"Aprile
1995, il vertice della comunità viene inquisito per reati amministrativi.." "...avvenimenti a catena hanno fatto sì che i vertici della Saman cambiassero, portando all'espulsione di Elisabetta Roveri e Francesco Cardella." "...la Saman non sarebbe più stata la stessa." |
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Antimafia 2000 - Delitto Rostagno Antimafia 2000 - Omicidio Rostagno: delitto ancora impunito Panorama - In Nicaragua, sulle tracce di Cardella. Alla corte di Don Francisco Caso Rostagno: il verbale del sociologo Aldo Ricci. - " Mauro?...è fuori controllo" Repubblica - Quello strano black-out elettrico la notte dell'omicidio di Rostagno Antimafia 2000 - Le indagini sullomicidio Rostagno furono depistate L' Arco in cielo - Una ferita che va rimarginata L' Unità - Per i giudici non fu mafia, ma vendetta interna. In cella cinque ex-ospiti di Saman L' Intervento - Il mio stupore per la "Saman" sotto inchiesta
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Da Antimafia 2000 - di
Marco Cappella DELITTO ROSTAGNO - 2 luglio 2001 Palermo. Il Gip Mirella Agliastro, nel settembre del 1999, aveva concesso una proroga di indagine di dieci mesi nei confronti di Francesco Cardella, leader della comunità di recupero tossicodipendenti Saman. Gli avvocati di Cardella hanno chiesto al pm dellaccusa se avesse deciso di indagare ulteriormente o archiviare. Il pm non ha ancora deciso. I difensori di Cardella hanno chiesto al Procuratore Generale di disporre lavocazione dellinchiesta, in quanto il pm non ha avanzato la sua richiesta al gip nè di rinvio a giudizio nè di archiviazione. Le indagini sullomicidio Rostagno nel luglio del 1996 ha dei risvolti con loperazione denominata <>. Un filone investigativo che prendeva in considerazione la pista interna alla Saman. Mauro Rostagno sarebbe stato ucciso per il rancore di alcuni ex ospiti della comunità. Il 22 luglio 1996 erano stati arrestati Massimo Oldrini, Giuseppe Rallo, Giacomo Bonanno, Luciano Marrocco con laccusa di avere fatto parte del commando che uccise Rostagno il 26 settembre del 1988. Un mandato di cattura era stato emesso anche nei confronti di Giuseppe Cammisa che però si trovava allestero. Chicca Roveri, la moglie di Rostagno, e Monica Serra, la ragazza che si trovava in auto con il sociologo al momento del delitto furono arrestate con laccusa di favoreggiamento. Nei confronti di Cardella venne emesso un avviso di garanzia per favoreggiamento. Linchiesta si separò in due tronconi. Quella che prendeva in esame lomicidio di Rostagno passò alla Dda in quanto alcuni parlarono del delitto. Nel 1999 il pm ha chiesto larchiviazione, disposta dal gip, che ha concesso una proroga dindagine per il solo Cardella, per il quale viene ipotizzata laccusa di essere stato il mandante.Laltra parte dellinchiesta per gli illeciti finanziari che sarebbero stati commessi a Saman da Francesco Cardella, è quella in un processo, concluso in Tribunale con la condanna dellimputato a 7 anni. Il pm aveva chiesto larresto per Cardella, che è stato respinto dal Tribunale. Laccusa ha presentato appello e il prossimo 12 luglio davanti al Tribunale della Libertà di Palermo si affronterà largomento.
OMICIDIO ROSTAGNO DELITTO ANCORA IMPUNITO 25 settembre 2001 - Trapani. Il 26 settembre 1988 un commando, non ancora identificato, uccideva a Lenzi il sociologo e giornalista Mauro Rostagno. Un delitto, questo, rimasto irrisolto anche perché nel corso delle lunghe indagini si sono scoperti numerosi depistaggi che hanno rallentato il lavoro investigativo. Nel luglio 1996, con loperazione «Codice rosso», sono stati arrestati alcuni componenti della comunità Saman con laccusa di essere gli esecutori dellomicidio. Il mandante del delitto sarebbe stato Francesco Cardella, amico di Rostagno. Alcuni investigatori sostengono che Rostagno avesse scoperto loschi traffici tra cui un traffico di armi. Il giornalista faceva parte della giunta esecutiva di Lotta Continua dentro la quale (secondo la sentenza della Cassazione) si prese la decisione di uccidere il commissario Calabresi. Rostagno assieme ad Adriano Sofri per lomicidio ricevette un avviso di garanzia. Poco dopo dagli schermi di Rtc promise rivelazioni. Il magistrato non fece a tempo a sentirlo, Rostagno fu ucciso prima. Il 26 settembre 2001 la comunità Saman, nel giorno che ricorda luccisione di Rostagno, ha ripreso la sua attività. M.L. |
Da Panorama In
Nicaragua, sulle tracce di Cardella. Alla corte di Don Francisco È finito il sogno di due italiani che volevano conquistare il Nicaragua, uno per costrurci una seconda patria e l'altro per diventarne il presidente. È finito in una rete di intrighi più grande di loro. Chi sono? Francesco Cardella e Alvaro Robelo, due storie diverse, un comune amico: Bettino Craxi. Il primo è giunto nel paese centroamericano a metà degli anni Ottanta per sostenere il leader sandinista Daniel Ortega. Si ritrovò, in questa sua missione, in compagnia di ex brigatisti ed amici di Lotta continua. Ma le sue ambizioni erano altre e incominciò ad acquistare terreni e a fare investimenti nel settore finanziario e turistico. A fine marzo, il tramonto dei suoi sogni: riesce a ottenere un falso passaporto nicaraguense, viene scoperto al confine con l'Honduras ed è costretto, per evitare il carcere, a lasciare il Paese. «L'escandalo del pasaportazo» è l'anello di congiunzione con l'altro protagonista della nostra storia: Alvaro Robelo. Il suo nome compare tra le referenze citate da Cardella per l'ottenimento del passaporto. Ed è questo il vero motivo della fine della sua brillante carriera politica. Robelo, infatti, ex ambasciatore in Italia, amico di Craxi e Giulio Andreotti, molte influenti conoscenze in Vaticano, sognava di emulare Silvio Berlusconi con il suo movimento Arriba Nicaragua e forse ci sarebbe riuscito se non fosse scivolato sul famigerato «pasaportazo». Caso Rostagno: il verbale del sociologo Aldo Ricci Mauro? È fuori controllo Sono tredici le pagine dell'interrogatorio reso dal sociologo Aldo Ricci sull'omicidio di Mauro Rostagno. I due si erano conosciuti negli anni Sessanta all'università di Trento. Quando nel 1988 Mauro Rostagno viene freddato, il sociologo torna nella comunità di Saman per continuare il lavoro dell'amico presso una televisione locale, la Rtc. Seguendo le sue orme, prende di mira anche un amico di Francesco Cardella, il senatore socialista Pietro Carlo Maria Pizzo. Cardella si infuria. «Mi disse che lavoravo presso l'emittente grazie a lui e che dovevo svolgere il mio compito secondo i suoi gradimenti. Dopo l'omicidio mi riferì che negli ultimi tempi Mauro non era più controllabile. Probabilmente il lavoro in televisione aveva fatto rinascere in lui lo spirito di indipendenza. E quella sorta di timore reverenziale nei confronti di Cardella era venuta meno». Interrogato sul forte litigio tra Cardella, Chicca Roveri e Rostagno prima del delitto, Ricci ha chiamato in causa le indagini sull'omicidio di Luigi Calabresi, che avevano appena imboccato la strada di Lotta continua. «Mauro era intenzionato a rivelare quanto sapeva. Ma Cardella e la Roveri erano contrarissimi». Per quanto riguarda Claudio Martelli, Ricci ricorda che dopo una sua visita a Saman «si cominciò a parlare di una matrice mafiosa dell'omicidio Rostagno. Inoltre venne promessa all'emittente di Bulgarella, inizialmente sostenitore di una tesi contraria sul delitto, la possibilità di un miliardo di pubblicità».
