Il primo numero di Sottosopra -ormai praticamente
introvabile, ma l'archivio della Libreria delle donne di Milano ne conserva
gelosamente una copia- apparve nel 1973: ma l'anno di pubblicazione non compare
sulla rivista. Non è l'unico caso -mi confermano le archiviste della Libreria:
a quei tempi, la comunicazione era vissuta come un fatto contestuale, legato
al presente, senza alcuna preoccupazione di memoria storica.
Una lettrice, un lettore dell'ultimo Sottosopra sulla fine del patriarcato
(gennaio '96), così ricco di riferimenti all'attualità politica (la guerra
nella ex Jugoslavia, Bill e Hillary Clinton, Mandela) o al pensiero contemporaneo
(Batson e Kurz) sarebbe colpita/o dalla quasi totale assenza di accenni ad
avvenimenti che non fossero strettamente collegati ai temi di cui si discuteva
allora nel movimento: ogni tanto qui e là una manifestazione (per Puig Antich:
chi era costui?) o la notizia della morte di Pasolini, ci riportano più precisamente
la memoria di quegli anni. La cosa si può spiegare in questo modo: per "mettere
al mondo il mondo" le donne avevano bisogno di chiuderlo intanto fra parentesi.
Fu un lavoro lungo e difficile, perché allora si procedeva senza sapere bene
la direzione del proprio cammino. Ma anche un periodo entusiasmante, ricco
di esperienza e di invenzioni politiche.
Rileggendo con gli occhi di oggi gli scritti di allora si riesce a rintracciare
dentro quel fitto intrecciarsi di discorsi il percorso che le parole di alcune
donne hanno fatto per riempirsi di senso e rischiare certe zone oscure dall'esperienza
femminile.
La tipologia dai testi apparsi su Sottosopra è quanto mai varia: resoconti
di riunioni o convegni organizzati in Italia o all'estero, volantini, riflessioni
sulla pratica politica, recensioni di libri, traduzioni, poesie, racconti
di vissuto personale, racconti tout court. Sono firmati con la sigla di un
gruppo, con nome -spesso solo con le iniziali- di una singola o più donne:
raramente è riportato il cognome, qualche volta il numero di telefono. La
grafica è diversa per ogni numero: i primi quattro sono dei "quaderni", più
o meno voluminosi: all'interno della rivista -talvolta anche in copertina-
disegni e foto rompono l'uniformità del testo scritto.
L'ultimo numero, è un foglio di otto pagine con il quale si inaugura la veste
tipografica che conserva anche oggi. Il primo Sottosopra si apre con
la lettera che era stata mandata dalla redazione (meglio nota come "il gruppo
del giornale", nato per iniziativa di alcune donne che facevano parte del
collettivo di via Cherubini di Milano) ai collettivi femministi allora esistenti:
la rivista si offre come uno spazio di confronto per quelle donne che sentono
il bisogno di "costruire una realtà diversa dal piccolo gruppo" e di "fare
qualcosa che incida nella realtà in cui viviamo". La redazione si propone
di ospitare gli interventi di gruppi -o di singole donne purchè non legati
ad organizzazioni maschili- e di pubblicarli integralmente in ordine alfabetico.
Nella rivista infatti compaiono i testi di vari gruppi, come Lotta Femminista,
il Collettivo Pompeo Magno di Roma, la Nemesiache di Napoli, il gruppo femminista
di Torino, per citarne solo alcuni. I temi trattati sono l'autocoscienza,
la scuola, il rapporto tra femminismo e lotta di classe, la critica al PCI
e alle organizzazioni extraparlamentari; c'è la recenzione di La condizione
dalla donna di J. Mitchell a di L'atto sessuale nell'uomo e nella donna
di Masters e Johnson. Nella sezione dedicata alla traduzione, un articolo
sul femminismo americano di fine ottocento di Judit Hole ed Hellen Levine
del Women'' Liberation di New York. Tra i contributi dall'estero, uno scritto
dell'inglese Rosalind Delmar, intitolato Sessismo, capitalismo, famiglia.
Ma l'atmosfera di quegli anni ce le raccontano, con un tono fra il drammatico
e il comico, soprattutto due testi autobiografici (Testimonianze di due
donne): il primo è di una sicialiana, Graziella: il fratello, amico di
una leader del movimento, le "impone" di diventare femminista. Ma quando lei
si rifiuta di sposarsi perché vuole andare a Roma, la minaccia di "spezzarle
le gambe". Il secondo è di Giovanna che, chiusa a chiave nella sua stanza
dal padre, il quale vuole impedirle di andare alle riunioni femministe, fugge
da una finestra del quarto piano calandosi col lenzuolo sul balcone della
vicina.
