L'UOMO DEL MONTE È CAMBIATO   di Alex Zanotelli

Continuano i successi della grande campagna di boicottaggio che sta cambiando la vita a migliaia di lavoratori nelle piantagioni di ananas in Kenya.

Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio della "lettera agli amici" di padre Alex Zanotelli, scritta negli ultimi giorni del 2000. E' la storia della campagna di boicottaggio alla Del Monte, con le prime, grandi, vittorie. Una svolta importante e significativa, che dimostra come la pressione dell'opinione pubblica e il lavoro instancabile delle associazioni per i diritti umani e dei lavoratori, alla fine, risulta vincente. Dopo la salita è cominciata la discesa, ma la strada è ancora lunga ed ora più che mai serve il nostro sostegno.

Tre assi portanti

Gli eventi della fine dell'anno sono stati incalzanti. Dopo i successi nella campagna per la terra del Pamoja Trust nella baraccopoli di Korogocho, ecco che improvvisamente anche la campagna contro la Del Monte Kenya comincia a dare i suoi frutti. Una campagna lanciata nel 1999, che ha avuto tre assi portanti: il Centro Nuovo Modello di Sviluppo (F. Gesualdi), la Commissione per i Diritti Umani in Kenya K.H.R.C. (W. Motunga) e il sindacato dei lavoratori (CUFAW) guidato da Daniel Kiule. Senza questi tre elementi cardine, non avremmo ottenuto nulla.

Dopo una serie di "schermaglie" all'inizio dell'anno scorso, la Del Monte si irrigidì rifiutando di trattare, soprattutto con il Comitato di Solidarietà (composto dal K.H.R.C. - Kenya Human Rights Committee - e da altre 8 organizzazioni keniote) che opera in appoggio ai lavoratori. L'arrivo a Nairobi in settembre del Presidente della Del Monte Internazionale Danawa, fu un segnale di disgelo. Danawa voleva trattare con sole due persone del Comitato, che però rifiutò l'offerta. E fu di nuovo "guerra fredda", guidata dal direttore generale Del Monte-Kenya, Twaite, e dal suo fedele scudiero Mantu.

Kenya is changing

L'imponente manifestazione a Thika, il 17 settembre, di migliaia di lavoratori solidali al loro leader carismatico Kiule, deve aver impressionato l'Azienda. Fulmine a ciel sereno! Il 23 ottobre il Ministero del lavoro keniota convoca le tre le parti ad un incontro ufficiale al Ministero, sotto la presidenza del Sottosegretario Gitu. I rappresentanti dell'Azienda (Twaite, Mantu), dei sindacati e del Comitato di Solidarietà si sono dovuti quel giorno guardare in faccia sotto gli occhi sbigottiti del presidente degli industriali (K.F.I.), Odwor, che dichiara l'incontro "illegale". Il Sottosegretario rispondeva che gli attivisti erano parte in causa in tale conflitto. "Kenya is changing: either we change, or change will change us" disse testualmente Gitu. ("Il Kenya sta cambiando: o cambiamo anche noi, o il cambiamento cambierà anche noi."). Il comitato di solidarietà chiedeva, per tutta risposta, la testa dei due massimi dirigenti della Del Monte: Twaite e Mantu. Il dado è tratto! Il comitato di solidarietà è divenuto a tutti gli effetti un interlo-cutore riconosciuto, insieme al sindacato e all'azienda. Un passo storico, un salto nel futuro di grande significato!

In conclusione dell'incontro si annunciava la visita del Ministro del Lavoro alle piantagioni di ananas di Thika (località a circa un'ora da Nairobi). Visita avvenuta poche settimane dopo, che induceva il Ministro a parlare apertamente di "violazioni dei diritti dei lavoratori!"

Cambio ai vertici

È in questo frangente che Del Monte Internazionale interviene imponendo un Chief Executive (una carica nuova) alla Del Monte Kenya nella persona di Lorenzo Bertolli. Con mia sorpresa lo vedo arrivare a Korogocho accompagnato dall'antico direttore generale Zingaro (ritiratosi per limiti d'età), che nel '99, al lancio della campagna di boicot-taggio, era venuto a cercarmi a Kariobangi e mi aveva coperto di insulti: pensava che fossi io l'informatore segreto contro la Del Monte. Oggi è un altro uomo, perfino gioviale. Mi presenta Bertolli come l'uomo ideale per salvare la Del Monte. Rimango subito ben impressionato da Bertolli (rampollo di una nota famiglia di Lucca). "Lo so - mi dice con sincerità Bertolli - lo so che voi avete bisogno di una vittoria, ma anch'io ho bisogno di rilanciare l'impresa. Diamoci la mano. Sono disposto a trattare". E mi porge la mano che stringo forte. "Ma dimmi una cosa - interrompe bruscamente Zingaro - Perché mai avete scelto come bersaglio la Del Monte che in Kenya non è la peggior azienda in fatto di violazioni dei diritti umani?" Aspettavo quella sua domanda. "Lo so che non siete i peggiori in campo", rispondo. "Siete però il soft belly [pancia molle, n.d.r] della Bestia, dove è più facile ottenere una vittoria". Zingaro sorride: "Capisco! Avete un bel coraggio!".