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Da Repubblica - 22
Febbraio 2001 di ATTILIO BOLZONI Un improbabile tecnico dell'Enel, autista di Virga,ucciso otto mesi dopo. Un filo lega le morti Quello strano black out elettrico la notte dell'omicidio di Rostagno TRAPANI - Quella notte se ne andò la luce nelle campagne di Lenzi, un borgo tra la montagna solitaria e un mare dove in lontananza sembra quasi affondare la città di Trapani. Quella notte che uccisero Mauro Rostagno ci fu un guasto improvviso alla cabina dell'Enel, così almeno raccontò un tecnico che l'indomani fu trascinato nei campi per un interrogatorio sotto il sole cocente. Disse che "era successo qualcosa di strano" e che l'energia elettrica "non era più arrivata ai fili". Il tecnico era un signore sui cinquant'anni e dai modi garbati, ben vestito, molto ossequioso. Si chiamava Vincenzo Mastrantonio. Dopo otto mesi il suo cadavere fu ritrovato a qualche chilometro da Lenzi. Gli avevano sparato. Dopo otto anni si scoprì che quell'impiegato dell'Enel così gentile era l'autista più fidato di Vincenzo Virga, il boss miliardario con la pensione Inps. C'è rimasto ormai solo un filo che lega il 'caso Rostagno' a una piccola traccia, a un piccolo indizio che possa dopo tanto tempo portare agli assassini di quel giornalista così speciale di Trapani, del rivoluzionario di Torino, del sociologo di Trento, dell''arancione' di Poona, del capopolo di Palermo, di quell'incantatore di folle che era Mauro Rostagno assassinato in Sicilia la notte di lunedì 26 settembre 1988. E quel filo porta a Vincenzo Virga, porta al capomafia che è un mago in materia di appalti, che ha le mani in pasta nella politica, che è buon amico dei potenti della città più 'svizzera' dell'isola, la Trapani delle cento banche e delle mille finanziarie. E' caduta la 'pista interna' alla comunità Saman, dove Mauro Rostagno viveva con la sua compagna Chicca Roveri in mezzo a tossici che trafficavano. E' sepolta per sempre l'ipotesi "rossa", qualcuno di Lotta Continua mandante dell'omicidio alla vigilia di un interrogatorio del processo Calabresi. Sono sfumati i forti sospetti sugli 'affari' internazionali del guru Francesco Cardella (che comunque è attualmente ancora indagato nell'inchiesta Rostagno 'per concorso in omicidio') e della sua corte. Sono sempre più nebulose le ipotesi sulla compravendita di armi pesanti e anche quelle sul riciclaggio dei soldi di Tangentopoli. Così resta in piedi solo un 'possibile movente' dopo quasi tredici anni dal delitto. E' quello mafioso. E al centro dell'ultima indagine c'è ormai solo lui, c'è solo Vincenzo Virga. L'inchiesta non è più una scatola vuota. C'è Vincenzo Virga il miliardario che sa qualcosa o che sa tanto su come è morto Mauro Rostagno. "E' stato lui a organizzare tutto...dopo che i suoi amici di Mazara del Vallo gli chiesero la cortesia di farlo fuori perché stava sulle scatole a Mariano Agate...non sopportavano Rostagno per i commenti che faceva ogni giorno dalla sua televisione...dissero a Virga di uccidere Rostagno, toccava a lui perché Trapani era il suo territorio", aveva confessato nel 1997 il pentito Vincenzo Sinacori ai magistrati. Da allora si sviluppa per la prima volta l'investigazione verso Cosa Nostra. L'inchiesta è trasferita: da Trapani alla Procura antimafia di Palermo. Si ricomincia tutto daccapo. Un'altra volta. Dopo i depistaggi, le 'dimenticanze', le frettolose archiviazioni, le sbandate investigative, gli errori giudiziari, il 'caso' finisce sulla scrivania del sostituto procuratore Antonio Ingroia. E tutto riparte da quel signore cinquantenne così gentile che era l'addetto 'al buon funzionamento' della cabina Enel, quel Vincenzo Mastrantonio trovato sotto un albero di ulivo la mattina del 1- maggio 1989. Quando lo identificarono era morto già da alcuni giorni.Controllarono i suoi precedenti: era incensurato. Si ricordarono che era il caposquadra dell'Enel a Lenzi, si ricordarono anche della luce che mancò la notte quando avevano ucciso Mauro Rostagno. Un sostituto procuratore pensò di avere imboccato la via giusta per scoprire qualcosa, rivide le carte dell'inchiesta, qualche giorno dopo i funerali di Mastrantonio cercò di far riesumare anche il cadavere. Il fucile dell'assassino di Rostagno era esploso dopo un paio di colpi ed erano stati recuperati frammenti del copricanna: lì sopra c'erano impronte digitali. Il sostituto procuratore voleva confrontare le impronte del fucile spezzato con quelle di Vincenzo Mastrantonio. Ma la tomba del tecnico dell'Enel non fu mai riaperta. Rimase sempre chiusa lì, nel piccolo cimitero di Valderice con dentro tutti i suoi segreti.Dopo il pentito Vincenzo Sinacori arriva però il pentito Francesco Milazzo. Parla sempre di quel Mastrantonio. Dice che era stato lui a 'spegnere la luce' quella notte, l'ordine era di Vincenzo Virga. L'ipotesi che in quel lontano autunno del 1988 tutti avevano scartato - sicari troppo poco professionali per far parte di Cosa Nostra, movente troppo vago per giustificare un delitto di 'vera' mafia - comincia così a prendere corpo. Il magistrato Ingroia va a ripescare un vecchio verbale di Francesco Marino Mannoia che in carcere aveva sentito "lamentarsi i Trapanesi" di quel giornalista, uno che dagli schermi prendeva sempre in giro i boss. Qualcosa ricorda anche Giovanni Brusca: "Fu Riina a dirmi che eravamo stati noi...che era stata Cosa Nostra a uccidere Rostagno". Tutti hanno sentito qualcosa. Ma nessuno conosce qualcosa di più. Tutti i sospetti portano a Vincenzo Virga. Ma sono ancora solo sospetti.Nel fascicolo sulla morte mafiosa del giornalista di 'Rtc' (la televisione dove ogni sera la cantava ai potenti della città) entra alla fine anche il racconto di Angelo Siino, il famoso ministro dei Lavori pubblici della mafia siciliana. Qualche mese fa confida ai magistrati che lo sapeva anche lui di Cosa Nostra e del 'problema' che i suoi capi avevano a Trapani. Il ricordo di Siino è proprio alla vigilia del delitto: "Mi sono mosso per salvarlo, non volevo che si facesse troppo rumore con quell'omicidio...". Delitto di alta mafia a carico di ignoti. E' questo ancora oggi l'omicidio di Mauro Rostagno. |