Uno dei contributi teorici più interessanti di questo numero è quello del
gruppo francese Psychanalyse et politique, intitolato A proposito
di una tendenza, dove le autrici, che sono contrarie all'autocoscienza
e teorizzano la pratica dei rapporti tra donne, precisano che è necessario
riattraversare a partire dalle contraddizioni concrete "gli strumenti di pensiero
che già esistono" poiché "sono marcati dal segno borghese e maschile come
tutto ciò che ci circonda, come il linguaggio più comune". Sono riportati
anche i commenti di alcune milanesi che avevano partecipato all'incontro di
Vieux Viller nel novembre del '72, organizzato da Politique et psycanalyse:
le italiane erano rimaste colpite dal fatto che le francesi riconoscevano
ad Antoinette Fouque il suo ruolo di leader e intendevano affrontare questa
contraddizione. Una posizione in Italia poco condivisa: proprio in questo
numero dalla rivista le donne di Rivolta femminile ribadiscono che il loro
gruppo "non ha leader".
Il secondo Sottosopra , uscito nel '74, è il più voluminoso - circa
150 pagine. La voce si era sparsa e la scelta di pubblicare tutto e integralmente
fu messa a dura prova: lo statico accostamento dei testi produceva sulle lettrici
un effetto di ripetizione e di noia, registrato dalla stessa redazione. (E'
doveroso segnalare per il suo effetto di antidoto, il frizzante racconto di
Gervasia Broxon, alias Bibi Tomasi, intitolato L'anniversario ). In
questo numero si parla del processo di Trento, di prostituzione, di sessualità,
del femminismo in rapporto al marxismo, alla sinistra, alla psicoanalisi,
al lesbismo.
Nonostante la pratica dell'autocoscienza in quegli anni si fosse estesa a
macchia d'olio (anche se non senza alcune resistenze) molte ne sottolineano
i limiti, come ad esempio Virginia in Il piccolo gruppo come un vestito
stretto? Ed esprimono l'esigenza di avere delle pratiche che trasformino
le condizioni materiali. Un altro testo, intitolato Mater mortifera
e firmato Lilith (DEMAU) mostra come alcune avessero fatto propria la lezione
delle francesi. Le autrici sono in polemica con Fachinelli: l'oppressiva e
minacciosa figura della madre da lui evocata nell'Erba Voglio n. 13-14
è la madre fallica, teorizzata "dalla cultura maschilista tipica della società
patriarcale". L'intellettuale viene anche accusato di cogliere del femminismo
solo "la protesta contro il maschio padrone" mentre "l'elemento portante per
noi -scrivono- è la pratica politica dai rapporti fra donne".
Il terzo numero (sulla quarta copertina l'annuncio dell'imminente apertura
della Libreria delle donne di Milano) uscì nel 1975: più di metà pagine sono
occupate dalla registrazione di un incontro (Il corpo politico) tenutosi
al Circolo De Amicis di Milano nel febbraio dello stesso anno.
Sono riportate le riflessioni e le proposte dei gruppi di lavoro che si erano
formati su sessualità, maternità, pratiche politiche (in una nota la redazione
ne informa che non è stato possibile pubblicare il contributo dell'ultimo
gruppo perché "la discussione è stata solo parzialmente registrata e in modo
tale da non essere in alcun modo decifrabile".
Uno dei temi più dibattuti è quello dell'aborto (all'epoca ancora illegale):
molti interventi sottolineano come non si possa parlare di questa questione
senza chiamare in causa la sessualità dominante. Alcuni gruppi (Milano, Firenze,
Torino), contrari alla legalizzazione dell'aborto poiché non è interesse della
donna che si legiferi sul suo copro, sono invece favorevoli alla sua depenalizzazione,
posizione che nel movimento rimase sempre minoritaria. Si discute anche se
abbia un senso partecipare insieme agli uomini a manifestazioni a favore dell'aborto
come quella indetta a Firenze dai radicali (18-1-''5), a cui alcune donne
di Torino hanno aderito per mantenere aperto "un discorso con le compagne
maschilcomuniste" . Su questo punto interviene, con un testo intitolato
Noi sull'aborto facciamo un lavoro politico diverso, il Collettivo
di via Cherubini: "Richiedere la violenza che ci viene fatta in questi rapporti
di potere con la sessualità maschile, ma facendosene complici e consenzienti
a livello politico"" Le autrici del testo erano arrivate a queste conclusioni
nel gruppo di pratica dell'inconscio (che avevano inventato seguendo l'esempio
delle francesi di Psychanalyse et Politique) dove avevano cercato di
dare una lettura politica di quei comportamenti femminili che la psicoanalisi
trattava come nevrosi e malattia: non era una pratica facile ed era difficile
da comunicare; infatti pochissimi gruppi la fecero propria.
