Frank Owen Gehry, per gli amici FOG, nasce a
Toronto il 28 febbraio del 1929. Emigrante nel dopoguerra, è costretto
a lasciare il Canada con tutta la famiglia per recarsi a Los Angeles, dove
vivrà non in una casetta nei verdi sobborghi, ma nel denso e pericoloso
centro città.
Questo fece precipitare Gehry nell’ignoto e lo lasciò con una
sensazione di profonda incertezza.Il trapianto era stato improvviso e le
risultanti complicazioni lo costrinsero a verificare la direzione presa.
La scuola e il college, misero in evidenza una dolorosa presa di coscienza
della sua incertezza lasciandolo con un dubbio residuo circa le sue capacità.
A ventitré anni non cosciente ancora di quello che il futuro gli
stava prospettando, sposa Anita Snyder, la quale lo aiuta a trovare una
strada. Approda alla University of Southern California, senza quel pò
di apprezzamento da parte di uno o due insegnanti d’arte, Gehry non
avrebbe mai avuto il coraggio di darsi all’architettura, nemmeno nei
corsi serali, per non parlare di spingersi fino ai corsi di specializzazione
dopo la laurea avvenuta nel 1954.
Padre di due bambine, il ventisettenne gehry, si iscrive alla scuola di
planning ad Harvard. Reagisce con indignazione alla sicumera compiaciuta
dei suoi professori, trovando ripugnanti i giudizi dottrinari dei professori,
fino alla lite con il prof. Reginald Isaacs. Nonostante il conseguimento
del prestigioso diploma, Gehry ritorna con la sua famiglia a Los Angeles,
dove trova pochi stimoli, poco riconoscimento e scarsa ricompensa.
Cosi decide di trasferirsi a Parigi dove lavora presso lo studio dell’arch.
Andrè Rèmondet, viaggia e conosce personalmente le opere di
Le Corbusier, La Tourette e soprattutto Ronchamp.
Tornato a Los Angeles, il grande salto è presto fatto, aprendo nel
1962 uno studio con il proprio nome dove incessanti e sempre più
importanti sono le commesse alle quali lavora.
L’architettura di FOG incombe all’orizzonte come un masso enorme
in un paesaggio accuratamente coltivato. Si può semplicemente non
farci caso e rivolgersi invece agli edifici più familiari, oppure
si può reagire appassionatamente al suo aspetto sorprendente e indisciplinato,
ma la possibilità che uno se la lasci sfuggire e assai poco probabile.
Ad alcuni gli edifici di Gehry sembrano degli stranieri invasori che si
intromettono nel paesaggio, ad altri degli ibridi indigeni che nascono dal
vivaio stesso della cultura. Entrambe queste reazioni toccano aspetti significativi
del lavoro di Gehry, in quanto è proprio la sua capacità di
trasformare ciò che è familiare che lo rende immancabilmente
alieno per l’osservatore.
La capacità di Gehry di trasformare il luogo comune all’infinito
non lascia inalterato nulla di ciò che gli capita tra le mani. La
sua architettura non porta l’impronta dubbiosa del creatore di forme
moderno, ma sembra piuttosto essere stata liberata dalla prigione delle
convenzioni. Quando da il meglio di sé, Gehry riesce a liberare i
suoi progetti da restrizioni tipologiche, permettendo ai suoi edifici di
assumere sagome di genere e di configurazione senza precedenti. Non sono
ne fissate formalmente e ripetitive, ne ipotetiche e prevalentemente autogene,
Gehry a scelto un’architettura che poteva fare con le sue mani. I
suoi edifici possono essere senza pari, perché scaturiscono da una
trasformazione inventiva delle loro circostanze e non dalla denuncia dei
loro problemi.
Gerhy non “firma” i suoi progetti con un tocco personale,
ma piuttosto trasforma tutto ciò che intraprende.
Queste trasformazioni si risolvono in oggetti che hanno una storia definita,
e una forma caratteristica.
Nel tempo, tuttavia, non sono cambiati solo i suoi edifici, è cambiato
anche l’architetto. Non più eroe solitario che lotta contro
lo status quo, oggi Gehry è piuttosto l’esploratore di possibilità
inaspettate.
Lo spostamento è avvenuto gradualmente ed egli, prevalentemente,
inizia ancora da quello che trova, prelevando le cose più ordinarie
dal loro posto familiare e indirizzandole a nuovi scopi. Dove trova poca
cosa che possa prestarsi a questo trattamento, o dove trova solo degli intralci
da superare, egli ama giocare a rimpiattino con le contingenze, facendo
accadere l’evento nel mezzo dell’ostacolo.
