Miraggio

"Il miraggio. Nel Sahara, i beduini, l'occhio esorbitato, la lingua di fuori secca, non sapevano come salvarsi dalla loro condizione di rantolanti. Da laggiù, laggiù, allora, dalla scalea di strati di compatta luce contagiati sul suolo percorso da solleone martoriato di rabbia, mentre la sua luce rarefatta rimbalzava attraversata da strati più densi: nel cuore di quegli abbagli sovrapposti brusca eleggeva luce capovolta una sembianza di dimore felici, attorniate da giardini, specchiantesi in un lago con zampilli impazienti e, sotto un ciuffo, alla cima, diramato di palme, secondo l'albero, caschi di datteri gialli, di datteri rossi, provocanti, e i palmizi che calano al suolo sottili di fusto per lo sproposito dell'altezza, inanellati da capo a fondo da rincorse di recisioni e di nodi, seguitisi uno all'anno, memorando età. Fata Morgana l'hanno chiamata a Messina, quella che si addestra in tali stregonerie.

Nacque a quel modo il gusto e la passione di slanciarmi, di tuffarmi, di imbozzolarmi in miraggi. Era un puerile scoprimento del proprio esistere interiore..."

(Ungaretti, Nota introduttiva, in: Vita di un uomo, Mondadori, pag. 502-503)

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