Il quarto numero di Sottosopra uscì nel marzo del '76. La prima parte
della rivista è occupata dalla trascrizione del lavoro di uno dei gruppi che
avevano partecipato al secondo convegno tenutosi a Pinarella di Cervia (novembre
del '75) e dalle riflessioni di alcune donne che c'erano state. Si discute
soprattutto della difficoltà di tenere insieme il collettivo politico e le
relazioni personali; del fatto che molte non riescono a intervenire, specie
nelle grandi riunioni. Alcune denunciano come la parola sia uno strumento
di potere; altre sottolineano come il rapporto solo di parola aumenti la produzione
dei fantasmi e delle proiezioni reciproche e blocchi la costruzione di rapporti
reali fra donne.
Per uscire da questa contraddizione alcune avevano cominciato a teorizzare
"la politica del fare tra donne" sintetizza in un documento, I tempi, i
mezzi e i luoghi, del Collettivo di via Cherubini, già uscito sotto forma
di volantino nel gennaio '76 e pubblicato in questo numero di Sottosopra
: la proposta era quella di aprire luoghi e momenti di socialità femminile
autonoma per trasformare la realtà secondo una misura femminile. La parola
d'ordine "usciamo dalle case" aveva infatti portato ad un fiorire d'iniziative:
librerie, biblioteche, luoghi di ritrovo. Conclude il numero un "botta a risposta"
fra Giordana ed Elena del "gruppo del giornale" e le compagne di Effe
a proposito di un incontro tenutosi a Roma fra le redattrici di alcune riviste.
Nel dicembre del '76 fu pubblicato il cosiddetto Sottosopra rosa, interamente
dedicato alla pratica politica. In prima pagina un documento firmato da un
gruppo di donne di Col di Lana e intitolato Autodeterminazione: un obiettivo
ambiguo. Le autrici prendono distanza da alcune proposte per la legalizzazione
dell'aborto che allora circolavano e si esprimevano a favore della sua depenalizzazione.
In particolare definiscono "terroristica" la proposta Pinto-Corvisieri: non
ponendo vincoli temporali alla possibilità di abortire, questo progetto di
legge di fatto "conteneva la richiesta irreale del diritto materno all'infanticidio".
In ultima pagina una Proposta di un centro di medicina delle donne
a Milano. Il resto del numero è occupato da tre testi ricavati dagli appunti
di alcuni gruppi che avevano partecipato ad un incontro tenutosi alla Casa
delle donne di via Col di Lana nel novembre del '76. Le autrici fanno un'analisi
delle diverse pratiche politiche di quegli anni: l'esperienza dell'autocoscienza
si è ormai consumata, la pratica dall'inconscio è di difficile comunicazione,
il collettivo è dilaniato da scontri e rivalità tra "le nuove", "le sparviere
delle organizzazioni" e "le cherubine". A causa della disarticolazione, della
separazione tra le modificazioni personali e l'agire politico "il cosiddetto
politico ridiventa astratto" scrivono le donne del Gruppo numero 4. E aggiungono:
"il non-politico scava gallerie che non dobbiamo riempire di terra". Il collettivo
-denunciano- non è un vero spazio di confronto politico ma un luogo immaginario
dove "c'è chi nutre e chi è nutrita per modificarsi; nella realtà nessuna
nutre e nessuna si modifica. Da qui una situazione di paralisi". Che portò
infine alla chiusura della Casa delle donne di Via Col di Lana.
La lettura di Sottosopra ci consente di ricostruire le tappe più significative
del primo femminismo e di ritrovare nelle pratiche di quegli anni alcune delle
modalità che caratterizzano ancora oggi la politica della donne: il bisogno
di partire da sé, il primato della parola parlata, l'importanza della scrittura
per il passaggio dalla pratica alla teoria, la necessità di quel lavoro sulla
lingua che è lo strumento attraverso cui costruiamo i nostri rapporti con
le altre, gli altri e anche con noi stesse/i.
(Francesca Graziani)