Le indagini sullomicidio Rostagno
furono depistate
da Antimafia2000 http://antimafiaduemila.com/sections.php?op=viewarticle&artid=244 Armi, mafia, massoneria e politica all'ombra del delitto di Monica Centofante Ricerche di Luciano Mirone Fin dalle sue prime battute
l'indagine sul delitto del giornalista Mauro Rostagno si presenta ricca di punti oscuri e
di episodi 'anomali' e 'devianti', come li ha definiti il sostituto
procuratore della Repubblica di Palermo Antonio Ingroia tuttora oggetto di verifica
al fine di accertare se siano stati ispirati dalla specifica intenzione di 'depistare' le
indagini. Diversi i magistrati che si occupano, nel corso degli anni, della
complessa inchiesta e primo fra tutti il sostituto Franco Messina che lavora al caso dal
1988, anno in cui si è verificato l'omicidio, al 1992. Gli fa seguito dal '92 al '95 il
sostituto Massimo Palmeri, che nel luglio del '94 chiede l'archiviazione alla quale si
oppongono le parti civili e in seguito il Gip Marina Bellegrandi. Parallelamente Michele
Calvisi e Andrea Rovida, della Procura di Trapani seguono la pista delle presunte
irregolarità finanziarie commesse all'interno della Saman mentre dal settembre del '95 al
gennaio del '97 si occupa del caso Gianfranco Garofalo, Procuratore della Repubblica di
Trapani. Infine, nel gennaio del 1997, quando viene trasferita alla Dda, l'indagine passa
nelle mani del sostituto Ingroia. Mauro Rostagno viene ucciso la sera del 26 settembre del
1988, mentre si trova in macchina con Monica Serra, un'ex tossicodipendente, ospite della
comunità da lui fondata insieme a Chicca Roveri e Francesco Cardella. Aveva 46 anni e una
vita intensa alle spalle: il primo matrimonio a 17 anni, la laurea in sociologia e poi il
debutto nel mondo della politica. Nel '68 insieme a Renato Curcio, Adriano Sofri e Marco
Boato diventa un leader del movimento studentesco e, successivamente di quello politico
"Lotta continua". Lomonimo giornale del movimento, diretto da Jean-Paul
Sartre, Pier Paolo Pasolini, il poeta Roversi e Marco Pannella, si dichiara contrario a
molte di quelle tesi che allora erano considerate verità di Stato. Nel 71 conosce
la sua futura compagna, Chicca Roveri, mentre lanno successivo Lotta continua è
coinvolta nellomicidio del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Non
riuscirà, per un soffio, a farsi eleggere deputato alle elezioni del 1976 ma verrà
comunque nominato segretario regionale del suo movimento in Sicilia. Questo nuovo impiego
lo porterà a Messina, a Catania, ad Agrigento, a Caltanissetta e a Trapani ma
lesperienza non andrà a buon fine. Lotta continua è in pieno delirio -
dichiara in unintervista a Gianni Lo Scalzo -, do i numeri anchio [...].
Frattanto Chicca si è innamorata di un altro e così parto e vado a Roma. Nel 1977
il movimento si divide in due opposte fazioni: quella estremista che cerca la lotta armata
e quella delusa che si consola con la droga. Rostagno le rifiuta entrambe e parte per
Milano dove insieme ad alcuni amici fonda Macondo per alzare una diga contro
leroina. Qui conosce Francesco Cardella, trapanese trasferito a Milano, che
dopo aver lavorato per LOra e per Telestar dei fratelli Cassina diventa editore
delle riviste Abc e Le Ore. Cardella è amico di Craxi (metterà a disposizione la sua
lussuosissima Bentley per la campagna elettorale del politico e sarà tra i testimoni di
nozze del figlio Bobo) che, in quegli anni prende il posto di De Martino nella segreteria
del Psi. Nel 1979 per Rostagno comincia una nuova vita. E in quellanno,
infatti, che la polizia fa irruzione a Macondo e lo arresta insieme ad altri compagni per
questioni di droga. Dopo un mese di carcere, grazie allamico Francesco, si avvicina
alla filosofia orientale e diventa seguace del santone indiano Bagwan Rajneesh. Si
trasferisce in India per due anni e nel 1981 ritorna in Sicilia con Chicca Roveri e
Francesco Cardella il quale, proprietario di un baglio cinquecentesco alla periferia di
Trapani fonda la prima comunità siciliana di arancioni. Nel frattempo diversi ex
appartenenti al movimento di Lotta continua iniziano ad appoggiare Craxi e
nellottobre dell82 Rostagno dichiara a LEspresso di non essere in
vendita: Consiglio a Martelli di venire nella nostra comunità di Erice a vedere
come funziona limmaginazione quando diventa concreta. Qui ci sono piscine, cavalli;
fanciulle bellissime, si fa lamore e nessuno ha voglia o intenzione di lavorare: il
"riformismo moderno" noi lo abbiamo già attuato. Nel 1984 la comunità si
tramuta nel centro di recupero dei tossicodipendenti "Saman" e quando il braccio
destro del maestro Bagwan scappa con i soldi Rostagno si toglie per sempre la tonaca
arancione. Nel 1986 viene assunto presso lemittente televisiva Radio Tele Cine di
proprietà di Giuseppe Bulgarella e della moglie Caterina. Bulgarella è amico di
politici, di qualche magistrato onesto e di imprenditori del calibro di Angelo Siino. Nel
corso del suo programma Rostagno da a tutti la possibilità di intervenire e di parlare
senza alcuna censura e, se inizialmente il suo principale intento è quello di aiutare i
tossicodipendenti ad uscire dal loro dramma, ben presto i telespettatori portano
allattenzione dellopinione pubblica problemi riguardanti la pubblica
amministrazione e il comportamento scorretto di alcuni politici. Mauro ebbe il
pregio di ispirare fiducia a tantissima gente - racconta Giacomo Pilati -. E la gente,
spesso, gli svelava i torbidi intrecci fra mafia, politica e affari. Rostagno
era stato messo in televisione per promuovere la causa della Saman - sono le parole Ninni
Ravazza -. Ma aun certo punto cominciò a promuovere anche altre cause. Che erano quelle
della città, della libertà, dellonestà. Attaccò la classe politica, soprattutto
il senatore Pietro Pizzo di Marsala e lonorevole Aristide Gunnella di Mazara del
Vallo. Nei confronti dellonorevole Canico fu piuttosto ondivago, nel senso che
riteneva ingiusto attribuire solo a lui tutte le malefatte che venivano commesse a
Trapani. Il che, in un certo senso, era vero. Questa linea editoriale non fu assolutamente
accettata da Cardella che con i politici, per ovvi motivi, aveva instaurato buoni
