Lettere piene d'amore...

Epistolario di guerra e/o lettere di poesie...

"quei foglietti: cartoline in franchigia, margini di vecchi giornali, spazi bianchi di care lettere ricevute... -sui quali da due anni andavo facendo giorno per giorno il mio esame di coscienza, ficcandoli poi alla rinfusa nel tascapane, portandoli a vivere con me nel fango della trincea o facendomene capezzale nei rari riposi, non erano destinati a nessun pubblico. Non avevo avuto idea di pubblico e non avevo voluto la guerra e non partecipavo alla guerra per riscuotere applausi, avevo, ed ho oggi ancora, un rispetto tale d'un così grande sacrifizio com'è la guerra per un popolo, che ogni atto di vanità in simili circostanze mi sarebbe sembrato una profanazione - anche quello di chi, come noi, si fosse trovato in pieno nella mischia. Di più, m'ero fatto un'idea così rigorosa e forse assurda, dell'anonimato in una guerra destinata a concludersi, nelle mie speranze, colla vittoria del popolo, che qualsiasi cosa m'avesse minimamente distinto da un altro fante, mi sarebbe sembrata un odioso privilegio".

(Ungaretti, Il Porto sepolto, in: Vita di uomo, Mondadori, 1992, pag.521)

Da notare che queste riflessioni, estremamente chiare, non sono state capite da molti critici della letteratura, tra i quali spicca Ossola, secondo, il quale Ungaretti scrise le sue poesie essenzialmente per rispondere ad un bisogno di innovazione stilistica. Lo stesso Ungaretti, tuttavia, spiega molto bene quale come nasce la sua poesia.

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