Arte e vita

(A proposito di concezioni diverse sul rapporto tra forma e contenuto)

A nostro parere non si può capire un poeta, uno scrittore se non si è in grado di collocare la sua opera nel tempo e nella vita dell'autore e della società della sua epoca.

Per questo non concordiamo con le osservazioni di Ossola (il cui studio comunque è fondamentale se si vogliono comprendere certi aspetti della poetica di Ungaretti). Ossola infatti considera che l'aspetto essenziale del periodo dei primi del '900 consisterebbe nella innovazione stilistica: "Il mondo della poesia, costruito e interpretato in quel senso, emergeva non dalla stesura e scrittura di un testo, ma dallo svolgimento progressivo della parola".

La forma prevarrebbe sul contenuto. Questa affermazione si basa sul fatto, assolutamente vero, che Ungaretti, per tutta la sua vita, continuò a "limare" le sue poesie, a variarle, nello sforzo di ricercare la parola e di collocarla nel testo in modo tale che il compito della parola (evocativo), per Ungaretti fosse il più preciso possibile.

E' vero che Ungaretti maturava questa tensione per lo studio della parola, ma non c'è lirica senza dimensione storica. Invece tutta una corrente di critica formale-stilistica parte dall'affermazione che la forma, lo stile, siano manifestazioni a se stanti, se non preminenti della poetica. Su questa scia si trovano il giudizio di De Robertis, e la critica stilistica di Ossola.

Montale ritiene che tra arte e vita non vi sia rapporto diretto: "L'ipotesi romantica che l'arte nasca dalla vita anziché dall'arte già esistente, trova pochissime conferme nella storia". E questa è anche, non a caso, la citazione introduttiva del libro di Ossola.

(cit. in: Carlo Ossola, Giuseppe Ungaretti, Mursia, 1974, pag. 13).

 

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