rapporti. Il telegiornale di Rostagno, ormai capo redattore dellemittente,
registra ben presto un altissimo indice dascolto e il suo modo di denunciare,
facendo nomi e cognomi, quei personaggi corrotti e in affari con la mafia, si attira le
inimicizie della stampa e di uomini di potere. Il 26 settembre del 1988 alle ore 19.50 il
sociologo lascia la sede di RTC per ritornare alla Saman. Ha appena terminato un
editoriale nel quale accusa pesantemente gli assassini del giudice Saetta e del figlio
Stefano, ultimi di una serie di delitti che da gennaio a settembre di quellanno
insanguinano la Sicilia. Dopo aver salutato i colleghi sale a bordo della sua Fiat Duna
bianca assieme a Monica Serra, che da qualche mese lavora per la televisione. Alle otto di
sera è già buio poiché da quella mattina è scattata lora solare e le lancette
dellorologio sono state riportate indietro di sessanta minuti. La Serra racconta il
28 settembre del 1988 a Giuseppe Cerasa di Repubblica: Eravamo usciti poco prima
delle venti dagli studi televisivi di Radio Tele Cine. Abbiamo fatto la strada di sempre,
la via delle saline, la periferia di Trapani e poi la stradina che porta alla comunità.
Un budello stretto e poco asfaltato che costringe quasi a fermarsi allaltezza del
ponticello a trecento metri da Saman. E lì è scattato lagguato. Cera buio
pesto (quel giorno infatti lungo il viottolo che portava alla comunità mancava
misteriosamente la corrente elettrica a causa di un black out e, per effetto
dellentrata in vigore dellora solare, si era fatto buio presto. In seguito si
scoprirà che loperaio dellEnel impiegato a Lenzi è Giuseppe Mastrantonio,
affiliato al clan mafioso di Fulgatore, autista del boss di Trapani, Vincenzo Virga che ha
da poco sostituito i fratelli Totò e Calogero Minore. Secondo alcune testimonianze la
cabina era stata manomessa mentre la Procura sostiene che si è trattato soltanto di un
corto circuito provocato dallacqua piovana. Curioso il fatto che sia il giorno
dellomicidio che quello precedente non aveva piovuto ndr.). I killer erano appostati
dietro un muretto; forse avevano lasciato la macchina a dieci metri di distanza. Non ho
visto i fari nella notte, ho sentito soltanto tre colpi e poi il rumore dei vetri
sforacchiati che schizzavano addosso. Distinto mi sono piegata su me stessa,
urlando, fino a toccare il fondo della macchina. Ho chiamato Mauro, gli ho chiesto
Come ti senti?. Mi ha risposto: "Ok, non ti preoccupare, stai giù".
Era ferito leggermente ma il timbro di voce era quello di sempre. Siamo rimasti immobili,
sono riuscita a strisciare lungo la sua gamba destra per ripararmi meglio. Non è passato
neanche un minuto ed ecco la seconda scarica; quella mortale. Altri tre, quattro colpi.
Poi il silenzio, due portiere che si chiudono di scatto e la macchina dei killer che va
via sgommando. Soltanto allora mi sono tirata su, ma Mauro era già andato: aveva la testa
allindietro, gli occhi sbarrati, occhi di morte. Avesse detto un nome, avesse
fornito un solo indizio [...]. Poi sono fuggita via, verso la comunità, ho chiamato
Chicca, la sua compagna, siamo ridiscesi e Mauro era immerso in una pozza di sangue.
Secondo la testimonianza di Chicca Roveri i carabinieri della Stazione di Napola
arrivarono circa un quarto dora più tardi e trovarono la Duna di Mauro in posizione
obliqua. Presero la borsa che luomo portava sempre con sé e mentre si trovava
allobitorio la Roveri si sentì dire che questa conteneva eroina e dollari. In
realtà al suo interno furono trovati solo sei dollari e poco meno di duecentomila lire.
Iniziano le perquisizioni degli studi di RTC e della comunità mentre gli investigatori
appurano che le armi utilizzate per il delitto sono un fucile calibro 12 a pompa, che
scoppia in mano ad uno degli assassini, e una pistola calibro 38. La vittima viene
raggiunta alla testa, alla schiena e al torace da sei dei colpi sparati. Per terra gli
investigatori trovano i resti del fucile scoppiato, tre bossoli esplosi e tre inesplosi.
Curioso il fatto che gli indumenti della Serra, nonostante lei si trovasse
allinterno della macchina, almeno questo emerge dalle sue stesse dichiarazioni, non
presentano alcuna traccia di sangue. Inoltre, contrariamente a quanto afferma la
testimone, che sostiene di non essersi accorta di essere seguita, Silvana Fonte, una
dodicenne che abita in una casa che si affaccia sulla provinciale, racconta di avere visto
in quel fatidico giorno lauto di Mauro Rostagno inseguita da una Uno color blu
con dentro tre persone. Era una cosa strana, di solito Mauro andava molto piano, invece
quella sera quelle due automobili sono entrate nella stradina molto veloci. Ho
sentito gli spari prosegue la Fonte e ho visto la Uno tornare indietro
[
]. Un quarto dora prima, nel viottolo che porta alla comunità, ho visto una
Golf piuttosto ammaccata e impolverata. Era di colore celeste, dentro cerano quattro
ragazzi. Li ho guardati bene in faccia. Erano facce losche. Quella stessa Golf si aggirava
quattro notti fa qui a Lenzi, ce ne siamo accorti tutti a casa, io, mia madre e mia
sorella Emilia. Nonostante questo gli inquirenti danno ampio credito alle parole di
Monica e nel rapporto stilato dai carabinieri manca completamente la descrizione del lato
destro della macchina, quello nel quale si trovava la Serra. Nel 1996 una nuova perizia
balistica stabilirà che alcuni dei colpi sparati a Rostagno avrebbero dovuto colpire la
ragazza se lei si fosse veramente trovata all'interno dell'auto e che dal momento che le
armi utilizzate erano due fucili calibro 12 e una pistola calibro 38 i killer non potevano
essere due ma tre. Il capo della squadra mobile Calogero Germanà affermò inoltre che si
trattava di un delitto tipicamente mafioso mentre il maggiore Nazareno Montanti, capo del
Reparto operativo dellArma di Trapani lo aveva definito un omicidio commesso da
dilettanti. Secondo Gianfranco Garofalo, procuratore di Trapani, quel 26 settembre, poco
dopo le 20.00 la Duna, inseguita dalla Uno, entra nel viottolo e viene bloccata dalla
Golf. Mauro conosce quelle persone e Monica scende dallauto e si dirige verso Saman.
