alle ore 18:00, in occasione dell’apertura del salone del mobile 2003, progettato da Massimo Morozzi in cui verranno esposti i maggiori prodotti del design moderno. Prodotti da Edra, verranno esposti il BOA disegnato dei fratelli Campana, il Flap disegnato da Francesco Binfarè e molti altri.
Da parte delle aziende, come si può notare, c’e sempre un maggiore impegno ed un sempre un maggiore investimento al fine di cambiare gli spazi del commercio, dando alla figura dell’architetto e del designer un compito sempre più importante ovvero quello di comunicare con l’architettura attraverso delle metafore, diventando così, insieme all’azienda, un costruttore di elementi immateriali del prodotto, vera ragione dell’acquisto.


Prada Store NY
B&B Store Ita