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SOTTOSOPRA Milano, 1973-1976

Dal 1973 al 1976 apparve sulla scena del femminismo italiano una nuova rivista che si chiamava Sottosopra : titolo quanto mai indovinato se si pensa ai grandi cambiamenti che ci furono allora nelle vite di tante donne. Rileggere oggi quei cinque numeri della rivista è come fare un tuffo nel passato, lasciandosi sommergere da un'ondata di parole che restituiscono intatta "l'aria" di quegli anni, l'entusiamo e la voglia di riprendersi la vita, sottraendola a sguardi e misure maschili; ma anche i contrasti e le difficoltà delle relazioni fra donne dove vita e politica si erano così saldamente intrecciate.

Il primo numero di Sottosopra -ormai praticamente introvabile, ma l'archivio della Libreria delle donne di Milano ne conserva gelosamente una copia- apparve nel 1973: ma l'anno di pubblicazione non compare sulla rivista. Non è l'unico caso -mi confermano le archiviste della Libreria: a quei tempi, la comunicazione era vissuta come un fatto contestuale, legato al presente, senza alcuna preoccupazione di memoria storica.
Una lettrice, un lettore dell'ultimo Sottosopra sulla fine del patriarcato (gennaio '96), così ricco di riferimenti all'attualità politica (la guerra nella ex Jugoslavia, Bill e Hillary Clinton, Mandela) o al pensiero contemporaneo (Batson e Kurz) sarebbe colpita/o dalla quasi totale assenza di accenni ad avvenimenti che non fossero strettamente collegati ai temi di cui si discuteva allora nel movimento: ogni tanto qui e là una manifestazione (per Puig Antich: chi era costui?) o la notizia della morte di Pasolini, ci riportano più precisamente la memoria di quegli anni. La cosa si può spiegare in questo modo: per "mettere al mondo il mondo" le donne avevano bisogno di chiuderlo intanto fra parentesi. Fu un lavoro lungo e difficile, perché allora si procedeva senza sapere bene la direzione del proprio cammino. Ma anche un periodo entusiasmante, ricco di esperienza e di invenzioni politiche.
Rileggendo con gli occhi di oggi gli scritti di allora si riesce a rintracciare dentro quel fitto intrecciarsi di discorsi il percorso che le parole di alcune donne hanno fatto per riempirsi di senso e rischiare certe zone oscure dall'esperienza femminile.
La tipologia dai testi apparsi su Sottosopra è quanto mai varia: resoconti di riunioni o convegni organizzati in Italia o all'estero, volantini, riflessioni sulla pratica politica, recensioni di libri, traduzioni, poesie, racconti di vissuto personale, racconti tout court. Sono firmati con la sigla di un gruppo, con nome -spesso solo con le iniziali- di una singola o più donne: raramente è riportato il cognome, qualche volta il numero di telefono. La grafica è diversa per ogni numero: i primi quattro sono dei "quaderni", più o meno voluminosi: all'interno della rivista -talvolta anche in copertina- disegni e foto rompono l'uniformità del testo scritto.
L'ultimo numero, è un foglio di otto pagine con il quale si inaugura la veste tipografica che conserva anche oggi. Il primo Sottosopra si apre con la lettera che era stata mandata dalla redazione (meglio nota come "il gruppo del giornale", nato per iniziativa di alcune donne che facevano parte del collettivo di via Cherubini di Milano) ai collettivi femministi allora esistenti: la rivista si offre come uno spazio di confronto per quelle donne che sentono il bisogno di "costruire una realtà diversa dal piccolo gruppo" e di "fare qualcosa che incida nella realtà in cui viviamo". La redazione si propone di ospitare gli interventi di gruppi -o di singole donne purchè non legati ad organizzazioni maschili- e di pubblicarli integralmente in ordine alfabetico. Nella rivista infatti compaiono i testi di vari gruppi, come Lotta Femminista, il Collettivo Pompeo Magno di Roma, la Nemesiache di Napoli, il gruppo femminista di Torino, per citarne solo alcuni. I temi trattati sono l'autocoscienza, la scuola, il rapporto tra femminismo e lotta di classe, la critica al PCI e alle organizzazioni extraparlamentari; c'è la recenzione di La condizione dalla donna di J. Mitchell a di L'atto sessuale nell'uomo e nella donna di Masters e Johnson. Nella sezione dedicata alla traduzione, un articolo sul femminismo americano di fine ottocento di Judit Hole ed Hellen Levine del Women'' Liberation di New York. Tra i contributi dall'estero, uno scritto dell'inglese Rosalind Delmar, intitolato Sessismo, capitalismo, famiglia.
