Su questa immagine dell'Italia come grande harem concorda
Laura Lilli commentando questa indagine nel suo saggio Prigioniere del
grande harem. Le italiane si confessano di Gabriella Parca, pubblicato
sul numero monografico dedicato agli anni cinquanta dalla rivista Memoria.
Laura Lilli è indignata con Pier Paolo Pasolini che nella prefazione alla
seconda edizione del volume dichiara condidamente che queste donne "lo hanno
divertito". Si tratta in realtà di un grande affresco di figure femminili:
voci, nornalmente mute, che entrano prepotentemente nella storia di questi
anni per svelarci un mondo sotterraneo di domestiche, casalinghe, operaie,
contadine, sartine, piccole impiegate e studentesse (in tutto il 60% della
popolazione italiana). Un coro in cui Laura Lilli, con coscienza di donna
e non solo di emancipata, si riconosce e ritrova le sue dimenticate compagne
di scuola.
Gabriella Parca ha il merito di avere capito il grande ruolo che la "piccola
posta" ha avuto per migliaia di italiane, adolescenti e giovani dai 15 ai
30 anni, in genere taciturne che ad essa confidano i loro segreti più intimi.
Negli anni Ottanta e Novanta è stata Lei Melandri a cogliere nelle lettere
delle adolescenti un grande serbatoio di immaginario da analizzare. Parca
esamina ben 8.000 lettere arrivate, nell'arco di tre anni, da tutta Italia,
in particolare dal Meridione, presso la redazione di due settimanali a fumetti
pubblicati a Roma e diffusi in tutto il Paese per un pubblico piccolo-borghese
e proletario (la diffusione di uno dei settimanali è di un milione e trecentomila
copie).
Le lettere, scelte tra le più tipiche ed interessanti, sono state divise in
18 gruppi di argomenti che costituiscono i 18 capitoli del libro. Scritte
spesso a mano con un linguaggio enfatico (da fotoromanzo) non sempre formalmente
corretto, esprimono però per la loro freschezza la periferia più oscura e
nascosta, raccontano esperienze-limite perché considerate riprovevoli dalle
famiglie, indicano l'impasse morale in cui le giovani si vengono a
trovare, strette tra un modello più spregiudicato di donna, fatto proprio
da riviste, cinema e televisione, assimilato soprattutto dai maschi, e quello
introiettato dall'educazione famigliare, tipico di una vecchia Italia che
sta cambiando.
Tutte si interrogano sulle modalità corrette nel rapporto con il fidanzato
o in generale con persone appartenenti all'altro sesso. Il problema della
prova d'amore occupa i pensieri di gran parte di queste ragazze: in
genere il fidanzato ricorre alla minaccia dell'abbandono, in alcuni casi alle
botte, in altri alla ragione pseudo-oggettiva che "tutti i fidanzati fanno
così, e quello è l'amore e non (…) solo baciarsi". Per le ragazze si tratta
sempre di un "cedere" per paura dell'abbandono e di essere quindi abbandonate
dopo avere "ceduto". Una ragazza ligure di 17 anni racconta: "Mi è successa
la cosa più brutta che a una ragazza possa succedere, cioè sono stata sua"
(p. 33).
In genere i ragazzi, dopo, non credono più alla loro purezza, le abbandonano
o rendono infernale la loro vita: queste ingenuamente chiedono al settimanale
se si può perdere la verginità anche in altri modi.
Questa situazione crea insicurezza nelle più giovani, che non sanno come comportarsi
e chiedono se il fatto di resistere alle avances più spinte possa significare
non essere veramente donna, come i ragazzi farebbero credere: Da Palermo:
"Questo dubbio mi martella nella mente. Mi pare che
sono donna, perché ho tutto regolarmente, ma me l'hanno detta in due (maschi)
la stessa cosa, quindi vi prego di consigliarmi bene e al più presto"
(p. 29), Una ventunenne dalla Sardegna: "Ditemi voi,
come devo comportarmi per essere vera donna?" (p. 32). In pochi
casi le ragazze reagiscono rifiutando il fidanzato. E' il caso di una diciassettenne
lombarda. "Non mi successe nulla, ma a me rivoltò lo stomaco e mi fece ribrezzo
tanto che glielo scrissi (…) io sento di non amarlo (…) e l'ultima volta non
lo baciai neppure". Chiede anche consigli su come fare per lasciarlo, visto
che lui non ne vuole sapere. Infine prevale il pregiudizio e conclude: "Se
mi sposo non potrò più essere orgogliosa di essere arrivata alle nozze pura,
perché mio marito se ne accorgerebbe, no?".
L'ignoranza sulle cose del sesso pone dubbi sugli effetti irreparabili che
i giochi infantili possono avere per la verginità femminile. Alcune poi non
vorrebbero mai sposarsi o aere fidanzati a causa della colpa commessa e per
la paura di essere riconosciute impure, spezzando così la buona reputazione
che di loro si ha in paese. Nei consigli del giornale queste donne ripongono
grande fiducia: "Dalla vostra risposta dipenderà tutta la mia vita". Altre
desiderano informazioni sulla possibilità di un intervento chirurgico per
ritornare vergine.
All'origine di tutte le ansie, le paure, le menzogne c'è il pregiudizio maschile
a cui le ragazze sembrano adeguarsi: Tra le studentesse adolescenti si nota
l'influsso dei miti americani: James Dean, il senso di noia, il problema della
comunicazione ecc. Le ragasse del Sud, invece, hanno problemi più concreti:
l'impossibilità di vedere l'amato se non da lontano, l'opposizione dei parenti,
anche solo di un fratello, il divieto di uscire fuori casa. A questi ostacoli
i giovani fanno fronte con la fuitina, la fuga segreta in uso soprattutto
in Sicilia.
Le donne sposate, pur essendo più mature anagraficamente, non hanno maggiore
autonomia di pensiero e sentimento delle ragazze, e come queste ultime sono
smarrite e senza orientamento. Infatti da ragazze sono sottoposte all'autorità
paterna, da sposate a quella del marito. Esse si possono dividere all'incirca
in due gruppi: quelle che soffrono di gelosia perché il marito le tradisce,
è brutale ed ignorante, ma non si decidono a scegliere una vita in solitudine
per motivi economici, essendo in genere senza lavoro; e quelle invece che
tradiscono perché si sentono trascurate dai mariti, che tuttavia affermano
di amare e che non lascerebbero comunque mai per l'amante.
Alla base di tutto questo ci sono i luoghi comuni, i pregiudizi che, pur forti,
incominciano a incrinarsi per la volontà di queste donne di non accettarli
più passivamente e, anche se in sordina, di farne un problema da risolvere
con l'aiuto di altri. Passeranno dieci lunghi anni prima che i temi della
sessualità e del corpo femminile siano sottoposti all'analisi politica del
movimento femminista e la sfera del privato non sia più considerata personale
ma politica in senso stretto.
(Concetta Brigadeci)