Formazione poetica

"A questo punto mi pare che io abbia il dovere di parlare degli influssi più importanti che mi avviarono alla poesia. Innanzitutto Leopardi, dico sino dai quattordici, quindici anni. Solo più tardi arriverò a sentirlo in tutta la sua realtà e la sua segreta potenza, quell'uomo che ha preceduto Nietzsche, che ha sentito la sua epoca e ha avuto la percezione dei tempi nostri come forse nessuno teorico ebbe mai. Più tardi, non molto più tardi, nel 1906, forse, ero già lettore del 'Mercure de France': era, è noto, la rivista che rivelava ogni giorno, a quei tempi, i valori nuovi, e quell'audacia sorprendeva persino gli uomini più accorti. La lettura del 'Mercure de France' ebbe nella mia formazione un'importanza da non trascurare. La polemica che vi si volgeva, s'imperniava intorno al nome e all'opera di Mallarmé. Mi gettai su Mallarmé, lo lessi con passione ed, è probabile, alla lettera non lo dovevo capire; ma conta poco capire alla lettera la poesia: la sentivo. Mi seduceva con la musica delle sue parole, con il segreto. Mallarmé non mi è forse più un poeta interamente ermetico, è un poeta. Lo diceva, se non m'inganno, anche Racine: prima di tutto la poesia, se c'è, seduce mediante la musica dei suoi vocaboli, mediante un segreto.
Racine è stato per me un autore della vecchiaia; ma del suo predominio nell'espressione poetica, quando essa riesca a impossessarsi del lumino per inoltrarsi nel labirinto psichico della persona, ne ebbi subito allora preavviso proprio per l'incontro con Mallarmé.
Con Mallarmé, naturalmente c'è stato anche Baudelaire...
Baudelaire era l'argomento di discussioni interminabili con uno dei miei compagni, che un giorno trovarono morto, parchè in nessun paese si poteva accasare, in una stanza dello stesso albergo che abitavamo, in rue des Carmes a Parigi: Moammed Sceab. A lui è dedicata la poesia che apre il Porto sepolto. Era un ragazzo dalle idee chiare e prediligeva Baudelaire. Non dico che Baudelaire sia uno scrittore chiaro; è uno scrittore che ama aggirarsi nelle sue caverne, ed è difficile esser chiari e introspettivi nello stesso tempo, ma è di sicuro più chiaro di Mallarmé, è insomma uno scrittore che può affrontarsi subito senza tirocinio. L'altro suo autore era Nietzsche, che lo aveva addirittura soggiogato. I suoi autori erano Baudelaire e Nietzsche; io rimanevo fedele a Mallarmé e a Leopardi, a Mallarmé che sentivo anche se non tutto capivo, a Leopardi che capivo un po' di più benché anche lui abbia, nel punto sublime, la necessaria sostanza ermetica.
Con Nietzsche sentivo un certo legame, tra certe tendenze della mia natura e ciò che quel nome sommo può evocare. Devo riconoscerlo, c'è uno stimolo distruttivo, non so quali ingiunzioni alla rivolta, all'anarchia sempre in me. Ne ebbi coscienza e spavento, pure aderendovi, verso i miei diciott'anni."

(Ungaretti, "Nota introduttiva", in: Vita di un uomo, Mondadori, pag. 507)

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