Ma l'atmosfera di quegli anni ce le raccontano, con un tono fra il drammatico e il comico, soprattutto due testi autobiografici (Testimonianze di due donne): il primo è di una sicialiana, Graziella: il fratello, amico di una leader del movimento, le "impone" di diventare femminista. Ma quando lei si rifiuta di sposarsi perché vuole andare a Roma, la minaccia di "spezzarle le gambe". Il secondo è di Giovanna che, chiusa a chiave nella sua stanza dal padre, il quale vuole impedirle di andare alle riunioni femministe, fugge da una finestra del quarto piano calandosi col lenzuolo sul balcone della vicina.
Uno dei contributi teorici più interessanti di questo numero è quello del gruppo francese Psychanalyse et politique, intitolato A proposito di una tendenza, dove le autrici, che sono contrarie all'autocoscienza e teorizzano la pratica dei rapporti tra donne, precisano che è necessario riattraversare a partire dalle contraddizioni concrete "gli strumenti di pensiero che già esistono" poiché "sono marcati dal segno borghese e maschile come tutto ciò che ci circonda, come il linguaggio più comune". Sono riportati anche i commenti di alcune milanesi che avevano partecipato all'incontro di Vieux Viller nel novembre del '72, organizzato da Politique et psycanalyse: le italiane erano rimaste colpite dal fatto che le francesi riconoscevano ad Antoinette Fouque il suo ruolo di leader e intendevano affrontare questa contraddizione. Una posizione in Italia poco condivisa: proprio in questo numero dalla rivista le donne di Rivolta femminile ribadiscono che il loro gruppo "non ha leader".
Il secondo Sottosopra , uscito nel '74, è il più voluminoso - circa 150 pagine. La voce si era sparsa e la scelta di pubblicare tutto e integralmente fu messa a dura prova: lo statico accostamento dei testi produceva sulle lettrici un effetto di ripetizione e di noia, registrato dalla stessa redazione. (E' doveroso segnalare per il suo effetto di antidoto, il frizzante racconto di Gervasia Broxon, alias Bibi Tomasi, intitolato L'anniversario ). In questo numero si parla del processo di Trento, di prostituzione, di sessualità, del femminismo in rapporto al marxismo, alla sinistra, alla psicoanalisi, al lesbismo.
Nonostante la pratica dell'autocoscienza in quegli anni si fosse estesa a macchia d'olio (anche se non senza alcune resistenze) molte ne sottolineano i limiti, come ad esempio Virginia in Il piccolo gruppo come un vestito stretto? Ed esprimono l'esigenza di avere delle pratiche che trasformino le condizioni materiali. Un altro testo, intitolato Mater mortifera e firmato Lilith (DEMAU) mostra come alcune avessero fatto propria la lezione delle francesi. Le autrici sono in polemica con Fachinelli: l'oppressiva e minacciosa figura della madre da lui evocata nell'Erba Voglio n. 13-14 è la madre fallica, teorizzata "dalla cultura maschilista tipica della società patriarcale". L'intellettuale viene anche accusato di cogliere del femminismo solo "la protesta contro il maschio padrone" mentre "l'elemento portante per noi -scrivono- è la pratica politica dai rapporti fra donne".
Il terzo numero (sulla quarta copertina l'annuncio dell'imminente apertura della Libreria delle donne di Milano) uscì nel 1975: più di metà pagine sono occupate dalla registrazione di un incontro (Il corpo politico) tenutosi al Circolo De Amicis di Milano nel febbraio dello stesso anno.
Sono riportate le riflessioni e le proposte dei gruppi di lavoro che si erano formati su sessualità, maternità, pratiche politiche (in una nota la redazione ne informa che non è stato possibile pubblicare il contributo dell'ultimo gruppo perché "la discussione è stata solo parzialmente registrata e in modo tale da non essere in alcun modo decifrabile".
