Colombia La testimonianza di Alex |
La
salvezza in Cristo ha spesso origine nella tragedia.
Fu
così per Alex, il quale accettò Cristo dodici anni fa dopo che il FARC (Forze
Armate Rivoluzionarie della Colombia) si impadronì della sua fattoria e uccise
suo padre.
La
fede di Alex è stata ripetutamente messa alla prova dai tempi dell'assassinio
di suo padre, ma la sfida maggiore la visse quattro anni fa mentre si recava al
lavoro in autobus insieme con altri 26 raccoglitori di banane.
Il
FARC minacciava regolarmente i lavoratori perché molti tra di essi
simpatizzavano per i paramilitari contro cui combatteva.
Evidentemente
il FARC aveva messo gli occhi sulla piantagione di banani e voleva reclamarne
la proprietà.
Quella
mattina i lavoratori stavano viaggiando diretti alla piantagione quando
alcuni militanti del FARC fermarono
l'autobus. Quando i quattro guerriglieri armati di fucili automatici
fecero irruzione all'interno, Alex sentì un fremito nello spirito.
"Quando
li vidi, lo Spirito Santo testimoniò al mio cuore che ci avrebbero uccisi e
cominciai a tremare, sapendo che la morte era vicina", ricorda Alex.
Poi
Alex sentì una pace e una gioia travolgenti.
Iniziò
a elevare canti di lode mentre i guerriglieri spingevano i lavoratori fuori dell'autobus
e li allineavano lungo il ciglio della strada.
Ringraziava
e lodava Dio e cantava al Signore con tutto il cuore. "Grande è la tua
fedeltà, Signore Iddio, nessuno è pari a tè".
La
reazione di Alex alla morte fu del tutto naturale per lui.
"Non
è la reazione normale di qualunque cristiano che ama Gesù profondamente?"
chiede Alex.
"È
il momento della morte, il momento di accedere alla sua presenza, perciò lo
lodavo e lo adoravo".
I guerriglieri legarono le mani di ogni lavoratore
con le corde usate per legare i caschi di banane.
Li
divisero in tre file e li costrinsero a inginocchiarsi sull'erba coperta di
rugiada. Si innervosirono sentendo Alex che continuava a elevare canti di lode.
Uno di essi colpì Alex con il calcio del fucile per
farlo stare zitto.
Un
altro lavoratore gridò: "Non uccidetemi! Non uccidetemi! Sono del tutto
innocente!"
Alex
ricorda di essersi spazientito e di aver detto a quel fratello: "Perché
chiedi la vita a questi uomini quando l'unico proprietario della nostra vita è
Dio?"
Un
silenzio agghiacciante scese sui prigionieri.
All'improvviso
una raffica di spari infranse il silenzio.
I
guerriglieri svuotarono le loro armi automatiche sugli ostaggi.
Alex
si aspettava che il suo corpo venisse trafitto da una sfilza di proiettili, ma
scoprì con stupore che era stato soltanto colpito di striscio a un braccio. Non
sentiva dolore.
Sangue
caldo e tessuto cerebrale di due donne inginocchiate accanto a lui gli erano
schizzati sul viso e avevano impregnato la sua camicia.
I
guerriglieri raggiunsero l'inizio della fila e scaricarono un'altra raffica di
proiettili sui prigionieri. Una pallottola colpì Alex tra naso e occhio e
fuoriuscì dal lato destro del viso. Gli esplose l'occhio, ma non perse
coscienza.
Era
steso a terra in un lago di sangue quando i guerriglieri, adesso armati di
machete, cominciarono a tagliare la testa ai lavoratori caduti.
"Quando
furono giunti alla mia altezza, mi resi improvvisamente conto che non avevo
parlato loro di Gesù", ricorda Alex. "Stavo annegando nel mio
sangue, riuscivo a malapena a parlare ed ero completamente cieco. Ma con tutta
la forza che riuscii a racimolare gridai loro: “Gesù vi ama! Gesù vi ama!”
Uno dei guerriglieri lo mise a tacere frantumandogli la mandibola con il calcio del suo fucile.
Più
di sessanta guerriglieri del FARC presero parte al massacro quel giorno.
Venticinque lavoratori della piantagione perirono.
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Alex sopravvisse e da
allora si è dovuto sottoporre a diverse operazioni chirurgiche per la
ricostruzione del viso.
Il desiderio di raccontare
ad altri la sua storia lo condusse al carcere Bella Vista di Medellin, dove
incontrò diversi guerriglieri del FARC che avevano preso parte al massacro e
rese loro la sua testimonianza.
Alex afferma di non
nutrire alcuna animosità ne pensieri cattivi nei confronti degli uomini che
tentarono di ucciderlo.
Molti anni fa Dio mi
insegnò a perdonare.
Il perdono è la base della
nostra relazione con Dio", afferma Alex.
"Provo amore e
compassione per questi uomini perché il diavolo li ha rinchiusi in prigione, la
loro stessa prigione, e non vuole lasciarli andare.
Posso essere per loro uno
strumento di libertà".
Poiché Alex perdonò i suoi assalitori e parlò loro di Gesù,
alcuni di loro si sono adesso convertiti a Cristo.
Nonostante la cecità a entrambi gli occhi dovuta a quel tragico
episodio, il giovane evangelista afferma di vedere chiaramente la chiamata
di Dio per la sua vita: egli gli ha dato la visione di annunciare l'amore di
Cristo che libera i prigionieri!
notiziario 3, p.13 – www.eun.ch