il guardarobe ricchezza e libertà nominare le differenze io, te, noi mi sento più me stessa.. la madre, l'amore, i soldi L'eredità delle donne - home page mandaci un e-mail

Ti hanno presa, poi girata, tenendoti per i piedi, per districare il cordone ombelicale che avevi girato per ben due volte attorno al collo, poi lo hanno reciso, ed eri tu. Nell'attimo della tua nascita (mi è sembrato un attimo, non so) ho avvertito un senso di pienezza, di potere, di forza vitale, di onnipotenza divina, quasi ancora oggi vorrei poter rivivere quella sensazione e quella riprovata quando è nata tua sorella: sono stati i momenti più intensi della mia vita e gli unici che rimpiango in quanto irripetibili.

Sei nata nel '64, avevo 25 anni e il mondo stava cambiando, credevo stesse arrivando un futuro più giusto e felice per il mondo, specie in campo sociale ed ambientale. Si pensava all'architetto e al geologo "condotto" per ridisegnare il territorio del paese, mi sembrava giusto e naturale avere dei figli e continuare così nel futuro la vita che avevo e che mi era stata data, al momento non avevo dubbi né angosce, né paura delle responsabilità che mi prendevo nel mettere al mondo te, quelle sono venute dopo e ci sono ancora.

natadidonna... Laura racconta

Io sono nata in ritardo più o meno di una ventina di giorni, esattamente il giorno in cui il medico ha detto: "Se non nasce entro stanotte facciamo il cesareo" e improvvisamente alle dieci di notte ha cominciato ad avere delle contrazioni tali che si sono resi conto che doveva essere ricoverata. Mi ha raccontato che era a casa di mia nonna e nel tragitto dalla porta di casa all'ascensore (saranno dieci metri), si è dovuta fermare due o tre volte. E' arrivata in clinica che più o meno stavo nascendo, molto tardi e questo, a mio avviso, perché lei ha una sopportazione masochista del dolore. I dolori non sono stati per niente forti, lei era incuriosita da questa cosa e non si sarebbe fatta fare 1'anestesia mai e poi mai.

Le ho chiesto come era stato il rapporto con sua madre mentre mi aspettava e durante il parto.

Con mia madre il rapporto è stato di molta protezione ed ansia da parte sua e molta sicurezza da parte mia e forse raggiunta parità, illusoria, direi oggi, in quanto la dipendenza dalla madre non cessa mai, non è cessata neanche oggi con la morte di mia madre. Ancora oggi può aiutarmi e guidarmi... Bella illusione!
Sei stata contenta che fossi una bambina? le ho chiesto.
Si, molto, e poi, Laura, eri così bella, la più bella bambina del nido, eri mia, ti avevo fatto io!
In lei c'è sempre questo fatto di sentirsi onnipotente per aver concepito, per aver messo al mondo una persona. A questo punto le ho domandato: cosa hai provato ad allattarmi?
Non ricordo una sensazione particolare. Ho forse un ricordo della dea madre padrona della vita e sacerdotessa della nutrizione e della morte....

Comunque lei non mi ha allattato molto, più o meno per una ventina di giorni, dopodiché le sono venute le ragadi al seno quindi non poteva più allattarmi ed io ho preso il latte artificiale; però credo di non averne risentito tantissimo, cioè mi sono adeguata a questo fatto che mi davano il biberon, che prendevo il latte diversamente.

Hai sentito di aver bisogno di un'autorizzazione ad essere madre?

Non mi sono posta il problema. Per me era normale mettere al mondo i figli. Per normale intendo forse che tutti si aspettavano che io mi sposassi ed avessi dei figli. Era così anche per me, ed era importante, era l'unica cosa che mi facesse superare la rabbia di essere donna; io potevo fabbricare la vita, e questa vita per me sarebbe stata la cosa più importante, questa vita e colui che avrei scelto per dividerla con me. Forse volevo capovolgere i valori di mia madre che ha scelto la linea maschile: il padre nell'infanzia, il fratello nell'adolescenza e il marito per tutta la sua vita fino alla morte. Io ho creduto in quella femminile: le figlie, come me, più di me, dopo ed oltre me, per dare ad altri la vita. Tu sei l'arco che lancia la vita.