Come una nuova versione di Boccioni scultore, il quale rinnovò completamente
la scultura, eliminando il piedistallo che separava l’oggetto dall’ambiente
circostante, per creare qualcosa che trasmettesse dinamismo ed energia attraverso
forme uniche nella continuità dello spazio, Gehry è un architetto
del fare, e quindi dei verbi che muovono l’architettura
piuttosto che degli aggettivi che descrivono gli esiti.
ASSEMBLARE:
al decorativismo post-moderno della fine degli anni settanta sostituisce
l’unica vitalità della società dei consumi che gli appare
utile perseguire. Quella dello scarto, del riciclo, del riuso. Dalla sua
casa a Santa Monica, un mondo lasciato stazionare
nei backyard delle villette americane viene trascinato sul fronte di un
nuovo sentire. Lo chiamerà cheapscape.
SPAZIARE:
perchè l’architetto individua la possibilità di articolare
con gli edifici lo spazio pubblico in un gioco concertato fra interno ed
esterno. Ne farà il centro delle sue operazioni, un centro spesso
occupato da nuovi pezzi d’arte. Ma, nella Loyola University
a Los Angeles, spaziare è anche un modo di studiare
soluzioni e fasi di costruzione per rendere attivo il dialogo con le forze
esterne allo studio, innanzitutto i committenti.
SEPARARE:
è un’altra modalità. In opere come l’Edgemar
Complex prevale la volontà di suddividere i volumi
per far nascere nuovi esiti plastici e per creare scene animate che accompagnano,
invitano, suggeriscono i movimenti dei fruitori.
FONDERE:
è il verbo chiave per opere come il Guggenheim di Bilbao,dove
le masse seguono traiettorie che energizzano l’ambiente. Il progetto
si incunea in un’area dismessa scelta apposta dall’architetto:
il cheapscape è diventato urbanscape. I volumi scultorei e dinamici
conformano non solo il contatto con la città, ma anche gli spazi
interni in una sorta di iperfunzionalismo, visto che mai si era costruito
un museo di così strabiliante efficienza.
LIQUEFARE:
nelle ultime versioni della casa Lewis, o nel museo
della musica a Seattle, interno ed esterno, spazio e volumi,
atmosfera e materia sono ormai concepiti con un movimento fluido e continuo:
emerge un sentire sottomarino, subacqueo, liquido.
Se consideriamo questi verbi architettura, per entrare dalla porta principale
nel “mondo” Gehry, non possiamo tralasciare il percorso
progettuale che le idee fanno prima di diventare verbo.
Quattro sono i passaggi generali che trasformeranno l’idea in oggetto
architettonico: Disegno, Modello, Collaborazione, Digitalizzazione.
DISEGNO :
i disegni di Gehry costituiscono lo schizzo o l’argomento proiettivo
per il progetto. Tutti gli altri modelli e disegni sono tentativi di catturare
il gesto iniziale a una scala più ampia o in una differente forma
materiale. Essi inoltre funzionano come un metodo di ricerca in cui il disegno
coinvolge la memoria visiva, nel contesto di un particolare progetto , attraverso
una combinazione cinestetica di azione e pensiero. Gehry vede il suo progetto
attraverso le linee continue del disegno. Riguardo ai suoi disegni , che
spesso definisce pasticci, Gehry afferma : “credo che
le cose stiano cosi, io muovo soltanto la penna.
Penso a che cosa sto facendo, ma è come se non pensassi alle mie
mani”.
Il disegno veloce e libero è un modo di non perdere di vista le divagazioni
mentali dell’ispirazione improvvisa : l’astrazione moltiplica
le possibilità interpretative. Gehry spesso disegna in luoghi provvisori,
come l’aereo o le camere d’albergo.
I disegni di Gehry sono stati senza dubbio influenzati dal grado di libertà
concesso dal computer. Sapendo di poter gestire la complessità geometrica
con CATIA, Gehry ha esteso le qualità gestuali
dei suoi disegni. Lui stesso afferma che la maggiore forza è nel
passaggio dal disegno al modello all’edificio.
MODELLO :
Uno dei modi con cui Gehry concentra la propria attenzione sull’edificio
è il passaggio dal disegno al "modello plastico".
