il guardarobe ricchezza e libertà nominare le differenze io, te, noi mi sento più me stessa.. la madre, l'amore, i soldi L'eredità delle donne - home page ...mandaci un email

"Ho 17 anni ed è il 1976. A scuola mia faccio politica. Ma non mi ci trovo mica tanto. Poi come un'ondata non so bene da dove arriva il femminismo e scopro che mi sta bene, che aderisco che sono più ribelle e più dolce insieme. Stare con le altre ragazze mi piace e mi diverte. Essere femministe ci consente di tormentare i maschi, di minare le loro certezze. Non siamo più mansuete. Ad una riunione della mia organizzazione basta un'occhiata tra noi donne e ci alziamo tutte dicendo che questo discorso o questo modo di affrontarlo non ci interessano e li lasciamo sbigottiti. Ma la scoperta più emozionante è che il nostro "personale è politico" e che possiamo illuminare parte delle nostre vite, farne un discorso comune. In gruppi piccoli di cinque o sei ragazze pratichiamo l'autocoscienza. Ci vediamo a casa di qualcuna e ci raccontiamo come viviamo il nostro corpo e la sessualità. Magari capita che Giulia ed io parliamo della pillola o dell'orgasmo e all'improvviso Elena si mette a piangere e si scopre che sta soffrendo perché i suoi genitori sono sul punto di separarsi. A volte Luisa racconta quanto è a disagio con se stessa, che non si piace neanche un po', mentre a noi sembra tanto bella. Qualcosa che è nostro, ancora un grumo di esperienze senza ordine apparente, esce e diventa dicibile. E' disordinato il nostro stare assieme, ci sentiamo tutte uguali, ma ci diamo tanta forza. Giriamo di notte in gruppo, scopriamo le gonne a fiori e gli zoccoli. E soprattutto, noi ragazze, ci divertiamo. Si respira un vento nuovo. E' libertà? "(Flaminia Cardini).

Questo nuovo modo di stare tra simili scombussola. Come una valigia a doppio fondo che sotto la disposizione apparentemente ordinata mostra una dimensione di sé più profonda, più selvaggia e meno accessibile.

"E' nei gruppi di autocoscienza che molte parlavano della propria storia partendo da sé, evitando cioè le parole e le interpretazioni di un sapere già precostituito. Più avanti, è nei gruppi della "pratica dell'inconscio" che il partire da sé è stato ripreso, facendo attenzione al piano profondo di desideri, sogni, immagini, sentimenti, che andavano interpretati non tanto come segno di una storia personale cancellata, quanto come segnale di una storia delle donne fino a quel momento azzerata, che così, attraverso questa via, trovava il suo modo di articolarsi. Oggi la situazione storica è diversa, tanto è vero che il partire da sé ha una sua forza autonoma e non è più legata al far riaffiorare una storia negata o cancellata" (Chiara Zamboni).

"Intendo parlare di libertà femminile. Mi accorgo tuttavia che nel momento in cui penso a questa libertà, non registro dentro di me che questa sola parola, spoglia di qualunque attributo. Il ponte che io getto dalla mia esperienza, che subito mi avvicina da altre, fa risaltare, un evento puro. Il mio scrivere è di conseguenza spesso senza aggettivazione femminile; sembrando neutro, rimane sessuato, in quanto mostra ciò che ogni donna sa bene quando pensa a partire da sé: che, proprio perché tenuti nel proprio genere, i pensieri vanno verso l'infinito" (Angela Putino).

"La capacità di appartarsi da sé, è massima dove parlano individui dello stesso sesso... per una donna il corpo e la parola delle altre donne presenti fa da giusto contenitore alla propria parola. Le altre, visibili, sono tramiti e mediatrici, per il sapersi accostare a sé, ma soprattutto per un allontanamento da sé che non significhi lasciarsi indietro, abbandonarsi, così come si lasciano a volte i vestiti di una sera su di una sedia improvvisamente senza vita" (Angela Putino).

"Mi trovo in un bar con Rita, un'amica di mia madre, la compagna di Università che, all'epoca, l'ha introdotta negli ambienti antifascisti. Io e Claudia, mia sorella, l'ascoltiamo mentre ci racconta del "Virginia Woolf", di Gabriela Marsili e del suo corso "dialoghi tra madri e figlie", e dell'importanza di esserci. Mi appassiono e lo propongo subito a Flaminia, sicura del suo entusiasmo. E così siamo entrate al "Virginia Woolf", tempio del femminismo romano. E' il 1990, ho 32 anni ed è il mio primo incontro con il femminismo. La cosa che mi ha colpita immediatamente è stato il concetto di Genealogia femminile: ho capito come mai andando via di casa, e poi nei seguenti traslochi, mi portavo sempre dietro tre piccole fotografie, mia nonna, mia madre in braccio a mia nonna, e io da piccola. Mi portavo dietro la mia genealogia, le mie radici! Era la mia sicurezza. Così come ci dava sicurezza questo gruppo di donne che si incontrava, discuteva, produceva pensiero. L'anno successivo, con il gruppo delle "figlie", abbiamo iniziato con grande entusiasmo a "mettere le mani" nel magma che è la relazione con la madre e la relazione di donne con le donne e con il mondo. La prima tappa è stata l'intervista alle madri sulla nostra nascita. E' stata un'occasione per parlare con mia madre di cose di cui non avevo mai parlato, l'inizio di una nuova, ricca, relazione con lei. Da queste interviste sono venute fuori storie bellissime, a volte tragiche, a volte spassose, tutte molto intense. E' stata la prima volta che ho toccato il profondo del mio essere insieme ad altre donne. E le tre piccole foto sono sempre lì." (Francesca De Pascale).

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