Cosa ricordi dei nostri primi mesi insieme? le chiedo

Oggi mi sembra di ricordare poco: allattamento al seno per quaranta giorni, il ritorno a Pisa con la cinquecento (eravamo residenti a Pisa però lei era venuta appositamente a Roma per farmi nascere; al momento della mia nascita mio padre non c'era, era a Pisa a lavorare); dopo quaranta giorni stavamo benissimo tutte e due per cui siamo rientrate a Pisa con il biberon da far scaldare nei bar, i primi giorni sola a casa con te senza nessuno a cui chiedere aiuto o consiglio, le passeggiate ai giardini, la tua curiosità già a tre mesi per il mondo che ti circondava e l'attendente che ti faceva giocare (perché mio padre è militare, e quando ero piccola aveva un attendente a sua disposizione, che mi faceva da baby sitter). Per molto tempo per te gli uomini sono stati papà, nonno e totatto (soldato). A sei mesi siamo andate al campo militare con tuo padre e lì hai preso un'enterocolite e la tosse convulsa. Ti ho portata al consultorio 0.N.M.I. con molta vergogna, come se levassi a chi ne aveva bisogno economico il tempo del pediatra, ma nel paese non ce n'erano, veniva quello una volta alla settimana. Ti levò il latte: passato di verdura con pastina... che fame, che voracità! La moglie del colonnello ha continuato a ripetere: "gli occhi di Laura davanti alla pastasciutta!" Quando hai avuto nove mesi ho cominciato a lavorare e se la mattina non arrivava la donna ti incartavo e ti portavo da certi amici di famiglia fino a mezzogiorno, e così fino al primo anno. Poi sono stata a casa. A maggio sono partita per Salerno lasciandoti da nonna a Roma. Mia madre ha sempre appogiato il mio lavoro. Lavoro non molto importante e spesso non gratificante, ma unico momento di identità non mediata. Non madre, moglie, figlia, sorella: solo Anna. Dopo l'estate, ad ottobre, si ricomincia: papà a Pisa, tu a Roma con i nonni ed io a Salerno, ad insegnare. Tornavo la domenica e tu mi ricattavi dicendo: "Plangiuto tanto io, volevo mamma!" E mia madre che diceva che non mi avevi mai cercata, neanche a farti vedere la fotografia! A dicembre ci siamo trasferiti a Roma e siamo restati tutti e tre insieme tutto gennaio e febbraio. Eravamo in quattro: aspettavo Elena. Si ricomincia: tu da nonna, papà a casa a Roma, io a Salerno.

Mia madre aveva fatto il concorso magistrale e aveva vinto l'abilitazione a Salerno, quindi insegnava. Lei continuava ad andarci mentre era incinta, infatti dice
Poi la minaccia di aborto, la clinica, e tu, senza che nessuno mi avesse consultato, a Siena, dagli altri nonni. Poi il mio ritorno a Roma, poi il tuo, i tuoi abbracci, .... avevi la rosolia! Io ero immobile a letto, e l'ostetrico: se si alza abortisce, se abortisce se ne va al creatore... E le cure, le gammaglobuline, gli antiabortivi, l'ansia di scrutare anche di notte se c'erano macchie sul viso. Poi dopo tre mesi di letto di nuovo tutti e tre insieme.
In tutta questa storia lei stava a letto in casa di nonna. Lei chiusa in una stanza ed io che scorrazzavo per tutta casa, e non potevamo vederci, comunicavamo attraverso la porta chiusa, perchè io avevo ancora i residui della rosolia.