Si aprono i cancelli

Una settimana dopo arriva l'invito di Bertolli per una prima riunione informale fra azienda e Comitato di Solidarietà. L'incontro dimostrò a tutti che Bertolli era intenzionato ad andare fino in fondo. Infatti è lo stesso Bertolli che il 4 di dicembre invita il Comitato di Solidarietà e i rappresentanti sindacali a Thika. Un incontro molto costruttivo a cui ho partecipato con grande gioia (era la prima volta che entravo nella proprietà della Del Monte). I problemi da affrontare erano talmente tanti che concordammo un altro incontro, anche questo così positivo da portare ad una conferenza stampa il 21 dicembre a Nairobi. Quasi tutta la stampa locale era presente. Un vero dono di Natale.

Sottolineai per i giornali alcuni aspetti nuovi di questa vicenda. Primo: per la prima volta una campagna di boicottaggio veniva effettuata in Africa; secondo: un'organizzazione per i diritti umani si impegnava per la lotta per i diritti dei lavoratori ("Basic needs are basic rights"- "I bisogni fondamentali sono diritti fondamentali"); terzo: un'organizzazione per i diritti umani era coinvolta in una trattativa tra sindacati ed azienda. "Questo è stato per noi un primo saggio" - dissi ai giornalisti . "La vittoria ottenuta ci spalanca le porte ad affrontare le situazioni dove le violazioni dei diritti dei lavoratori sono sotto gli occhi di tutti".

Prima tra queste è l'industria dei fiori che impiega nella zona di Nakuru e Naivasha oltre 150.000 operai, pagati 43 scellini al giorno (mezzo dollaro) e 90 per chi si rifiuta di aderire al sindacato! È un'industria in mano agli uomini più prestigiosi della politica keniana.

La campagna "Diciamo No all'Uomo Del Monte"

Con l'aiuto di Padre Zanotelli, il Centro Nuovo Modello di Sviluppo ha condotto un'approfondita inchiesta sulle condizioni di lavoro esistenti nella piantagione di ananas in Kenya appartenente al gruppo Del Monte Royal che fa capo alla Cirio, ossia a Sergio Cragnotti. L'inchiesta denuncia il pagamento di salari indegni, condizioni igieniche ed abitative indecenti, comportamenti antisindacali e il ricorso ad un armamentario chimico che comprende prodotti pericolosi per i lavoratori e per l'ambiente. All'interno della piantagione Del Monte, nessun bracciante o operaio riscuote un salario sufficiente per coprire le necessità di base della propria famiglia, che di media in Kenya è composta da sei persone. Ma la situazione degli avventizi è la più drammatica. Qualora lavorassero per quattro settimane di fila si porterebbero a casa solo 2.300 scellini (ossia 69.000 lire) sufficienti a coprire appena il 20% del fabbisogno mensile di base di una famiglia.

In effetti il salario che Del Monte paga agli avventizi è di 12 scellini l'ora (360 lire) corrispondente al prezzo di una coppia di uova. Se fossero pagati in natura, gli avventizi si porterebbero a casa appena 3 kg di farina di mais al giorno in cambio di nove ore di lavoro. Ciò è possibile anche grazie alle scandalose leggi del governo del Kenya, che sostiene un salario minimo legale attorno ai 2.000 scellini mensili. Il sindacato denuncia l'abitudine di Del Monte Kenya di inquadrare i lavoratori in mansioni inferiori a quelle realmente svolte per pagare salari più bassi. Denuncia anche comportamenti antisindacali. Ad esempio nell'aprile 1997 l'azienda licenziò 1.700 lavoratori discontinui che stavano aderendo ad uno sciopero, indetto secondo tutte le procedure legali, e mandò dei camion a reclutare mano d'opera avventizia nei quartieri più poveri.

Ma tutto questo sta cambiando, grazie all'impegno e all'adesione di molte persone alla campagna di boicottaggio.    (fonte: Manitese)

"la lotta paga, specialmente se nonviolenta"


Per maggiori informazioni: www.citinv.it/associazioni/CNMS/archivio/strategie/campagna_delmonte.html

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