Mauro viene ferito da un colpo di arma da fuoco, ingrana la prima, accelera ma viene
raggiunto dai colpi mortali. A questo punto la Golf imbocca una stradina secondaria e si
immette nella provinciale mentre la Uno ritorna indietro. Parecchi anni dopo si scoprirà
che nella macchina della vittima gli assassini stavano cercando qualcosa, forse una video
e unaudiocassetta. E se da una parte un funzionario di polizia parla di sicura
responsabilità della mafia nel delitto del giornalista e la Squadra mobile accerta il
coinvolgimento di Mastrantonio nella vicenda, indicandolo addirittura come probabile
killer, dallaltra tutti gli elementi che potrebbero smontare le dichiarazioni della
Serra non vengono ritenuti validi. Le dichiarazioni di polizia e carabinieri si rivelano
subito contrastanti, cosa che crea confusione ed ostacola, sin dal primo momento, le
indagini degli inquirenti. Il 28 settembre viene ritrovata a pochi Km da Lenzi una Fiat
Uno bruciata il cui proprietario risulterà essere un impiegato incensurato che mesi prima
aveva denunciato il furto. Il 29 settembre sul Giornale di Sicilia il procuratore della
Repubblica di Trapani Antonino Coci in risposta ad un giornalista che gli chiede se la
mafia ha ucciso Rostagno afferma: Che io sappia, Trapani non è un centro del
traffico di eroina [
]. Posso dire che dal luglio del 1987 al giugno scorso, in
Procura non è arrivato alcun rapporto di polizia giudiziaria per associazione mafiosa. E
allora come si fa a dire che esiste la mafia a Trapani?. Il 25 febbraio del 1988, in
un processo verbale dei carabinieri emerge che Rostagno, circa sette mesi prima di essere
ucciso viene a conoscenza di pericolose informazioni riguardanti la potente loggia
trapanese Iside 2. Rostagno riferì che nella mattinata del 22 febbraio
1988 scrive il giornalista Salvatore Mugno aveva chiamato telefonicamente
per due volte Natale Torregrossa (che era già finito in carcere nel contesto del caso
Iside 2) per chiedergli chiarimenti sulle vicende della loggia segreta
[
]. Successivamente avrebbe appreso da Torregrossa di un viaggio di
questultimo, insieme al Gran Maestro Grimaudo, in Toscana, dove avrebbero incontrato
Licio Gelli, un cardinale ed altri, nel tentativo di acquistare un castello in quella
regione, ma senza concludere laccordo. Nel citato documento sarebbe riportata
una impressionante rivelazione del giornalista: In precedente occasione di altra
indagine giornalistica ho appreso di due cene sociali ove partecipò il Gelli, più il
vice di questi, Nizzola, Soldano, più altri di cui non ricordo i nomi, avvenute nel 1982
presso le abitazioni del boss Mariano Agate, in Mazara del Vallo, e laltra in
Campobello di Mazara. Preciso che non ricordo se in casa di Mariano Agate, ma ricordo che
i punti di riferimento erano le case di Agate e LAla [questultimo capomafia di
Campobello di Mazara nda.]. Non so precisare la fonte da me contattata in quanto ciò è
avvenuto tempo addietro ed in circostanze fortuite. Purtroppo, non solo tale pista
viene completamente ignorata dai carabinieri ma il brigadiere Beniamino Cannas,
rifacendosi ad un editoriale risalente al 22 febbraio del 1988 e nel quale il giornalista
sottovaluta il ruolo della Iside 2 e difende lambiguo on. democristiano
Canino, scrive otto mesi dopo il delitto che quando ci sono in ballo interessi
economici, le ideologie vengono messe da parte. E ciò è palesemente falso se si
considerano tutti gli altri editoriali in cui Rostagno parla duramente e senza
condizionamento delle logge segrete. Il 1 maggio del 1989 viene ucciso Mastrantonio e per
il suo delitto partono tre denunce una delle quali è per Mariano Asaro, detto
Antony, iscritto alla loggia Iside 2. La polizia chiede la
riesumazione del cadavere per confrontare limpronta dei polpastrelli di Mastrantonio
con quella rinvenuta su un bossolo. La richiesta non verrà mai soddisfatta. Alla fine del
90 Salvatore Graffeo, un pregiudicato per furto, riceve dalla procura di Trapani un
avviso di garanzia e osservando una sua foto Silvana Fonte lo trova somigliante a un uomo
che la sera dellomicidio Rostagno, sporgendosi dal finestrino della Fiat 127 a bordo
della quale aveva percorso il tratto di strada che dalla Saman porta alla provinciale,
disse: Lammazzò. Si stabilirà in seguito che la ragazza si era
sbagliata. Qualche mese più tardi arriva lautorizzazione per le intercettazioni
telefoniche sulla comunità e grazie a questo si scopre lesistenza di un intenso
rapporto tra i dirigenti della Saman e Bettino Craxi e si viene a sapere che Cardella,
guru della comunità, è indignato per quelle inchieste che violano la
privacy. Nel marzo del 1991 lindagine sarà archiviata e i nastri, contrariamente a
quanto avviene nella maggior parte dei casi, immediatamente smagnetizzati cosicché quando
il dott. Gianfranco Garofalo riprenderà in mano linchiesta non potrà disporre di
alcuna di queste prove. E non troverà nemmeno i brogliacci sui quali vengono registrati
gli autori e le date delle telefonate. Ma allora cosa si nasconde veramente dietro
lomicidio di Rostagno? Secondo il Sostituto procuratore Antonio Ingroia, esso
è da inquadrare nel contesto degli anni Ottanta, quando la mafia trapanese, scesa a patti
con altri poteri forti, oscuri e illeciti, controllava buona parte delleconomia,
della politica e degli appalti pubblici. A questo delitto fu interessata sicuramente la
mafia, ma si trattò di un omicidio non solo mafioso, nel senso che vennero a convergere
anche altre entità. Mauro Rostagno aveva messo in pericolo interessi forti e quindi