Uno dei temi più dibattuti è quello dell'aborto (all'epoca ancora illegale): molti interventi sottolineano come non si possa parlare di questa questione senza chiamare in causa la sessualità dominante. Alcuni gruppi (Milano, Firenze, Torino), contrari alla legalizzazione dell'aborto poiché non è interesse della donna che si legiferi sul suo copro, sono invece favorevoli alla sua depenalizzazione, posizione che nel movimento rimase sempre minoritaria. Si discute anche se abbia un senso partecipare insieme agli uomini a manifestazioni a favore dell'aborto come quella indetta a Firenze dai radicali (18-1-''5), a cui alcune donne di Torino hanno aderito per mantenere aperto "un discorso con le compagne maschilcomuniste" . Su questo punto interviene, con un testo intitolato Noi sull'aborto facciamo un lavoro politico diverso, il Collettivo di via Cherubini: "Richiedere la violenza che ci viene fatta in questi rapporti di potere con la sessualità maschile, ma facendosene complici e consenzienti a livello politico"" Le autrici del testo erano arrivate a queste conclusioni nel gruppo di pratica dell'inconscio (che avevano inventato seguendo l'esempio delle francesi di Psychanalyse et Politique) dove avevano cercato di dare una lettura politica di quei comportamenti femminili che la psicoanalisi trattava come nevrosi e malattia: non era una pratica facile ed era difficile da comunicare; infatti pochissimi gruppi la fecero propria.
Il quarto numero di Sottosopra uscì nel marzo del '76. La prima parte della rivista è occupata dalla trascrizione del lavoro di uno dei gruppi che avevano partecipato al secondo convegno tenutosi a Pinarella di Cervia (novembre del '75) e dalle riflessioni di alcune donne che c'erano state. Si discute soprattutto della difficoltà di tenere insieme il collettivo politico e le relazioni personali; del fatto che molte non riescono a intervenire, specie nelle grandi riunioni. Alcune denunciano come la parola sia uno strumento di potere; altre sottolineano come il rapporto solo di parola aumenti la produzione dei fantasmi e delle proiezioni reciproche e blocchi la costruzione di rapporti reali fra donne.
Per uscire da questa contraddizione alcune avevano cominciato a teorizzare "la politica del fare tra donne" sintetizza in un documento, I tempi, i mezzi e i luoghi, del Collettivo di via Cherubini, già uscito sotto forma di volantino nel gennaio '76 e pubblicato in questo numero di Sottosopra : la proposta era quella di aprire luoghi e momenti di socialità femminile autonoma per trasformare la realtà secondo una misura femminile. La parola d'ordine "usciamo dalle case" aveva infatti portato ad un fiorire d'iniziative: librerie, biblioteche, luoghi di ritrovo. Conclude il numero un "botta a risposta" fra Giordana ed Elena del "gruppo del giornale" e le compagne di Effe a proposito di un incontro tenutosi a Roma fra le redattrici di alcune riviste.
Nel dicembre del '76 fu pubblicato il cosiddetto Sottosopra rosa, interamente dedicato alla pratica politica. In prima pagina un documento firmato da un gruppo di donne di Col di Lana e intitolato Autodeterminazione: un obiettivo ambiguo. Le autrici prendono distanza da alcune proposte per la legalizzazione dell'aborto che allora circolavano e si esprimevano a favore della sua depenalizzazione. In particolare definiscono "terroristica" la proposta Pinto-Corvisieri: non ponendo vincoli temporali alla possibilità di abortire, questo progetto di legge di fatto "conteneva la richiesta irreale del diritto materno all'infanticidio". In ultima pagina una Proposta di un centro di medicina delle donne a Milano. Il resto del numero è occupato da tre testi ricavati dagli appunti di alcuni gruppi che avevano partecipato ad un incontro tenutosi alla Casa delle donne di via Col di Lana nel novembre del '76. Le autrici fanno un'analisi delle diverse pratiche politiche di quegli anni: l'esperienza dell'autocoscienza si è ormai consumata, la pratica dall'inconscio è di difficile comunicazione, il collettivo è dilaniato da scontri e rivalità tra "le nuove", "le sparviere delle organizzazioni" e "le cherubine". A causa della disarticolazione, della separazione tra le modificazioni personali e l'agire politico "il cosiddetto politico ridiventa astratto" scrivono le donne del Gruppo numero 4. E aggiungono: "il non-politico scava gallerie che non dobbiamo riempire di terra". Il collettivo -denunciano- non è un vero spazio di confronto politico ma un luogo immaginario dove "c'è chi nutre e chi è nutrita per modificarsi; nella realtà nessuna nutre e nessuna si modifica. Da qui una situazione di paralisi". Che portò infine alla chiusura della Casa delle donne di Via Col di Lana.
La lettura di Sottosopra ci consente di ricostruire le tappe più significative del primo femminismo e di ritrovare nelle pratiche di quegli anni alcune delle modalità che caratterizzano ancora oggi la politica della donne: il bisogno di partire da sé, il primato della parola parlata, l'importanza della scrittura per il passaggio dalla pratica alla teoria, la necessità di quel lavoro sulla lingua che è lo strumento attraverso cui costruiamo i nostri rapporti con le altre, gli altri e anche con noi stesse/i.

(Francesca Graziani)