Ossola sulla riduzione fonica

Secondo Ossola e Barbieri Squarotti la riduzione fonica del verso (cioè la perdita del suono caratteristico di un vocabolo a vantaggio di un suono complessivo di più vocaboli), determinerebbe anche una riduzione semantica, cioè una perdita di contenuto dei vocabili in questione.

Vediamo cosa dice Ossola in proposito e poi rimandiamo ad alcune nostre considerazioni sulla riduzione fonica che offrono un punto di vista differente.

"(...) già Barbieri Squarotti -commenta Ossola - ha dimostrato che in Pascoli moduli come 'brivido blando' (La nonna) espongono, nell'accentuata assimilazione fonica, la semantica a una 'diminuzione di perspicuità e di evidenza particolare'; ma se pensiamo che a ciò Ungaretti aggiungeva l'idea mallarmeana della 'initiale patronimique' ('viscidi viola' dirà, per esempio nelle Suppliche del 1915) o della 'consonne dominante' ('Ho strascicato/la mia carcassa/ usata dal fango come una suola/ o come seme di spinalba' - Pellegrinaggio -) dovremo concludere che davvero Ungaretti isolerà la parola sino a ridurla a mero timbro, immettendola 'in una trama sonora che fondi in un impasto non semantico (dunque sonoro) i significati, in modo che i rimandi sonori si tramutino essi stessi in una nuova semantica.'

In questo senso la riduzione semantica operata da Ungaretti è, in certi casi, anche più rigorosa che nel Pascoli: prendiamo per esempio la figura 'brevi rose' nata dal testo pascoliano per ripetizione allitterativa: 'Godé del cielo egli e del suolo,/di brevi rose e brevi trilli; e tacque' (L'Immortalità). In Ungaretti diverrà per germinazione fonica 'brevi viole': 'Fondono serpi fatue e brevi viole' (Con fuoco), sintagma nel quale la motivazione semantica cede ormai totalmente all'iterazione, alla riduzione fonica."

(Carlo Ossola, Ungaretti, Mursia, 1974, pag. 168).

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