costituiva un ostacolo per quello che poteva ancora fare. Chi deliberò lomicidio
forse aveva cercato, senza riuscirvi, altri sistemi per fermarlo. La mia sensazione è che
non morì solo per lattività televisiva. Molto verosimilmente
cera dellaltro. Dagli anni cinquanta fino agli anni ottanta, infatti, la
mafia trapanese, capeggiata dai fratelli Antonio e Calogero Minore di Castellammare del
Golfo che vivono fra la Sicilia e il New Jersey, ha stretto accordi con il mondo politico
ed economico riuscendo a non far mai parlare di sé. Il traffico di armi e droga è
coperto da unapparente tranquillità (niente rapine, furti e scippi e pochissimi
omicidi), dalle centocinquantasei società finanziarie e dai novanta sportelli bancari
che, in una città di 80.000 abitanti, equivale a benessere. In realtà, allombra
delle banche, si nasconde povertà e disoccupazione. In un rapporto dei carabinieri, reso
noto nel maggio del 1979 dal Gruppo di controinformazione di Castellammare del Golfo, a
cura del centro di documentazione Peppino Impastato di Palermo, si legge che "in
merito al presunto traffico di stupefacenti di Mariano Minore (cugino dei capimafia
trapanesi e sindaco di San Vito Lo Capo per oltre vent'anni, nda.), corre insistente voce
che egli sia ben protetto da persone al di là di ogni sospetto, tra cui funzionari del
consolato Usa di Palermo [
] e dell'ambasciata Usa in Roma". Il loro dominio
finisce quando Totò Minore viene strangolato, nel 1982 a Palermo, da Rosario Riccobono e
da Calogero Ganci mentre nell'86 il fratello Calogero viene arrestato. Agli inizi degli
anni novanta il pentito Pietro Scavuzzo spiegherà che il vuoto lasciato dai fratelli
Minore verrà colmato da un loro uomo, Vincenzo Virga, titolare di proficue attività
imprenditoriali tra le quali l'impresa di smaltimento di rifiuti solidi urbani Lex
(presente anche a Malta e in Albania), assolutamente insospettabile fino al 24 marzo del
1994, giorno in cui si da alla latitanza in seguito al ricevimento di un provvedimento di
custodia cautelare. Dopo alla caduta dei Minore assistiamo al primo omicidio eccellente di
Trapani, quello del sostituto procuratore della Repubblica Giangiacomo Ciaccio Montalto,
che indagava sul traffico di armi e droga e sui rapporti tra Cosa Nostra, banche e
politica. Poco prima di morire si incontra col giudice Carlo Palermo il quale scoprirà
che parte del denaro incassato grazie alla vendita di armi e droga confluisce in una
società di mediazione del Psi. La cosa scatenerà le ire del presidente del Consiglio
Craxi. Viene poi arrestato il sostituto procuratore Antonio Costa (che sarà assolto dal
Tribunale di Messina), accusato di avere manipolato un processo a favore dei Minore e
nella vicenda sono coinvolti anche Andrea e Salvatore Bulgarella, padre e fratello
dell'editore di RTC. Nella primavera del 1986, grazie ad una lettera anonima, gli agenti
coordinati dal commissario Saverio Montalbano fanno irruzione nella sede del circolo
culturale Scontrino e trovano gli elenchi di cinque logge massoniche di rito scozzese:
Iside, Osiride, Hiram, Cafiero e Ciullo d'Alcamo. A queste si aggiunge un elenco trovato
in un armadio e sul quale sono riportati i nomi di importanti mafiosi quali Mariano Agate,
boss di Mazara del Vallo, Natale L'Ala, boss di Campobello di Mazara, Gioacchino Calabrò,
Pietro Fundarò, Rosolino Filippi, Rosario Spatola (da non confondere con l'omonimo
mafioso coinvolto nella vicenda del falso rapimento di Sindona) e Mariano Asaro,
sospettato di essere coinvolto nel delitto Mastrantoni. Oltre a quelli dei mafiosi gli
elenchi riportano i nomi di conosciuti personaggi quali il principe piduista Gianfranco
Alliata, sospettato di essere coinvolto nella strage di Portella della Ginestra e nel
golpe Borghese, un commissario della polizia di Stato, il viceprefetto di Trapani, un
colonnello dell'esercito, diversi burocrati comunali, alcuni imprenditori e un certo
Francesco Canino. Tutti pensano si tratti del deputato regionale della Dc, ma con una
serie di contraddittorie dichiarazioni l'uomo riuscirà a discolparsi. Le indagini della
polizia rivelano che la loggia "Iside 2", il cui Gran Maestro è l'insegnante di
filosofia Giovanni Grimaudo, è collegata alla P2 di Licio Gelli ed è stata inaugurata
nel 1976 da Pino Mandalari, già fondatore e Gran Maestro della "Camea" e della
loggia di via Roma 391, entrambe di stampo piduista. Grimaudo è amico dell'avvocato di
Catania Michele Papa, legato a Gheddafi e in stretto contatto con Santovito e Musumeci,
generali massoni del Sismi, e si suppone che abbia ospitato Gelli tra la fine degli anni
'70 e l'inizio degli '80. Di Mandalari, invece, si sa che insieme al missino Giuseppe Di
Stefano ha fondato la Stella d'Oriente, una società per il commercio del pesce che
Falcone scoprirà essere dedita al riciclaggio. Nel maggio del 1975 la sua sede legale
viene trasferita a Trapani dove apre le porte a nuovi soci quali la famiglia dei
Nuvoletta, Totò Riina e Agate. Il commissario Montalbano viene istantaneamente trasferito
a Palermo con la carica di vicedirigente mentre in un mare di assoluzioni soltanto Gianni
Grimaudo e il suo socio Natale Torregrossa vengono condannati per associazione mafiosa.
Quello che il giornalista Vito Orlando definisce un blocco di potere occulto che lega
mafia, politica, imprenditoria rampante, banche e aristocrazia agraria non verrà mai
processato poiché i dibattimenti verranno separati e di conseguenza il processo svuotato.