Questa tappa cruciale mette in relazione il disegno con la logica della
costruzione mancante nella sequenza descritta da Willis. Il modello, che
esiste nello spazio, è meno astratto del disegno ed è
fatto di materiali reali. L’uso dei modelli da parte
di Gehry risponde direttamente anche al suo desiderio di lavorare con
il cliente. Per coloro che non possiedono una preparazione adeguata
per leggere i disegni, i modelli sono molto più facili da interpretare.
Sono tridimensionali, hanno una esistenza spaziale, sono edifici in miniatura.
L’uso dei modelli permette al cliente di partecipare a un processo
creativo dialogico. Il bisogno del cliente di vedere lo spazio era per Gehry
una necessità importante cui fare riferimento.
I modelli naturalmente hanno una scala a seconda del livello del progetto.
A partire da dimensioni ridotte diventano mano a mano più grandi
e costituiscono test formali, spaziali e materiali delle implicazioni gestuali
dei disegni di Gehry. Sono fatti in cartapesta, di legno, di maglie metalliche
e di qualsiasi altro materiale che abbia la proprietà di catturare
le energie latenti del disegno.
I classici studi di architettura generalmente si limitano a costruire i
modelli nel momento della presentazione. Nello studio di Gehry i modelli
di progetto vengono costruiti alla velocità di uno al giorno, ricostruiti,
distrutti e rifatti da capo. Se si scopre una direzione migliore, si torna
indietro e si allestisce una ri-sistemazione, fino a che i numerosi modelli
di progetto cominciano a convergere in una direzione che cattura il gesto
dei disegni e comincia a risolvere le relazioni funzionali e spaziali, allora
si costruisce un modello di progetto finale. Questo modello a scala più
grande consente uno sviluppo strutturale più preciso, e la definizione
dei dettagli relativi a copertura, disposizione e dimensionamento delle
finestre, selezione dei materiali. Spesso viene addirittura costruito un
modello più grande per studiare gli spazi interni principali.
COLLABORAZIONE :
Il progetto tende a diventare una procedura ripetitiva, forse a causa della
complessità e delle difficoltà dei problemi architettonici
e delle loro vaste implicazioni culturali, artistiche e scientifiche. Ciò
è verosimilmente dovuto alla natura umana : tendiamo a fare le cose
che sappiamo di poter fare. In parte per tale tendenza e in parte per puro
divertimento, la collaborazione è un aspetto molto importante del
processo progettuale di Gehry, che gli permette di provocare la sua tipica
capacita con occhi e mani diversi. E’ un modo per estendere i suoi
impulsi, con una procedura umana in senso lato che sfida l’autorità
della procedura individuale attraverso una collisione creativa. Gehry afferma,
riguardo al suo lavoro con Lucinda Childs e John Adams per il progetto di
scena della performace-installazione intitolata: Available Light
del 1983: “volevamo fare qualcosa che nessuno di noi avrebbe
fatto da solo. Questa è l’essenza della collaborazione. Quando
acconsenti a collaborare, acconseti a saltar giù da un precipizio
mano nella mano con qualcuno, con la speranza che le risorse di ciascuno
assicurino la terra sotto i piedi ”.
DIGITALIZZAZIONE :
una volta che il modello finale è completo viene tradotto
in un modello digitale, attraverso diversi metodi: il convertitore
analogico-digitale FARO , il quale produce linee e curve che
corrispondono ai punti del modello. Questa corrispondenza fra un punto fisico
e un punto virtuale sul computer è il nocciolo del processo di digitalizzazione.
Il primo stadio comprende il disegno di linee di quota
sul modello a intervalli regolari, come se si dovesse produrre un modello
topografico. Queste linee sono quindi ricalcate con il convertitore.
Un altro metodo consiste nel cominciare a localizzare
i punti alle estremità del modello, e quindi ripassare
i bordi delle curve più importanti.
Un terzo metodo consiste nella rilevazione
grafica di una griglia sovrapposta al modello e nella successiva
digitalizzazione dei punti di intersezione.
A seconda della complessità del modello fisico, possono essere impiegati
solo alcuni o tutti questi sistemi insieme. Una volta che i punti, che generalmente
descrivono una linea curva, sono individuati sul modello digitale, viene
creata una superficie che dovrebbe coincidere con essi. Questo faticoso
processo deve risolvere i punti in una forma compiuta o, utilizzando il
linguaggio di un altro software di modellazione diventare un “oggetto
compiuto”, misurabile, quindi tangibile, in ogni sua
parte e sotto i diversi aspetti economici, statici, impiantistici, prima
della vera realizzazione.
30.04.03 |