A
Aurelio
Agostino nacque a Tagaste in Numidia nel novembre del 354.
Suo padre, che si chiamava Patrizio, si convertì piuttosto tardi al Cristianesimo;
sua madre, Monica, era invece una fervente cristiana ed ebbe decisamente una notevole influenza sul figlio.
Dopo i primi studi a Tagaste e a Madaura, la città dove era nato il celebre
retore ed avvocato Apuleio, si recò infine a Cartagine per completare la sua
formazione culturale: vi rimase dal 371 al 374, dedicandosi soprattutto alla retorica ed alla
filosofia, specialmente per l’infatuazione che gli derivava dall’aver letto
l’Hortensius di
Cicerone. In quello stesso periodo Agostino aderì al Manicheismo, caratterizzato da una
forte contrapposizione dei due principi del bene e del male. Ebbe anche un
figlio, al quale diede il nome di Adeodato. Rientrato a Tagaste, si dedicò
all’insegnamento della retorica; con lo stesso incarico trascorse poi un periodo
di tempo a Cartagine, finché nel 383, divenuto insofferente dell’indisciplina degli
allievi, o forse per altre motivazioni, abbandonò Cartagine per recarsi a Roma,
malgrado le resistenze della madre Monica. Dopo solo un anno, insoddisfatto
anche dell’ambiente romano, si recò a Milano, dove ebbe modo di conoscere
Ambrogio. Il 387 è l’anno della conversione al cattolicesimo e del
ritiro insieme alla madre, che nel frattempo lo aveva raggiunto a Milano, e ad
alcuni altri a Cassiciacum, una località delle prealpi lombarde, dove rimase
per un paio di anni, dedicandosi allo studio ed all’attività filosofica. A
Cassiciacum ricevette il battesimo da Ambrogio. Nel 387 decise di tornare in Africa. Prima di imbarcarsi da Ostia per il rientro
in patria, tuttavia, sua madre si ammalò e morì. Rimase in Africa per il resto della
vita, svolgendo un’intensa attività di studio e pastorale - era stato nominato
vescovo di Ippona nel 395 - e, soprattutto, partecipando alle accesissime controversie
in materia religiosa, a causa delle quali entrò in polemica specialmente
con i donatisti e con i pelagiani . Morì infine nell’agosto del 430, durante
l’assedio di Ippona da parte dei barbari guidati da Genserico.
Aurelio
Ambrogio nacque a Treviri verso il 338-340. La gens Aurelia, alla quale
apparteneva, era molto conosciuta ed era imparentata con la famiglia dei Simmachi
e suo
padre era prefetto del pretorio per la Gallia. A Roma ricevette l’educazione
tipica dei giovani aristocratici, che consisteva soprattutto di studi di retorica e di
diritto. Nel 370, all’età di circa trent’anni, fu nominato consularis, cioè
governatore, della Liguria e dell’Emilia, e si stabilì perciò a Milano, che
all’epoca era la capitale effettiva dell’impero d’Occidente. Una volta
morto il vescovo di Milano, Aussenzio, che era un filoariano, gli venne proposto di
prenderne il posto, benché non fosse stato ancora battezzato ( 374 ). Negli
oltre venti anni del suo episcopato Ambrogio ricoprì non solo una posizione di primo
piano, ma ottenne radicali cambiamenti,
non solo all’interno della Chiesa, proprio in qualità di mediatore fra ortodossia ed
arianesimo, ma anche dal punto di vista direttamente politico, per esempio
quando si oppose a Simmaco nella lunga controversia riguardante l’altare della
Vittoria e soprattutto quando impose allo stesso Teodosio precise scelte politiche. Teodosio fu
costretto dal vescovo a pentirsi pubblicamente di un atroce misfatto: nel 390,
infatti, a
Tessalonica, il comandante del presidio militare ( magister militum ) era stato
ucciso dalla folla; per vendicarne la morte, Teodosio aveva organizzato alcune gare nel
circo e, nel momento in cui gli spettatori si affollavano in diverse migliaia, ordinò ai
soldati di massacrarli. Allora Ambrogio scomunicò l’imperatore, che non poté
fare altro che andare in chiesa e chiedere formalmente perdono della sua
orribile colpa. Ambrogio era dotato di doti culturali ed intellettuali non comuni e di un forte
sentimento di giustizia, costantemente accompagnati anche da un profondo interesse per
la condizione della sua diocesi e da una sempre vigile preoccupazione per la
situazione di profonda crisi dell’impero, dalla quale sarebbe scaturito
l’imminente e definitivo distacco fra Occidente ed Oriente e le devastanti
invasioni barbariche. Fra le altre cose, con Ambrogio i rapporti fra Chiesa ed
impero furono impostati per la prima volta su un piano di parità. La sua morte
risale al 397, esattamente due anni dopo quella di Teodosio, per il quale aveva
scritto l’orazione funebre. La sua figura divenne ben presto leggendaria,
grazie anche alla Vita Ambrosii, scritta da Paolino di Milano nel 422 e poi
tradotta in greco.