Pochi mesi dopo il delitto Rostagno cessa la sua attività una base logistica del Sismi,
la Skorpio, nata nel 1987 e dietro alla quale, secondo diverse dichiarazioni, si
nasconderebbe una cellula di Gladio, forse il punto di riferimento delle cellule Gladio
dell'Italia centro-meridionale. Questa dispone di un personale aeroporto segreto nelle
montagne di Castelluzzo dove, secondo una tesi confermata dal pentito Jeo Cuffaro arrivano
i carichi di droga e armi. E' interessante notare che a Castelluzzo vi è una appartata
struttura di Saman. Inizialmente Skorpio è coordinata dal colonnello dell'esercito Paolo
Fornaro, molto vicino al generale Paolo Inzerilli - sostiene la giornalista Cinzia Bizzi -
e a tutta quella sorta di super Sismi creato agli inizi degli anni Settanta da Santovito,
Musumeci e Francesco Pazienza, un gruppo legato alla P2 e ai servizi segreti
americani". Poi Fornaro viene sostituito dal maresciallo dei carabinieri Vincenzo Li
Causi, nato a Partanna nel 1952 e inserito nel Servizio segreto militare all'età di 22
anni. Tra le varie missioni a lui affidate ricordiamo "l'operazione Lima",
commissionatagli da Bettino Craxi e che consisteva nel salvare il presidente del Perù,
Alan Garcia, coinvolto in un giro di corruzione. Altri due aeroporti sospetti si trovano a
Rilievo e a Trapani-Milo, dove un anno prima della morte di Rostagno si facevano delle
strane esercitazioni. Un altro particolare non trascurabile riguarda i rapporti ufficiali
redatti da Skorpio, o meglio il rapporto, poiché solamente un documento di questo tipo è
stato realizzato nella base. Ed esso riguardava, guarda caso, la Saman. Nell'agosto del
1993 Li Causi viene invitato in Somalia in occasione di una missione di pace del
contingente italiano. Qui, il 12 novembre, viene ucciso, secondo fonti ufficiali, in un
agguato ma il comandante Carmine Fiore rivelerà che Li Causi era andato a
controllare delle notizie su un trasbordo di armi lungo un fiume da parte di irregolari
somali. E, per rimanere nel tema delle armi, nel settembre del 1992 viene rinvenuto
un arsenale nell'abitazione di un carabiniere appartenente alla scorta del ministro
Vincenza Bonno Parrino. Sui contenitori delle armi si leggono scritte militari. L'avvocato
Nino Marino dichiara: Il senatore Massimo Brutti, ex-presidente della commissione
Servizi segreti, scrive che la venuta di 'Skorpio' a Trapani coincide con l'omicidio
dell'ex-sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, con le lettere del Corvo, con il fallito
attentato contro Giovanni Falcone all'Addaura, e con il delitto Rostagno. Dunque Brutti fa
un collegamento fra 'Skorpio' e la morte di Mauro Rostagno, seppure a livello di
contesto. Analizziamo la situazione politica nella quale si manifesta il delitto
Negli anni in cui Rostagno lavora a RTC la situazione politica trapanese è a una svolta.
Il sindaco democristiano di Palermo Leoluca Orlando esclude dalla giunta i socialisti di
Craxi e di Martelli e coinvolge i comunisti. A Trapani, quattordici comuni su ventiquattro
seguono il suo esempio mentre con l'arresto di Vito Ciancimino, i successi del pool e le
rivelazioni di Buscetta si respira un'aria di rinnovamento. Ed è in questo clima che
Mauro Rostagno matura l'idea di creare una lista da presentare alle elezioni
amministrative del 1989 e che sarebbe stata appoggiata da un mensile L'Altra Trapani, che
sarebbe partito dai problemi della gente per arrivare a denunciare la politica corrotta e
la mafia. L'ex sindaco democristiano Renzo Vento sostiene: Se l'ex leader di Lotta
continua fosse rimasto in vita, avrebbe potuto determinare una svolta clamorosa dal punto
di vista politico: avrebbe dato ossigeno a quella sinistra trapanese rimasta sempre ai
margini del potere. E questo preoccupava moltissimo, il giornalista di RTC, grazie alla
popolarità di cui godeva, avrebbe potuto sconvolgere determinati equilibri. Per
quanto riguarda Bulgarella, amico dei politici, sorge spontaneo chiedersi come potesse
appoggiare il giornalista ribelle. Risponde Nino Marino: All'interno
dell'imprenditoria trapanese che opera nel settore degli appalti pubblici, Bulgarella era
oggetto del disprezzo d un'altra cordata che, secondo diversi riscontri giudiziari, era
(ed è) collegata con il boss Vincenzo Virga. Assumendo Rostagno in televisione,
Bulgarella si pone come elemento di rottura del blocco imprenditoriale. Dopo la morte del
giornalista, questo blocco di ricompone. Per Bulgarella, invece, comincia un declino
economico che sfocia nel fallimento e nella chiusura di RTC. Tutto ciò, secondo me, non
è casuale. La morte di Rostagno e i miei problemi economici - dichiara l'ex
editore - sono stati causati dall'intreccio perverso fra mafia, politica e
massoneria. Le piste degli inquirenti Come abbiamo già visto, l'indagine sulla
morte di Rostagno è passata tra le mani di diversi magistrati i quali hanno preso strade
differenti. Sono cinque, in tutto, le piste seguite dagli inquirenti e riguardano
l'omicidio Calabresi, il delitto tra amici, il traffico d'armi, l'ipotesi politico-mafiosa
e lo spaccio di stupefacenti all'interno della comunità. Quest'ultima si è subito
rivelata non essere quella giusta. L'omicidio Calabresi Monica Centofante Tratto da "Gli Insabbiati" di Luciano Mirone |
Una ferita che va rimarginatadi Franco Corleone - L'Arco in Cielo . Anno 2, numero 4 Questa è la lettera inviata al Ministro Flick, dopo lannuncio del proscioglimento di Chicca Roveri dallinchiesta per luccisione di Mauro Rostagno. Caro Flick, penso che non ti sia sfuggito quanto riportato dai giornali di oggi: la notizia che il Pubblico Ministero di Palermo, Antonio Ingroia, sta per chiedere il proscioglimento di Elisabetta Chicca Roveri dallaccusa di favoreggiamento per lomicidio di Mauro Rostagno, fondatore della comunità terapeutica Saman e leader del sessantotto e di Lotta Continua. Leggo quanto dichiara il magistrato titolare dellinchiesta: Chicca Roveri non centra niente con la morte di Rostagno. Non cè un solo indizio che possa giustificare un suo coinvolgimento. Questo leggo, esattamente dieci anni dopo quellomicidio. Non solo, dai giornali sembra che la Procura abbia deciso di ripartire dalla pista mafiosa, la stessa presa in considerazione nei primi anni delle indagini. Ricordo, allora, le risposte che hai dato alle interpellanze parlamentari, presentate dallonorevole Boato e dal senatore Manconi, ai tempi in cui la Procura di Trapani delineò, sulla base di due testimonianze, lipotesi che i mandanti di quel delitto fossero da ricercare allinterno della stessa comunità. Domando, a me stesso, dove è finita la sicumera con cui il Procuratore di Trapani Gianfranco Garofalo annunciava in una conferenza stampa debordante, fra le altre: abbiamo scoperto chi ha ucciso Rostagno, allindomani dellarresto di sua moglie, Chicca Roveri, e di altre cinque persone, che operavano tutte allinterno della comunità. Come sai, ho più volte manifestato con estrema chiarezza il mio orrore per quello che ho sempre ritenuto un clamoroso errore, che si legava ad iniziative, ancora da chiarire, come quella del colloquio tra il capitano dei carabinieri DellAnna e il giudice Antonio Lombardi. La mia convinzione era frutto del lavoro svolto in seno alla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Gerardo Chiaromonte, della quale sono stato membro nel corso della X legislatura. Oggi ho riletto le pagine dedicate a questo delitto nelle relazioni approvate da quella Commissione. Non credo ci si possa accontentare della decisione di oggi, intonando un soddisfatto chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Non credo, cioè, che il Ministero di Grazia e Giustizia possa rimanere inerte di fronte a una vicenda che ha distrutto vite e immagini, aggiungendo dolore a dolore. Credo sia indispensabile chiedere tutti gli elementi per ricostruire una vicenda processuale che dal clamore iniziale si era eclissata carsicamente, chiedendo ragione dello spostamento di competenza e chiedendo notizia di quali indagini sono state compiute e quali fatti sono emersi. Ciò credo sia dovuto per riparare al danno inferto alla credibilità della giustizia da un teorema finito così miseramente. Sono certo che la tua sensibilità ti porterà a compiere tutti gli atti di tua competenza. |
L'Unità -
Martedì 23 Luglio 1996Per i giudici non fu mafia, ma vendetta interna. In cella cinque
ex ospiti di Saman
Rostagno tradito in comunità Per l'omicidio arrestata anche la moglie TRAPANI - Sette ordini di custodia cautelare per l'omicidio di Mauro Rostagno, leader della comunità «Saman», ucciso il 26 settembre 1988 a Valderice in provincia di Trapani. Tra gli arrestati anche alcuni ex tossicodipendenti della comunità, e tra loro ci sarebbero anche gli autori materiali del delitto. Tra le persone arrestate, Elisabetta «Chicca» Roveri, vedova di Mauro Rostagno, accusata dai magistrati di Trapani di favoreggiamento. Francesco Cardella, ex presidente della comunità, attualmente all'estero, forse in Nicaragua o in Svizzera sarebbe indagato. Di più sulla sua posizione non si sa. Intanto sono state perquisite le comunità siciliane di Lenzi, Bonagia e Trapani, oltre le abitazioni della Roveri e di Cardella. La svolta dell'inchiesta giudiziaria è avvenuta quando, oltre a quella della vendetta mafiosa smentita anche dai pentiti di mafia, è stata intrapresa la pista «interna». I giudici avrebbero a disposizione anche le dichiarazioni di due pentiti, designati come «Alfa» e «Beta». FARKASLODATO L'Intervento - Domenica 16 aprile 1995 Il mio stupore per la "Saman" sotto inchiesta Le notizie relative all'arresto di Chicca Roveri, Francesco Cardella e dei loro collaboratori mi hanno lasciato insieme stupito e addolorato. La descrizione delle attività svolte presso le sedi di Saman che viene data o suggerita dai giornali non ha nulla a che vedere, infatti, con quella che ho conosciuto personalmente e verificato attraverso i ragazzi e le famiglie a Lenzi ed a Pavia, in Calabria ed a Ferrara. Il lavoro che in tutti questi luoghi si svolge era ed è un lavoro serio, centrato sulla ricostruzione di un'identità personale perduta, basato sul rispetto e sulla fiducia nella possibilità di cambiare. Di cui tutto si può dire tranne che fosse basato invece sullo sfruttamento e sulla violenza, sulla mancanza di professionalità e sull'abbandono.Non sono ovviamente in grado di valutare l'attendibilità e la fondatezza delle accuse rivolte dai magistrati ai responsabili di Saman in tema di formazione professionale; può darsi, in effetti, che le attività formative siano state svolte, come recita l'accusa, con modalità "diverse riguardo al tempo e al numero dei partecipanti da quelle dei relativi progetti". Quello che colpisce, tuttavia, è la sproporzione evidente fra la gravità dei provvedimenti assunti e la modestia dei fatti rilevati. Di cui è giusto senz'altro che si proceda ad indagare fino in fondo la fondatezza ma che è necessario anche conoscere nella complessità del loro verificarsi. Una comunità terapeutica per tossicodipendenti non è un luogo in cui è facile svol gere e programmare classi e lezioni nel pieno rispetto di progetti scritti qualche mese prima ed in cui l'idea di svolgere una attività utile dal punto di vista della terapia può spingere ad una sottovalutazione delle finalità proprie della formazione professionale. Nei cui confronti è necessario muoversi, però, tenendo conto soprattutto delle responsabilità che si assume: nei confronti dei ragazzi e delle loro famiglie.C'è un particolare interessante, da questo punto di vista, nella vicenda giudiziaria relativa a Saman. Riguarda il dato per cui la riapertura delle indagini sulla morte di Rostagno, cui le accuse attuali direttamente si collegano, fu chiesta proprio dagli attuali imputati. Truffatori che chiedono l'apertura di un procedimento pericoloso soprattutto per loro sono truffatori di una razza particolare di cui sarebbe stato utile, forse, immaginare la buona fede. Il che non è stato fatto per ragioni di cui al momento non sappiamo nulla ma che è difficile non riferire al clima teso, difficile ed aggressivo che si è creato intorno a Saman in Sicilia ed in Calabria dove la sfida aperta alle organizzazioni mafiose e camorriste ha caratterizzato da sempre l'iniziativa e la testimonianza della Comunità. UN'ULTIMA osservazione deve essere fatta a proposito del modo in cui i telegiornali hanno dato notizia ieri delle accuse mosse alla moglie, alla figlia e ad un amico di Rostagno. Gettare dubbi non fondati sulla memoria di una persona che è stata giustiziata dalla mafia per la sua attività allegra, forte e chiara di denuncia in una realtà come quella di Trapani, è un modo triste e squallido di esercitare la funzione di giornalista. Accada quel che accada, un giornalista vero era Rostagno, non quelli che titolano in modo ambiguo su una vicenda che appartiene al patrimonio collettivo di chi crede nella necessità e nella possibilità di lottare per un mondo migliore di quello in cui le organizzazioni criminali trafficano droga, controllano e sfruttano gli appalti ed il lavoro di quelli che da loro dipendono. Come continua ad accadere purtroppo in Sicilia e in tanta parte del nostro Sud: fuori delle comunità terapeutiche, tuttavia, non dentro dove battaglie di altro tipo e di altro segno si conducono ogni giorno; nell'indifferenza di quelli che così pronti si dimostrano ad infangare l'opera di chi ha più coraggio e più coerenza di loro. |
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